DICIOTTO
DORIAN
Da quando io e Hailey avevamo fatto sesso, la mia ossessione per lei si era intensificata.
Provavo una sorta di disgusto ogni volta che una ragazza si avvicinava con l'intento di sedurmi. Non provavo alcun desiderio e spesso finivo per trattarle male infastidito dalla loro insistenza. Non che la cosa mi importasse particolarmente, sia chiaro. Ormai, però, non riuscivo a smettere di desiderare quella donna che mi aveva irrimediabilmente rovinato la vita. Ogni sera mi intrufolavo nella sua stanza e la facevo mia, in modo brutale, esattamente come lei sembrava desiderare. E il giorno seguente non potevo fare a meno di pensare a quanto fosse stata brava nel lasciarsi scopare, piegata sulla scrivania, prendendomi completamente. Di giorno in giorno, trovavo una scusa qualunque per scoparla di nuovo: giravo sempre con un preservativo di emergenza in tasca, pronto a cogliere ogni occasione che si presentava, come se la mia stessa esistenza dipendesse da quell'atto.
Quel desiderio che avevo cercato a lungo di reprimere mi aveva ormai condannato, spingendomi a volere sempre di più. Avevo conquistato la sua attenzione, il suo odio, il suo amore, il suo tempo, il suo tocco, i suoi baci e il suo corpo. Mi bastava poco per pensare di poter reclamare anche la sua anima, di possederla completamente e rendere pari il gioco, visto che lei aveva rubato la mia quando avevo appena otto anni.
Non ho mai provato gelosia per qualcuno. D'altronde che senso avrebbe desiderare di avere qualcuno tutto per me se quella persona, in fondo, non mi interessa davvero? Ma con Hailey... Dio, con lei ho scoperto questo sentimento e quello stato d'animo che non avrei mai voluto conoscere. Il petto che brucia, la rabbia che divampa, il desiderio di distruggere tutto, di radere al suolo un'intera città. Il bisogno incontrollabile di dimostrare al mondo che lei appartiene a me.
Forse non è nemmeno gelosia, quella comune, quella che si prova per chi si ama. La mia è qualcosa di più oscuro: è possessività, ossessione, bisogno di controllo. E, per quanto sia assurdo provare tutto questo per una creatura così piccola e apparentemente insignificante come Hailey, lo sento. Sin da quando eravamo bambini ogni ragazzo che si avvicinava troppo a lei diventava un problema, un ostacolo da eliminare, che fosse in amore o in amicizia. Ai tempi del liceo ho fatto in modo che restasse sola. Ho spezzato ogni legame che poteva distoglierla da me, terrorizzando chiunque osasse avvicinarsi troppo o occupare il suo tempo, il tempo che doveva essere dedicato esclusivamente a me. Lo stesso valeva per le sue amiche. Solo in poche si sono salvate, come Vera, Laetitia, Nemina e qualche altro membro del gruppo di cui faceva parte, quando la gerarchia era ancora intatta.
Ma sono l'eccezione, non la regola. Hailey Green ha già un posto a cui appartenere. E quel posto sono io.
Rido a crepapelle mentre fisso il volto insanguinato e tumefatto di Carlos, inginocchiato davanti a me, con lo sguardo stravolto. Mi elevo sopra di lui dominando la scena, ma devo sforzarmi di restare coi piedi per terra. Non voglio lasciargli ferite troppo gravi: sarebbe fin troppo evidente che c'è stato il mio zampino. Carlos sputa sangue e alza lo sguardo verso di me, i suoi occhi colmi di collera, ma anche di paura.
-Oh, Carlos, Carlos, Carlos...- esclamo ridendo senza controllo. -Dios te salve María, llena eres de Gracia...- lo prendo in giro imitando il suo modo di pregare in spagnolo, come ho sentito fare tante volte prima che eseguisse un incarico per conto mio. -Ma cosa ti è saltato in mente? Hai preso il tuo compito un po' troppo sul serio, ti sei lasciato coinvolgere più del necessario.-
Abbasso lo sguardo sulla mia mano destra. Le nocche coperte dal tirapugni sono completamente ricoperte di sangue. Avevo pianificato di svolgere il lavoro con precisione: pulito, rapido, efficace. E invece... mi ritrovo a osservare la mia mano con un misto di disgusto e rimorso. La giro lentamente, riflettendo su quanto abbia esagerato. Mi sono lasciato sopraffare dalla rabbia permettendole di prevalere sulla ragione. -Dorian...- mormora il ragazzo con fatica, cercando di trovare le parole tra un respiro e l'altro.
-Come hai potuto tradirmi in questo modo?- Lo interrompo, la mia voce è tagliente come una lama.
-Ti era stato chiesto solo di tenerla d'occhio e di lasciarle i miei messaggi. Nient'altro. Eppure, trovo il tuo gesto incredibilmente audace, soprattutto considerando che hai visto che fine hanno fatto quelli che si sono avvicinati troppo.- Lo vedo deglutire tentando di rialzarsi, ma no, col cazzo. Un altro pugno lo colpisce in pieno volto e cade di nuovo in ginocchio.
-Ti alzerai solo quando avrò finito con te. E quel momento non è
adesso.- Il suo volto si contorce in una maschera di dolore e risentimento, ma nei suoi occhi non c'è traccia di pentimento. Non si pente di aver osato toccare ciò che è mio, di aver contaminato le mie tracce con la sua presenza. Il solo pensiero mi fa ribollire il sangue e mi spinge a desiderare di ricominciare da capo, di infliggergli un secondo round di sofferenza.
Mi muovo lentamente attorno a lui, il suono delle mie scarpe che riecheggia nella stanza. Ci troviamo nello scantinato, la stanza delle torture. È una camera vuota sotto l'immenso studio di mio padre, che, quando non viene usata per i suoi scopi, diventa il mio rifugio. Avrei potuto portarlo alla casa sul lago di St. Gary, ma qui almeno nessuno può sentire le urla dalla strada. Le pareti sono anguste, sembrano stringersi sempre di più, come se reagissero alla rabbia che mi brucia dentro. Sento l'irrefrenabile
desiderio di distruggere qualcosa, forse l'intera stanza. Combatto contro me stesso, indeciso tra infliggere altro dolore a Carlos o prendermela con chiunque osi avvicinarsi a me nelle prossime quarantotto ore. Oppure, peggio ancora, sfogarmi contro me. Entrambe le opzioni mi sembrano inutili, una perdita di tempo. Eppure l'idea di distruggere le nocche a suon di pugni contro il muro ha un che di allettante, come se il dolore potesse placare questa rabbia insaziabile.
Ma perché dovrei farlo, quando ho il responsabile di tutto, proprio in ginocchio davanti a me? Anzi, uno dei due, visto che ho ancora dei conti in sospeso con la stronza.
-Sai, Carlos... tuo padre è molto deluso dal tuo comportamento-
mormoro, cantilenando, mentre gli alzo la testa di scatto.
-Cosa?- Chiede terrorizzato. -Hai raccontato tutto a mio padre...- la sua reazione di puro terrore mi gratifica. Conosco l'autorità che esercita nella vita di quel ragazzo, nonostante la sua età. E così, ho deciso di riportare tutto a colui che lo ha fatto partire dalla sua nazione, facendolo entrare nel cammino di un uomo d'affari. Era così deluso!
Afferro una pinza, il suo strumento di tortura preferito e comincio a
girargli intorno. -Cosa avete fatto?- Chiedo, la mia voce è fredda e minacciosa. Lui deglutisce incerto.
-Cosa intendi?- Sa benissimo cosa intendo, ma resto in silenzio. Non mi spiego mai due volte, soprattutto con chi sto torturando. Lo vedo prendere un profondo respiro.
-L'ho baciata- ammette cercando di mantenere la voce il più ferma possibile, mostrando coraggio. Ma la sua dichiarazione finisce solo per farmi scoppiare a ridere.
-L'hai toccata- dico, con un sorriso gelido.
La mia mascella si contrae involontariamente quando annuisce.
-Bene- mormoro spostando lo sguardo sulle sue mani, legate con una corda che gli ho stretto intorno quando l'ho tramortito per la prima volta con un pugno. Mi avvicino lentamente e mi inginocchio davanti a lui, raggiungendo la sua altezza, pianto lo sguardo nei suoi occhi. La sua anima sembra tentare di fuggire da me mentre mi vede così vicino. Gli sorrido, certo di star mostrando quel lato sadico che emerge in queste circostanze. Altrimenti non mi spiego la crescente paura che si dipinge sul suo volto. -Quante volte l'hai baciata, Carlos?- Chiedo con un tono che non sembra nemmeno il mio. -Cosa... che domanda è? Come faccio a ricordare quante volte l'ho baciata?- Risponde cercando di mascherare il panico nella sua voce.
-Questa è già una risposta, significa che lo hai fatto talmente tante volte da non ricordare nemmeno un numero preciso. È un peccato, non hai abbastanza dita per questo.-
Approfitto del suo stato di confusione per afferrargli la mano e strappargli l'unghia con un movimento secco e veloce. Il sangue schizza nell'aria, così come l'unghia che si perde in un angolo indefinito della stanza. Le mura riecheggiano delle sue grida di dolore ed è straziante vederlo contorcersi in quel modo. Lacrime gli si formano agli occhi. Sorrido; mi sta venendo duro solo a guardarlo così. Non smette di dimenarsi, ma è troppo debole per riuscire a sottrarsi alla mia presa. -Quindi, quante volte vi siete baciati?- Dico trattenendo le risate.
-Dorian- boccheggia, lasciando scorrere una lacrima lungo la guancia. -Hai cinque secondi per rispondere, prima che cominci a strappartele tutte. E se mi fai girare le palle, ti taglio anche le dita.- Muove le mani freneticamente e dimena le gambe, seduto sul pavimento, cercando di sfilare il polso dal mio palmo.
-Quattro.-
-Non lo so.-
-Tre.-
-Dorian, merda.-
-Due.- Non faccio in tempo a finire di contare che passo già all'unghia successiva. Le sue urla di dolore sono talmente forti da far accorrere gli altri collaboratori preoccupati. Ma quando si rendono conto della situazione, non ci pensano due volte prima di tornare sui loro passi, terrorizzati all'idea di essere i prossimi.
-Cinque, cinque volte.- Grida piangendo. È ridicolo e umiliante. Provo un profondo imbarazzo per lui. -Bene... allora che cinque siano.- È bianco come un cadavere e scoppio a ridere di gusto per l'assurdità della situazione.
-Perché cosa credevi, che ne mancassero solo tre? No, te ne strapperò altre cinque. Queste due considerale un pegno per non aver risposto subito e avermi fatto attendere.-
—————
Alla fine le ho strappate tutte e dieci, quel bastardo mi ha fatto perdere la pazienza più del dovuto. Odio chi mi fa aspettare e, come se non bastasse, mi ha rovinato la camicia color panna che avevo appena comprato, macchiandola di sangue. Cerco di togliere la macchia dal colletto con un fazzoletto, ma sbuffo, poiché l'alone non fa che peggiorare ogni volta che ci passo sopra.
-Signor Hunderson, che piacere, è venuto per conto di suo padre?- Chiede Odessa la collaboratrice del capo di Hailey. Mi fa pena. Quel modello di merda che ho torturato l'ha messa incinta per una scommessa e poi l'ha abbandonata, rovinandole la carriera. Ha distrutto una modella con un potenziale enorme. Felice di averlo ridotto a qualcosa di più inutile di quanto già fosse. A proposito, ero alla nona unghia quando Carlos ha perso i sensi, mostrando la sua debolezza. Patetico. Ho lavorato per tutto questo tempo con una persona così incompetente, mi sono disonorato. Sono alle porte della sfilata di Hailey e ho costretto mio padre a prendere il suo posto; il miglior posto di tutta la città mi attende e sarò un spettatore attento. Vedrò la mia piccola Hailey da molto vicino, in prima fila e sono entusiasta.
-Salve, sì, vorrei augurare un in bocca al lupo alle modelle, se è possibile.- Domando sfoggiando il miglior sorriso di cui sono capace, sperando che nessuno noti la macchia di sangue sulla camicia. Odessa si sistema i capelli con un gesto di lusinga e ridacchia.
-Certo che puoi. In fondo a destra sono radunate le ragazze, altre sono già in passerella. Attenzione alla stanza in fondo a sinistra, è off-limits; lì ci sono i vestiti che devono essere indossati.-
-Presterò attenzione- dico facendo un cenno con il capo e lanciando un occhiolino che la fa arrossire, poi mi dirigo all'interno della struttura. Ma giro immediatamente a sinistra, spalancando la porta. Il mio sguardo viene subito catturato dal lungo vestito che Hailey dovrà indossare e la mia espressione cambia rapidamente da seria a divertita. La stronza mi deve una camicia nuova e sedici anni di vita.
Mi avvicino al vestito, convinto che le starà benissimo. Comincio a fare a brandelli il morbido tessuto che nella mia mente immagino adattarsi perfettamente alle sue curve, esaltandole. Devo resistere all'impulso di segarmi con un pezzo del vestito e lasciare ogni mia traccia su quell'abito che oggi rovinerà la sua carriera e di conseguenza il suo rapporto con la madre, e infine la sua vita. Già immagino i suoi doppi turni al club per recuperare i soldi persi insieme al suo lavoro e mi vedo già diventare cliente abituale.
Rido sotto voce per non attirare l'attenzione, perché se dovessero sorprendermi qui con l'abito distrutto, il piano salterebbe. E poi sarebbe fastidioso: chiamerebbero la polizia, mio padre verrebbe coinvolto, e altre cose che mi infastidirebbero.
Dopo aver lasciato il vestito posizionato com'era, ma rovinarlo in parte, esco dalla stanza e dall'edificio sentendo il qualcuno annunciare:-Hailey, sei la prossima.- Trattengo le risate. Mi accomodo in prima fila dopo essermi procurato qualcosa da mangiare: una bella vasca di popcorn, pronto a godermi la grande caduta di Hailey Green. La passerella si fa silenziosa, le ultime modelle sfilano per poi tornare dietro le quinte. Le luci si abbassano e tutti aspettano che la prossima esca. Ma nessuno sa che la prossima è Hailey e che non ha più un vestito con cui sfilare, il che segna la fine della sua carriera.
Passano dieci minuti e il pubblico comincia a chiedersi cosa stia succedendo. Si alza un chiacchiericcio e qualcuno chiede se c'è qualche problema. La musica continua bassa, ma le luci rimangono soffuse, come se la sfilata fosse in pausa.
-Ma che succede?- Chiede una donna alle mie spalle e mi volto.
-Oh, non ne ho idea, forse lo spettacolo è già finito- dico con finta innocenza scrollando le spalle. La vedo scuotere la testa, incerta. -Credo ci sia un problema. Non è mai successa una cosa simile, e sono anni che assisto a sfilate.-
Le sorrido e annuisco, dandole le spalle e alzando gli occhi al cielo. Le luci si fanno improvvisamente più forti e le tende si aprono. Mi preparo, ricomponendomi sulla sedia, mentre guardo le modelle che sfilano dopo di lei, con un enorme sorriso sulle labbra e mangio un altro boccone di popcorn.
Hailey schizza sulla passerella, iniziando a sfilare, attirando applausi e commenti di approvazione. Un coro di voci e fischi si solleva. Rischio quasi di soffocare con il cibo. Cosa?!
Il vestito si regge a stento, il suo corpo intero è esposto e alcune parti del tessuto penzolano. Mi sono anche assicurato di creare uno strappo profondo sul seno, ma ha scelto un reggiseno color carne per coprire il tutto. I suoi capelli scuri ricadono sulla schiena nuda, celando lo squarcio profondo e le gambe sono completamente scoperte; lo spacco arriva fino all'inguine, anch'esso coperto da uno slip dello stesso colore del reggiseno. Cammina con equilibrio sui tacchi alti, arrivando alla fine della passerella. Gli spettatori sono estasiati da un capo "rivoluzionario" e "iconico" ma io sono sbigottito dalla situazione.
Ho appena fatto guadagnare una promozione alla persona che odio di più al mondo? Colei che mi ha tradito con il mio collaboratore. Mi chiedo come sia potuto accadere.
Torna indietro, punta il dito contro il cameraman che sta riprendendo tutto, regalando alla telecamera un sorriso e un occhiolino affascinante.
Si volta un'ultima volta sulla passerella, verso il pubblico, per poi ritirarsi dietro le quinte. Se la vita reale fosse come nei cartoni animati, adesso una nuvola nera aleggerebbe sopra la mia testa. Stringo i pugni e guardo la passerella con uno sguardo furioso.
Non va bene, questo, non va bene.
Ma non importa, conosco Hailey come il palmo della mia mano, così come conosco almeno mille modi per farla soffrire.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top