𝒬𝒰𝐼𝒩𝒟𝐼𝒞𝐼
ARTEM
"So che sei stanco
dillo e basta,
sono d'accordo con te
stanco di tutto il veleno
che c'è in me,
cosa ho fatto di sbagliato,
tesoro?
Mi rivedo in te"
-The Neighborhood
𝒜𝓋𝑒𝓉𝑒 mai sperimentato quel breve istante che precede il risveglio dal sonno? In quel frangente ci si ritrova in uno stato di semi-coscienza, con il corpo immobilizzato mentre la mente inizia a vagare. Si ripercorrono i momenti più strani della propria esistenza, riflettendo con una certa serietà su di essi. Sono istanti privi di senso, destinati ad essere dimenticati, ma che comunque apprezzavo: qualsiasi pensiero che non rientrasse tra quelli che mi tormentavano era apprezzato. Tuttavia c'era una sola eccezione: quegli occhi castani, capaci di tormentarmi più di ogni altro pensiero.
La situazione ironica era che sebbene fossi sveglio mi sentivo come se fossi immerso nel sonno. I miei sensi erano totalmente off, gli occhi socchiusi, la testa reclinata all'indietro appoggiata allo schienale della panchina su cui ero seduto e le labbra leggermente aperte per consentire un afflusso d'aria abbondante. Mi sentivo incredibilmente bene, desiderando quasi di rimanere in quel limbo per sempre, senza pensieri né preoccupazioni... né Laetitia, che si era insinuata nella mia mente come un pensiero ossessivo e una preoccupazione costante. Il suo nome mi tormentava sin dal momento in cui aprivo gli occhi al mattino fino a quando li chiudevo la sera. Era diventata un fastidioso punto fisso che purtroppo non riuscivo ad eliminare. E i segnali contraddittori che lanciava mettevano a dura prova la mia razionalità. Non potevo confidarmi con qualcuno e questo mi consumava. Max mi aveva consigliato, anzi quasi ordinato, di dimenticarla.
Come se ci riuscissi Max, cazzo.
Mentre Roman la considerava una sorta di "prostituta ben vestita, una di quelle che ti sparerebbe una cifra assurda per una misera sega". Di solito avrei reagito con un destro a un'affermazione del genere, ma trattandosi di mio cugino, cercai di mantenere il controllo di fronte a tale mancanza di rispetto. Ero irritato non solo perché riguardava Laetitia, ma anche perché ero fermamente contrario a quegli aggettivi applicati alle donne in generale. E poi, nessuno avrebbe dovuto rivolgersi a lei in quel modo, poiché era tutto tranne che una prostituta. So esattamente cosa state pensando: "ma non la conosci così bene, non puoi dirlo". Ed è vero non la conoscevo bene. Era piuttosto una teoria, un ritratto che avevo dipinto nella mia mente basandomi su tutto ciò che fino a quel momento avevo potuto osservare di lei. Avrei fatto tutto il possibile per dimostrare agli altri che non mi sbagliavo.
In secondo luogo, Laetitia era diventata una fonte di preoccupazione costante. Una fottuta preoccupazione costante ogni volta che mi trovavo nelle zone dove potevo incontrarla e diventavo un nervo teso. L'ansia di vederla, anche solo di scorgere la sua figura da lontano, era paragonabile a un incontro diretto con lei. Sì, ero forse un pazzo e un illuso, ma cazzo se mi faceva sentire bene. Ansimai dopo aver trattenuto il respiro così a lungo da farmi fischiare le orecchie. Lentamente ero tornato alla realtà mentre l'effetto dell'erba svaniva, portando con sé quel senso di pace che tanto a lungo non avevo provato. Mi trovavo in Villa, il consueto luogo di ritrovo dei miei nuovi amici prima di recarci alle giostre. Ma quella sera ero in compagnia di Max, Roman, Isaac, Lukas e altri conoscenti di mio cugino di cui non sapevo nemmeno il nome. Tuttavia ciò non mi interessava particolarmente; ero lì solo per Max e per Roman, non avevo alcun interesse nell'instaurare rapporti amichevoli con gli altri. Mentre loro chiacchieravano io mi sentivo estraneo al mondo, impegnato in una battaglia interiore per non lasciarmi sopraffare. Ma purtroppo, la guerra stava prendendo il sopravvento e porca puttana mi sconvolgeva profondamente quella sensazione di impotenza.
-Sei ancora tra noi?- Annuii poco convinto e Max ghignò. -Non starai ancora pensando a lei, vero?- Serrai la mascella indeciso sulla risposta: mentire o dire la verità?
-Chi intendi per "lei"?- Il mio migliore amico mi diede una pacca orgogliosa sulla spalla e si alzò di scatto dalla panchina. -Cazzo, così ti voglio. Tu sai davvero come farmi sentire fiero.- Chiusi gli occhi e sorrisi sarcasticamente; non ero solito dire stronzate a lui quindi quando lo facevo... era per una buona ragione.
-Per aiutarti a dimenticarla, ho pensato di organizzare un incontro che sicuramente apprezzerai- disse con malizia e io lo guardai incuriosito mentre si dirigeva verso alcuni componenti della comitiva. Spuntarono tre ragazze, ciascuna più affascinante dell'altra. La prima era alta e snella, con gambe lunghe e sottili. I fianchi stretti erano evidenziati da un vestitino attillato, mentre le cosce nude catturavano lo sguardo dei presenti. Il suo viso serio, gli zigomi prominenti e la forma degli occhi allungata la rendevano intimidatoria. La sua pelle nera era esaltata dal vibrante colore dell'abito e i capelli castani le scendevano lisci lungo la schiena. Non mi ci volle molto per riconoscerla; era Sarah Miller una modella che frequentava il gruppo di Émilien. L'avevo già vista sfoggiare il suo talento in molte sfilate, spesso insieme ad Hailey, anche se per qualche motivo lei sembrava avere più successo. Naturalmente non mi degnò di uno sguardo e si avvicinò ad Isaac ignorando gli altri, per poi scomparire con lui in un angolo buio della Villa, mentre le teneva la mano rigorosamente sul culo.
Conoscevo la seconda ragazza, Alycia Bernard, di vista e soprattutto per la sua... reputazione. Era considerata una succhiacazzi, più volte avevo sentito storie su come avesse fatto dei pompini a vari ragazzi in luoghi pubblici. Era davvero bella però, con i suoi capelli dorati e un fisico mozzafiato. Sorrideva gentilmente a tutti e per un attimo dubitai delle dicerie sul suo conto, Lukas la chiamò e la ragazza gli andò incontro. Sparirono in un angolo buio accompagnati da altri quattro ragazzi e restai allibito... non ero abbastanza fatto per non reagire. Mi voltai verso Roman che fumava indisturbato -se la faranno tutti e cinque?- Ed egli alzò le spalle. -Probabile.-
La terza ragazza al contrario era una completa sconosciuta per me, il che era piuttosto insolito considerando che conoscevo praticamente tutti in città, in un modo o nell'altro. Era di bassa statura e indossava anch'essa un abito che lasciava poco all'immaginazione. Il corpo era esile, magro e con poche curve; aveva spalle strette e cosce sottili. I suoi capelli biondo platino e lisci le ricadevano appena sulle spalle e nonostante l'oscurità della serata, gli occhi blu le brillavano grazie alla luce artificiale dei lampioni. Sorrideva a tutti e riceveva molti complimenti, mi ritrovai a concordare, era davvero bella.
-Chi è?- Chiese un amico di Max ed egli si avvicinò alla ragazza per abbracciarla. -Lei è nuova, quindi attenzione a non metterla a disagio. Perché non ci dici il tuo nome, tesoro?- Il suo sorriso si allargò, mostrando una dentatura perfetta, e sembrò subito a suo agio. -Sophie.-
Quasi nessuno le rivolse uno sguardo e mi stupii: era veramente una bella ragazza e inizialmente trovai strano quell'atteggiamento. Poi mi ricordai della mentalità di quella città maledetta, dove se non eri conosciuto, potevi essere bellissimo quanto volevi ma non ricevevi alcuna attenzione. Accesi una sigaretta, sentendomi ancora confuso e incapace di formulare pensieri logici, quindi mi isolai nuovamente. La voglia di socializzare era al minimo, non avevo interesse né di interagire con i miei amici né con persone sconosciute. Non riuscivo nemmeno a capire perché fossi uscito, forse solo per distrarmi dal pensare agli occhi castani, al profumo di cocco o ai capelli rossi.
Dio, i capelli rossi sono così belli, non li ho mai apprezzati così tanto fino ad ora.
-Vuoi bere?- Chiese Max ed io scossi la testa. Mi passò comunque un bicchiere di Jack Daniel's che mandai giù in pochi sorsi. Egli rise, -Dio, sei proprio messo male stasera. Hai bisogno di una distrazione.- Gettai la testa all'indietro chiudendo gli occhi. Aveva ragione: stavo perdendo la testa per una ragazza che probabilmente a stento sapeva il mio nome. Ma che non ne valesse la pena... non l'avevo mai pensato e mi rifiutavo a credere ciò, per qualche ragione sconosciuta. Non avevo pazienza ero l'ultima persona a cui poter affibbiare quella qualità. E il fatto di non aver ancora mollato la presa su Laetitia diceva molto, cazzo se diceva davvero tanto.
-Pensaci tu dai, fallo distrarre un po'- sentii il mio migliore amico parlare con qualcuno e Roman ridere di conseguenza. Dopo qualche minuto, avvertii un peso sulle gambe e aprii gli occhi lentamente. Il viso di Sophie era a pochi centimetri dal mio e mi guardava con aria divertita.
-Cosa?- Chiesi debolmente e il suo sorriso si allargò. -Mi hanno chiesto di venirti in soccorso. Il tuo migliore amico è molto preoccupato per te, sai?-
Immagino, porca puttana.
-Ignoralo, sto benissimo.- Sophie rise e io chiusi nuovamente gli occhi. -Qual è il problema? Situazione sentimentale? Rottura?-
E in quel momento mi trovai in difficoltà sulla risposta. Relazione inesistente? Amore platonico? Idealizzazione?
Mi soffermai a contemplare il vuoto immerso nel groviglio di pensieri. -Pensi che io sia ridicolo se ti dicessi che, probabilmente, provo dei sentimenti per una ragazza che conosce a stento il mio nome?- Mi guardò negli occhi e a quella vicinanza mi resi conto di quanto fosse davvero bella. Gli occhi a cerbiatto erano la parte più interessante del viso, che in quel momento era a pochi millimetri di distanza dal mio. Portò le braccia dietro alle mie spalle e si sistemò su di me. -No, ma viste le tue condizioni deduco che non provochi neanche un effetto positivo, quindi hai davvero bisogno di distrarti. Fossi in te, seguirei il consiglio di Max.- Strofinò la sua guancia alla mia e scivolò lentamente fino ad avvicinare le labbra al mio orecchio.
-E se lei conosce a stento il tuo nome, stasera posso provare a farti dimenticare il suo.-
Spostai lo sguardo su Max che osservava la scena da lontano; lo vidi avvicinarsi una sigaretta alle labbra per celare il ghigno soddisfatto. Roman invece, se ne disinteressò e non guardò neanche la ragazza sulle mie gambe, che nel frattempo si strusciava sul cazzo in cerca di qualche reazione, che però non ottenne. Era bellissima. Ma non sarebbe mai arrivata ai livelli della ragazza che mi aveva conquistato la mente, il cuore e perché no anche il cazzo, semplicemente esistendo.
Porca puttana, non era lontanamente paragonabile a Laetitia.
Era bellissima ma non come lei.
Era attraente ma non come lei.
Era una ragazza qualunque, non era lei.
[IL CONTINUO NELLA VERSIONE CARTACEA DI "BABY, I'M YOURS" SU AMAZON]
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top