CAPITOLO SEDICESIMO - parte 1

Ally lanciò un'ultima occhiata al corridoio, prima di allontanarsi dalla cella ove era detenuto quel ragazzo e raggiungere invece quella vuota, che lui le aveva indicato. La porta di ferro era socchiusa, e cigolò lievemente nel momento in cui la ragazza, senza pensarci troppo, vi entrò con un movimento rapido per poi riposizionare la porta nella stessa identica posizione in cui l'aveva trovata.
Era improbabile che gli infermieri avrebbero notato la differenza, considerato il vasto numero di celle che popolavano quel sotterraneo; ma non voleva certo correre il rischio, se anche vi fosse stata una minima probabilità.
Lentamente la ragazza compì un giro sua se stessa, osservando con orrore quelle pareti di stoffa bianca che ora sembravano imprigionare anche lei, poi si mise seduta a terra incrociando le gambe.
Le grida degli altri pazienti si erano ormai placate, ora che lei non era più visibile ai loro occhi, e l'atmosfera si era fatta all'improvviso fin troppo silenziosa; era possibile udire solo qualche colpo di tosse, ed il tintinnare di alcune catene.
Allyson avvolse le braccia attorno alle ginocchia e chinò il capo; avendo cessato di muoversi, iniziava a patire il freddo. Quel reparto non pareva essere stato minuto di alcun genere di riscladamento, e con il calare della notte la temperatura avrebbe certamente continuato a scendere.
Trovarsi chiusa in quella cella la faceva stare male, seppur non riuscisse ad identificare tutte le sensazioni negative che stava provando; sperava solo che il suggerimento di quello strano ragazzo si sarebbe rivelato utile, e che sarebbe riuscita a svignarsela senza essere vista dagli infermieri.
Dondolandosi nel vano tentativo di scaldare il suo corpo, si ritrovò a pensare all'incontro che aveva avuto poco prima; non riusciva più a togliersi dalla testa lo sguardo di quel ragazzo dai capelli neri, che nella sua più totale mancanza di espressione sembrava racchiudere dentro di se un'immensità di cose. Per qualche motivo, quel volto sfregiato l'aveva colpita in modo profondo, e neppure lei sapeva ben dire il perché.
Le ore passarono con una lentezza innaturale, mentre Allyson chiusa nella cella lottava contro il freddo e la sete; il suo corpo, già fortemente debilitato, riuscì a stento a sopportare il vertiginoso calo della temperatura durante quella notte che parve eterna. Colpita dalla stanchezza alla fine riuscì ad addormentarsi, stesa a terra sul pavimento imbottito, con le mani avvolte attorno al busto.
Il suo sonno, tormentato da incubi e risvegli burrascosi, fu interrotto alle prime luci dell'amba dal forte rumore  prodotto dalla porta d'ingresso: gli infermieri di turno dovevano essere arrivati.
Recuperando lucidità la ragazza si alzò in piedi, con i nervi tesi ed il cuore che aveva già iniziato a pompare più sangue. Era stanca, provata ed infreddolita ma sapeva di dover giocarsi bene quell'opportunità di fuga; anche perché, era certa che non sarebbe sopravvissuta un'altra notte in quel posto dimenticato da Dio.
Concentrando l'attenzione sul rumore dei passi lungo il corridoio, Ally capì che gli infermieri scesi nel seminterrato dovevano essere due; lentamente avvicinò il proprio volto alle sbarre, quanto bastava per scrutare le loro figure. Uno dei due si avvicinò ad una delle porta e lanciò dentro una piccola vaschetta bianca contenente una scarsa porzione di cibo, facendola passare da un'apposita fessura posta sul fondo.
L'uomo in camice, poi, proseguì con la distribuzione del cibo anche alle celle successive, trascinandosi dietro un carrello di metallo sul quale aveva precedentemente riposto tutti i pasti, già porzionati in egual modo e riposti negli appositi contenitori usa e getta.
Quando l'uomo in camice fu giunto alla cella di una donna, che teneva la testa premuta sulle sbarre mettendo in luce i capelli dorati, le chiese con ben poco garbo di indietreggiare. Ma lei, al contrario, afferrò le sbarre con entrambe le mani ed iniziò a strattonarle, mettendo in mostra un volto paonazzo e due occhi gonfi di lacrime. -Voglio uscire da qui! Fatemi uscire!-.
Allyson abbassò leggermente la testa e ridusse gli occhi a due fessure, osservando con rabbia e sgomento la scena che le si era parata davanti: i due infermieri aprirono la porta della cella con una violenza che le fece accapponare la pelle, e solo uno di loro entrò. A quel punto per Allyson non fu più possibile osservare ciò che accadeva all'interno, perché sia l'ingermiere che la paziente erano fuori dal suo campo visivo: tuttavia, le grida e le botte che udì non lasciarono molto spazio all'immaginazione.
La donna fu lasciata a terra, singhiozzante, e la porta della sua cella fu chiusa con un calcio; dopodiché, i due infermieri proseguirono con la distribuzione delle razioni come niente fosse accaduto.
Allyson si ritrasse e premette la schiena contro al muro morbido della sua cella, trattenendo a stento il fiato per evutare di essere sentita. Adesso iniziava seriamente a chiedersi in quali condizioni fossero Natalie, Toby e Timothy, considerato quale punizione aveva appena subito quella povera donna solo per aver detto una parola di troppo.
La pressione ed il terrore che la stavano opprimendo vertiginosamente nel momento in cui i due uomini in camice bianco passarono davanti alla sua porta, e istintivamente chiuse la testa tra ld ginocchia e si tappò la bocca. Li sentì allontanarsi mentre continuavano svolgere il loro compito mattutino, e riempì i polmoni d'aria; quello era il momento giusto per svignarsela.
Assicurandosi che entrambi fossero voltati di spalle e non potessero notarla, cautamente uscì dalla lurida cella ove aveva passato la notte e scappò via a passi leggeri, voltandosi indietro più volte per assicurarsi che i due uomini le stessero ancora dando le spalle.
La porta d'uscita era adesso socchiusa.
Senza fermarsi un solo secondo a pensare, Allyson si infilò nella fessura, e magra com'era uscì senza neppure sfiorarla. Salì poi le scale più velocemente che poté, e premette il maniglione della seconda porta.
Fu indicibile il sollievo che provò trovandosi di nuovo nel piano terra della struttura; fu come uscire da un inferno, incredibilmente illesa.
Percorse il corridoio a passo svelto, e si diresse dritta verso l'ala dell'edificio che ospitava tutte le stanze. Doveva trovare gli altri tre e parlare subito con loro.

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