SEDICI

DORIAN

Hailey aveva sbattuto la porta della sua stanza con rabbia e quando si era voltata verso di me, il suo volto era rigato di lacrime.

Mi aveva rivolto uno sguardo distratto, quasi indifferente, per poi dirigersi in bagno chiudendo con forza anche quella porta. Sapeva che non c'era bisogno di spiegazioni, perché conoscevo ogni dettaglio della sua vita. Probabilmente non voleva nemmeno che le parlassi. Anzi, ne ero certo. Era trascorso appena un mese da quando le avevo tagliato i capelli mettendola in ridicolo davanti a tutta la scuola. Un mese in cui avevo smesso di vivere la mia vita per starle costantemente accanto. C'era qualcosa che mi spingeva a farlo, una sensazione che non provavo da anni, forse dall'infanzia: il senso di colpa. Ed era strano provare un'emozione simile per una persona così insignificante come Hailey Green, per la quale l'unico sentimento appropriato sarebbe dovuto essere la pietà. Eppure cercai un modo per rimediare. Aveva chiuso con Ryan, la sua prima cotta al liceo. Il bello e carismatico si era lasciato fotografare mentre infilava le mani sotto la gonna di una ragazza in un club, spingendole la lingua in gola. Un colpo basso per la mia piccola stronza. La sentivo piangere e sbattere oggetti furiosamente nel bagno. Non mi avrebbe raccontato cos'era successo ma lo intuii dalle poche informazioni che conoscevo. Una persona anonima le aveva inviato quelle foto, lei lo aveva affrontato e quel bastardo aveva provato a scusarsi, a giustificarsi. Hailey, però, sosteneva di non volerlo mai più vedere. Tipico.

Era uscita dal bagno in pigiama, struccata, con il viso ancora segnato da rabbia e tristezza. Non doveva essere facile chiudere una relazione in quel modo. La osservai mentre si specchiava. Il pigiama metteva in risalto ogni curva del suo corpo e riuscivo a intravedere il seno non sostenuto dal reggiseno e le mutandine sottili che esaltavano quel suo bel culo sodo. I capelli castani le sfioravano appena le spalle e, Dio, era così bella. Avrei voluto stringerla tra le braccia come una volta. Più o meno. Non me lo permetteva mai davvero ma in qualche modo riuscivo sempre a prendermi ciò che volevo, sorridendo soddisfatto davanti al suo volto imbronciato. Da quando era accaduto quell'episodio a scuola però, non mi era concesso nemmeno quello. Mi limitavo a guardarla da lontano. Tirò su col naso e si infilò sotto le coperte, lanciandomi un ultimo sguardo prima di nascondersi sotto la trapunta color scarlatto. Ghignai e mi avvicinai a lei. Non avevo alcuna voglia di restarmene in camera mia, soprattutto sapendo che aveva rotto con il suo ragazzo.
Un sorriso soddisfatto mi increspò le labbra al pensiero che la mia piccola Hailey stesse passando un periodo davvero di merda da mesi. Finalmente. Una giusta ricompensa per avermi condannato, una volta per tutte, a essere legato a lei per sempre. Feci il giro del letto e mi accomodai con delicatezza, accertandomi che stesse dormendo. Non potevo avvicinarmi così tanto quando era sveglia, o avrebbe iniziato a urlare, e non volevo che sua madre sentisse. Non la sopportavo per tutto quello che aveva fatto passare a Hailey e sapevo che l'odio radicato in me per lei poteva facilmente farmi perdere il controllo. Hailey dormiva. Anche nei sogni, il suo volto sembrava ancora adirato e quasi mi scappò da ridere. Era così incredibilmente carina. Con delicatezza scostai le coperte e mi distesi accanto a lei. Una soffiata anonima: questo avrebbe creduto per tutta la vita.

Dopo averle tagliato i capelli e umiliata davanti a tutti, avevo giurato a me stesso che le cose tra noi sarebbero cambiate. Tuttavia, la presenza di quel coglione accanto a lei rendeva ogni mio tentativo di riavvicinamento più complicato. Una seccatura, insomma. Così decisi di sbarazzarmene. Pensai a un piano rapido, niente di troppo elaborato. Mi intrufolai in casa sua e attesi il suo rientro dopo un'uscita con Hailey. Appena mise piede in casa, lo colpii con violenza. Non era da me sporcarmi in quel modo: le mie vendette erano sempre pianificate nei minimi dettagli, lente, psicologiche. Vere e proprie torture emotive. Ma quella volta mi accontentai di assestargli qualche pugno ben piazzato. Non avevo tempo per altro e la mia impazienza aveva preso il sopravvento. Lo minacciai con parole taglienti costringendolo, il giorno seguente, a lasciarsi immortalare durante una festa a cui sapevo avrebbe partecipato senza Hailey. Doveva compiere l'atto più meschino e disgustoso di cui fosse capace. Lo costrinsi con una determinazione feroce poiché, se non avesse eseguito i miei ordini alla lettera, gli avrei distrutto la vita al punto da costringerlo a cambiare paese. Lui sapeva bene di cosa ero capace, conosceva il mio potere. Alla fine si limitò a un bacio e una palpata: nulla di troppo crudo o eccessivo ma sufficiente. Avrei preferito farlo immortalare durante una scena più esplicita, magari una scopata: più sporca, più umiliante. Ma dovetti accontentarmi. Una prova di tradimento bastava. Non appena ricevetti le foto non persi tempo. Le inviai immediatamente alla mia piccola Hailey immaginando la sua reazione. La spiai dal balcone mentre con il cuore spezzato e il viso colmo di rabbia, usciva di casa impavida e furiosa. Una scena perfetta. Risi a crepapelle, il suono delle mie risate riempì la stanza vuota. Poi in quell'istante di crudo piacere mi segai immaginando il suo volto imbronciato, con le lacrime che bagnavano quei suoi splendidi occhi, incisi nella mia anima per l'eternità.

Mi voltai verso di lei e con movimenti lenti la abbracciai da dietro facendo attenzione a non svegliarla. Domani mattina sarei sparito prima dell'alba lasciandola ignara della mia presenza. E finalmente avrei dormito sogni tranquilli, soddisfatto per aver eliminato l'ostacolo che si frapponeva tra me e lei. Affondai il viso nei suoi capelli, inspirando il suo profumo dolce e familiare. Un ghigno mi incurvò le labbra. L'avrebbe fatto comunque, ne ero certo. Nessuno, dopotutto le sarebbe mai stato leale al cento per cento. Nessuno, tranne me.
Oh prego, piccola Hailey, pensai indugiando su di lei. Sappiamo entrambi che nessuno ti merita davvero. Nessuno era in grado di darti ciò che desideravi, di trattarti come volevi.

Nessuno, eccetto me.

È forse il quindicesimo messaggio che le invio nel giro di pochi secondi, carico di rabbia e frustrazione. Insulti calibrati con precisione sapendo che la colpiranno nel punto esatto dove fa più male. Per quanto possa sembrare assurdo non sono capace di gestire la collera. Appaio calmo, imperturbabile, distruttivo, sempre con un sorriso stampato in faccia mentre mi preparo a ridurre in cenere la vita di qualcuno. Ma quando si tratta di lei, quella fottuta puttana dagli occhi che mi fanno impazzire, occhi che a volte vorrei strappare dalle orbite, ogni briciolo di autocontrollo svanisce. Inalo una profonda boccata di fumo lasciando che riempia i polmoni e stringo il cellulare nell'altra mano con tale forza da temere di piegarlo. È così testarda che le staccherei la testa, solo per piantarle in quel cervello vuoto un concetto elementare che, dopo anni e anni e ancora anni, avrebbe dovuto essere ormai scolpito nella pietra: lei mi appartiene. Hailey Green è la mia dolce tortura, un dono avvelenato di Satana inviato per condannarmi a vivere un inferno senza via di fuga. Eppure, a volte penso che la redenzione sia possibile e che la chiave per ottenerla risieda nei suoi occhi verde scuro. È nata dal peccato e tra le stelle stesse nell'alto dei cieli è stato scritto, per l'eternità, che io e lei siamo legati in modo indissolubile. Ma tra i due chi lo ha capito sono io. Abbasso lo sguardo sulla ragazza inginocchiata tra le mie gambe. Mi fissa con brama mentre mi succhia con una dedizione quasi disperata, come se la sua vita dipendesse dal farmi raggiungere il piacere. I lunghi capelli castani le ricadono sulla schiena e sulle spalle delicate incorniciando il viso dai lineamenti fragili. Mi osserva con insistenza da sotto le folte ciglia, i suoi occhi chiari, un verde screziato di azzurro brillano in un modo che chiunque definirebbe incantevole. Ma a me provocano solo un profondo senso di disgusto e un impulso feroce, quasi violento.

Con un gesto annoiato abbasso lo sguardo sullo schermo del cellulare e porto di nuovo il mozzicone di sigaretta alle labbra. Aspiro una boccata abbondante sentendo il fumo invadermi i polmoni fino a farli bruciare. Né il sesso né la nicotina riescono a sedare il tumulto che mi agita in questo momento. Ad Hailey ancora non è chiaro il concetto. Cristo, non le è chiaro. Le piace fare la puttana, andare in giro a scoparsi altri uomini e a disprezzarmi. Getto la testa all'indietro e rido tra me ricordando le sue urla e le lacrime di rabbia quando l'ho costretta a inginocchiarsi per me. È stato poetico. Appagante. Darei qualsiasi cosa per rivivere quella scena.
-Cosa c'è? Ti piace?- Chiede la ragazza inginocchiata davanti a me sfoggiando un sorriso provocante.
La sua voce però mi irrita e riaccende il mio malumore. -Non ti ho autorizzata a parlare- replico con tono gelido e deciso. La stronza invece di fermarsi si eccita ulteriormente; vedo la sua mano scivolarle tra le cosce e la cosa mi infastidisce ancora di più. Mi ricorda Hailey e questo non fa altro che alimentare la mia rabbia. Hailey è troppo impegnata a evitarmi e a scappare da me, lasciandomi qui a immaginare che sia lei al posto di questa sconosciuta. Per quanto inesperta riesce a soddisfarmi in un modo che nessuna potrebbe mai replicare. Nessuna è fottutamente paragonabile alla mia Hailey. Sorrido, apro la fotocamera del telefono e scatto una foto tra le mie gambe inviandola alla ragazza, giusto per infastidirla. Questo è ciò che ti perdi piccola, scrivo e con un sorriso sardonico premo invio. La sua espressione sarà indecifrabile.
Sospiro di soddisfazione e finisco la sigaretta. Mi siedo con la schiena dritta spostando i capelli della ragazza intenta a procurarmi piacere, dalla sua schiena. Passo delicatamente la sigaretta sulla sua pelle bianca e morbida facendola sussultare. Alza la testa e, confusa, chiede:-che fai?-
-Non ti piace il dolore?- Le domando osservando il suo sorriso incerto. Lei scuote la testa ma il sorriso rimane sulle sue labbra.
Penso che la mia ragazza l'avrebbe adorato nonostante il tremore della paura e alzo gli occhi al cielo. Getto la sigaretta nel posacenere e spingo la sua testa con più vigore, facendo avanzare il bacino con scatti potenti. I suoi versi mentre strozza e cerca di respirare, fanno crescere il mio desiderio e ansimo di piacere.
Due mani di velluto mi accarezzano le spalle mentre un'altra ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi chiari mi lecca il collo.

Getto la testa all'indietro per facilitarle il movimento. -Sono gelosa, voglio partecipare anche io- mi sussurra all'orecchio facendo scaturire un ghigno sul mio volto. -Inginocchiati allora. Oggi ho proprio voglia di venire su due volti.- Mi prende alla lettera e si inginocchia accanto all'altra ragazza. Una si concentra sulla parte superiore del mio corpo, mentre l'altra si dedica alla parte inferiore, succhiandomi le palle con movimenti lenti e carichi di una sensualità avvolgente.

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Non mi ero nemmeno accorto che il meeting fosse giunto al termine, fino a quando un applauso ha riportato l'attenzione dalla finestra al tavolo rotondo, attorno al quale sono seduti i colleghi più importanti di mio padre. Mi fa sorridere il fatto che abbia la metà dei loro anni eppure detenga un potere decisamente superiore. Con la gamba accavallata, la testa appoggiata sulle nocche del pugno chiuso, scruto i presenti con uno sguardo nervoso, ambiguo, inconsueto per me. Il carismatico Dorian che incanta chiunque con la sua abilità oratoria, ma oggi non sono particolarmente propenso a farlo. Guardo ancora una volta il cellulare sperando in un suo messaggio, magari anche solo un insulto, ma niente. Sospiro irritato e avvio l'applicazione di localizzazione che ho installato sul suo dispositivo mentre dormiva, infilandomi nella sua casa attraverso il balcone. Nonostante siano passati anni da quando l'ho fatto per l'ultima volta, la mia abilità è rimasta immutata. È al club, il che alimenta ulteriormente la rabbia che si accende dentro di me. -Dorian- mi richiama mio padre sopra il brusio con voce bassa ma non gli rivolgo nemmeno uno sguardo. -Presta attenzione.- Combatto contro l'impulso di lanciargli una sedia addosso. Stringo i pugni così forte da farmi male, mentre la mascella si contrae. Mi alzo di scatto dalla sedia, attirando ogni sguardo su di me.
-Bene, signori e bellissime signore, il meeting è concluso. Andate in pace- dico con un tono apparentemente calmo, accompagnato da un sorriso seducente che fa sorridere qualche donna tra gli ospiti e provoca ammirazione nei colleghi di mio padre. -Matt, tuo figlio è venuto su proprio bene, dovresti esserne fiero- commenta un anziano collega e mio padre annuisce. -Assolutamente- afferma portandosi un bicchiere d'acqua alle labbra. -Sono orgoglioso di mio figlio e sono certo che un giorno porterà avanti il mio lavoro in modo impeccabile. È brillante- aggiunge lanciandomi uno sguardo che tradisce un'anticipazione: il suo avvertimento a moderare il sarcasmo che considera inappropriato nei contesti lavorativi. Ma io rispondo con un occhiolino.

L'ultima volta che ho usato quel tono, ho accidentalmente offeso un politico con cui stava trattando un accordo e mi ha accusato di essere d'intralcio ai suoi affari. Ma lo stronzo esagera sempre, infatti ora quel famoso e potente collaboratore che mi detesta è seduto tra gli altri palloni gonfiati con sua moglie, anch'ella un'esponente del mondo politico. E purtroppo non appena mi alzo interviene subito.
-Brillante, ma poco attento, Matt- dice con un'espressione contrariata e mio padre impallidisce. Si riferisce al fatto che non ho proferito parola durante tutto il meeting, distratto tra il cellulare e la finestra, in attesa che l'incontro finisse al più presto. Mi porto una mano al petto fingendo dispiacere.
-Sono mortificato di non aver partecipato attivamente alla riunione ma la mia attenzione è stata catturata da qualcosa di decisamente più interessante- dico sorridendo alla moglie del politico. Lei si copre la bocca con la mano arrossendo e ridendo come una ragazzina. Non lascio tempo a nessuno di replicare e mi affretto ad allontanarmi dal tavolo. -Mi dispiace lasciarvi ora ma devo proprio congedarmi. Altri impegni mi aspettano, però è stato un piacere ascoltare le vostre idee sul progetto riguardante il porto della città e supporto ogni vostra proposta- concludo la frase già mentre esco dalla stanza chiudendo la porta dietro di me.
Che seccatura, penso e riapro la posizione della mia ragazza per accertarmi che sia ancora lì. Un ghigno si forma sul mio volto quando il pallino segna la sua posizione e mi affretto a dirigermi verso di lei. Mi annoia frequentare questi posti ma la stronza va sempre nel locale più squallido della città e quindi non posso fare a meno di esserci. Appena entro, l'odore di alcol mi colpisce e faccio una smorfia di disgusto. -Desidera prenotare una stanza?- Chiede una ragazza dietro lo sportello e le rivolgo un sorriso sensuale. L'ultima volta c'era il suo collega ma ora mi sembra più facile ottenere dei vantaggi e posso anche presentare i miei veri documenti.
-Buonasera tesoro, certo, in particolare con la ballerina Hailey.- Mentre digita qualcosa al computer mi volto a dare un'occhiata veloce alla pista e vedo la mia piccola ballare tra gli altri. In particolare con Carlos che è in piedi dietro di lei. Faccio un passo avanti catturato dalla scena, con un'espressione incuriosita. Hailey si struscia contro di lui ridendo, con gli occhi che brillano di eccitazione. Un profondo senso di apatia mi avvolge, mescolato a un'irrefrenabile voglia di avvicinarmi e ucciderlo. Sorrido.

Oh Carlos, stringo i pugni, non hai idea del dolore che ti infliggerò né di cosa tu abbia appena scatenato.

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