CAPITOLO OTTAVO - parte 2

Le colazioni venivano servite in una piccola sala dedicata, dove i pazienti potevano liberamente servirsi da soli; per questo motivo, Ally riusciva molto facilmente ad evitarla restando semplicemente chiusa nella sua stanza. 
Il pranzo, tuttavia, era una faccenda ben diversa.
-Datti una mossa, Ally!- iniziò a gridare Clock, che attendeva impaziente fuori dalla porta da poco più di tre secondi.
-Arrivo, arrivo- disse l'altra in tono lamentoso -Perché tanta fretta?-.
-Perché ho fame!- ripose Clock, iniziando anche a picchiettare con  le nocche.
Dopo aver scambiato ben pochi convenevoli le due raggiunsero insieme la sala mensa, che era già affollata da un gran numero di ospiti, e presero posto nell'ala sinistra sedendosi l'una accanto all'altra: il personale addetto aveva già iniziato a portare i piatti in tavola; il menù del giorno era minestra di verdura e cotoletta. Ally osservò a lungo e con gran sgomento il piatto pieno che le era stato consegnato, ma questa volta non riuscì a buttar giù neppure un singolo boccone; quella mattina, si disse, non sarebbe mai riuscita a sostituire la piacevole sensazione di vuoto che aveva nella pancia con il disgustoso peso di cibo masticato.
-Non la mangi quella?- domandò Clock, indicando la sua cotoletta ancora perfettamente integra con la forchetta.
-Se la vuoi, prendila- mormorò lei, del tutto disinteressata.
L'amica non se lo fece ripetere una seconda volta: sorrise ampiamente ed afferrò la cotoletta come un leone afferra con gli artigli la sua prenda, per poi adagiarla con soddisfazione nel suo piatto.
Ally vagò con lo sguardo lungo il tavolo, scrutando le facce degli altri pazienti. Riconobbe Timothy e Brian che erano seduti infondo, tra un gruppo di anziani che sembravano non capire neppure dove fossero, poverini. Poi trovò anche quella ragazza silenziosa, Rouge, che si era sistemata in un angolo assieme a Sally, la bambina muta. Sorrise lievemente; quella piccola le trasmetteva davvero un'immensa tenerezza, e non riusciva proprio a capire come avessero potuto permettere che fosse spedita in quel posto, in mezzo a gente molto più adulta di lei.
In quella stanza, ad esempio, erano chini ognuno sul proprio piatto pazienti che parevano quasi tutti avere trent'anni o più, ed i più giovani che erano anche una netta inferiorità numerica componevano il gruppo a cui era stata assegnata Allyson. Girando la testa a sinistra, la ragazza notificò anche la presenza di Toby, il ragazzo dai capelli mielati: stava parlando con una anziana signora a cui, chissà per quale ragione, mancavano del tutto i capelli.
Da quella distanza la ragazza dovette concentrarsi per capire che cosa si stessero dicendo.
Toby si sporse in avanti, per avvicinare il proprio volto a quello della donna. -Quindi l'hai visto o no?-.
La vecchia annuì. -Un volta sola-.
-Come ci sei entrata?- domandò ancora il ragazzo.
-Mi avevano spostata in quelle celle per errore, così hanno detto. Ma ci sono stata soltanto un giorno...-.
Il castano annuì con grande interesse. -Ed è vero che ci tengono i pazienti pericolosi, là sotto?-.
"Pazienti pericolosi?" ripeté Ally nella sua mente, aggrottando la fronte.
La vecchina annuì ancora.
-Allora le voci sono vere...- concluse Toby, ritraendosi.
-Non provare ad andarci- gli intimò poi poi l'anziana signora -Non è sicuro là sotto... E poi i medici si arrabbieranno di brutto, non so se mi spiego-.
-Tranquilla, non lo farò. Grazie, Margaret-.
Ally rimase incantata a guardare il giovane, che ora aveva ripreso a mangiare come niente fosse. Non aveva ben capito di cosa stesse parlando con quella donna, ma aveva certamente a che fare con un reparto di quella struttura del quale l'esistenza stessa era tenuta segreta.
-Ally! Ma mi stai ascoltando?!-. La voce stizzita di Natalie la strappò via bruscamente dai suoi pensieri; la ragazza si voltò verso l'amica e scosse la testa, come a voler spazzare via i suoi stessi pensieri. -Scusa... Ero confusa-.
-Lo vedo- ridacchiò l'altra -A che pensavi?-.
Ally tacque un paio di secondi prima di rispondere; non era sicura di poterne parlare con lei, ma poi si disse che non c'era motivo di farsi problemi. A chi avrebbe dovuto chiedere, se non alla sua amica? Magari lei ne sapeva qualcosa, e avrebbe potuto schiarirle un po' le idee.
-Ascoltavo una conversazione- rivelò -Tu sai se ci sono dei sotterranei in questa struttura?-. In realtà non aveva idea di dove potesse trovarsi quel fantomatico reparto segreto, ma avendo visualizzato mentalmente ogni piano che avesse attraversato fino ad allora, aveva realizzato che l'unico luogo che non aveva visitato erano proprio i sotterranei.
Clock scoppiò a ridere fragorosamente, attirando anche l'attenzione di qualche altro paziente che sedeva li vicino. -Ancora la storia dei sotterranei, eh?-.
Ally tacque per  qualche secondo, piuttosto confusa. -Come?-.
-Questa storia va avanti da anni- spiegò l'altra. -C'è una porta in cui non ci è permesso entrare, possono accedervi solo i medici.... Ed i pazienti hanno inventato una leggenda su un sotterraneo in cui vengono rinchiusi pazienti pericolosi e bla bla bla.... Sono stupidaggini-.
La rossa simulò una risatina tirata, e distolse lo sguardo. Peccato, si disse; per la prima volta da quando era entrata in quel posto, aveva appreso qualcosa di interessante. E non era poi così strano pensare che quell'anziana signora avesse soltanto ripetuto una strana storia che le era stata raccontata, magari rendendola più reale con un poco d'immaginazione; eppure, le era sembrata così seria nel pronunciare quelle parole...

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