𝒟𝒰𝐸
ARTEM
𝒰𝓈𝒸𝒾𝒾 da scuola sbuffando e camminando rapidamente; le ore sembravano non finire mai e la sgridata del bidello aveva peggiorato ulteriormente il mio umore.
-Dai Artem, non pensarci, quello lì è un frustrato.-
-Tutti in questa scuola del cazzo lo sono...- risposi senza voltarmi. Max cercava di tenersi al passo, ma camminavo rapidamente e mi chiese di rallentare. Volevo solo tornare a casa anche se mi resi conto che sarebbe stato peggio; avrei solo finito per innervosirmi ancora di più.
Sospirai irritato e Max finalmente mi raggiunse, scrutandomi
attentamente prima al guardare avanti. Probabilmente aveva capito e sapeva che non fare domande sarebbe stata la scelta più saggia.
Prendemmo il treno in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Nonostante tutto mi fece piacere avere la sua compagnia; la apprezzavo sempre e mi chiesi se lui lo sapesse. Non volevo che pensasse di darmi fastidio; quando mi comportavo male speravo capisse che non era colpa sua.
Eravamo quasi arrivati alla nostra città quando Max esordì:-Ho bisogno di fottere qualcuno.- Una signora dietro di lui si voltò scandalizzata ma Max la ignorò completamente. Feci lo stesso.
-Allora cerca qualcuno- dissi con ovvietà alzando le spalle mentre lui
scuoteva la testa. -Non trovo nessuno, sono in astinenza da mesi. Sai cosa significa, Artem?-
No non potevo saperlo; non avevo mai sperimentato quella situazione.
-Troverai qualcuno- che cosa si aspettava, che lo aiutassi a trovare un partner?
-Nella comitiva di Émilien ci sono un sacco di ragazze e ragazzi belli; hai molta scelta.- Alzò gli occhi al cielo. -Non mi interessano. Sono tutti uguali, fatti con lo stampino e non sono il tipo di nessuno lì in mezzo e loro altrettanto.-
Il treno si fermò ed io e il mio migliore amico uscimmo dalla stazione uno accanto all'altro. Camminammo insieme per un breve tragitto, fino a quando lo salutai e gli promisi che ci saremmo visti più spesso. Purtroppo non potevo invitarlo a casa poiché ai miei non piaceva; per qualche motivo ignoto. Non potevo nemmeno uscire durante la settimana sempre a causa delle loro regole inutili e senza senso, che sembravano più capricci che regole.
In realta, non mi era permesso neanche di fumare, tornare a casa tardi, bere. Ma sappiamo tutti che più si vietano certe cose, più una persona sarà incline a farle. Non appena arrivai a casa mi chiusi in camera; avrei mangiato quando i miei sarebbero andati a lavoro. Ero di pessimo umore e incontrarli proprio non mi andava.
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La settimana trascorse rapidamente e sabato mattina mi trovai a scuola già a pensare alla serata. Piacere agli altri non era mai stato un problema per me; ero una persona che faceva amicizia subito anche se all'inizio tutti erano intimiditi dalla mia espressione seria. Quando capivano che non volevo attaccarli alla gola ma che quella era semplicemente la mia faccia, si rilassavano ed io diventavo magicamente simpatico. Con Max fu diverso: eravamo capitati per caso nella stessa classe e durante l'appello lui notò qualcosa di strano nel mio cognome, così come io nel suo. Non proveniva da questo paese proprio come me. Quando si avvicinò ne ebbi la conferma; mi chiese da dove provenissi e alla mia risposta "Ucraina" il suo volto si illuminò. Mi spiegò di avere un genitore ucraino e un altro russo ma che, a differenza mia, conosceva solo qualche parola e non era in grado di formulare frasi o sostenere una vera e propria conversazione, in nessuna delle due lingue. Lo ascoltai attentamente mentre mi raccontava la storia della sua famiglia.
Il professore richiamò la sua attenzione cercando di pronunciare con difficoltà il nome per intero, ma ciò lo irritò ulteriormente, forse più del fatto di essere stato interrotto. -Si pronuncia Maksym, testa di cazzo- ed ecco come Max si guadagnò una nota il primo giorno di scuola ed ecco come io, trattenendo le risate, capii che dovevo assolutamente essergli amico. Da quel momento non me lo staccai più di dosso e non capivo perché ai miei genitori non piacesse. Se avessero saputo tutte le volte in cui mi era stato accanto nei momenti difficili, piangendo con me, forse avrebbero cambiato idea. O forse no, probabilmente non avrebbero apprezzato un gesto simile, siccome loro non erano mai stati inclini a farlo. Forse non sapevano neanche che significasse quel tipo di attenzione; in diciassette anni di vita non l'avevo mai ricevuto da nessuno dei due.
Presto il sole tramontò e, dopo aver accompagnato Ysabel al luogo di ritrovo delle sue amiche, mi affrettai ad andare al Boundaries a salutare Roman. Sorseggiava una birra in compagnia di Isaac e feci un cenno col capo ad entrambi. -Li hai conosciuti?- Chiese mio cugino ed io scossi la testa. -Ancora non sono qui, la ragazza con cui ho parlato mi manderà un messaggio non appena si saranno radunati- lui annuì, mi passò la bottiglia e feci un sorso. Isaac era ancora offeso all'idea che volessi espandere le mie amicizie ed io ignorai lo sguardo contrariato con il quale mi stava guardando. Fedelissimo al leader Émilien, ma a me non fregava un cazzo. Quella non era una prigione e volevo andare via, quindi fanculo tutti e alle loro facce imbronciate.
Un messaggio mi riportò alla realtà e avvicinai lo schermo al viso. -Sono alle tue spalle, voltati.- Ed io così feci trovandomi a pochi passi di distanza una ragazza dai capelli biondi e i suoi amici alle spalle che si guardavano attorno, disorientati a causa della troppa gente. Salutai velocemente Roman e Isaac con la mano e mi affrettai a raggiungerla, già mi stava sorridendo e con occhi luminosi mi accolse.
-Ciao Artem Koval- mi esaminò dalla testa ai piedi incuriosita, focalizzandosi su ogni dettaglio ed io feci lo stesso. Abbastanza alta, formosa, i capelli dorati e lisci le contornavano il viso e poggiavano delicatamente fino alla fine della schiena. Il volto paffuto e le guance rosse le davano l'aspetto di essere una bambolina, sotto le lunghe ciglia si nascondevano gli occhi da cerbiatto di un colore simile al caramello e le labbra rosee creavano armonia con l'incarnato chiaro. Non poteva avere più di sedici anni e pensai che le foto non le rendessero giustizia. Dal vivo era decisamente più bella.
-Ciao, N...- cercai di pronunciare il suo insolito nome ma lei si affrettò ad aiutarmi, -Nemina.- Annuii semplicemente e il suo sorriso si allargò. -Vieni, ti presento il resto del gruppo!- Mi invitò ad avvicinarmi agli altri e le loro teste si voltarono contemporaneamente nella mia direzione.
Iniziai a sentirmi leggermente osservato.
Nemina toccò la spalla di un ragazzo con l'intento di presentarlo. -Lui è Kenneth Martin.- Molto alto e robusto, si fece spazio tra i suoi amici e mi strinse la mano con forza, senza distogliere gli occhi dai miei. Probabilmente pensava di intimorirmi, ma quando vide che sostenevo il suo sguardo, fu lui ad abbassare lo sguardo. Si sistemò i folti capelli castani sul lato e non smetteva di esaminarmi di soppiatto con i suoi occhi marrone scuro. Dal suo viso imbronciato, potevo dedurre che l'idea di avere un nuovo membro nella comitiva non lo entusiasmasse.
Nemina passò al prossimo componente, che era anch'egli un ragazzo, ma a differenza del precedente, mi rivolse un sorriso amichevole. Aveva un viso familiare; probabilmente ci eravamo già incontrati ma non ricordavo dove. -Rajin- si presentò lui stesso, rivolse un'occhiata all'amica per poi avvicinarsi notevolmente e sussurrarmi qualcosa. -Nemina pensa probabilmente che io sia muto o qualcosa del genere- scherzò e la ragazza alzò gli occhi al cielo. Rajin stringeva una pochette tra le mani e il suo abbigliamento era eccentrico e molto curato nei minimi dettagli. Portava i capelli biondo cenere legati in una piccola coda bassa. Gli occhi azzurri spiccavano al di là degli occhiali. Le sue caratteristiche fisiche mi ricordavano molto quelle di Nemina, quindi pensai che fossero fratelli o qualcosa di simile.
La prossima ragazza quasi mi saltò addosso nel tentativo di fare conoscenza, ed io indietreggiai di parecchi passi per porre distanza tra me e lei. Mi prese la mano e la strinse con un sorriso raggiante mostrando i denti coperti dall'apparecchio ortodontico sporgente. -Sono Zaira Street, piacere di conoscerti!- Il tono squillante mi diede sui nervi e feci appello di tutto il mio autocontrollo per non farlo notare. Ad occhio era alta (o meglio bassa) un metro e cinquanta e mi chiesi dove contenesse tutta quella voce ed energia. Si toccò con le dita pavoneggiandosi i capelli di un colore indecifrabile, una specie di biondo tinto con lo scopo di coprire il castano (con scarsi risultati), che però faceva capolino al di sotto delle ciocche colorate male. Mi guardò dal basso con i suoi grandi occhi color nocciola. -Non mi aspettavo fossi così alto! Immagino sia una caratteristica dell'Est Europa. Bevi molto?-
Nemina mi rivolse uno sguardo imbarazzato e l'ultimo componente del gruppo le afferrò un braccio. -Smettila con gli stereotipi, Zaira, come se tutti quelli dell'Est Europa fossero così.- Rispose in tono annoiato e Zaira si imbronciò. La sua amica mi rivolse uno sguardo serio e mi salutò con il cenno del capo. -Laramey.- Sembrava la più riservata del gruppo, osservava tutti dall'alto dei suoi occhiali tondi che nascondevano gli occhi verde oliva, e ogni tanto si tirava indietro i ricci scuri con un'aria quasi superiore. Dopo le presentazioni, ci spostammo in un luogo più tranquillo lontano dal Boundaries. Si trattava di una spiaggia poco frequentata ed era allestita con delle giostre per bambini. Passai la serata lì e stranamente mi divertii. Erano tutti goffi, compravano cibo spazzatura e lo condividevano senza problemi. Mi offrirono delle ali di pollo cinque volte e alla sesta fui costretto ad accettare e le mangiai in compagnia di Nemina e Rajin, mentre guardavamo Zaira e Laramey divertirsi sulle giostre insieme a Kenneth.
Col passare delle ore, egli mi aveva rivolto qualche domanda a cui avevo risposto senza problemi e notai la sua guardia abbassarsi man mano, finché non iniziò a sentirsi a suo agio in mia compagnia. -Quindi... anche tu vai a scuola lì? - Mi chiese Rajin ed io annuii. -Ecco dove ti avevo già visto-, affermai e lui replicò che mi vedeva spesso tra i corridoi e che aveva sentito il bidello sgridarmi una settimana prima. Assunsi un'espressione irritata e iniziai a riempire quello stronzo di insulti sotto le risate dei due. Rajin era due anni più giovane di me, così come Nemina e Kenneth. Laramey era invece più grande di un anno e Zaira aveva la mia stessa età. I tre si avvicinarono ansimando e si accomodarono sul marciapiede dove sedevamo noi, stanchi morti dopo aver corso per tutto il parco, facendo su e giù per le giostre. Iniziammo a parlare, slittando tra vari argomenti e ad oggi posso dire che io quella sera in loro compagnia non mi ero annoiato neanche cinque minuti. Erano divertenti, giocosi, non creavano mai un'atmosfera di disagio. Parlavano come se mi conoscessero da sempre, ed ero incluso in ogni loro discorso, chiedendo la mia opinione.
Non avevo mai parlato così a lungo con persone conosciute da poco, e non avevo mai visto nessuno così interessato alla mia storia come loro. Erano incantati mentre raccontavo loro da dove provenivo, cosa ci facevo lì, per quanto tempo sarei rimasto in città e altre cose sulla mia famiglia. Loro facevano domande ma sempre rimanendo discreti ed io li apprezzai. Mi sentii incluso e voluto, come se fossi un amico di vecchia data, mi ritrovai a sperare che mi prendessero con loro e che quello non fosse il primo e l'ultimo nostro incontro. Presto venne l'ora di separarci, ci alzammo in piedi, pronti a lasciare il posto e iniziammo ad incamminarci verso il Boundaries; una volta lì, ci saremmo divisi.
-Mi dispiace solo che stasera non erano presenti Nic, Sky, Fadwa e il nostro leader - disse Rajin.
-Ce ne sono... altri?- Chiesi stupito e lui annuì. Dopo pochi passi, Nemina iniziò a correre e andò incontro a qualcuno, il resto del gruppo fece lo stesso. Ed io inizialmente non ci feci caso, troppo concentrato nella conversazione con Rajin ma quando mi voltai, restai pietrificato.
Nemina abbracciò la figura esile e la persona in questione salutò tutti con un freddo cenno del capo. Rajin le sorrise e fece saettare lo sguardo tra me e lei. -Giusto tu ancora non l'hai conosciuta, perfettamente in tempo- si schiarì la voce e mi posò una mano sulla spalla. -Laetitia Martin, il leader del gruppo. Laetitia, lui è il ragazzo che voleva aggiungersi.-
Nel momento in cui i suoi occhi incrociarono i miei, smisi di respirare. Non capivo il motivo, non capivo perché reagivo in quel modo, ma in quel momento poco mi importava; lei mi stava guardando.
Mi studiava con quegli occhi stupendi, facendoli scivolare lungo tutto il mio corpo e con la fronte leggermente corrugata per la concentrazione. Quando lo sguardo tornò a posarsi nuovamente sul mio viso, Rajin mi diede una leggera gomitata per incitarmi a parlare, svegliandomi dal sonno. -Koval... Artem Koval.- Dissi cercando di non far tremare la voce.
Nemina le chiese dove fosse andata e Laetitia rispose che aveva degli affari da sbrigare; l'amica non chiese i dettagli, annuì soltanto.
-Laetitia, ci serve la tua approvazione per lui nel gruppo... cosa ne pensi?- Domandò Laramey, e Zaira aggiunse che sarebbe stato un vero peccato non farmi entrare nella comitiva. -Abbiamo bisogno di bei ragazzi nel gruppo, abbiamo solo Rajin ma lui ha una passione per gli uomini; Kenneth è tuo fratello e amico stretto, impossibile averci qualcosa e Nic sta con Sky.-
Ignorai il complimento così come l'occhiolino. Gli occhi di Laetitia erano incollati ai miei ed io sostenni lo sguardo a testa alta; l'elettricità scorreva attraverso i nostri corpi, creando una strana connessione
e partì una sfida a chi avrebbe distolto lo sguardo per primo. Ed entrambi eravamo determinati a vincere.
Dopo minuti interminabili di silenzio e preghiere recitate mentalmente dal sottoscritto, le sue labbra si distaccarono lentamente
mormorando una risposta.
-Lui vi piace?- E a quella domanda, tutti approvarono, persino Kenneth. Laetitia fece spallucce, per poi voltarsi e iniziare a camminare nell'oscurità da cui era venuta. -Allora fatelo entrare, non mi importa più di tanto- tutti gioirono mentre io ero stordito; i miei occhi ancora fissavano il punto in cui lei era scomparsa. Il cuore mi batteva all'impazzata tra le costole e per la prima volta durante quella serata, sorrisi a coloro che potevo definire miei nuovi amici.
-Mi sa che sto con voi ora.-
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