CAPITOLO DICIOTTESIMO - parte 1
La faccia entusiasta ed ottimista di Clock, si contrapponeva fortemente all'espressione dubbiosa ed incerta di Ally. Quest'ultima scosse il capo, lasciandosi scappare una risatina nervosa. -Non è mica così facile- borbottò.
Ma Natalie non era di certo il tipo di persona che si lasciava demoralizzare così facilmente. -Ci siamo già state una volta la sotto. E sappiamo come tornarci, no?- le rispose, riprendendo a saltellare sul posto.
-Sì... Però dobbiamo tener conto delle conseguenze, Clock- le fece notare l'altra, che tra le due era certamente quella con i piedi per terra. -Innanzitutto, se gli infermieri dovessero scoprirci di nuovo? E poi Clock, quella gente è pericolosa; dovremmo rischiare di farci seriamente male per ottenere poco più di niente, siccome è quasi impossibile che dopo averli liberati quei prigionieri riescano effettivamente a raggiungere l'uscita e scappare via-.
Natalie guardò a lungo l'amica con aria delusa, come un bambino a cui è stato appena negato il dono di un giocattolo nuovo; poi fece una smorfia, sedendosi sul letto. -Allora niente missione di salvataggio?-.
-Non ho detto questo- ribatté Allyson, sforzandosi di allargare un sorriso. -Ci torneremo... Se te la senti. Ma dobbiamo farlo con u...-.
-Anche subito!- la interruppe la castana, ancor prima che potesse terminare la frase che stava pronunciando. -Ma non possiamo andarci adesso... Stamani c'è una terapia di gruppo straordinaria, credo che il dottor Max voglia parlare di quello che è successo-.
-Davvero?- esordì Ally, piuttosto stupita. -Perché io sono sempre l'ultima a sapere queste cose?- esclamò poi, scoppiando in una leggera risata che contagiò immediatamente anche l'amica.
-Dobbiamo scendere tra mezz'ora, preparati dai!-.
Dopo aver salutato brevemente l'amica, che comunque avrebbe rivisto poco dopo, Ally cautamente dalla stanza e si incamminò lungo il corridoio per raggiungere la propria, felice di essere riuscita a mettere una toppa alla rottura nel suo rapporto con Natalie. Giunta a poco più di metà percorso, tuttavia, incrociò sul suo cammino uno dei dottori che stavano seguendo il suo caso; direzionò lo sguardo altrove sperando che lui non volesse parlarle, ma con sgomento lo vide farle cenno di avvicinarsi.
Non aveva fatto alcun progresso da quando era stata ricoverata, e forse aveva addirittura perso un po' di peso; sicuramente, il dottore intendeva comunicarle che le cose non stavano procedendo come avrebbero dovuto. In effetti, non appena lei si fu avvicinato, l'uomo intrecciò le braccia sul petto assumendo un'espressione severa. -Allyson, sai già cosa devo dirti, vero?-.
La ragazza abbassò lo sguardo, e si limitò ad annuire.
-Capisco quanto possa essere difficile per te, credimi; ma così non va. Ti stai alimentando quasi esclusivamente tramite il sondino e questo non va bene. Integratori e vitamine non possono sostituire un'alimentazione a base di cibo solito, e questo ti è già stato spiegato-. Emise un sospiro e le poggiò una mano sulla spalla, stringendo le dita con poca forza. -A partire da questa sera dovrai presentarti in sala mensa ad ogni pasto, capito? Un infermiere è stato incaricato di occuparsi della tua alimentazione-.
.......................
La stanza dedicata alla terapia di gruppo, quel pomeriggio, era molto più silenziosa del solito. Toby era già accomodato sulla sua sedia, con le gambe allungate ed intrecciate tra loro; il livido scuro presente sulla sua guancia adesso sembrava anche più evidente di prima, man mano che guadagnava un maggior colorito. Al suo fianco, la sedia di Brina era ancora vuota; Allyson la osservò in silenzio con evidente preoccupazione, prima di voltare lo sguardo verso Dina. La bionda, nonostante la sua solita espressione presuntuosa, in quel momento sebrava essere piuttosto agitata e preoccupata, per un motivo che al momento le sfuggiva; al suo fianco, la silenziosa Rouge, e la piccola Sally. Timothy era invece seduto vicino ad Eren, e teneva la testa bassa; a colpo d'occhio Ally non riuscì a scorgere nessun livido sul suo corpo. L'altro ragazzo, invece, guardava continuamente in sua direzione come se stesse aspettando il momento giusto per parlarle.
-Ci siamo tutti?- esclamò a gran voce il dottor Max, appena spuntato dalla porta d'ingresso, attirando l'attenzione di tutti i presenti. Il suo modo di muoversi e parlare era molto differente dal solito; sembrava piuttosto arrabbiato, nonostante celasse abilmente le sue emozioni sotto ad una falsa espressione amichevole.
-Quella di oggi non è una delle nostre classiche sedute terapeutiche, perché siamo qui per parlare di una cosa piuttosto grave che è accaduta ieri- disse, squadrando con gli occhi l'intero gruppo di giovani pazienti.
-Chi ha combinato un guaio così grosso da doverne parlare con così tanta fretta?- chiese subito Dina, rivolgendo uno sguardo ghiacciato a Toby; doveva aver notato il livido sul suo volto, e dedotto che avesse a che fare con ciò di cui parlava il dottor Max.
-Riguarda tre persone che sono qui presenti in questo momento...- rispose il dottore, espirando aria dal naso. -Ma vorrei che fossero loro stessi, a confessare-.
"Tre" pensò Ally tra se e se. Doveva riferirsi a Natalie, Toby e Tim: dunque nessuno stava sospettando che anche lei fosse presente quella notte.
-Io c'entro- disse freddamente Timothy, senza sollevare la testa.
-Molto bene- esclamò Max -E gli altri due?-.
Natalie lanciò un'occhiata preoccupata ad Allyson, e le sussurrò all'orecchio di restare in silenzio e non rivelare quella parte di verità che pareva essere passata inosservata. Poi alzò una mano e la agitò con decisione: -C'entro anche io!-.
Infine, Toby si unì svogliatamente al coro. -Anche io-.
Il dottore assunse un'espressione soddisfatta ed esternò la sua approvazione con un sorriso. -Molto bene, ragazzi. Ammettere i propri errori è il primo passo per imparare qualcosa-.
Allyson deglutì nervosamente, tentando invano di bagnare la gola secca. Si sentiva uno straccio a lasciare che la colpa venisse data agli altri ma non a lei; se Natalie non le avesse detto di stare zitta, probabilmente avrebbe rivelato anche la sua colpevolezza. Ma adesso, con un po' di tempo in più a sua disposizione per ragionare, si rendeva conto che forse stare in silenzio sarebbe stata effettivamente la scelta migliore; libera dal sospetto dei medici, sarebbe stato più facile tornare nei sotterranei in un secondo momento.
-Adesso parliamo di quello che è successo- continuò Max, iniziando a camminare avanti e indietro lungo la stanza. -Qualcuno tra voi tre ha voglia di spiegarlo agli altri?... Perché non parli tu, Toby?-.
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