Capitolo 9 - Una domenica qualsiasi, di un mese qualsiasi.
*
Kenma's POV
Il treno inizia a muoversi, ad una velocità a cui i miei occhi, non erano in grado di mettere a fuoco le ombre della galleria sotterranea, attraverso la quale sfrecciava.
Le mie orecchie fischiarono un po' per colpa della pressione.
Il cigolio dei bulloni del treno in movimento, il rumore del passaggio rapido sulle rotaie, lo stridere delle giunzioni tra un vagone e l'altro.
Tutti questi elementi mi investirono, facendo concentrare tutti i miei sensi su di essi.
Le gente, intorno a noi, chiacchierava tranquilla, senza accorgersi di tutti questi dettagli che mi sembravano così importanti.
Mi soffermo su questi particolari, fingendo di non aver altro a cui pensare.
Fingo di non aver sentito la sua domanda.
Fingo di non aver provato una stretta al petto che mi ha mozzato il respiro.
E fingo, di non aver sentito le lacrime agli occhi, il magone alla gola, ed un immenso senso di solitudine, nel solo sentire pronunciare il tuo nome.
Mi rendo conto di quanto io sia debole, di quanto sia ancora attaccato ad un qualcosa che ho perso.
Sono ancorato al passato, nonostante nella mia testa io faccia discorsi riguardanti il futuro.
Mi guardo le mani, immaginando di stringere ancora la nostra amicizia tra di esse.
Invece mi è scivolata via, senza che io potessi farci nulla.
Sento la mancanza di qualcosa che ancora non ho realizzato ed accettato.
Sento la tua mancanza Kuroo, eppure dentro di me, negli angoli più oscuri del mio essere, ti vedo ancora qui.
Non è semplice da spiegare.
Non è semplice accettare che tu sia cambiato così tanto, da avermi scaricato da un giorno all'altro.
<<Kenma?>> mi incalza nuovamente Shoyo.
Sbatto le palpebre più di una volta.
Non devo cedere al panico e all'ansia che la tua assenza mi provocano.
Guardo Shoyo negli occhi, per trovare un po' di coraggio nell'oceano sconfinato che questi rappresentano.
"Perdonami, alzatore, credo di aver capito adesso... il motivo per cui lo ami."
Distolgo lo sguardo.
<<Io e Kuroo non ci parliamo più.>> dico.
È la prima volta che lo dico a qualcuno, la prima volta che lo dico a Shoyo.
La prima volta che lo dico anche a me stesso.
Shoyo dapprima inizia a sorridere, quasi ridere.
Poi, vedendo la mia faccia scura, piano piano fa sparire il suo sorriso, increspando gli angoli della sua bocca in un'espressione di sorpresa.
Mi guarda, sgranando gli occhi.
Sembrano ancora più grandi, quando li spalanca in questo modo.
<<Ma dici sul serio?>> riprende lui.
Io annuisco, estraendo il telefono dalla tasca ed iniziando a giocare.
<<Ma quando... ma... come?! Non mi hai detto nulla Kenma!!>>
Fa una faccia un po' ferita.
Io alzo le spalle.
Mi spiace di non avertene parlato prima Shoyo, ma ero davvero in bilico sull'orlo di un baratro.
Guardavo i miei piedi traballanti, ed avevo paura del vuoto che li attendeva.
Quel vuoto mi bramava a se, così mi sono lanciato.
Adesso, che sono immerso nell'abisso, che sono pervaso da una famelica oscurità, posso dirtelo; con una paradossale tranquillità, so che le cose non cambieranno per tanto non ne vale la pena, nascondersi dietro la speranza.
<<Racconta.>> mi dice, posando una mano sulla mia.
Che debole calore, Shoyo.
Che debole, rassicurante calore.
Non ho idea da dove iniziare, non ho idea davvero di come fare a spiegare il vuoto che Kuroo mi ha lasciato dentro.
<<Forse si era solo stancato di una palla al piede come me. Lo hai visto, no? Lui è... quel che è. Ed io sono quel che sono.>>
<<Ma questo non è possibile... e non ha senso... voi siete sempre stati così uniti.>> continua Shoyo.
<<Non saprei, se abbia o meno senso. Ma questi sono i fatti.>> dico, cercando di mostrarmi il più distaccato possibile.
Non è facile, però, ingannare Shoyo, quando si tratta di sentimenti.
<<Tu come stai Kenma?>>
Mi blocco sul posto.
La verità è che sono a pezzi per Kuroo ma non voglio ammetterlo.
Quanto potrei sembrare uno dei tanti cagnolini scodinzolanti che ha intorno, se ora dicessi che, nonostante il modo in cui mi abbia trattato, io mi senta male per lui?
Quanto patetico sarei se, pur vedendo il modo in cui è cambiato in questi anni, io continuassi pensarlo fermo all'età di 8 anni?
Kuroo ha 18 anni adesso.
Non è più un bambino, non pensa più quelle cose da bambini.
Eppure io mi ostino a vederlo in quel modo.
Forse perché, solo allora, per un breve periodo, sono stato io a prendermi cura di lui.
"Come siamo arrivati a questo punto, senza che io me ne accorgessi, Kuroo?"
<<Normale.>> rispondo, mordendomi il labbro inferiore.
Shoyo prende la mia testa e se la porta al petto.
Mi cinge in un nuovo abbraccio, questa volta molto più discreto di quello precedente.
Mi sento come se mi stessi fondendo con lui.
Sento il suo cuore battere attraverso i suoi vestiti.
Sento il suo odore, permearmi nelle narici.
Arrossisco nuovamente.
È inevitabile, con Shoyo.
"Quando uscirà da qui, lo andrà a raccontare all'alzatore e non avrai più un posto sicuro dove nasconderti. Ti prenderà e ti farà a pezzetti minuscoli."
Il terrificante viso del numero 9 del Karasuno, mi riporta in me, facendomi abbandonare,- a malincuore-, il caldo abbraccio di Shoyo.
<<Non preoccuparti, ci parlerò io con Kuroo, vi farò far pace.>> mi dice, guardandomi negli occhi.
<<Non c'è bisogno. Ma grazie...>>
In quel grazie è racchiuso molto di più, di quello che sembra.
Grazie per starmi vicino.
Grazie per essere mio amico, nonostante io non abbia nulla da offrire.
Grazie per cercare il contatto fisico con me, che mi regala sensazioni che non avevo mai provato.
Grazie per preoccuparti di uno come me.
Grazie per permettermi di abusare del tuo sguardo gentile.
Inizio a raccontare la vicenda dal principio, omettendo la scenata che mi fece Kuroo a proposito degli abbracci di Hinata.
Gli dissi solo che avevamo discusso e che lui aveva perso la pazienza.
Omisi anche di essere stato ritrovato in quelle condizioni pietose da Kuroo stesso e Bokuto.
Gli dissi, invece, che il giorno dopo era venuto da me, avevamo riparlato; ma che quello che mi aveva detto mi aveva ferito ancora di più.
Poiché per lui, la soluzione al fatto che mi aveva scaraventato a terra, era semplicemente ripagare la mia console.
Mentre scendiamo alla nostra destinazione, posso vedere il viso di Shoyo sempre più esterrefatto.
Si portava le mani alla bocca, ed era incapace di contenere commenti del genere:
"Ma che stronzo!"
"Ma come ha potuto farlo?!"
È una mezza verità, mi rendo conto, ma il mio stato d'animo da quella sera è precipitato.
E questa è la pura realtà.
Shoyo stringe i pugni, dichiarandosi sempre più motivato a voler parlare con Kuroo per aiutarmi a chiarire la situazione.
Tra un woooo ed un aaaawww, - scaturiti all'eccitazione dei vari negozi stracolmi di roba-, Shoyo continuava a dirmi che ci avrebbe provato.
Che non era possibile che le cose tra di noi finissero a quel modo, così brusco.
Eppure era proprio il modo in cui tutto era finito: brusco, violento, inatteso, inspiegabile, imperdonabile.
Passeggiamo per le vie del centro tecnologico di Tokyo, come se fosse la prima anche per me.
Shoyo decide di fermarsi quasi dovunque, e di assaggiare diverse bancarelle di street food.
È come portare un bambino ad un festival per la prima volta.
Lui saltella per strada, con le guance piene di takoyaki, la lingua che gli scotta e gli occhi colmi di gioia.
Reggeva diverse bustine e non faceva altro che ridere.
Io, come un genitore paziente, mi trascinavo dovunque lui volesse andare.
Osservandolo un po' in disparte, mentre si divertiva come un matto.
"Proprio come quando Kuroo ti ha accompagnato al Tokyo game-show."
Basta pensare a Kuroo.
Basta pensare a lui in qualsiasi momento.
Posso sopravvivere per una giornata, senza dover per forza fare collegamenti con lui?
La risposta sarebbe no, ma mi autoimpongo un si.
Guardo l'ora: sono le 13:15 ed il mio stomaco iniziava a richiedere nuova energia, per star dietro a Shoyo.
<<Kenma!! È tutto così ... così sboooshh!!>> mi dice, non appena arrivo ad affiancarlo.
<<Andiamo a pranzo però adesso.>>
Shoyo prende il telefono, controllando qualcosa per poi, iniziare a passarsi una mano nervosamente dietro la nuca.
<<Ehm, tranquillo, io sono a posto. Però ti accompagno.>>
Alzo un sopracciglio, interrogandolo con il solo sguardo.
<<Mi sono rimasti solo i soldi per il biglietto di ritorno, con lo Shinkansen...>> confessa infine.
<<Non c'è problema, offro io.>> dico, mentre inizio ad incamminarmi alla stazione.
<<Aaah Kenma davvero non potrei ...>> mi viene dietro lui, più imbarazzato che mai.
"Shoyo, per l'aiuto che mi stai dando, con il tuo solo stare in mia compagnia oggi... per il solo fatto che mi hai trascinato fuori da quella casa... sono io quello in difetto con te.
Ti dovrei davvero molto di più."
<<Andiamo nel quartiere di Ginza, ti va di mangiare sushi? C'è il mio ristorante preferito lì.>>
Gli occhi di Shoyo si accendono come una vetrina di Natale.
Annuisce, trattenendo a stento le lacrime.
Non posso fare a meno di sorridere mentalmente a quella visione.
Scatto una fotografia con gli occhi, per riguardare quest'espressione di Shoyo, quando sarà andato via.
<<Stanotte ti fermi?>> chiedo, mentre ci apprestiamo ad un tragitto di 15 minuti da Akihabara a Ginza.
Shoyo scuote una mano davanti il suo viso.
<<Nono, davvero no. Prendo il treno delle 21:30. Domani devo essere a scuola e non posso approfittare così tanto di te.>> risponde, con sempre più imbarazzo.
Vorrei dirgli che se fosse stato mio ospite stasera, non avrebbe fatto altro che un favore a me.
Vorrei dirgli che sono io in estremo bisogno della sua compagnia, e non il contrario.
Vorrei disperatamente trattenerlo per stanotte, così da non andare a dormire con un peso sul cuore, in quella casa troppo silenziosa, da qualche settimana a questa parte.
Annuisco, dicendo che nel caso non ci sarebbero stati problemi.
Rifiuta ancora una volta, dicendo che, qualora decidesse di fermarsi, me lo avrebbe fatto sapere prima.
Arriviamo a Ginza con 2 minuti di anticipo di quanto avevo preventivato.
C'è un po' di fila davanti al Kyubei Sushi, ma Shoyo è super eccitato ugualmente.
Non fa altro che osservare i menu da fuori, premendo il suo viso contro il vetro, sotto gli sguardi contrariati dei proprietari.
Ci accomodiamo dopo soli 15 minuti di attesa, un tempo record per quel ristorante.
Una cameriera nuova, che non avevo mai visto, ci porta dei menù assieme ad una bottiglia di acqua.
Shoyo è in evidente difficoltà, poiché non ha idea di cosa prendere, nonché di quanto poter spendere.
<<Non preoccuparti, prendi quello che vuoi.>> dico senza alzare lo sguardo dal menù, anche se so già esattamente cosa ordinare.
Mentre attendiamo i nostri piatti, vado a fare tappa in bagno.
Il locale è abbastanza piccolo, conta solo 30 coperti ed è diviso in due salette separate.
La più grande, dove siamo io e Shoyo, ed una più piccola in un punto più intimo del ristorante.
Un luogo dove alcuni tavoli hanno la privacy assoluta di non essere visti da chi entra nel ristorante.
Non si vedono neanche da chi va in bagno, ma se il tono di voce è abbastanza alto, si può sentire da chi sta attraversando il corridoio.
Proprio come sto facendo io in questo momento.
Proprio come mi arriva distinta alle orecchie una risatina femminile.
Proprio come riesco a sentire qualcun altro seduto al tavolo con lei, dire:
<<Vedi, le reazioni nel cervello umano... i cosiddetti "sentimenti" non sono che un processo chimico di reazioni concatenate, che avvengono a livello molecolare dentro di noi. È una questione di impulsi nervosi e di... piacevole rilascio di... endorfine.>>
Sbarro gli occhi, mentre mi chiudo appena la porta del bagno alle spalle.
Sicuramente avrò sentito male.
Sicuramente ho scambiato la voce di questo sconosciuto, per una voce che in realtà conosco benissimo.
Ci saranno, con assoluta certezza un miliardo di spiegazioni differenti, da quello che sto immaginando.
Combinazioni e probabilità che non possono coincidere, e verificarsi, tutte quante a questo modo.
Non tutte insieme.
Non è possibile.
"Non può essere."
Tra tanti locali, in una città qualsiasi, grande come Tokyo, in una domenica qualsiasi di un mese qualsiasi: Tu non puoi essere qui.
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