DODICI
DORIAN
Il suo compleanno era passato da una settimana ma l'aveva trascorso con suo padre in Germania, quindi erano precisamente sette giorni che non la vedevo. O almeno... fino a quando le nostre scuole non si erano unite per l'ennesimo, inutile progetto al quale eravamo costretti a partecipare contro la nostra volontà, per accumulare i crediti necessari. Ne avevo abbastanza, ma sapevo bene che ad Hailey mancava qualcuno con cui avrebbe colto l'occasione per partecipare, insieme alla sua insopportabile amica. L'unica che riuscisse a tollerarla. Una santa a mio parere, perché ci voleva una pazienza infinita per riuscirci. Così, per noia, mi ero iscritto anche io.
Mentre camminavo lungo il corridoio della sua scuola, vidi grandi striscioni tappezzare l'intera parete e un gruppo di ragazzi ammassati, intenti a crearne altri.
-Ehi, Hunderson- mi salutò Ryan lo stronzo con un largo sorriso; ricambiai allo stesso modo.
-Che piacere rivederti. Anche tu iscritto a questo progetto?- Domandai con tono sarcastico. Ma lui, da coglione al quale era, non colse:-sì, mi servono crediti e mi piace questa attività.-
-Ah già, immagino tu ne abbia bisogno di parecchi, viste le assenze e i voti- gli risposi con un sorriso amichevole che riuscì a ingannarlo, facendolo annuire soddisfatto. Non mi sorprendeva che un tipo così trovasse interessante Hailey: erano fatti proprio l'uno per l'altra. Si voltò e solo allora notai il mazzo di rose che stringeva tra le mani. Puntò lo sguardo sulla ragazza che stava entrando nel corridoio, seguita dalla sua fastidiosa amica dai capelli viola. Entrambe salutarono i presenti con entusiasmo, senza accorgersi della mia presenza. Ryan mi abbandonò di colpo e si affrettò a raggiungerla con quel ridicolo regalo tra le mani.
Hailey aveva compiuto diciassette anni e dovevo ammettere, con una certa riluttanza, che stava iniziando a diventare... quasi interessante. I suoi lunghi capelli castani attiravano l'attenzione di chiunque: ragazzi, ragazze, giovani o adulti, non faceva differenza. Rubava la scena a chiunque fosse nei paraggi. Inoltre, grazie alla carriera, il suo nome si stava diffondendo; faceva ormai parte di una delle comitive più popolari della città... ovvero quella dello stronzo di Èmilien Miller. Sempre più ragazzi avevano iniziato a notarla e la cosa mi sembrava insolita. Voglio dire, c'era di meglio in città. Perché dedicare tutte queste attenzioni a una semplice modella? Non era neanche poi così speciale; era solo sopravvalutata. Continuavo a ripetermelo mentre la vedevo sorridere al ragazzo che le si avvicinava e le faceva i complimenti. Ero certo che non avrebbe accettato un regalo così insignificante come un misero mazzo di fiori.
-Auguri, buon compleanno- disse Ryan, porgendole i fiori. Inaspettatamente, lei fece un salto di gioia e lo abbracciò. Quasi trasalii quando la vidi baciarlo davanti a tutti; le braccia mi caddero lungo i fianchi. Com'era possibile, pensai, che le piacesse un regalo così inutile, brutto e superficiale? Perché era così contenta tanto da saltare dalla gioia? Perché aveva le lacrime agli occhi e si accontentava di un regalo così banale?
Lo abbracciò con tenerezza e alzò lo sguardo verso di me, e sono sicuro che riuscì a notare lo sconcerto dipinto sul mio volto. Giuro che non ci avevo pensato per tutto il giorno, a quanto poco fosse bastato a quello stronzo per renderla così felice, al punto di farle provare un'emozione simile a quella di una proposta di matrimonio. Quelle rose miserabili sarebbero appassite entro una settimana, pensai, mentre mi incamminavo verso una fabbrica. In città, quella fabbrica era celebre per la creazione di fiori di ogni forma, colore e dimensione. Aveva da poco iniziato a esportare anche all'estero, guadagnandosi finalmente il riconoscimento meritato. Si trattava di fiori di plastica ma talmente realistici da far dubitare che fossero opera umana. Mi trovavo lì intenzionato a comprarne un mazzo, dato che la particolarità di questi fiori era la loro capacità di emanare una luce intensa e incantevole al buio.
-Salve, come posso aiutarla?- Mi chiese la ragazza al banco, con un sorriso gentile.
-Sì, vorrei acquistare un bouquet.- Notai il suo sguardo perplesso e non la biasimai: mi ero scordato di precisare che il prezzo di un singolo fiore si aggirava intorno ai settanta bigliettoni.
-Oh, certo. Di quanti fiori vorrebbe fosse composto il bouquet?-
Non risposi subito, rapito dallo spettacolo alle sue spalle. L'intera fabbrica era illuminata da ogni singolo fiore, ognuno con una luce diversa. Era uno spettacolo mozzafiato, che riuscì a incantare persino me. Una meraviglia che suscitava in me una rara emozione, simile solo a quella che provavo guardando Hailey.
-Signore?-
La sua voce mi riportò alla realtà, e il mio sguardo si posò immediatamente su di lei.
-Quanti fiori desidera per il bouquet?- Chiese nuovamente con imbarazzo. Riflettei un istante su quanti potessi includerne.
-L'intera fabbrica- notai i suoi occhi sgranarsi.
-C... come, scusi?-
Mi avvicinai al banco e, con la voce più seria che riuscissi a fare, ripetei:-l'intera fabbrica.-
—————
Mi trovavo oltre una parete di vetro che si affacciava su un angolo della fabbrica, trasformato per l'occasione in un giardino di fiori colorati. Quando mi chiesero se stessi facendo tutto questo per una proposta di matrimonio, scoppiai in una fragorosa risata. Mi concessi la libertà di ridere in faccia a chi mi aveva posto la domanda e risposi che erano cazzi miei se volevo compiere una simile assurdità. Avevo acquistato l'intera fabbrica, e la somma era stata trasferita immediatamente nei loro conti, motivo per cui mi trattarono come un re. Si offrirono perfino di inviare un'e-mail a Hailey, spiegandole che qualcuno, in forma anonima, le aveva regalato un'esperienza mistica all'interno della fabbrica. O una una stronzata simile. Era tutto fottutamente ridicolo, ma lasciai fare: non avevo altre idee su come attirarla lì senza costringerla fisicamente. Almeno per quel giorno, mi ero concesso una pausa dal renderle la vita impossibile.
La vidi entrare nella stanza, da sola, e il suo volto illuminato dai mille colori del laboratorio, apparve quasi angelico. La luce dei fiori, intensa e vivida, le donava una lucentezza che già possedeva ma che lì dentro veniva amplificata. I suoi occhi brillanti di gioia mi colpirono: c'era in loro una profondità e una sincerità che superavano qualsiasi cosa Ryan le avesse potuto regalare. E non capivo il motivo di tanta felicità. Sapevo che amava i fiori sin da bambina, quando si nascondeva tra le siepi di mia madre per raccoglierli di nascosto. Un giorno le avevo lasciato un mazzolino di fiori piccoli e colorati sulla scrivania perché aveva avuto una brutta giornata, ma avevo negato fino alla morte di essere stato io e l'avevo derisa per un pensiero del genere. Ero consapevole che li amava, ma non doveva sapere che ne ero a conoscenza. Si inginocchiò davanti a quello spettacolo, coprendosi la bocca con le mani e piangendo di felicità. La trovai patetica: piangere per una sciocchezza simile, tipico delle ragazze commuoversi per cose del genere. Eppure, in quell'istante, mi sembrò diventare la più bella del mondo.
-L'ha resa molto felice- disse la ragazza del banco, in quel momento alla mia destra, osservando la scena con un grande sorriso. Non mi voltai nemmeno a guardarla. Le avevo fatto, almeno, un regalo sensato. Non dei fiori inutili che sarebbero appassiti in una settimana. Le avevo donato emozioni che avrebbe ricordato per sempre, legate a un'esperienza unica. E avrebbe potuto anche portarsi qualche fiore a casa, visto che avevo acquistato l'intera fabbrica per lei.
Ma almeno, qualunque fiore avesse scelto, sarei stato certo che non sarebbe mai appassito.
Apro la porta con decisione.
-Carlos- grido ma il ragazzo non sembra minimamente turbato.
Dev'essere ormai abituato a queste interruzioni improvvise, anche se il fatto che non sobbalzi più al mio arrivo non mi soddisfa come prima.
Mi dà le spalle, in piedi davanti a una sedia, e mi affretto a raggiungerlo.
-Quando pensavi di dirmi che lo avevi trovato? E che era già qui?
Non ti avevo forse detto di avvisarmi ad ogni aggiornamento sulla situazione? Dovrei tagliarti un braccio per questo.- Gli sono accanto e abbasso lo sguardo sul ragazzo legato alla sedia. Due bende strette gli coprono gli occhi e la bocca, impedendogli di vedere o parlare. Il sangue gli scorre copiosamente dal naso, mentre le bende sono intrise di sporco e lacrime. Sorrido, soddisfatto, nel vederlo così miseramente privo di qualsiasi possibilità di ribellione.
-Dove lo hai trovato?- Chiedo e Carlos risponde senza distogliere l'attenzione dall'ostaggio:-l'ho pedinato fino all'agenzia e ho atteso che finisse le prove, poi l'ho colpito e trascinato nel bagagliaio.-
-Bene- concludo avvicinandomi al bastardo. Con un gesto brusco gli tolgo la benda che gli impedisce di parlare. Lo vedo singhiozzare e tossire contemporaneamente, ed io e Carlos ci scambiamo uno sguardo disgustato. -Chissà cosa penserebbero tutte le tue fan se ti vedessero così miserabile- sibilo con tono ironico.
-Non ho fatto niente, per favore...- sbuffo, ormai esausto delle stesse, patetiche scuse. Ogni tanto spero di catturare qualcuno con un po' di palle, qualcuno che sappia rendere il gioco più interessante. Per fortuna, Carlos intuisce il mio fastidio e lo mette a tacere con uno schiaffo ben assestato. Sputa sangue e ogni suo spasmo di dolore mi provoca un profondo senso di soddisfazione e pace.
-Credevi davvero che le tue azioni non avrebbero avuto conseguenze.- È più un'affermazione che una domanda, quella che gli rivolgo. Quel bastardo di cui neppure ricordo il nome, e poco m'importa, è un modello dell'agenzia di Hailey.
Bellissimo, acclamato da tutti, il sogno erotico di ogni ragazza e fonte di invidia per ogni ragazzo. Da persone fidate, incaricate da me di sorvegliarla in agenzia, ho saputo del suo tentativo di approccio con lei. Di solito, una situazione simile non mi farebbe preoccupare, ma questo stronzo potrebbe riuscire a infilarsi nelle sue mutandine con più facilità degli altri.
Meglio eliminare il pericolo.
Con il suo volto angelico, il successo, i modi affabili e affascinanti e un futuro promettente... Hailey potrebbe cedere a tutto questo senza nemmeno pensarci. -Non hai fatto niente, allora dimmi...- inizio, passeggiando per la stanza con le mani dietro la schiena, sentendo addosso lo sguardo di Carlos, che mi osserva attentamente, probabilmente tentando di capire la mia prossima mossa. -Che cosa ti ricorda il nome Hailey Green?- Chiedo fermandomi per studiare la sua reazione. Sussulta, terrorizzato. Sì, terrorizzati pure per ciò che posso farti, a seconda della tua cazzo di risposta.
-Hailey... è solo una collega. Ho parlato con lei di recente e...-
-... e in che modo hai parlato con lei?- Scandisco ogni parola lentamente. Devo mantenere il controllo cosa che normalmente mi riesce senza sforzo. Ma ogni volta che quella piccola stronza è di mezzo, anche le cose che so fare meglio sembrano impossibili, uno dei tanti motivi per cui la odio profondamente.
-Le ho fatto dei complimenti. Mi piace il suo stile e il suo modo di sfilare. Quindi...-
-... quindi ci proviamo con lei, magari la mettiamo incinta, vendiamo il bambino in gran segreto e tutti felici e contenti.-
Il suo volto diventa ancora più pallido. Ho scoperto parecchie cose su di lui, tra cui il modo in cui ha rovinato la vita di una giovane modella, sua collega, mettendola incinta per una scommessa. Lo stronzo ovviamente non aveva calcolato le conseguenze e ha deciso di vendere il bambino illegalmente per ripulirsi l'immagine ed evitare uno scandalo.
-Sai che se venisse fuori qualcosa di simile, puoi dire addio alla tua splendente e rigogliosa carriera, vero?- Lo vedo tremare, nervoso e pallido, come un bambino terrorizzato. Questo spettacolo mi fa sorridere. Riuscirei quasi a sentire l'odore della sua paura 0,
forse, è solo la puzza di piscio generata dal terrore per la situazione. Mi piego verso di lui, poggiando entrambe le mani sui braccioli della sedia e avvicinando il volto al suo, a un palmo di distanza. Per fortuna non può vedermi in faccia, altrimenti avrei un problema in più, anche se sono abbastanza sicuro che non muoverebbe un dito, paralizzato com'è dalla paura.
-Un'altra parola rivolta a lei, una soltanto... credo di averti già dimostrato di cosa sono capace. E credimi... non hai visto neanche la metà.-
La mia voce è bassa, profonda, tagliente. Lo vedo rabbrividire, scuotere la testa freneticamente e implorare che farà tutto ciò che gli ordino. Me lo auguro per lui. La mia facciata severa è una copertura: mi sto divertendo un mondo ma non posso mostrarlo. Lui sembra uno di quelli che si lasciano intimorire solo dalla serietà. Mi ricompongo e ordino a Carlos un secondo, o forse terzo, round di tortura. Esco dalla stanza nel seminterrato prima ancora di sentire le sue fastidiose urla.
A cosa sono ridotto, penso, mentre cammino in solitudine per la strada. A torturare un insignificante modello da quattro soldi solo perché ha parlato con lei. Eppure... se lei lo venisse a sapere, probabilmente si arrabbierebbe. Potrebbe gridarmi contro, lanciarmi qualcosa, magari insultarmi. Alzo lo sguardo al cielo e sorrido compiaciuto. Potrebbe essere davvero divertente. Privare la mia nemesi di ogni cosa bella mi appaga come nient'altro; il mio ego esige di essere sempre al centro della sua vita, in un modo o nell'altro. Non importa se mi odia o mi disprezza, basta che pensi a me e che non mi dimentichi mai.
Entro nel club a passo lento, subito investito dall'olezzo di alcol e sigarette. Scanso la gente come se avessero la peste poiché odio essere anche solo sfiorato e i miei occhi si fissano sui piccoli palchi delle ballerine.
-Dov'è la mia ballerina-prostituta preferita?- Mi chiedo tra me e me, mentre un ghigno si forma sulle labbra. Esamino ogni postazione con attenzione fino a trovare ciò che mi interessa. Ai piedi del palco, diverse sedie sono occupate da uomini che lanciano grandi banconote, fumano e si toccano, osservando Hailey mentre si muove in modo seducente attorno all'asta di metallo. Mi fermo al centro della sala e la osservo, vestita con un ridicolo completo verde attillato. Mi piacerebbe sfilarglielo e toccare la sua pelle calda, suscitando reazioni che solo io sono in grado di provocarle. Chiedo cortesemente di prendere una sedia da un tavolo già occupato e mi accomodo davanti a uno vuoto, proprio vicino al palco che mi interessa.
-Chiedo scusa- grido attirando l'attenzione. Tutti i presenti si voltano nella mia direzione e Hailey finalmente si accorge della mia presenza. I suoi splendidi occhi si sgranano vedendomi seduto così vicino alla sua postazione. Le rivolgo il mio solito ghigno guadagnandomi un'occhiataccia. Cerco di non scoppiare a ridere ma è più forte di me. Dio, quanto è carina! Potrei spingerla contro il muro e farla piangere per la forza con cui la scopo.
Estraggo un coltello dalla tasca della giacca del mio completo raffinato, realizzato dalle sarte migliori del paese e su misura per esaltare la mia immagine. Lo poso sul tavolino accanto a me.
-Ci tengo a non essere scortese, quindi mi presento: sono Dorian Hunderson e la ballerina su cui state posando gli occhi appartiene a qualcun altro.- Stringo il pugno talmente forte da far diventare le nocche bianche.
-Ovvero, a me- concludo cercando di mantenere un'espressione ironica sul viso, ma la voglia di ridurre in pezzi l'intero club perché quattro viscidi bastardi hanno posato gli occhi su Hailey mi tenta.
-Quindi, vi chiedo gentilmente di abbandonare la vostra postazione, altrimenti... vedete il coltello posato sul mio tavolo?- Chiedo guardandomi attorno con un sorriso amichevole e, nel frattempo, trafiggo di colpo il melograno posato sul tavolo. Questo frutto è un segno di benvenuto e simbolo del club; lo distribuiscono su ogni superficie all'inizio di ogni evento. Ora, il succo è sparso ovunque: sul tavolino, sulla mia giacca, sui pantaloni e a macchie su metà del mio volto. Merda. Mi chiedo se le macchie andranno via. Cazzo, il mio capo preferito.
-Altrimenti, vi caverò gli occhi solo per averla guardata. Uno a uno, dal primo all'ultimo.-
Li osservo divertito mentre si guardano tra di loro e iniziano ad alzarsi dalle sedie. Il volto di Hailey è indecifrabile, un misto di preoccupazione e rabbia. Finirà per farmi ridere e dissolvere la mia energia severa. Scoppio in una fragorosa risata quando restiamo solo io e lei, a guardarci.
-Dio, dovresti vedere la tua faccia- ammetto tra le risate con le lacrime agli occhi per il divertimento. Mi asciugo il viso dal succo rimasto e getto il tovagliolo di stoffa sul tavolo.
-Tu... sei fuori di testa.-
-So che hai avvertito la mia mancanza ma no, piccola, non ti sei liberata di me. Sono stato parecchio occupato, giuro che ora ti dedicherò tutto il tempo che vuoi.-
-Che dispiacere- dice gridando,-hai letteralmente fatto fuggire via la mia clientela. Hai idea di quanti soldi mi hai fatto perdere?-
-Posso tranquillamente darti una somma superiore a quella che avresti accumulato con tutti loro- rispondo seriamente e lei si passa le mani sul volto, disperata.
-Non importa quanti soldi tu abbia, Dorian. Cazzo, non puoi presentarti qui e comportarti da psicopatico minacciando le persone con un coltello.-
Mi sistemo sullo schienale e faccio spallucce. -Perché no? Sono possessivo con ciò che è mio.-
-Ciò che è tuo...- si avvicina fino a raggiungere il bordo del palco, ma si tiene sempre a debita distanza. So bene quanto sia terrorizzata da me, nonostante si ostini a gridarmi addosso. -Ciò che è tuo... ti rammento che sei stato tu a respingermi quattro anni fa. Sei tu a rendermi la vita impossibile da quando sono nata. Sostieni in continuazione di odiarmi. E quando ti va, fai le tue solite scenate del cazzo per alimentare il tuo ego e sostenere che sono tua. Merda, Dorian, sei malato. La vita potrebbe risultarti molto più semplice se solo ammettessi che non riesci a starmi lontano.-
Stringo l'impugnatura del coltello e valuto l'opzione di tagliarle quella bella lingua che si ritrova, poiché spesso e volentieri, l'ha messa nei guai più delle sue azioni. Le farei solo un favore. Stringo la mascella e faccio leva su tutto il mio autocontrollo per non alzarmi dalla sedia e raggiungere il palco. Vorrei staccarle la testa, ma solo dopo essermi assicurato di averle
riempito la bocca col mio cazzo e impedito di parlare.
-È stata una tua scelta...- dico alzandomi dalla sedia e avvicinandomi al palco. -Una tua cazzo di scelta, Hailey. Hai deciso tu il fuoco e ora non piangere sulle tue stesse decisioni.-
Trema sotto il mio sguardo. Il palco la mette in posizione di rilievo rispetto a me, ma la vedo rimpicciolirsi. So bene l'effetto che le faccio e la cosa divertente è che lei non ha la minima idea di cosa, invece, sia in grado di farmi. È come se fosse nuda in una valle ghiacciata, avvolta nel freddo secco, ma continua a sciogliersi per l'alta temperatura della pelle che crea contrasto con il clima esterno.
Leggo il desiderio nel fondo delle sue iridi verdi, un desiderio bruciante che le impedisce di odiarmi quanto dovrebbe.
Fino a quanto meriterei.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top