Capitolo 49.1 - Qoph.





*



Kenma's POV




Il momento prima di svegliarti lo avverti, lo senti come se fosse un leggero battito d'ali di una farfalla.

Le tue palpebre tremano e prendi coscienza del tuo corpo; di dove si trova il tuo capo, in che posizione giacciono le tue gambe e dove sono le tue braccia.

Avverti tutto te stesso riposare il materasso e ti torna quel fluire di coscienza del quale ti bagni per iniziare a muoverti.

I tuoi sensi si fanno più acuti e percepisci i suoni, gli odori ed i cambiamenti di luce.

Sei estremamente sensibile in quel frangente, tra l'incoscienza di un sonno profondo e lo stato di veglia, perché tutto nel tuo corpo si sta preparando a svegliarsi.

Quando avverto il tremore delle palpebre ed una forte luce filtrarvi attraverso, mi rendo conto che anche io sto per svegliarmi.

Sento la pesantezza del mio corpo seduto su una sedia, le vertebre del collo che poggiano dolcemente contro il poggiatesta e le braccia distese lungo i braccioli.

Sento in lontananza i passi di qualcuno ovattati dal mio stesso respiro.

Aggrotto le sopracciglia e sento un odore familiare di lavanda pizzicarmi la punta del naso.


Quest'odore...

Io l'ho già sentito.


Apro piano gli occhi lasciando che le immagini del mondo esterno inizino ad invadermi la mente.
Ciò che vedo non riesco bene a metterlo a fuoco, non sin da subito per lo meno.

C'è una stanza bianca: con le mura bianche, gli infissi della finestra bianchi, così come le tende, la scrivania, e tutto il resto della mobilia e delle suppellettili.

La luce del giorno filtra attraverso la vetrata, mentre le tende sono tirate via da un lato.

È tutto così slavato che sembra essere un bucato pulito appena steso al sole.

Tutto sa di nuovo e immacolato dentro questa stanza, seppur i profili mi siano familiari.

Sono già stato in questo luogo solo che non riesco a ricordare quando.

Dopo aver disteso le braccia per bene, mi sollevo dalla sedia per guardarmi ancora un po' intorno.

C'è una grande libreria su una parete ma, anche in questo caso, tutte le costine dei libri sono bianche e senza un titolo.
Ci sono dei quadri senza immagini al muro, delle tele vuote ed incorniciate che non hanno alcun valore.

La scrivania alla quale sono seduto è estremamente in ordine, così come il letto alle mie spalle.

Sembra un set di una qualche specie di film, piuttosto che una stanza che qualcuno possa abitare.


Chi si sentirebbe confortato in mezzo a tutto questo bianco che risulta opprimente e fastidioso?


La porta della stanza è chiusa, ma se faccio particolarmente attenzione, posso sentire dei rumori provenire dal resto della casa.

Qualcuno sta trafficando con dei piatti o dei bicchieri in lontananza; posso sentire lo scorrere di un rubinetto dell'acqua, così come lo scoppiettio di un fornello che fatica ad accendersi.

Osservo le mie mani ed il mio corpo.

Il colorito roseo della mia pelle, che di solito viene sempre considerato troppo pallido, quasi stona con il candore della stanza in cui mi trovo.
E con questo anche i vestiti che porto addosso: una semplice t-shirt ed un pantalone di tuta.

Noto che ai piedi non indosso le scarpe, ma che ho solo dei calzini grigi di spugna.

Nonostante la luce che entra nella stanza renda tutto più splendente ed accecante, i miei occhi non ne risentono, anzi è come se fossero abituati a quell'intensità luminosa.

Mentre faccio per alzarmi del tutto dalla sedia, la porta difronte a me si apre.



<< Oh... Kenma.>>



Kuroo entra con un sorriso sorpreso in viso, con indosso una maglietta bianca e dei pantaloni di tuta anch'essi dello stesso colore.

Non l'avevo mai visto in questo modo.

I suoi capelli sembrano più folti e neri, a contrasto con il bianco della stanza.
Stona anche la sua pelle abbronzata, di quella tonalità a metà tra il cioccolato ed il caffelatte, con il colore uniforme nel quale siamo immersi.

La sua espressione così rilassata e serena, i suoi occhi dorati sembrano scintillare come pietre preziose nel mentre che, con estrema tranquillità, mi rivolge un ampio sorriso seguito da un saluto.

Mi fa un cenno e poi prende a sistemare qualche libro nella libreria, come se niente fosse.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo, quella che sta facendo.

L'immagine di me seduto ad una sedia del genere e di lui che sistema dei libri sugli scaffali, mi riporta con la mente ad un ricordo ben preciso.
Un ricordo che mi permette di comprendere dove mi trovo.

Sono stato in questa stanza, che però un tempo aveva dei colori molto diversi, forse un milione di volte.

È la stanza di Kuroo, di casa sua ad Inagi, solo che più pulita e decisamente in un ordine quasi maniacale.



<< Sei arrivato, Kenma.>> riprende lui a parlare, con estrema pacatezza.



Quasi non sembra il suono della sua voce, senza inflessioni di alcun genere, senza emozioni che la perturbano.

È come se fossimo dentro ad uno stagno dalla superficie liscia e piatta, senza increspature di alcun genere.

Mi guardo intorno un po' disorientato prima di rispondere.



<< Si...? Si, sono arrivato.>> sussurro, prendendo poi una pausa.



Non mi ha beccato che stavo dormendo sulla sedia della sua scrivania?

Lui fa un cenno con la testa, dopodiché torna alla sua occupazione.



<< Mi... mi stavi aspettando?>> gli chiedo timidamente, allungando il collo per osservarlo meglio.



Kuroo si volta con un mezzo sorriso in viso, prima di rispondermi.



<< Si, una specie.>>
<< Mh...>> annuisco, senza capire effettivamente il senso della sua risposta.



Tra di noi scende un breve silenzio che ha tutta l'aria di essere leggero e di circostanza, del resto tra di noi è successo più di una volta, soprattutto quando io avevo poca voglia di parlargli perché magari concentrato su altro.

Questa volta però, lo sento fuori posto ed anche quasi imbarazzante, questo velo di silenzio che s'adagia su di noi.

Mi dà fastidio, in un modo che neanche concepisco.
Mi risulta quasi pesante.

Osservo i miei piedi che posano su una pavimentazione dall'aria morbida, come un tappeto, anch'essa bianca.
I miei calzini grigi sembrano decisamente più sporchi rispetto all'ambiente, sembra quasi che io ci abbia camminato per chilometri con questi calzini e che per tanto siano sudici se paragonati al resto.

È tutto così strano.
Così quietamente strano.



<< Come va?>>



La voce di Kuroo spezza il silenzio, facendomi sobbalzare sulla sedia.

Alzo la testa e lo trovo a fissarmi dolcemente.



<< Ah... io... io sto bene a dire il vero. Benissimo in realtà, come non mi sono mai sentito.>> rispondo timidamente.



C'è qualcosa in lui, nel modo il cui la sua pelle risulta estremamente luminosa che mi fa arrossire.
C'è qualcosa che mi costringe ad abbassare lo sguardo, mentre una forza inspiegabile dentro al mio petto m'implora di continuare ad osservarlo ancora un po'.



<< Ne sono davvero contento, Ken.>> dice lui, abbassandosi sui talloni per sistemare anche i libri più in basso.



Mi ritrovo a tenere le mani unite sopra le ginocchia, come se fossi una ragazzina imbarazzata nel ricevere le attenzioni di un ragazzo per la prima volta.

Il che è davvero assurdo, insomma è pur sempre Kuroo ed io sono pur sempre...

Lo conosco da troppo tempo per sentirmi in imbarazzo con lui.
Posso essere me stesso quando c'è lui...

Posso anche ruttare a tutta voce se volessi, che non direbbe niente se non farsi qualche risata.
Posso stare seduto come mi pare sulla sedia, che dopo qualche primo rimprovero lui lascia perdere.

Posso fare quel che voglio...

Ma allora... perché mi sento così inquieto in questa stanza insieme a lui?




<< Vuoi che ti prepari qualcosa? Che so... hai fame o sete?>> mi domanda, mentre lo sento avvicinarsi a me.

<< No, in realtà sono a posto. Non sento più né fame e né sete.>> dico piano.




Osservo Kuroo con la coda dell'occhio mentre annuisce contento.



<< Bene, ne sono felice Ken.>> sussurra.



Annuisco di conseguenza, continuando a sentire dentro di me la crescente sensazione che ci sia qualcosa fuori posto.
Qualcosa di strano, qualcosa che non riesco a riconoscere in questo posto.

O forse in questo Kuroo.

Lui resta in silenzio, appoggiato alla libreria con gli occhi fissi sulla mia figura.

Mi sento terribilmente in imbarazzo, tremendamente indisposto da tutta questa situazione.

Sospiro, sentendo come il battito del mio cuore stia accelerando dentro di me.
Devo decisamente darmi una calmata.

Deglutisco e mi inumidisco le labbra prima di parlare.



<< Kuroo, queste cose sono... sono nuove?>>



Alzo lo sguardo per osservare la sua reazione, dopo aver fatto un cenno vago a tutta la sua camera.

Per tutta risposta lui segue con gli occhi il mio cenno ed alza le spalle di conseguenza.



<< Si, può essere.>>




Può essere?

Non riconosce neanche e cose della sua stessa camera?
Non sa, se le ha comprare da poco o se le ha sempre avute?

Faccio per aprire bocca, per esprimere il mio dubbio, quando lui mi precede con una nuova domanda.



<< Ken, c'è qualcosa che vuoi dirmi?>>



Si, cazzo se c'è.

Vorrei sapere da dove viene tutto questo cazzo di bianco.
Vorrei sapere perché sei così strano e rilassato, così tanto le solite rughe d'espressione sul tuo viso sono scomparse e non riesco a riconoscerti come vorrei.

Sembri la versione di Kuroo uscita dalla televisione, pieno di trucco e parrucco e con i gesti impostati, quasi come stessi seguendo un copione per automatismo.

Vorrei sapere se questa è davvero la tua stanza o è una specie di scherzo di cattivo gusto, che stai mettendo su come a tuo solito.

Vorrei sapere se...


Mi perdo un momento dentro ai suoi occhi.


Sembrano così reali e sinceri che forse ad essere pieno di insicurezze e paranoie, come al solito, sono solo io.




<< In che senso?>>




Kuroo alza le spalle ancora una volta.




<< Non so, potrebbe essere qualsiasi cosa.>>




Mi lascio ricadere sulla sedia girevole a peso morto.



<< Vorrei sapere perché hai riverniciato tutto di questo bianco candido, che neanche ti si addice.>> sputo fuori ad un certo punto.



A Kuroo sfugge una risatina dalle labbra che risuona cristallina in tutta la stanza.




<< Non ti piace?>> dice divertito, non facendo nulla per trattenere la sua allegria.




Alzo gli occhi al cielo.
Kuroo non è mai stato il tipo puro e casto che assoceresti al bianco latte, tutto qui.

È quel tipo di persona che non t'ispira candore e innocenza, e lui è sempre stato ben conscio di ciò.




<< Non particolarmente.>> rispondo infine, incrociando le braccia al petto.




Sorride e si morde la lingua, quasi come volesse farmi una smorfia di scherno.




<< Bhe, c'è dell'altro che vuoi dirmi?>> ribatte lui, senza togliersi un raggiante sorriso dal volto.

Mi limito a guardarlo interrogativo, restando in attesa che si spieghi meglio.

<< Non so... tipo... dove sei stato? Cosa hai fatto?>>




Nel frattempo che mi stiracchio sulla sua sedia, inizio a tessere una risposta distratta, intervallata da uno sbadiglio e da diversi mugugni.




<< Sono andato fino ad Inagi e non ci crederai mai ma nevicava ed io non avevo le scarpe.>> riferisco sbadatamente, continuando a distendermi i muscoli delle braccia verso l'alto.

<< Le scarpe?>> chiede lui.

<< Si non avevo le scarpe, ma tutto okay perché non ho sentito freddo.>>

<< E cosa sei andato a fare ad Inagi senza le scarpe?>>




Lo osservo sconvolto, per l'ovvietà della sua domanda.




<< Sono tornato a casa Kuroo, che altro sennò? Era tutta impolverata, nessuno ci andava da un po' a quanto pare.>>




Faccio scrocchiare le ossa del collo con un movimento rapido, socchiudendo gli occhi per la sensazione piacevole di pressione che s'allenta.

La sedia della scrivania di Kuroo è più comoda di quel che ricordassi, ed ora che mi sono abituato, neanche tutto questo bianco e quest'ordine sembrano più di tanto fuori posto.

Mi donano un senso di pace in fondo, mi fanno sentire al sicuro come ero solito sentirmi dentro questa stanza tanto tempo fa.




<< Solo questo?>> mi chiede Kuroo.




Apro gli occhi per osservare che cosa intendesse, quando mi scontro con la durezza del suo volto.
La sua espressione è contratta in una sorta di amareggiata consapevolezza che non vuole né nascondere né esprimere apertamente.

Mentalmente ripercorro quelli che sono i miei ricordi del tragitto che mi hanno condotto qui.

Io che esco di casa, mi ritrovo per strada sotto ad uno strado di neve timida che iniziava a depositarsi sull'asfalto.
Il sentore di umido ai piedi, il freddo di una giornata di neve che non mi feriva e non mi impediva di avanzare.



Il treno solitario e scricchiolante di tutti quei rumori metallici che senti solo sui treni più vecchi.

La fermata di Inagi, l'insegna dell'uscita Ovest che non vedevo da un po' di tempo.

La neve che cadeva violenta, sospinta da un vento gelido che però, non mi faceva rabbrividire.

Il vialetto di casa.





<< Si io... non...>> dico piano, mentre davanti ai miei occhi le immagini continuano a scorrere, come un vecchio film muto sullo schermo del cinema.





Qualcosa macchia la pellicola all'improvviso.
Una sensazione persistente che m'accompagna durante la visione e che si materializza davanti ai miei occhi.

Sorge dall'oscurità improvvisamente la consapevolezza del perché io sia andato ad Inagi senza le scarpe.



La casa vuota.

Le scale che portano al piano superiore.

Le travi della mia camera da letto.



Un lampo di dolore mi fa piegare verso le mie ginocchia, quasi avessi improvvisamente riprovato quella sensazione dell'aria che manca al tuo corpo.

Istintivamente mi porto una mano tremante al collo e ne sfioro la pelle con un polpastrello esitante.

Lo strepitio dell'ultimo respiro che lascia le tue labbra.

Le stelle che brillano in un cielo improvvisamente limpido.

E poi niente più.

Sento gli occhi pizzicarmi ed una fitta al petto espandersi, che mi fa rabbrividire tutto.

Come una fiamma che credevi di aver spento ma che invece torna a bruciare, la coscienza di quel che ho fatto torna a pesarmi addosso.

Alzo lo sguardo, carico di spavento e lacrime, su un Kuroo sereno e distante.




<< Io... io mi sono ucciso.>> le parole lasciano le mie labbra come una colata di veleno dal retrogusto acre.

<< Mi sono impiccato in camera mia.>> continuo a piangere, sentendomi in preda al panico più incontrollato che io abbia mai provato.




Ruggisce dentro di me, mi dilania le carni e mi spolpa fino al midollo, questo ricordo così vivido davanti ai miei occhi.

Che cosa ho fatto?

Kuroo si avvicina e mi porge un bicchiere d'acqua, prima d'inginocchiarsi davanti a me.
Aspetta che io ne beva un sorso dolce, e poi prende e racchiude le mie mani nelle sue.




<< Ehi ehi... tranquillo Kenma. Non hai nessun motivo di piangere adesso. Dimmi solo... perché l'hai fatto?>>




Le sue parole pesano come macigni sul mio cuore.

Faccio per aprire la bocca ma quello che volevo dire rimane impigliato sulla punta della mia lingua, senza riuscire ad uscir fuori.



<< Io...>>



Abbasso lo sguardo nei suoi occhi, che accolgono la mia paura amorevolmente, e con la stessa dolcezza, mi invitano a tranquillizzarmi.




<< Io quando l'ho fatto... io credevo di avere mille buone ragioni. Mi sentivo esausto, perso e... non lo so più neanche io adesso. Mi sembrava l'unica cosa giusta da fare... ma adesso che me lo chiedi, io non riesco a ricordare neanche una di queste mille buone ragioni...>>




Inizio a piangere più forte, singhiozzando con tutto il corpo e vedendo come le lacrime facciano sbiadire l'immagine di Kuroo, inginocchiato davanti a me.

Lui non si compone, continua a tenere strette le mie mani nelle sue ed anzi, se le porta alle labbra e le bacia, quasi come fossero il tesoro più prezioso di questo mondo.




<< Ken, tranquillo. Non devi piangere o avere paura adesso.>> prova a consolarmi.




Ma è tardi per parole del genere.

È tardi per sentirsi rincuorati, davanti ad una realtà di questo tipo.

È tardi per la compassione e per l'autocommiserazione, per la pietà e per le buone intenzioni di redimermi diversamente.

È tardi per i tuoi baci Kuroo.

È tardi per qualsiasi cosa.




<< Mi sento così... così stupido. Io voglio tornare indietro, Kuroo.>>




È una speranza vana e me ne rendo conto anche da solo, eppure la pronuncio ugualmente pur sapendo che ricadrà nel vuoto di una realtà immutabile.

Ha tutto il sapore della delusione e del veleno, questa speranza che non ne vuole sapere di morire insieme a me.

Un sorriso amaro si dipinge sul volto di Kuroo, che continua a tenere strette le mie mani tremanti tra le sue.




<< Calmati Ken. Non c'è modo di tornare indietro adesso e penso che... che alla fine anche tu lo sappia bene. Ma non preoccuparti, bisogna accettare le cose così come vengono, okay?>> mi sussurra, senza smettere per un singolo momento di guardarmi con occhi carichi di compassione.




Seppur lui stia facendo del suo meglio, io sono in preda al mio peggio e non riesco proprio a respingerlo in alcun modo.

Lo lascio, per tanto, fluire attraverso fremiti e lacrime di profonda disperazione.




<< Ma come... come puoi dire una cosa del genere...>> singhiozzo, lasciando che la mia schiena sobbalzi per gli spasmi del pianto.

<< Io ho lasciato tutto... ho lasciato la mia famiglia, i miei amici... ho lasciato perfino te. Ho perso tutto, ogni cosa bella ed ogni cosa brutta... non mi resta più niente adesso...>>




Kuroo lascia andare le mie mani per asciugare le lacrime da mio viso.
Si sporge un poco verso di me, sorridendomi con dolcezza, mentre mi accarezza tutto il volto.




<< Sshh...>> sussurra piano.

<< È inutile crucciarti su questo ora Ken... non ti porterà da nessuna parte...>>




La sensazione della sua mano callosa ma delicata che scorre lenta sul mio viso, accompagnata da quello sguardo che solo Kuroo è in grado di fare per sciogliermi quando sento un nodo allo stomaco, sortiscono un effetto sedativo sulla mia agitazione.

Smetto di piangere e piano, grazie al cullare delle sue carezze, anche i miei singhiozzi si smorzano fino ad attenuarsi del tutto.

Nel silenzio bianco che ci avvolge, tra un battito di ciglia e un altro, dentro di me si fa largo una nuova verità.




<< Kuroo...>>

<< Si?>> risponde prontamente.

<< S'è vero che... che sono morto... s'è vero che mi sono suicidato... tu che cosa ci fai qui?>>





Deglutisco, per la fatica delle parole che ho appena pronunciato, che taglienti come lame mi fanno sanguinare la lingua ad il cuore.

Non di nuovo, non posso nuovamente star vivendo l'illusione di una persona che non c'è.

Il calore della sua mano, il risuonare così sincero della sua voce... quei suoi occhi così pieni di vita, non possono essere nuovamente tutto frutto della mia mente.

Non può essere anche questo, lo stesso sogno di sempre.




<< Io ci sono, Kenma, perché tu mi hai voluto qui.>> risponde quieto, continuandomi a sorridere.

<< Cosa... cosa vuol dire? Questo non può essere reale...>> dico, cercando di sottrarmi al suo tocco.




Kuroo si scansa, senza offendersi.
Si rialza e mi guarda con attenzione.




<< Bhe, solo perché sta succedendo dentro la tua testa, non vuol dire che non sia reale.>> conclude.




Sbarro gli occhi, osservandolo esterrefatto.

Dentro la mia testa?

Che vuol dire?

Chiudo gli occhi, reprimendo una nuova ondata di lacrime.

Che vuol dire dentro la mia testa?
Perché tutto deve non avere lo stramaledetto senso pratico della realtà a cui ero abituato?
Perché è tutto così contorto, così oscuro e doloroso?

Neanche dopo la morte esiste la pace dei sensi?




<< Non dispiacerti Kenma.>> continua Kuroo.

<< Kuroo... tu sembri così reale... così vero e simile a... a quel Kuroo che conosco...perché è tutto così difficile?>>

<< Gattino non è difficile. È così che è... sei morto e sei venuto qui da me.>>




Un brivido mi fa accapponare la pelle, nel sentirlo pronunciare quelle parole con quell'insulso sorriso stampato sulle labbra.




<< Come puoi dire... certe cose... con tutta questa leggerezza...>> dico con un tono di rimprovero, mordendomi il labbro inferiore.

<< Che altra scelta abbiamo, Ken, altrimenti?>>



Kuroo si allontana, andando ad accostarsi alla finestra, appoggiandosi con la spalla al muro.

Ci rifletto un momento, mentre osservo la sua silhouette alla finestra e il suo viso concentrato attraverso il riflesso del vetro.

Ha ragione.
Non esiste un'alternativa, non a questo punto.

Non si possono vedere le cose da una prospettiva diversa e non si può di certo tornare indietro, come se fosse un videogame, ripartendo dall'ultimo salvataggio.

È sempre stato così nella mia vita: quando qualcosa precipitava, benché lo desiderassi con tutte le mie forze, il respawn di un nuovo e migliore tentativo, non è mai avvenuto.

Potevo solo stringere i miei pugni, attorno la mano calda di Kuroo, e tirare dritto con un nuovo ricordo doloroso da dover processare e, qualora fossi stato particolarmente fortunato, dimenticare.




<< Che cosa sei?>> chiedo infine.

<< Io sono i tuoi ricordi di Kuroo. In pratica sono tutto quello che abbiamo vissuto, condiviso, detto e fatto che tu custodisci dentro di te.>>

<< Tu... tu che cosa?>>




Sento il cuore saltarmi un battito.




<< Sono una proiezione di me, che vive dentro di te. Non sono male, anzi, credo di essere venuto abbastanza bene, non credi?>> risponde lui, voltandosi e allargando le braccia per lasciarsi osservare meglio.




Ogni centimetro di lui mi urla di essere Kuroo, ogni parte di lui è estremamente somigliante a quello che dentro la mia testa è l'effettivo Kuroo Tetsurō.

Con l'unica sottile differenza, che non lo è.




<< Io... io non lo so. Tu sei nei miei ricordi di Kuroo?>> chiedo, continuando a far vagare i miei occhi su ogni ritaglio che riesco a scorgere.

<< Circa. Io non sono nei tuoi ricordi... io sono i tuoi ricordi di Kuroo. Sono quel che sono, non è importante che ci pensi ora.>> risponde lui, annuendo con fare serafico.




La serenità della sua espressione infonde un minimo di sicurezza anche dentro di me, che di conseguenza al suo gesto, mi ritrovo ad annuire anch'io.

Rimaniamo in silenzio solo per quelli che mi sembrano un altro paio di minuti, il tempo necessario per Kuroo per continuare ad osservare qualcosa dalla finestra.

Dopodiché si volta e mi fa segno di avvicinarmi.



<< Vieni.>> mi chiama.




Una strana sensazione mi fa esitare e mi tiene inchiodato sulla sedia.

Deglutisco senza effettivamente che abbia della saliva da dover mandare giù, Kuroo nota la mia titubanza e mi rinnova l'invito a raggiugerlo alla finestra.




<< Vieni dai, non avere paura... voglio solo che ammiriamo il panorama insieme.>> mi dice mettendo su un'espressione delicata e affettuosa.




Alla fine, cos'ho da perdere?

Tutto quello che potenzialmente era prezioso per me, me lo sono tolto con le mie stesse mani, ed essendo che non credo avrò modo di uscire mai da questa stanza bianca e claustrofobica, tanto vale godermi la compagnia di Kuroo finché dura.

Lentamente mi alzo, e con passi incerti mi vicino a lui, il quale mi mette subito un braccio intorno le spalle.




<< Ti farà stare meglio.>> bisbiglia piano, più a sé stesso che a me, anche se riesco comunque a udirlo.




Osservo il suo viso che sorride guardando fuori dalla finestra e con un estremo slancio di coraggio, mi convinco anche io a dare un'occhiata.

Il panorama che s'estende davanti ai miei occhi non è il solito panorama che si vede dalla finestra della stanza di Kuroo.
Anzi, a dirla tutta, non è neanche il panorama che ti aspetteresti di vedere in una cittadina come Inagi.

I miei occhi catturano la meraviglia di ogni singolo colore e di ogni scintillio davanti a loro.

Alte montagne sullo sfondo, di una tonalità di blu che si vede solo nei libri, interrompono la linea perfetta dell'orizzonte calmo.
Sono enormi, punteggiate di neve che non vuole sapere di sciogliersi, nonostante la bellissima giornata di sole all'esterno.

In un secondo piano, le montagne lasciano spazio ad un bosco verde, splendente come mille smeraldi in un reticolo di luci che si rifrangono tutt'intorno.

Le chiome rigogliose vengono carezzate con dolcezza da una brezza tiepida, che ne scuote piano le cime, lasciando il resto imperturbato.

Ma la vera meraviglia di quel panorama è l'ultimo elemento, quello che forse riflette meglio il mio stato d'animo.

Le montagne s'affinano fino a diventare un litorale e poi una costa ed infine dei semplici granelli di sabbia dove s'infrangono senza sosta delle onde di un mare dello stesso colore del cielo.

Un colore terso, limpido, puro ed imperturbabile s'estende a perdita d'occhio in un mare placido.
La luce gioca sullo specchio d'acqua, rincorrendosi in mille sfavillii dai colori dell'arcobaleno.


Tutto ciò è semplicemente un balsamo per il mio sentirmi inquieto di poco fa.


Mi lascia a bocca aperta e m'infonde un senso di pace, e mi porta a pensare che alla fine le cose siano al loro giusto posto e che diversamente da così non potevano essere.

Mi sento catapultato, con il solo sguardo, in quel mare tranquillo dall'aspetto tanto serafico quanto quello di Kuroo alle mie spalle, che mi culla nelle sue acque tiepide.
Mi sento trasportare dalla corrente senza mai lasciare davvero la riva sicura nella quale sono approdato.

Il mio fiato fa la condensa sul vetro che riflette le immagini di me e Kuroo, ancora stretti l'uno con l'altro.




<< Andrà tutto bene da questo momento in poi, Ken.>> mi sussurra, chinandosi al mio orecchio.




Io lascio un ultimo sguardo a quel mare limpido e mi convinco, che alla fine, lui abbia davvero ragione.

Andrà tutto bene, da questo momento in poi.




*Qoph: diciannovesima lettera dell'alfabeto fenicio ed ebraico. Nella cabala ha diversi significati tra cui:
-Nome di Dio
-Ascia bipenne (usata nella mitologia per decapitare con un solo colpo)
-Contenitore di un liquido (in mitologia dell'elisir dell'immortalità.)
-Nuca che sorregge il capo.
-Viaggio ultraterreno nel mondo degli Inferi e capacità di uscirne illesi (poiché scende al di sotto del piano orizzontale dov'è tutte le altre lettere poggiano.)

Diversi altri ma in particolare indica la ciclicità dei legami.
L'origine dei legami, la capacità di legare e collegare in modo stabile e duraturo tutte le cose.
Rappresenta il collegamento tra il mondo "interiore" e quello "esteriore"

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