𝒰𝒩𝒪
ARTEM
𝐼𝓁 giorno successivo inviai un messaggio al contatto suggerito da Émilien. Dalle foto pubblicate su Instagram vidi che si trattava di una ragazza semplice dai lunghi capelli biondi e occhi castani. In ogni post posava con un sorriso radioso e in ogni location era circondata dalla natura; infatti nella bio del profilo c'era scritto a caratteri cubitali "nature lover" seguito da una serie interminabile di emoji di foglie, piante, alberi e quant'altro.
Sebbene un po' stramba mi sembrò una brava ragazza, quindi la contattai senza pensarci troppo. Era diversa dalle persone che frequentavo solitamente e mi andava più che bene. Quel giorno passò in un battito di ciglia, il lunedì mi alzai controvoglia dal letto e mi trascinai in bagno con passo pesante. Non volevo più andare a scuola, mi serviva un po' di riposo o sarei crollato da un momento all'altro. Le vacanze di Pasqua erano vicine, sarei stato a casa per una settimana e la cosa mi rallegrava. Mi vestii rapidamente e presi la cartella, attraversai il corridoio fino ad arrivare in cucina dove sedeva mio padre sul divano. Alzò la testa e mi guardò, poi fece un cenno col mento e tornò a fissare il telefono col capo chinato. A quel gesto così distaccato e disinteressato sospirai leggermente e sussurrai un -dobry den- tra me e me. Aprii la porta e una folata d'aria fredda mi investì, facendomi rabbrividire al contatto violento e inaspettato. Eran le 06:30 del mattino e sembrava notte fonda; si vedeva a stento il sole sorgere lentamente alle spalle delle colline. Sbuffai e mi misi in cammino per arrivare in stazione, in tempo per prendere il treno delle 07:13 che mi avrebbe portato puntuale a scuola.
Il sabato ero rientrato quasi alle tre di notte, scavalcando la finestra della mia camera da fatto. Non potevo rischiare di svegliare i miei genitori, altrimenti sarei stato nella merda fino al collo per essere tornato a casa tre ore dopo l'orario stabilito. Fortunatamente, mia sorella minore Ysabel era ancora sveglia e mi aveva aiutato a non rimanere bloccato col culo nella finestra stretta. Ero ancora mezzo dolorante ma sapevo che sarebbe passato entro metà giornata, non era la prima volta che mi capitava. Il treno arrivò in stazione emettendo uno stridulo fastidioso per la frenata ed io mi affrettai ad entrare nel vagone. Cazzo che puzza di sudore, pensai, trattenendo il pensiero per me stesso anche se la tentazione di urlarlo era forte. Cercai di non vomitare e attesi pazientemente di arrivare a destinazione. Riuscivo a stento ad aggrapparmi alle maniglie di ferro che pendevano da tetto, per la troppa gente. Purtroppo gli orari e le corse erano organizzate in un modo di merda, i treni passavano con scarsa frequenza e l'unico disponibile nella fascia oraria era proprio quello. Quindi ci ritrovavamo ammassati nei vagoni, ragazzi e adulti che si servivano dei mezzi per raggiungere il lavoro ed ogni mattina combattevo contro l'impulso di farmi mezz'ora di camminata, pur di evitare quella tortura. Uscii dal vagone inspirando la libertà che aleggiava nell'aria e attraversai i binari dirigendomi verso la scuola a passo spedito. Una volta dentro la struttura, corsi in classe e per fortuna, arrivai tre minuti prima del professore di matematica. Quell'uomo era una vera spina nel culo e non sembrava contento nel vedermi già seduto al banco; lo stronzo voleva iniziare la settimana con una delle sue lamentele sulla puntualità.
Mentre era distratto a scrivere alla lavagna, uscii furtivamente dalla classe e mi diressi alle scale antincendio, dove accesi una sigaretta e mi accomodai su uno dei gradini in ferro. Speravo che nessun bidello mi sorprendesse lì; alcuni di loro erano davvero una seccatura, mentre altri si univano senza problemi, bastava promettere di non farne parola del fatto che fumavano con alunni invece di sorvegliare i corridoi e loro non avrebbero spifferato nulla. Immerso nei pensieri mentre contemplavo il sole ormai sorto, non mi accorsi neanche che qualcuno si era seduto accanto a me e quasi sobbalzai dalla sorpresa.
Max, il mio migliore amico, mi salutò con un ghigno e mi strappò la sigaretta dalle labbra per darne una boccata. -Non sei venuto sabato-, esalò il fumo e scosse la testa. -Non avevo voglia di vedere Émilien mentre si atteggiava da puttanella al Boundaries. Il suo comportamento mi irrita e poi avevo di meglio da fare. Le dieci ore di fila all'Xbox mi aspettavano e valgono più di un'uscita inutile.-
Scossi il capo e trattenni un sorriso. -Sempre lo stesso-, mormorai ma dalla sua espressione compiaciuta capii che aveva sentito. Parlammo del più e del meno per circa mezz'ora, passando attraverso vari argomenti. Non parlavamo spesso ma quando accadeva, le conversazioni potevano durare anche una giornata intera. Gli raccontai del lavoro di mio padre e di come lo avevo aiutato il giorno precedente, guadagnando cinquanta euro, che andavano bene per me.
Raccontai anche della mia fantastica caduta mentre tentavo di entrare dalla finestra, (a causa di Ysabel che mi aveva tirato le braccia in modo del tutto inaspettato) e delle strisce rosse che mi erano rimaste sul culo. Ridemmo e scherzammo mentre accendevo un'altra sigaretta. Poi gli raccontai della noiosa serata passata insieme ai nostri amici, di Roman e delle manie di protagonismo di Émilien. Max fece una smorfia disgustata quando gli parlai della reazione alla richiesta di nuovi amici. -Te l'ho detto, all'inizio era simpatico ma ora non lo reggo più. A parer mio, fai bene a cambiare aria e a stargli lontano per un po', sia da lui che dalle sue due fidanzate-, per fidanzate intendeva Lukas e Isaac ed io sospirai. Cercai di ricordare qualcos'altro della serata da raccontare e il mio stomaco si strinse quando mi tornò in mente il ricordo di un paio d'occhi nocciola e magnetici. Deglutii e mi resi conto che non l'avevo pensata fino a quel momento, ebbi una strana sensazione. Mi balenò il dubbio se l'avessi rivista il sabato seguente e scossi debolmente il capo, come per scacciare quel pensiero inutile. Max mi guardò perplesso. -A che pensi?-Esitai per qualche secondo e risposi con la prima stronzata che mi venne in mente. -All'enorme canna che abbiamo fumato io e Roman in tua assenza.-
Max si portò una mano al petto come se fosse ferito, -senza di me?-Domandò con tono ironico ed io ridacchiai. -Questo lo considero un tradimento da parte di entrambi.-
Il telefono vibrò in tasca e controllai la notifica che mi illuminò lo schermo. La ragazza delle foglie mi aveva risposto e mi affrettai a leggerla. Mi ero presentato con nome e cognome, dicendole che un amico mi aveva consigliato lei e il suo gruppo per fare nuove amicizie. "Ciao Artem Koval, sono felicissima di fare la tua conoscenza! Sono contenta che ti abbiano consigliato il nostro gruppo e saremo lieti di accoglierti sabato prossimo..."
quasi mi venne da ridere leggendo le sue parole; sembrava un messaggio da un centro di recupero per tossici.
"Prima di tutto, però, non voglio che ti crei false aspettative. Noi non siamo popolari o almeno solo uno di noi lo è, e non siamo numerosi. Qui in città vengono presi in considerazione solo quei gruppi e infatti sono stupita che ti abbiano consigliato noi, dato che nessuno ci conosce. Ma penso che sia proprio per questo che ci vogliamo bene davvero tra di noi e siamo amici non solo all'apparenza, diversamente da altri gruppi. Come ben sai, in alcuni gruppi ci sono degli standard: devi avere un certo stile, una certa età, un certo hobby, devi frequentare una certa scuola per poter rientrare nei criteri. E se sei accettato, non aspettarti che ti vogliano davvero per quello che sei, solo per ciò che possiedi. Non a caso il nostro gruppo è vario e accettiamo chiunque, inoltre anche noi stavamo cercando qualcuno da aggiungere e mi fa piacere averti trovato! Sono sicura che ti troverai bene con noi, ma non è questo il problema principale, perché come ben sai ti sarà consentito restare solo se piacerai al leader."
Aggrottai la fronte ma comunque non mi stupii più di tanto; ogni gruppo aveva un leader e i membri dovevano piacergli, altrimenti niente. Era una tradizione della città e tutti rispettavano la regola, anche se assurda. Max lesse il messaggio accanto a me, -sicuro di volerlo fare?- Ovviamente gli avevo spiegato chi fosse e in che modo ero arrivato al suo account Instagram. Dopo qualche minuto di riflessione, annuii. -Non credo sarà così difficile piacere al leader...-
non finii neanche la frase che la porta che conduceva alle scale antincendio si spalancò, rivelando uno dei peggiori bidelli dell'istituto. Nel momento in cui posò lo sguardo su di noi, capii che eravamo fottuti.
Merda.
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