CAPITOLO QUINDICESIMO - parte 2

Trattenendo il respiro Allyson sgranò gli occhi: nell'angolo più distante di quella piccola cella interamente ricoperta di stoffa, un giovane paziente era rannicchiato con la testa bassa, ed una folta chioma di lunghi capelli neri come il petrolio celavano il suo sguardo. La prima cosa che notò fu che il suo corpo era bloccato da una camicia di forza, che gli impediva di muovere le braccia e le spalle; aveva un corpo esile ma robusto, ed indossava quelli che sembravano essere nient'altro che logori stracci. Entrambe le sue caviglie erano bloccate da una pesante catena di ferro arrugginito.
Se ne stava lì, immobile, come se non avesse neanche notificato la sua presenza. 
Ally deglutì nervosamente, continuando ad osservare quella figura rannicchiata con il fiato sospeso; per una qualche ragione, desiderava guardarlo in faccia. Si avvicinò allla porga di un altro passo e poggiò i palmi delle mani sulla superficie fredda, senza ma distogliere lo sguardo dal paziente.
Quest'ultimo, finalmente, sollevò la testa con una lentezza straziante; e non appena la ragazza riuscì a vedere il suo volto, sentì il suo cuore mancare un battito. Era pallidissimo, ed i suoi occhi di un azzurro così chiaro da sembrare di ghiaccio; ma ciò che la colpì maggiormente, fu il grosso solco che aveva sulle guance: sembrava una cicatrice, molto spessa, ed aveva la forma di un sorriso. Arrivava, da ambi i lati, fin oltre metà della guancia.
Il paziente puntò il suo sguardo in quello di lei, completamente muto ed inespressivo, e fu allora che Ally notò un altra cosa: le sue palpebre erano parzialmente mancanti. In generale, tutta la pelle del suo volto sembrava essere stata bruciata.
Restò incantata nel suo sguardo, come se in un attimo vi si fosse perduta dentro; quel ragazzo era molto diverso, da quello degli altri detenuti. E non solo perché era l'unico ad essere stato barbaricamente immobilizzato in quel modo.
-...Ciao- farfugliò con un filo di voce, espirando aria calda dalla bocca. E subito dopo aver pronunciato quella parola, si morse la lingua: non aveva idea del motivo per cui avesse deciso di interagire con lui.
Il corvino rimase immobile a guardarla, senza dire una sola parola. Piegò la testa di lato ed aggrottò lievemente la fronte, ma fu impossibile per Allyson immaginare che cosa lui stesse pensando in quel momento.
La ragazza emise un sospiro tremante, e cercando di non lasciarsi destabilizzare troppo dalle sue stesse emozioni provò ancora a parlare. -Io sono Ally- mugolò.
Ma l'altro, all'interno di quella logora cella, non accennava a voler pronunciare neanche una parola. Continuava semplicemente a guardarla, immobile come uba statua, con uno sguardo che non rendeva possibile comprendere che cosa stesse provando.
-Capisci quello che dico?- chiese infine Allyson, afferrando le sbarre con le mani.
Fu allora che, finalmente, il paziente aprì la bocca di qualche millimetro, quanto bastava per farne uscire un filo di voce. -Sì-.
Lei sorrise, e chinò il capo. -Io... Sono rimasta chiusa quà dentro...- provò a spiegare, per quanto le sembrasse stupido chiedere aiuto ad una persona completamente immobilizzata e schiava almeno quanto lei di quelle circostanze. -Non voglio che i medici mi trovino-.
"Sono proprio stupida" disse tra se e se, stringendo i pugni fin quasi a farsi male.
Ma contro ogni aspettativa, il moro rispose davvero a quella domanda, seppur continuando a non lasciar trasalire alcun tipo di emozione. -Quando portano il cibo- disse, con una freddezza quasi disumana.
Allyson annuì brevemente. -Che cosa devo fare?- domandò ancora.
-C'è una cella libera vicino alla mia... Nasconditi e aspetta il momento giusto-.
La ragazza voltò lo sguardo a destra, e solo adesso poté notificare che effettivamente a due celle di vistanza ve n'era una vuota, con la porta socchiusa. -Sembra perfetto... Tra quanto saranno qui?- disse ancora, tornando a puntare lo sguardo oltre la maglia metallica della cella.
Ma a quel punto il ragazzo improgionato nella camicia di forza scosse lievemente la testa, abbassando lo sguardo. -Non so neanche se è notte o giorno-.
Udendo quelle parole, Allyson rimase pietrificata. Non ci aveva pensato, ma adesso le sembrava fin troppo ovvio; trovandosi chiuso lì dentro da chissà quanto tempo, quel povero ragazzo doveva aver perso completamente la concezione del tempo.
Le salì un groppo alla gola, pensando a questo: riusciva solo vagamente ad immaginare quanto fosse orribile e solitaria la sua esistenza, e pensò che in quelle condizioni anche la persona più sana del mondo sarebbe in breve tempo diventata pazza.
Si schiarì la gola tentando di reprimere la tensione che stava aggredendo il suo petto. -Grazie... Come ti chiami?- mormorò.
Il corvino fece una smorfia, come fosse stato turbato da quella domanda.
-Jeff the Killer- farfugliò, allargando uno strano sorriso sulle labbra.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top