CAPITOLO QUATTORDICESIMO - parte 2
-Fai attenzione- si raccomandò Tim, voltandosi brevemente indietro per assicurarsi che Allyson lo stesse seguendo.
I pazienti si agitavano nelle loro celle come animali nel retro di un circo prima dello spettacolo, muovendo le mani con gesti nervosi ed imprevedibili; qualcuno tra loro aveva iniziato a gridare, altri a piangere, come fossero terrorizzati dalla presenza di quegli estranei.
Alluson procedeva camminando dietro alla schiena ragazzo, guardandosi intorno con occhi curiosi e carichi di tensione. Le serrature delle porte di ferro sbattevano con forti tonfi metallici componendo un terrificante coro privo di coordinazione, e facendo cadere a terra pezzi di intonaco ammuffito che si staccavano dalle pareti.
-Fateci uscire!- gridò un vecchio, che si trovava rinchiuso nella prima cella alla loro destra. Aveva dei lunghi capelli grigi e spettinati, un paio d'occhi chiarissimi, una barba incolta; continuava a muovere la testa e le mani palpando l'aria davanti a se. Probabilmente era cieco.
I passi di Allyson si facevano sempre più indecisi, man mano che avanzava lentamente lungo il corridoio. Iniziava a sentire il bisogno di allontanarsi da quelle celle rumorose, da quell'odore nauseabondo che pizzicava le sue narici, da quel luogo infernale.
Stava per chiedere a Tim di fermarsi, ma i suoi occhi si posarono sul viso di una donna, incastrato tra le sbarre di una porta alla sua sinistra. La donna aveva una folta chioma di capelli dal colore giallastro, che ricadevano sulle spalle magrissime dalla pelle bianca, sotto la quale erano perfettamente visibili le ossa. Un ampio sorriso scopriva i denti gialli, e l'occhio sinistro era del tutto mancante. Al suo posto, solo una raccapricciante orbita vuota.
-Taglia, taglia, taglia!- sussurrava, sbattendo il proprio volto contro alle sbarre di ferro così forte da farsi uscire sangue dalla fronte.
Ally piantò le suole delle scarpe a terra, con il copro immobilizzato dalla paura.
-È buffo, mi diceva: taglia, Jenny! Taglia!- continuò a vaneggiare la donna, per poi scoppiare in una risata a perdifiato. -Era strano, così io tagliavo... Tagliavo...-.
-E io che credevo di essere pazzo- commentò Tim, che non sembrava poi tanto impressionato da quella raccapricciante visione. E questo fatto suggerì ad Allyson che doveva essere abituato a scenari simili, che componeva la sua mente tramite allucinazioni fin troppo realistiche.
Ma questa, era la realtà.
-Vi tengono segregati qui sotto?- domandò timidamente la ragazza rovolgendo il suo sguardo alla donna dietro le sbarre, con un filo di voce.
Ma lei, chiudendo l'unico occhio rimastole attaccato alla testa, continuò a sussurrare frasi sconnesse e prive di senso. -Taglia, sì... Come il mare. Taglia, taglia, taglia...-.
Tim strinse le mandibole ed espirò aria dal naso. -Non credo ti risponderà-.
Un'altra voce, questa volta maschile, provenne dalla cella accanto. -Si è tolta l'occhio con una forbice, qualche mese fa-.
Un tizio dai capelli neri tagliati a raso pelle, ed un corpo che, nonostante fosse celato dalla piastra di ferro della porta, sembrava munito di un'imponente massa muscolare; li stava guardando con un'espressione priva di qualsiasi tipo di emozione.
-Taglia, taglia, non fa che ripetere sempre la stessa cosa...-.
Ally guardò ancora una volta la donna, prima di rivolgersi all'altro paziente. -Questo posto è..-.
-Come una prigione- la interruppe lui, annuendo con un energico cenno del capo. -Nessuno sa che siamo qui, e se anche qualcuno lo sapesse a chi importerebbe?-.
-Da quanto tempo ti tengono prigioniero in questo posto?- chiese ancora la ragazza, sollevata di aver finalmente incontrato qualcuno con cui era possibile intraprendere una conversazione.
L'uomo sorrise in modo malinconico. -Più di quanto possa ricordare....- ammise, per poi abbassare lo sguardo sul corpo scheletrico della sua interlocutrice, nascosto sotto al tessuto di un pigiama decisamente troppo largo.
Tim aggrottò le sopracciglia. -Tu però...Sembri piuttosto... Sano- commentò, avvicinandosi alla porta. -Quindi perché sei qui?-.
-Avvicinati- rispose l'altro, mettendo in mostra una fila di denti placcati d'argento. -Non voglio che gli altri pazienti sentano-. Dicendo questo, fece cenno con la mano di avvicinare l'orecchio alle sbarre.
Tim lo fece, anche se con molta titubanza, e fu probabilmente per un colpo di fortuna che riuscì a schivare il tentativo del paziente di afferrarlo per i capelli; si ritrasse velocemente, andando a sbattere contro ad Ally.
L'uomo, dietro alle sbarre, iniziò a ridere rumorosamente. -Che peccato!- gridò con la bocca spalancata -C'è mancato un pelo!-.
Tim si passò una mano sudata tra i capelli con uno sguardo perso, rendendosi conto di quanto avesse appena rischiato; in tutta probabilità, se quel pazzo lo avesse afferrato gli avrebbe fatto sbattere la testa contro alle sbarre finché non fosse svenuto, o morto.
Aveva il fiato corto, e le sue gambe non sembravano voler più smettere di tremare; che stupido era stato, a fidarsi in quel modo.
-Tutto bene Tim?- mormorò Allyson, guardandolo con preoccupazione.
-Perché non torni quà vicino? Non ti ho ancora detto il mio segreto!- continuò a sbraitare l'altro, senza smettere di ridere.
Ma il fracasso disturbante di quella risata fu interrotto poco dopo dal grido soffocato di Natalie, che era ancora davanti alla porta assieme a Toby.
-Sento dei passi! Stanno arrivando i medici!-.
Tim si voltò verso Ally con uno sguardo decisamente allarmato, ed afferrò un lembo della sua maglia. -Torniamo subito dagli altri! Se ci trovano qui è peggio ancora!-.
Il ragazzo iniziò a tirarla per incitarla a correre, e scappò rapidamente ripercorrendo il corridoio al contrario con ampie falcate; quando raggiunse Natalie e Toby, tuttavia, voltandosi indietro si rese conto che Allyson non lo aveva seguito.
-Che fai! Sbrigati!- esclamò, dall'altro lato della stanza.
E proprio in quel momento, con un movimento improvviso, la porta d'uscita si aprì andando a sbattere contro alla parete retrostante e generando un tonfo sordo.
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