CAPITOLO SESTO - parte 1

Un infermiere consegnò ad Allyson un piatto di carta, sul quale era stata riposta una porzione di purè di patate ed una fetta di arrosto; restò immobile a fissarlo a lungo, per poi iniziare a tagliare la carne in pezzi sempre più piccoli che poi portava alla bocca uno alla volta, con una lentezza disumana. Sentendo il peso degli sguardi sulle proprie spalle si sforzò di mangiare almeno metà della porzione, seppur con sforzo immane, ma a quel punto non riuscì più ad ingoiare nemmeno un boccone.
-Non mangi altro? Te ne vai già?- domandò Clock dispiaciuta.
-Sì... Scusami ma sono stanca- ripose in modo vago la ragazza, che già si era alzata dal tavolo pregando di non venir fermata dagli infermieri.
-Ricordi la strada?-.
-Sì, grazie-.
-Allora ci vediamo domattina- concluse l'altra, strizzando energicamente l'occhio alla sua nuova amica.
Ally sorrise lievemente e si avviò lungo il corridoio, raggiungendo la rampa di scale che conduceva al piano superiore. Salì con lo sguardo basso e raggiunse la sua porta, verificando che il codice sulla targa corrispondesse a quella sulla sua spilla. Aprì e fece un passo oltre la soglia, quando udì una voce maschile chiamare il suo nome.
-Allyson... Giusto?-.
Si voltò. Era Brian, con le mani sulla maniglia della porta accanto.
-Siamo... Vicini di stanza?- chiese lei allibita, osservando con curiosità il passamontagna che copriva il volto del ragazzo. Non poteva fare a meno di chiedersi che volto avesse, e soprattutto come potesse vivere con quell'affare addosso.
Brian ridacchiò -Non te n'eri accorta?-.
-A dire il vero no...-.
Il ragazzo si fece di colpo serio. -Senti... Natalie ti ha detto del mio disturbo, quindi... Dato che siamo vicini di stanza, cerca di non complicarmi la vita, ok?-.
Allyson sollevò un sopracciglio, piuttosto confusa. -Certo che no... Ma non capisco cosa intendi...- borbottò.
-Sono rupofobico, ricordi? Cerca di... Non toccare la maniglia della mia porta, e non toccare le mie cose. Non voglio sembrare scortese, solo che...-.
-Non preoccuparti- lo interruppe lei sorridendo amichevolmente -Ho capito-.
-Grazie. Il paziente che dormiva nella tua stanza prima del tuo arrivo era un uomo di mezz'età... La persona più sporca che abbia mai visto, giuro. Un giorno ha aperto la mia porta ed ha toccato la mia valigia. Ho avuto un attacco di panico, per colpa di quel coglione-.
-Oh, mi spiace- disse Ally assumendo un'espressione comprensiva -Puoi stare tranquillo, non farò nulla che possa causati problemi. E se dovessi farlo senza rendermene conto, dimmelo. Ok?-.
-Ok, grazie-. Dicendo questo, Brian sembrò sorridere prima di chiudersi nella sua stanza.
Anche la ragazza fece lo stesso, gettandosi quasi istantaneamente sul letto. Era nel panico, la sensazione di avere del cibo nello stomaco la faceva stare male, e non solo a livello psicologico: il suo corpo non era più abituato ad avere del cibo solido da digerire. Avrebbe tanto voluto chiudersi in bagno ed evacuare nella tazza tutto ciò che aveva mangiato, ma era paralizzata dalla paura che proprio in quel momento un infermiere sarebbe potuto entrare in stanza.
Quella notte dormì per molte ore seppur fosse in preda ad un terribile mal di stomaco, con la testa affondata nel cuscino, e cullata dal piacevole silenzio che regnava nella sua piccola stanza. Quando i primi raggi del sole tornarono ad illuminare pigramente le pareti bianche che la circondavano, la ragazza si svegliò. Fu orribile per lei aprire gli occhi e non trovarsi a casa; così orribile che si ritrovò a fissare il soffitto, sull'orlo del pianto.
Voleva tonare a casa sua. Tornare dai suoi genitori.
Pensò a lungo ai tanti ricordi belli che aveva, cercando di darsi la forza di resistere. Dopotutto, avrebbe dovuto tenere duro soltanto finché non sarebbe guarita. Si chiedeva se, con un po' d'impegno, sarebbe riuscita a tornare a casa entro un mese.

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