Capitolo 41 - Altre cose e amore.
17 Novembre, Tokyo.
Kuroo's POV
Ho fatto un sogno.
Ho fatto un sogno di quelli che non hanno nulla di vero, di concreto e di reale al loro interno.
Ho fatto un sogno o forse ho immaginato tutto ad occhi aperti.
Non so bene come definirlo.
Non so quando ho iniziato a fare sogni così poco consistenti e significativi, di solito le uniche cose che sognavo, e che al mattino successivo riesco a ricordare, sono sprazzi della giornata già vissuta.
Ho sempre fatto sogni estremamente pratici e molto poco irreali, che forse per qualcuno possono suonare noiosi e tristi, ma a me è sempre andato bene così.
Mi hanno sempre dato una sorta di effetto placebo, infondendomi calma, che le cose continuassero a scorrere pragmaticamente anche dentro la mia testa quando mi abbandonavo al mio inconscio.
Era rassicurante, per certi versi, vedere che anche nei sogni le cose fossero ancora immutate, come nella realtà.
Però mi spaventa la sensazione, di chiudere le palpebre e di vederlo scorrere ancora ed ancora, quel sogno irrealistico.
Ho fatto un sogno che non si poteva afferrare, che mi fluiva attorno impalpabile ed inconsistente.
Ho fatto un sogno in bianco e nero, senza odori, senza suoni, senza gusti: era tutto vuoto e triste, come una vecchia pellicola cinematografica, ingiallita per il passare del tempo.
Un film muto che veniva proiettato solo dentro la mia testa e che mi mostra un futuro lontano.
È una sensazione terrificante, quella di ritrovarsi bloccati in un futuro che vorresti scongiurare, ma che diventa inevitabilmente il tuo presente.
E non ci puoi far niente, puoi solo restare a guardare paralizzato dalla paura, mentre lasci che quel sogno vago e confuso metta le radici, e diventi a poco a poco sempre più chiaro e logico.
Ho fatto un sogno che sembrava uno scenario impossibile, nonostante fosse terribile e incredibilmente triste.
C'ero io, in piedi in riva al mare, in una giornata caldissima d'estate.
Il cielo era terso e limpido, senza neanche una singola nuvola che intaccasse quelle pennellate azzurre della volta che avevo sopra la testa.
Mi veniva da ridere, per non so bene quale motivo.
La sensazione di formicolio della gola che solo una sana risata produce, continuava a farmi vibrare le corde vocali, invitandomi a cedere a quella risata.
Eppure la mia voce non la sentivo.
Non sentivo la brezza calda del mare, l'odore di salsedine e l'acqua fresca sfiorarmi le punte delle dita dei piedi.
Sentivo solo che dovevo liberarmi di quella risata, sfogarla con tutto me stesso, lasciarmi andare e ridere.
Di cuore, più che di testa.
In quel sogno ero pesante, inchiodato a terra, che per un momento ho pensato che se mi lasciassi andare davvero a quella sensazione di innaturale ilarità, sarei sprofondato, come inghiottito dalle sabbie mobili.
Ho fatto un sogno, in cui stavo con i piedi immersi nell'acqua fresca del mare, di una giornata soffocante ed estiva.
Ho fatto un sogno in cui ero da solo, senza che il mondo intorno a me producesse alcun rumore.
Era tutto addormentato, o forse per fino morto.
Ma come poteva essere così, se il panorama attorno a me era bellissimo?
Come potevo sentirmi in preda alla più genuina disperazione, se le corde vocali mi stavano implorando di ridere?
Non c'era nulla per cui ridere, anzi avrei addirittura voluto piangere, nel modo più violento e disperato che io conosca.
Ho fatto un sogno, dove da qualche parte c'era qualcuno che mi stava aspettando.
E sono sicuro che quel qualcuno fosse Kenma.
Anche se non potevo vederlo, sentirlo o in qualche modo percepirlo, nel mio sogno ero certo che lui mi stesse aspettando.
Sapevo che dovevo andare da lui, che dovevo raggiungerlo eppure restavo inchiodato con i piedi nella sabbia, schiacciato da una pressione insistente.
Volevo dirmi di muovermi, ma non riuscivo a pensare.
Volevo dare un passo verso la direzione in cui sentivo di dover andare, ma non riuscivo a farlo.
Dovevo andare, eppure restavo immobile.
Kenma stava aspettando, ed io lo stavo ignorando seppur dentro di me avessi solo voglia di correre da lui.
Non so da quanto tempo mi stesse aspettando, ma sentivo che stava per esaurirsi.
Ho fatto un sogno in cui avrei dovuto raggiungere Kenma, in qualunque luogo si trovasse, ma sono rimasto immobile, impietrito, con la voglia di ridere nonostante non ci fosse niente per cui farlo.
Avevo paura, una paura viscerale che mi faceva contorcere le budella.
Eppure ridevo, con tutto me stesso, nell'osservare l'orizzonte.
Tutto taceva intorno a me, tutto sembrava cristallizzato in un bozzolo che il Tempo stesso aveva tessuto.
Finché non ho visto Kenma lanciarsi in mare, passandomi di fianco.
Avrei potuto afferrarlo se non fossi stato pietrificato, avrei potuto chiamarlo se non fossi stato paralizzato.
Avrei potuto farlo venire da me, se non avessi avuto quella stupida risata a riempirmi la bocca.
Lui corse in acqua, si gettò senza pensarci, e prese ad affogare.
Non c'era tempesta, non c'era niente.
C'era solo Kenma che stramazzava in acqua, che moriva davanti ai miei occhi e tutto quello che io riuscivo a fare era ridere.
Mi svegliai, che Kenma era morto affogato, ed io ero rimasto immobile, ridendo di me stesso e per averlo abbandonato al suo destino.
<< Che cos'è successo?!>>
La mia voce suona affannata, quasi come un sibilo pronunciato a denti stretti per la fatica.
Gli occhi sono ridotti a delle fessure, per lo sforzo di aver corso 40 minuti di camminata in soli 15.
Il petto mi si abbassa e alza ritmicamente, mentre mi piego sulle ginocchia per riprendere fiato e mostrarmi con un certo tono e contegno, davanti al personale che mi accoglie nuovamente sulla porta della struttura.
Il sapore metallico del sangue mi rende la bocca amara, trasformando in un fiele velenoso anche la mia stessa saliva.
Quand'è che ti sei svegliato?
Quand'è, in quell'ora che abbiamo trascorso assieme che hai deciso di svegliarti?
Il viso allarmato dell'infermiera mi scorta fino alla tua camera, ancora una volta.
Sento le ginocchia tremarmi, molli come budini, ad ogni passo che infilo uno davanti all'altro, nuovamente per quel corridoio silenzioso che puzza d'anestetico.
Ci sono diverse figure riunite intorno a te, che sei immobile esattamente come ti avevo lasciato 40 minuti fa.
Sento le lacrime destabilizzarmi nuovamente; non riuscirò mai ad abituarmi all'immagine di te in questo modo.
Vederti è sempre un rinnovo del mio senso di colpa, della mia arroganza e del mio essere un essere umano ingrato.
Gli esseri umani sono esseri avari, lussuriosi, peccaminosi sotto tutti i punti di vista e bramano con tutte le loro forze ciò che non hanno.
I soli bramano l'amore.
I poveri bramano la ricchezza.
Gli stolti bramano la felicità.
I saggi bramano la conoscenza.
Serbano desideri oscuri nei loro cuori, gli esseri umani.
Si nascondono dietro una facciata di perbenismo e di etica morale ferrea, ma la verità è che sono tutti marci e decomposti come cadaveri, dentro.
Tutti, nessuno escluso.
Anche io.
Io che bramavo l'unica persona al mondo che non avrei dovuto avere.
Io che desideravo farla mia, senza neanche riuscire ad ammettere i miei sentimenti a me stesso.
E quando ho capito che non potevo averla come volevo io, quando sono stato messo davanti alla realtà che quella persona poteva anche fare a meno di me, io ho peccato.
Io ho commesso il peccato più infimo di tutti: io l'ho distrutta quella persona.
Perché sono un essere umano viscido come tutti gli altri, che anche se mi confondo tra la folla, il fetore del mio animo provocherebbe la nausea a chiunque.
L'amavo, lo desideravo, lo volevo incatenare a me per sempre, volevo renderlo bisognoso di me e volevo che si sentisse debole.
Volevo che si sentisse in mia perenne necessità, volevo che mi appartenesse con ogni fibra del suo corpo e con ogni antro della sua mente.
Lo volevo mio.
Ed invece l'ho distrutto.
E quando mi resi conto che lui era l'unica persona che non avrei mai dovuto toccare, che avrei dovuto continuare a proteggerlo senza cercare di renderlo schiavo, realizzai che quello debole ero io.
Che andavo in giro con spavalderia, solo perché c'erano i suoi occhi a guardarmi e a farmi sentire in grado di poter fare qualsiasi cosa.
Ero io quello che avevo un disperato bisogno di lui, ero io quello che dipendeva da lui.
Eppure, ben consapevole che avrei dovuto renderlo forte e farlo scegliere liberamente, io l'ho abbandonato.
L'ho ferito e mi sono chiuso la porta di casa sua alle spalle.
E dopo che l'avevo reso debole, cosa potevo aspettarmi che facesse?
Cosa potevo aspettarmi di trovare, una volta varcata quella soglia?
L'ho amato in segreto, nascondendolo anche a me stesso, per tutti questi anni, fino a renderlo l'unica cosa bella della mia vita.
E gli uomini le cose belle le desiderano, le bramano e sono disposti a sporcarsi l'anima pur di averle.
Ma ogni volta che le cose belle illudono gli uomini, gli uomini le distruggono le cose belle.
Le annientano.
Le polverizzano.
Le abbandonano.
Ed io così ho fatto, quando sapevo dentro di me che l'avrei pagata cara, quella egoistica manifestazione della mia arrogante essenza da essere umano che desidera una cosa bella.
Ed i sensi di colpa non mi abbandonano da quel giorno.
Mi consumano in silenzio, certi giorni più velocemente di altri, che mi dico che alla fine morire di questo sarebbe anche una morte piacevole, essendo che la condanna di una vita senza Kenma, è qualcosa che non riesco neanche ad immaginare.
<< Kuroo Tetsurō?>> mi chiedono, non appena si accorgono della mia presenza.
Vedere tutta questa gente in camice trafficare attorno al tuo letto, mi mette uno strano senso di oppressione.
Temo che dopo la buona notizia sentita per telefono, le cose possano precipitare da un momento all'altro, ed io non potrei sopportarne la vista.
Anche se sarebbe il giusto contrappasso per averti deluso ed abbandonato, ma non credo che potrei reggere, se accadesse ora proprio davanti ai miei occhi.
Annuisco tremante, mentre mi fanno cenno di avvicinarmi.
<< È stato contattato telefonicamente in quanto è stato registrato come secondo contatto, nell'after care del paziente. Essendo ancora minorenne sono stati contattati per prima i suoi genitori, che trovandosi all'estero hanno fornito l'autorizzazione necessaria per contattare la seconda persona della lista, ovvero lei.>>
"Non m'interessano queste cazzate.
Non m'interessa niente al di fuori di come stia lui..."
<< Avvicinati.>> dice la stessa infermiera che mi ha accolto all'ingresso.
Deglutisco, e lentamente e mi faccio spazio.
La freddezza con cui ti trattano, mi incute un certo senso di terrore anche se non so bene spiegare il perché.
Sarà perché non riesco a staccarti gli occhi di dosso, nel riuscire a guardare le tue iridi dorate dopo otto settimane, che mi sembra essere passata una vita in verità.
Sarà che mi bombardano di informazioni che non sento neanche.
Sarà che ho ancora paura di vederti morire davanti ai miei occhi, un'altra volta.
<< Non avere paura.>> mi sussurra un'altra donna, una più grande che dovrebbe stare circa sulla cinquantina.
Io annuisco, anche se bianco come un lenzuolo, non riesco a convincere nessuno.
<< Se non te la senti puoi uscire, non preoccuparti... ma per lui sarebbe importante sentire la tua voce.>> continua lei, mettendomi una mano sulla spalla.
Annuisco ancora.
Vorrei scappare lontano, ma m'impongo di restare, di lottare contro tutte le mie paure e le mie insicurezze.
Che anche se ho appena compiuto 18 anni, alla fine resto pur sempre un bambino impaurito che vorrebbe solo nascondersi dietro la gonna della propria madre.
Queste otto settimane senza di te, mi hanno fatto capire quanto poca importanza io dessi alla vita.
Alla mia, alla tua, a quella di tutti in generale.
La psicologa mi sta aiutando a mettere alcuni puntini su quelle i che avevo nascosto nel mio armadio, mi sta mostrando le cose da una prospettiva nuova ed io, apaticamente, obbedisco.
Ho imparato che per crescere non serve l'età, bensì l'esperienza e questa cosa che stiamo vivendo assieme, mi ha fatto crescere più velocemente di quanto immaginassi.
E quindi stringo i miei pugni, mentre tremo come una foglia, e mi dico mentalmente che non ti avrei mai più abbandonato.
<< Il paziente, in questo stadio verrà sottoposto ad una prima esaminazione sotto stimoli visivi luminosi, è importante che senta la voce di qualcuno che possa riconoscere, per questo sei stato chiamato.>> mi spiegano meccanicamente, mentre accendono una piccola torcia a led, dalla luce giallastra.
La luce inizia ad oscillare, davanti agli occhi leggermente aperti di Kenma, metodicamente da destra a sinistra.
Tutti restano in attesa, in silenzio, per scorgere anche il minimo vibrare e reagire a quello stimolo.
Dentro di me prego.
Prego ancora una volta, qualsiasi tipo di Dio sia in ascolto in questo momento.
Mi aggrappo alla fede, che qualcuno più in alto di me possa avere il potere di volgere le cose per il meglio, abbandonando ogni fondamento di scienza.
La scienza diceva che dopo otto settimane saresti dovuto morire.
Ed invece la fede ti ha fatto aprire gli occhi, il giorno esatto del mio compleanno.
E se questo è il destino, o il manifestarsi di una volontà superiore, io proprio non lo so e neanche m'interessa capirlo adesso.
Per adesso, mi limito a seguire questo flusso ciecamente come fosse un dogma, piegandomi al volere dell'universo e di chi l'ha creato.
Le pupille di Kenma si dilatano e si restringono non appena vengono investite dalla luce, anche se per un primo momento non succede nulla.
Ma poi, proprio mentre sento il cuore in procinto di uscirmi dalla bocca, si scorge un movimento così impercettibile che credo di essermelo immaginato.
Invece l'equipe medica lo registra, e tutti mi esortano a chiamare il tuo nome mentre piano inizi a seguire quella fonte luminosa che si sposta da destra a sinistra.
E la seguo anche io, così come forse la stai vedendo tu, la guardo anche io, che anche se sei intrappolato dentro te stesso alla fine il nostro legame riesce ad abbattere anche questa barriera.
Non posso fare a meno di berle le mie lacrime quando vedo chiaramente che la luce la stai seguendo davvero.
Che la vedi, ovunque tu ti sia andato a rintanare, quella luce.
Tu la vedi.
Mi volto a guardare sconvolto il viso dell'infermiera vicino a me, che dolcemente mi sorride e mi sussurra di chiamare il tuo nome.
Ed anche se ho paura che tu la mia voce non abbia voglia di sentirla, io prendo un profondo respiro:
<< K-Kenma...>> dico piano.
Resto in silenzio.
Tutti restano in silenzio.
Cos'è che dovrebbe succedere esattamente?
<< Non preoccuparti ragazzo, è normale che non reagisca subito, continua a provare.>> mi esorta gentilmente la donna sulla cinquantina.
<< Cosa...>> balbetto, cercando di contenere le mie lacrime, seppur invano.
<< Una reazione a questo stimolo, potrebbe essere qualsiasi cosa... un movimento involontario della mano o di un piede...>> mi spiega pazientemente.
Deglutisco ed annuisco, nonostante io senta la gola andarmi in fiamme.
<< Kenma...? Kenma...>> riprovo.
Non succede niente, ancora una volta, se non quel seguire muto della luce.
Mi dico che va bene così, che è già un qualcosa di straordinario e che non serve spingere troppo.
Mi dico che sono stato già abbastanza ricompensato, dal Dio che sto pregando, perché sono riuscito ad assistere ad una prima reazione dopo otto settimane di statica immobilità.
Mi dico che sono fortunato.
Mi dico che va bene così.
Ma io essere umano avido di cose belle, io che bramo le altre cose e l'amore, non riesco a rassegnarmi e rassenarmi.
Io lo voglio vedere quel qualcosa che il suono della mia voce produce.
Perché sono marcio, perché puzzo di buoni propositi nascosti dietro una valanga di perversioni.
La voglio questa cosa bella.
La desidero, la esigo, la pretendo.
<< Kenma! Kenma puoi sentirmi?>>
È rapidissimo, un movimento simile ad una scarica elettrica che attraversa rapidamente le dita immobili di Kenma.
Lo avranno visto anche gli altri?
Sarà successo davvero o l'ho solo immaginato?
Il cuore prende a battermi furiosamente nel petto e mi lascio prendere dall'euforia.
C'è stato.
Quel qualcosa, quel movimento, quella risposta al suono della mia voce, io so che c'è stato.
Vorrei sprofondare adesso dentro al pavimento, se fosse possibile.
Vorrei urlare, correndo a perdifiato fino a casa di mia madre.
L'abbraccerei forte e dopo otto settimane di tormento, vorrei mostrarmi a lei felice.
Felice di viverla la vita, nonostante sia tremendamente ingiusta e dolorosa.
Felice di averle fatte quelle scelte, anche se sbagliate.
Felice di aver amato, anche se in luoghi e tempi diversi, qualcun altro oltre che me stesso.
Vorrei farle vedere come m'illudo di speranza, davanti alle cose belle, senza distruggerle.
Vorrei mostrarle che ci credo in certe cose, che sono riconoscente ad altre.
Tutti parlano tra di loro, dicendo che le condizioni di Kenma sono stabili, che risponde benissimo agli stimoli visivi e che sembra quasi un miracolo.
"È merito mio."
Vorrei dire.
È merito mio che ho pregato con tutto me stesso, ed alla fine sono stato esaudito.
È grazie a me, che credevo nel Tutto e nel Niente, e che alla fine ho accantonato ogni preconcetto ed ogni convinzione, per ritrovarmi a pregare con il cuore in mano.
Che ci sono riuscito, che mi hanno ascoltato gli dèi che ho pregato e che alla fine hanno deciso di esaudire il mio desiderio, nonostante io non sia altro che un ragazzo qualsiasi nella moltitudine di Tokyo.
E non lo so se le mie preghiere hanno avuto un peso diverso, rispetto a quelle degli altri.
Non so come sono rintoccate alle orecchie degli dèi che ho pregato.
Non m'interessa saperlo, mi basta sapere che sono state esaudite e che, nonostante io sia ancora lo stesso egoista di sempre, abbiano scelto me gli dèi piuttosto che qualcun altro.
Faccio qualche minuto di pausa e nel mentre mi fanno sedere su quella poltrona della tua camera, mi portano un bicchiere d'acqua e mi dicono che andrà tutto bene.
Stranamente, benché io sia entrato tremante dei dubbi opposti, adesso sento di potermi lasciar andare e di crederci.
Forse non è poi così male, il suono che fa quell'attimo in cui ti convinci che le cose andranno per il verso giusto.
Forse anche per qualcuno cinico ed arido come me, è un sollievo crederci.
Mentre mi crogiolo nel brodo tiepido dei miei pensieri ricolmi d'ottimismo, qualcuno continua a far oscillare quella luce.
Mi fanno un cenno di riprovare, di provare a parlare nuovamente, prima che per stanotte ti lascino riposare.
Ma quanto stanco puoi essere, Kenma, se alla fine stai dormendo da otto settimane?
Una parte di me conosce la risposta.
Proprio perché eri estremamente stanco che alla fine hai deciso di addormentarti così a lungo.
Ma la ricaccio subito indietro.
Non ne ho la forza di gestirla adesso.
Mi rialzo che mi gira la testa, ma alla fine riesco a reggermi in piedi ugualmente.
Un'ultima volta, mi dico.
Chiamalo un'altra volta.
Fagli sentire che ci sei, un'ultima volta.
Chiedi perdono, mentre chiami il suo nome, nella speranza che riesca a sentirti.
Dimostragli che ci sei, che non l'hai abbandonato e che non l'abbandonerai più, che anche se sei stato un codardo in passato, la vita ti ha concesso la sfortuna sfacciata di una seconda chance.
Ed io non resterò inchiodato al pavimento come nel mio sogno.
Non lascerò che Kenma mi passi accanto ed io abbia i muscoli pietrificati dalla paura.
Non lo lascerò annegare davanti ai miei occhi.
Io non starò fermo a guardare, io mi tuffo.
Mi lancio e lo seguo, andando a capofitto fino in fondo, dovunque lui voglia.
Perché è a lui che penso incessantemente da una vita:
È a lui che ho scelto di consacrare tutto, e adesso so cosa devo fare per non perderlo.
So come devo prenderlo e so cosa devo dire, e nonostante io mi odi dal profondo del mio cuore e non riesca a perdonare me stesso, io ho bisogno per trovare la mia pace all'inferno che mi aspetta, di stringerlo nuovamente tra le braccia.
Anche se dovesse essere l'ultimo desiderio che esprimo prima di lasciare questo mondo, anche se mi dovesse venir negato, io non smetterei di provarci.
Non ti chiedo di perdonarmi Kenma.
Non ti chiedo neanche di amarmi.
Ti chiedo solo di avere pietà di me, che sono solo un uomo che desiderava una cosa bella e che l'ha distrutta.
Prova pena, che mi sono firmato la dannazione eterna dell'anima da solo.
Poiché se so che per un momento mi hai guardato con dispiacere, per gli errori ed i peccati che ho commesso, allora tutto mi sembrerà più lieve.
E quindi abbi pietà di me Kenma, anche se ti ho fatto il torto peggiore di tutti, ti prego di avere pietà di me.
Svegliati e compatiscimi, ripudiami e odiami, ma ti prego svegliati.
Ti prego torna da me.
<< Kenma... riesci a sentirmi?>>
In quel momento, mentre spengono la luce della torcia ed annotano qualcosa sulle loro cartelle, io vedo come alcune dita della sua mano destra sussultino.
<<Si... si è mosso!>> urlo, in preda al panico ed alla gioia.
Tremano, per un brevissimo istante come percorse da una scarica elettrica.
Le vedo scuotersi, di poco.
Tutti le vedono muoversi appena, con una rapidità disumana in un lasso di tempo appena accennato.
Stai tornando Ken?
Hai finalmente deciso di esserti stancato di star sognando qualsiasi cosa tu stia vedendo?
Mi porto una mano tremante sulla bocca e mi ritrovo sul pavimento, nel giro di qualche secondo, mentre singhiozzo come il bambino codardo e capriccioso quale sono.
Forse sei tu il Dio magnanimo che sto pregando, Kenma perché mi hai concesso di vederti mentre lentamente torni indietro.
Mi hai concesso di trovare sollievo dalle mie colpe per un attimo.
Ti ho chiesto di compatirmi e l'hai fatto.
Ti ho chiesto di tornare da me, oggi che compio gli anni e lo hai fatto.
E lo vedo chiaramente l'amore, mentre mi sento morire, sotto le palpebre finalmente dischiuse, nel ricordarmi di quel rapido movimento che ti ha scosso la mano al suono della mia voce.
E lo vedo Dio, mentre la neve che sta cadendo questa sera, si deposita sul mio animo sporco ed impuro, quando sento che esaudisce le mie preghiere nonostante tutto.
E lo vedo chiaramente il mare, mentre sento che riesco a smuovermi dalla riva, che posso tuffarmi in quelle acque cristalline per salvare Kenma dal suo destino.
Tutto esplode intorno a me, e vengo investito da una ingente quantità di sensazioni che credevo non sarei più stato in grado di provare.
Ripenso al mio sogno e sento il suono della mia risata, mentre mi sento pronto a raggiungere Kenma in acqua; sento la brezza calda di quella giornata estiva, sento il tepore del sole, sento l'acqua fredda ed il pungente odore di salsedine.
Ho fatto un sogno, che parlava di sensi di colpa e di inettitudine.
Ho fatto un altro sogno, che parlava di altre cose e amore, ma alla fine in questo un poco alla volta riuscivo a non farti morire trascinato dalla corrente.
Angolo autore:
Ciao Stelline✨
Eccomi qui, sempre in ritardo, ma ormai forse vi siet* anche abituat* non è così?!
SCHERZI A PARTE, è stato un periodo molto movimentato, e come forse avrete notato dal mio Instagram (per chi ha la sfortuna di seguirmi su Instagram) ho passato una settimana FURIOSA.
Si perché ho avuto un'amica ospite in casa, e tra le uscite, le mangiate e le chiacchierate fino all'alba, ORA SONO COTTA.
Io non ce l'ho più l'età per fare certe cose T_T
Voi come state?
Come avete passato queste settimane?
Siete andat* al mare?!
Fatemi sapere!!
Eccoci con altri 2 capitoli.
Si da questo momento in poi usciranno sempre a due a due ( cosa che mi richiede molto più tempo per revisionare, ma va bene così! )
È necessario che escano in questo modo,
poiché come sicuramente avrete notato c'è una certa specularità.
ORA, vi prego come sempre di non scrivere nei commenti il PERCHÉ ( sia di questo come degli * d'inizio) poiché non tutti magari hanno avuto la stessa intuizione.
Lo so, è un po' seccante, però qualora ne voleste parlare io sono aperta a rispondervi in DM!
Così non si rovina la lettura di nessuno e siamo tutti felici❤️
Comunque, come vi sembrano?
Vi torno a chiedere:
SI/NO?
Siamo alla fine... siamo davvero alla fine ed io sono già depressa.
Quanto manca?
Non so, all'incirca altri 4/6 capitoli ( considerando sempre che escono 2 alla volta), quindi siamo proprio agli sgoccioli.
COSA NE FARÒ DELLA MIA VITA POI?
Lasciatemi un momento per essere drammatica.
Okay bene.
Ovviamente il calderone della mia mente è sempre pieno, e chissà, magari ci sarà una riunione di cervelli in futuro...
CHI LO SA!
Vi invito come sempre a portare un po' di pazienza, poiché ci sono ancora tante cose carine che devono vedere la luce!
Mi sono dilungata come a mio solito.
Vi lascio un bacino.
❤️
Lavienne
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