CAPITOLO VENTICINQUESIMO - parte 1
-Oh!... Tesoro!-.
Allyson guardava sua madre, in piedi davanti a lei con occhi spalancati; le sopracciglia inarcate e la bocca semiaperta contribuivano a comporre quell'espressione stupita e carica di amarissima delusione. -Ma come ti sei ridotta? Ti avevamo mandata in quel posto per guarire, ma questo è...-.
La ragazza deglutì a vuoto e chiuse gli occhi per qualche secondo, prima di abbassare lo sguardo sul suo stesso corpo. Sussultò ed emise un lieve lamento soffocato dall'imminente sopraggiunta di una crisi di pianto, quando vide al posto del suo tanto amato ventre piatto una pancia tonda e sporgente. I fianchi carnosi si piegavano in rotoli di grasso in svariati punti, le gambe erano grosse e strette nei jeans che oramai erano di una taglia troppo piccola, e le dita delle mani corte e gonfie.
I battiti del suo cuore accelerarono velocemente fin quasi a farle mancare il fiato, finché tornando a rivolgere lo sguardo a sua madre si arrese alla più totale disperazione: si lasciò cadere sulle ginocchia, urlando ed iniziando a singhiozzare con i palmi delle mani premuti sul pavimento. E la donna, che non aveva più mosso neanche un singolo muscolo, continuava a fissarla dall'alto in basso con il volto più deluso e disgustato che avesse mai avuto.
-Sono grassa!... Sono diventata grassa!..-.
L'ansia, la disperazione e la paura divennero presto insopportabili, tanto che Allyson iniziò a cercare in ogni cassetto della sua stanza un qualsiasi genere di oggetto tagliente, barcollando tra i singhiozzi del pianto come fosse ubriaca; doveva placare quella sensazione di totale perdita di controllo in qualsiasi modo. Trovò con sollievo un piccolo rasoio, seminascosto sotto ad un mobile come se fosse scivolato fuori dalla tasca di qualcuno, e lo afferrò prontamente avvicinandolo prontamente al suo polso grassoccio. Poi lo premette con forza sul braccio, incidendo la carne senza alcun timore mentre il sangue schizzava fuori dall'epidermide in abbondanza, formando una pozza scarlatta che si allargava rapidamente sul pavimento.
...
Allyson cacciò un urlo soffocato, sollevando la schiena di scatto. La cassa toracica si contraeva e ritraeva rapidamente, causando una fastidiosa secchezza alle sue fauci, mentre del sudore freddo le aveva già bagnato il collo e la fronte.
"Un sogno" pensò, portando le mani al petto. "Era solo un sogno". Si diede tempo per riprendersi, facendo scorrere gli occhi sulle quattro mura della sua stanza d'ospedale per rendere cosciente il fatto di essere davvero sveglia. Per la prima volta, poteva dirsi felice di trovarsi ancora al centro d'igiene mentale.
Emise un lungo sospiro e si alzò in piedi, ancora confusa e tremante. Dalla finestra entrava la luce chiara del mattino; in lontananza, si scorgevano i campi d'erba secca che circondavano la struttura. Ed il suo corpo, che scrutò più volte nel tentativo di tranquillizzarsi, era ancora meravigliosamente magro.
Tum Tum Tum!
-Ally?-.
Qualcuno stava bussando alla sua porta. La ragazza si voltò di scatto e sospirò ancora, prima di aprire la porta; stava ancora tremando, e non riusciva più a smettere. Inoltre, soltanto adesso che aveva recuperato il dovuto contatto con la realtà riusciva a percepire fin troppo chiaramente le fitte di dolore che provenivano dai suoi arti; con ogni probabilità, sotto al pigiama stava nascondendo le chiazze scure di molti lividi che si erano formati sotto alla sua pelle.
-Sì?- borbottò, con la bocca impastata.
Oltre la porta aperta, c'era Brian. -Ciao. Hemm... Stai bene?-.
-Ciao- rispose lei, accennando un sorriso che parve poco convincente. -Sì, sto bene-.
Sotto al passamontagna scuro, il volto del ragazzo pareva essere piuttosto preoccupato. -Okay... Mi hanno appena informato che ci sarà un altra riunione del gruppo, oggi-.
Lei annuì con aria distratta. -Oh, a che ora?-.
-Tra mezz'ora-.
-Va bene. Grazie, Brian-.
-Di nulla- esclamò lui. Stava per andarsene, ma solo dopo aver compiuto il primo passo si fermò piantando le suole a terra. -Ally, senti... Sei qui già da un po'...-. borbottò, rifiutando il contatto visivo.
Lei aggrottò la fronte, avvolgendo le braccia sul petto. -Sì... Quindi?-.
-Ti daranno delle pasticche... Non prenderle-. Dicendo questo, il ragazzo se ne andò con le mani affondate nelle tasche. Ally lo guardò allontanarsi senza dire una parola, finché la sua figura non svanì dietro ad un angolo. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, fargli delle domande; ed invece le parole che avrebbe voluto pronunciare morirono nella sua gola.
"Delle pasticche" ripeté nella sua mente. Rimase in piedi davanti alla porta, a fissare le mattonelle bianche del pavimento per diversi minuti; non sapeva proprio come avrebbe dovuto reagire, a questa cosa.
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Capitolo dedicato a JulietteChiyakoro.
Che ci crediate o no, lei è stata la mia primissima lettrice in assoluto.
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