CAPITOLO DICIANNOVESIMO - parte 2

Allyson sospirò pesantemente, e con gesti piuttosto indecisi batté un paio di volte le nocche sulla porta bianca. Vi avvicinò poi il volto, e rimase in ascolto; dall'interno, provenivano brevi rumori ripetuti ed intervallati da un angosciante silenzio, come se qualcosa stesse strisciando sul pavimento.
La ragazza aggrottò la fronte e bussò ancora, stavolta con maggiore energia. Solo un paio di secondi dopo, le fu possibile udire il rumore di lievi passi in avvicinamento.
-Chi c'è?-. Era la voce di Brian, anche se alle sue orecchie risultò essere decisamente diversa dal solito.
-Sono io, Ally- rispose lei, con il tono più tranquillo che riuscì ad improvvisare; non poteva permettersi di mostrare la sua tensione, in quel frangente. -E c'è anche Eren con me- aggiunse.
Dall'interno della stanza provenne un rumoroso sospiro, poi ancora silenzio. Un profondo, vuoto e spaventoso silenzio di tomba.
-Ci apri?- insistette la ragazza, poggiando cinque dita sulla superficie liscia e fredda della porta.
Non ricevette alcuna risposta verbale, ma una manciata di secondi dopo il rumore metallico della serratura echeggiò nel corridoio. La porta si aprì lentamente, rivelando la figura di Brian, il quale però era già tornato a dare le spalle agli altri due;  si mise a terra puntando le ginocchia sulle mattonelle, e tornò a strusciare sul pavimento un panno asciutto compiendo movimenti nervosi e compulsivi.
-Brian?- mugolò Ally, osservando la scena con stupore.
Ma lui in quel momento neanche poteva sentirla, dominato com'era dalla follia crescente delle sue ossessioni che ne oscuravano completamente il pensiero: continuava a pulire il pavimento della sua stanza strofinando il panno con tutta la forza che aveva nelle braccia. I guanti che indossava parevano essere sporchi del suo stesso sangue nelle punte delle dita, e le maniche della felpa che ricopriva il suo torso erano anch'esse visibilmente macchiate, come se le avesse usate per pulire il pavimento.; forse aveva addirittura usato le unghie, per rimuovere ogni traccia di sporco nelle fughe tra le mattonelle.
-Brian, che stai facendo?- intervenne Eren, con gli occhi sbarrati e la mandibola calata, ad esprimere tutto quanto il suo stupore.
Il ragazzo scosse il capo senza voltarsi ed improvvisamente lanciò via il panno, iniziando a strusciare a terra con il gomito. -Non vedi? È.... È un casino qui!....- balbettò, adesso in preda ai singhiozzi di pianto -La stanza è sporchissima.... Non vedi che casino?!-.
In realtà, l'ambiente circostante era così spendente da sembrare uscito da un quadro: i mobili erano perfettamente ordinati, gli oggetti riposti in buste di plastica cosicché non potessero venire a contatto con la polvere, le lenzuola immacolate del tetto erano ripiegate con una cura disumana; perfino il vetro della finestra non mostrava il benché minimo segno di aloni o macchie, neppure al lato esterno.
-Ma che dici...- esclamò Allyson, avvicinandosi lentamente a lui; considerata la situazione, era davvero preoccupata di poter fare inconsciamente qualcosa che avrebbe potuto peggiorare la sua condizione psicologica. -Non è sporca, dai-.
-Stai zitta!!- gridò lui in risposta, voltandosi verso la ragazza con una rabbia esagerata che niente aveva a che fare con il suo carattere. Il passamontagna nero copriva la sua espressione spiritata, ma dal modo in cui si muoveva in prossimità della bocca si poteva dedurre che avesse avesse il fiato corto.
La ragazza restò a guardarlo, disarmata. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni prima d'ora, e solo in questo frangente si rendeva conto di quanto grave fosse il disturbo che lo tormentava.
-Dai Brian, non ricominciare.... Stavi meglio, no?- tentò di rassicurarlo Eren, ma ciò che ottenne fu solo un tragico aggravamento della situazione; Brian riprese a sfregare la manica della sua felpa sul pavimento, piangendo ed emettendo continui lamenti, finché i suoi nervi non cedettero alla tensione: si lasciò cadere a terra, accasciandosi sul lato destro del corpo, e rannicchiandosi in posizione fetale. Poi iniziò a gridare disperatamente.
Allyson avanzò verso di lui varcando con decisione la porta della stanza, giusto prima che le mani di Eren riuscissero ad afferrarla per impedirle di farlo. -Così è peggio!- le aveva gridato.
Ma lei, incurante di quell'affermazione, corse istintivamente verso Brian e gettò a terra le ginocchia chinandosi davanti a lui, per poi afferrargli la testa.
-Calmati, Brian!- gridò a sua volta, cercando di tenerlo fermo con le sue esili braccia. -Va tutto bene, la stanza è pulita, credimi!-.
-No!- continuò a vaneggiare lui, annaspando. -Non è pulita.... È un casino... Guardala! Guardala!-.
La ragazza avvolse rapidamente le mani attorno al suo busto e lo abbracciò, stringendolo al suo petto come meglio che poteva. -Ti prego, calmati. È pulita, te lo giuro-.
-Non.... Non è.... Pulita..- balbettò lui, tra i singhiozzi di un incontrollabile pianto; ma non ebbe  alcuna reazione violenta, seppur ormai si fosse reso conto che il corpo della ragazza fosse fin troppo attaccato al suo.
-Sì, lo è. Hai pulito il pavimento fino ad ora, non può essere sporco-.
A quel punto il ragazzo iniziò finalmente a calmarsi, e questo Ally poté percepirlo chiaramente dal rallentare della sua respirazione. -Dovevo pulire, c'era quello scarafaggio...- borbottava lui, tentando invano di asciugare le lacrime che avevano inzuppato le sue guance. -Ma i prodotti li hai tu...-.
Allyson sentì una voragine aprirsi nel petto. Era vero, tutti i flaconi di disinfettante li custodiva lei nella sua stanza; forse Brian aveva bussato alla sua porta per prenderli chissà quante volte, mentre lei si trovava rinchiusa nei sotterranei. Era sua la colpa di quanto era successo, per l'ennesima volta.
-Hai ragione. Mi dispiace, non ero in camera e...-.
-La porta è ben aderente al pavimento- disse lui, interrompendola. Il tono della sua voce era improvvisamente cambiato, facendosi non solo più calmo e pacato ma anche carico di rabbia.
Eren, oltre la porta, guardò Ally con aria interrogativa; lei scosse il capo e si rivolse nuovamente a Brian. -Che intendi dire?-.
-Tengo le finestre sempre chiuse, e sotto alla porta non c'è abbastanza spazio per uno scarafaggio-. sospirò il ragazzo mettendosi a sedere con la schiena premuta contro al fondo del letto, mentre recuperava progressivamente il controllo.
-Qualcuno ha messo quell'insetto apposta- concluse.

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