Capitolo 5 - Legame silente.




22 Settembre, Tokyo.


Kenma's POV

TUM TUM TUM

Colpi.
Colpi assordanti, uno dopo l'altro.
Colpo violenti e disperati, insorgono da un punto che non riesco ad individuare.
Sono forti, insistenti, furiosi e non accennano a smorzarsi.

Un ronzio nelle orecchie mi impedisce di sentire per bene i suoni intorno a me.
Solo questo incessante battere, da qualche parte.

<< KENMA!! KENMA APRI LA PORTA!!>>

Sento urlare.
O forse immagino che sia qualcuno ad urlare.

Forse è tutto nella mia testa, forse sono morto e questi sono gli ultimi residui della mia coscienza aggrappati al mondo sensoriale.

Mi sento leggero, come se non avessi peso.
Non percepisco me stesso e neanche quello che ho intorno.

I miei occhi, che faticano ad aprirsi, scorrono nuovamente verso l'alto, facendomi abbandonare quel piccolo contatto con la realtà che avevo stabilito.


Kuroo's POV

I miei pugni e quelli di Bokuto si scagliano sulla porta pesante di casa di casa di Kenma.

<<Mi devi spiegare che cosa è successo Kuroo, ti rendi conto?!?>> urla il gufo, qui di fianco a me.

Sono da poco passate le 18:00 ed io ieri sera avevo preso un appuntamento per uscire con il mio amico, dai capelli grigi che sfumavano dal nero.
Credevo che sarebbe stata una piacevole uscita, essendo che non abbiamo mai molto tempo per stare assieme.

Non credevo che nel giro di neanche 24h le cose sarebbero cambiate, nonché precipitate in questo modo.

Akaashi, dietro di noi, in preda al panico, insisteva per chiamare i soccorsi.

<<CAPISCI CHE DOBBIAMO PRIMA ENTRARE?!>>

Mi volto per ringhiare nella sua direzione.

Bokuto mi scuote, afferrandomi per la maglietta e costringendomi a guardarlo in viso.

<<DEVI SMETTERLA DI URLARE KUROO.>>

I suoi occhi grandi e dorati sono spalancati ancora di più.
Le sue pupille sono ridotte a delle fessure strettissime per la preoccupazione e l'agitazione.

Mi ripeteva di non urlare ne in faccia a lui ne in faccia ad Akaashi.

Mi continuava ad esortare a parlare del perché ci trovassimo a casa di Kenma, in procinto di sfondare la sua porta d'ingresso.

Io, dal mio canto, non riuscivo ad ammettere quello che avevo fatto.
Me ne vergognavo così profondamente che preferivo sfogare la mia rabbia urlando, piuttosto che parlare chiaro.

Non potevo accettare di aver colpito Kenma, ieri sera e di averlo lasciato da solo.

Questa mattina ero ancora arrabbiato, di un umore davvero scuro e pessimo.
Sono andato in classe senza passare dalla sua sezione.
Ho tirato dritto, impiegando il tempo a picchiettare nervosamente sul banco.

"Non ho voglia di vedere la sua faccia da cane bastonato oggi in palestra."

Non facevo altro che ripetermi.
Convinto com'ero di aver ragione, procedevo a grandi ed orgogliosi passi verso lo spogliatoio.
Ma Kenma non era lì.
Sbuffando, andai a controllare, per puro caso nello stanzino, sicuro di trovarlo lì addormentato.
Ma lui, non era neanche lì.

Iniziai a sentirmi leggermente agitato, ma poi conclusi dentro di me, che fosse sicuramente andato a comprarsi una nuova console.

"Certo come ho fatto a non pensarci prima. Senza una di quelle cose Kenma non riuscirebbe a mettere un piede fuori da casa."

Così aspettai, fingendo che non fosse successo nulla.
Fingendo che di lì a poco sarebbe entrato in palestra con la sua nuova busta Nintendo.

Tutti gli altri ragazzi iniziavano ad arrivare, tranne quel misero gattino.
Yaku si avvicinò a me, posandomi una mano sulla spalla:

"Spero tu ti sia scusato per come hai urlato ieri con Kenma."

Infastidito gli risposi di farsi i cazzi suoi, che questo non aveva nulla a che vedere con lui.
Era una cosa tra me e Kenma.

Già, ma adesso lui dov'era?

L'allenamento iniziò ed il Coach Nekomata non si risparmiò di sgridare l'assente del giorno, promettendogli diversi tipi di punizione.

Gli altri non sembravano preoccupati.
Era già successo che Kenma marinasse qualche allenamento, per giocare a qualche nuovo videogame.
Ma nessuno sapeva quel che era successo ieri sera tra di noi.
Nessuno poteva immaginare che lo avevo abbandonato a se stesso, in uno scatto di ira.

L'allenamento non accenna a finire, così prendo la mia borsa e vado via ugualmente.
Una crescente ansia e un senso di colpa insopportabile, mi stavano facendo perdere la concentrazione.
Bokuto e Akaashi erano già arrivati nei pressi della stazione di Ueno, vicino la nostra scuola; così li intercettai e li trascinai a casa di Kenma, senza dar loro spiegazioni.

<<KUROO MI DEVI SPIEGARE CHE COSA SUCCEDE.>> 
Grida Bokuto, con un tono che non ammetteva repliche.

Sono certo che se non avessi risposto ancora una volta alla sua insistente ricerca di delucidazioni, mi avrebbe colpito.

<<Temo... temo che gli sia successo qualcosa...>> dico infine.

Devo mettere da parte il mio stupido orgoglio e parlare chiaro.

<<Che cazzo Kuroo!! CHE CAZZO!>> Bokuto si porta le mani alla testa, camminando inquieto sul pianerottolo di casa di Kenma.

<<Kuroo, ti rendi conto che è una porta blindata? Si apre solo dall'interno.>> precisa Akaashi.

"Ti prego non venirmi a dire l'ovvio. Ce l'ho sotto gli occhi da anni, so com'è fatta la porta di casa sua."

<<Che cosa intendi quando dici che "temi gli sia successo qualcosa?">> mi incalza ancora lui, continuando a rimanere leggermente in disparte.

Io non rispondo e stringo i pugni.

<<Ma vuoi davvero stare a sindacare sulla natura della mia affermazione? Ma sei davvero così scemo??>>

Bokuto mi si para nuovamente davanti.

<<Adesso smettila di urlare contro di lui. Stiamo tutti cercando di essere utili.>> mi da una spinta verso dietro.

Normalmente non l'avrei accettata ed avrei iniziato a fare a botte, sentendomi provocato e sfidato.
Ma la situazione è diversa:
Me la sto prendendo volontariamente con Akaashi perché non ho il coraggio di ammettere la verità e di conseguenza di prendermela con me stesso.

<<Kuroo non hai le chiavi?>> prova a dirmi il corvino, con occhi carichi di ansia.

<<Bokuto glielo dici tu che se avessi avuto quelle cazzo di chiavi a quest'ora avrei già aperto questa cazzo di porta?!>> rispondo, cacciando un calcio alla porta.

Sono quasi 24h che non ho notizie di Kenma e mi sento impazzire.
Come ho potuto essere così stupido.
Come ho potuto andare sul serio via, sapendo di quel che è capace quando è in preda al panico.

La tenda della finestra principale, si scosta leggermente, rivelando un musetto chiaro e due grandissimi occhi azzurri.
Appena i miei occhi incontrano i suoi, inizia a camminare inquieta, miagolando e muovendo le sue zampette sul vetro; come se volesse scavarlo.

<<La sua gatta è in casa.>> osserva Akaashi.

Stavo nuovamente per aggredirlo, quando mi si accende una lampadina.

La gatta.

Zelda... ZELDA!

La Signora Matsuda va a dare da mangiare ogni tanto a Zelda, quando Kenma è fuori casa, o quando è in ritiro da qualche parte.

<<Aspettatemi qui, nel mentre continua a chiamare Bokuto.>>

Dico, mentre volo giù dalle scale al piano inferiore.
Non do neanche al mio amico il tempo di controbattere qualcosa, che sono già alla porta della Signora Matsuda, tempestandola di colpi.

La sento avvicinarsi con fretta alla porta, dicendo:

<<Arrivo arrivo!>>

Apre la porta con affanno, mentre si regge gli occhiali da lettura sulla testa.

<<Testurō, ragazzo... che cosa succede?>>

<<Mi dispiace di averla disturbata. È importante, lei ha le chiavi di casa di Kozume, vero?>> dico, cercando di farle capire quanta fretta avessi.

<<Si ecco, ne ho una copia... è successo qualcosa?>> inizia a cercare dentro un porta oggetti nel suo ingresso.

<<No... noi siamo solo rimasti chiusi fuori. Si sbrighi per favore...>>  rispondo, fremendo sul posto.

Torna sulla soglia con la chiave, attaccata ad un portachiavi con una gattina di peluche, identico a Zelda.

L'afferro velocemente, quasi strappandogliela di mano.

<<Grazie mille... gliela riporto al più presto.>>
Come il vento, salgo per tornare al piano di Kenma, facendo i gradini a 4 a 4.

Bokuto stava continuando a bussare, senza ottenere risposta.
Akaashi era bianco come un lenzuolo, seduto per terra.

<< Merda Kuroo... >> dice Bokuto, con il viso contorto in una smorfia di tensione indecifrabile.
Mi strappa la chiave dalle mani e tremante la infila nella toppa.

Nel sentire il rumore della serratura che scatta, Akaashi scatta in piedi, mettendosi dietro a Bokuto che apre piano.

La prima cosa che si vede è la casa immersa nell'oscurità.

Io inizio a tremare, incapace di farmi largo tra i due ragazzi.
Bokuto entra, togliendosi le scarpe con un solo gesto rapido, mettendo il naso prima in soggiorno e poi in cucina.

<<CAZZO CAZZO...>> inizia a dire, spingendo fuori Akaashi, per non fargli vedere che in cucina c'era ancora la sua console a terra, completamente distrutta e le macchie del sangue che gli era fluito dal naso.

Akaashi non fa storie, aspetta fuori la porta, mentre io entro assieme a Bokuto.
Do' una rapida occhiata in bagno.
Bokuto trasalisce nel vedere quei flaconi caduti nel lavello e a terra, con una ditata di sangue sul mobiletto a specchio aperto.

<<Kuroo... >> sussurra, stringendomi una spalla.

Io deglutisco.
Lo scenario che avevo immaginato è proprio quello che mi si presenta davanti.

"Dio ti prego, fa che non sia morto."

Una tremenda angoscia mi assale, stringendomi la gola.

<<Kenma...>> chiamo incerto.
Mentre piano, scortato da Bokuto, mi avvio verso la sua stanza.

Zelda viene subito tra le mie gambe, miagolando fortissimo come di solito, non fa mai.

Un brivido mi scorre lungo la schiena.

Kenma è riverso su se stesso, sul letto, con le coperte tirate sopra la testa.

Con un balzo sono su di lui, mentre Bokuto rimane sulla porta, incapace di chiudere la bocca.

<<Ohi Kenma... Kenma... Kenma avanti, rispondi.>>

Scosto le coperte per scoprire il suo viso, pallido.

Lo scuoto leggermente.
Mi pietrifico nel vedere che è privo di conoscenza.

<<Kenma... avanti.. Kenma ... per favore...>>

Porto due dita sul suo collo, per misurarne il battito:
Debole ma presente.

<<Kuroo.... ma...>> la voce di Bokuto è al limite.
Una tensione tale, non tutti sono in grado di reggerla.

Ma io so cosa devo fare.
So cosa succede, so come aiutarlo, perché l'ho già fatto in passato.

Risoluto e senza perdere più un attimo, tolgo tutte le coperte, e gli sollevo le gambe, mettendomele intorno al collo.

<<Bokuto, forza, metti la sua testa per terra avanti... aiutami!!>> dico con impazienza.

Si smuove finalmente dalla porta e delicatamente mi aiuta a posizione la testa di Kenma per terra, sopra un cuscino, così da aumentare il dislivello tra le sue gambe e la sua testa.

<<Avanti ... dai .... Kenma, forza... forza ... ti prego.>>

*

Piano, la posizione gli consente di ossigenare per bene il cervello e di regolarizzare l'apporto sanguigno di quest'ultimo alla parte superiore del suo corpo.

Lo vedo sbattere gli occhi e piano riaprirli.

<< DIO GRAZIE ...>> sento dire a Bokuto, cercando con tutto se stesso di non urlare.

<< Kenma... puoi parlare?>> dice Bokuto, mentre con una delicatezza che non gli avevo mai visto, gli sfiora il viso, cercando comunque di non stargli troppo addosso.

Kenma mugugna qualcosa che non riesco a capire.
Vorrei essere dalla parte della sua testa, per sentire meglio, ma devo comunque cercare di mantenergli le gambe alte per non farlo svenire nuovamente.

Kenma sbatte le palpebre confuso.

<< Ah...Bo-Bokuto-San?>> sussurra Kenma.

<<Si.. si sono io!>> credo che Bokuto sia sull'orlo delle lacrime.
<< Non preoccuparti...>> dice ancora.

Non riesco a parlare, sono solo sollevato che abbia ripreso conoscenza.

Passati circa 20 minuti, in cui gli reggo le gambe, le adagio piano su una torre di cuscini, andando a mettermi nel suo campo visivo.

Mi sento una merda e so che non ho il diritto neanche di parlare adesso.
Kenma mi guarda brevemente, senza dire nulla.

<<Che cosa è successo Kenma...?>> prende parola Bokuto, il quale stava davvero fremendo per andare a controllare le condizioni di Akaashi rimasto fino ad adesso fuori casa.

<<Io... credo... ho perso...> Kenma non riusciva a dirlo, ma io sapevo esattamente che cosa aveva fatto.

Lo sapevo ed era solo colpa mia.

<<Non preoccuparti Bokuto, adesso ci penso io.>> dico, facendogli cenno di andare a controllare fuori.

<<Col cazzo Kuroo, vado solo un momento da Akaashi ma poi sono nuovamente qui.>>

Si alza e a grandi passi si dirige all'esterno, lasciandomi da solo con Kenma.

Prendo la sua testa tra le braccia, poggiando la mia fronte sulla sua.

<<Non ho il diritto di dire niente...>> provo ad iniziare, ma lui mi zittisce subito.

<<Allora taci Kuroo. Per una buona volta.>> biascica, mentre prova a mettersi seduto.

Annuisco, colpito e affondato.
Prendo ed incasso il colpo.

<<Hai bisogno di bere però... di mangiare... ti devi idratare... ti posso lasciare un momento?>> dico.

<<Mh-mh.>> mi risponde, mettendosi le mani alla testa.

Balzo in cucina, spiando sul pianerottolo esterno, dove c'è Bokuto che stringe Akaashi a se, il quale è in preda ad un esaurimento per lo spavento.

Afferro una bottiglia di acqua e ci butto dentro il classico multivitaminico ed agito bene.
Prendo anche una banana ed una mela e mi precipito nuovamente da Kenma.

Lui prende ciò che gli porgo senza fare storie, inizia a bere e mangiare.

Resto lì in silenzio, senza neanche il coraggio di guardarlo negli occhi.

Bokuto e Akaashi rientrano, timorosi, restando sulla porta.
<<Come... come va?>> prova a dire quello con i capelli più scuri, mascherando a malapena la sua agitazione.

Kenma alza un pollice, guardando entrambi con occhi stanchi.

Akaashi quasi sviene lui stesso nel vedere il letto sporco di sangue.

<<Kenma... ma perché ti eri chiuso dentro? Hai avuto un malore?>> prova a dire Bokuto.

Il biondino alza le spalle.

<<Sto bene, ero solo stanco.>> mente.

Perché stai mentendo Kenma? Perché non gli dici la verità e non gli dici che la colpa è tutta mia?

Gli altri prendono posto nella camera di Kenma, mentre io vado in cucina e successivamente in bagno, per sistemare quel casino.

Raccolgo la console e tutti i suoi pezzi.
Lavo il pavimento dalle macchie di sangue.
Pulisco il mobiletto del bagno e mi soffermo un momento con quel flacone caduto, in mano.

"Dovrei buttarlo?"

La risposta sarebbe si, senza pensarci due volte.
Solo che poi penso a Kenma ed i suoi stati di depressione cronica.
Senza una di queste compresse, nel giusto dosaggio, delle volte per lui è davvero difficile anche solo alzarsi dal letto.

Decido alla fine di non buttarle ma di mettermele semplicemente in tasca.

Quando torno di là:  il colorito del suo viso è tornato normale, i suoi movimenti non sono più a rallentatore.

"Anche questa volta l'ha superato."

Resto sulla porta, mentre lo vedo assaggiare un mochi che Akaashi aveva nella borsa.

Cambio le lenzuola del suo letto, mentre tutti sono accomodati su quello che era il mio futon.

Ordino la cena per tutti e 4, prendendo anche due fette di torta di mele per Kenma, so che è ancora inviperito per ieri e che non si lascerà corrompere con così poco, ma io ci provo ugualmente.
Per gli altri invece ordino torta al cioccolato, sapendo come ne sia goloso Bokuto.

Nonostante Bokuto insista per sapere cosa sia successo, Kenma svia sempre l'argomento, restando molto sul vago.
I due ragazzi, alla fine si sciolgono e alleviano l'aura di tensione che c'era fino a poco fa.

La serata procede, con loro che giocano alla PlayStation, dopo aver consumato la cena, tra gli schiamazzi incontrollati del gufo.

Kenma, dal canto suo neanche mi guarda negli occhi, neanche pronuncia il mio nome.
Ha mangiato in silenzio, ringraziando Akaashi e Bokuto, senza parlarmi.

Mi sento ignorato e trasparente.
Me lo merito.
Non so se riuscirò a farmi perdonare.

Lo guardo di sottecchi mentre scortiamo, passata la mezzanotte, i nostri due ospiti alla porta.
È stata una giornata strana e stancante, non avrei mai pensato di coinvolgere anche loro due in questa cosa.

Probabilmente per averli portati a casa in uno di quei suoi momenti sconfortanti, Kenma mi odierà ancora di più.

Kenma chiude la porta, alle spalle di Bokuto, che saluta chiassosamente.
Aspetta qualche minuto e poi la riapre, puntando le sue iridi dorate dritte dentro i miei occhi.

Sono affilate come lame.
Si conficcano con estrema violenza nella mia carne, senza darmi neanche il tempo di reagire.

È la prima volta che mi rivolge uno sguardo, in tutta la serata e nuovamente mi sta cacciando di casa.

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