Capitolo 4 - Legame d'ansia.
Settembre, Tokyo.
Kenma's POV
Sento Kuroo correre giù per le scale, fino a quando i suoi passi pesanti e rabbiosi non svaniscono del tutto, lasciandomi immerso in un silenzio opprimente.
Tremo, violentemente.
Resto inginocchiato a terra, osservando un punto impreciso della pavimentazione.
Il mio respiro è affannoso.
Il sangue colato dalla narice sinistra, ha macchiato la mia console, le mie mani ed il pavimento chiaro di legno.
Deglutisco con forza, nonostante sento la bocca completamente asciutta.
Le tempie pulsano dal dolore incessante, impedendomi di realizzare quanto appena successo.
Con la maglietta cerco di tamponare il mio naso, il quale fa più male di quel che pensassi.
Guardo la mia Switch sulle mie ginocchia: completamente a pezzi.
Provo ad accendere invano lo schermo, che però, non da nessun segno di vita.
Tremante di esitazione estraggo la cartuccia di DragonQuest XI.
La osservo, sembra non abbia subito danni.
Me la infilo in tasca.
Poggio la console sul tavolo e prendo dal congelatore una busta di piselli congelati.
Lentamente cerco di avvicinarla al mio naso, ma il dolore è davvero insopportabile.
"Fanculo Kuroo... Fanculo tutti... FANCULO MALEDETTO POLLO NERO."
Mi sento scosso da una rabbia e delusione incontenibili, che mi stringono la gola impedendomi di respirare.
Vorrei prenderlo a schiaffi, ma questo significherebbe vedere la sua brutta faccia nuovamente ed è una cosa che proprio non posso accettare di fare.
Prendo la mia console dal tavolo e la scaglio di nuovo a terra, con forza e collera.
Urlo, cercando di liberarmi da questo senso di oppressione che ho nel petto e mentre mi sfogo su quel piccolo oggetto tecnologico, ormai in pezzi.
Lo schermo si frammenta ancora di più, spargendo piccoli cristalli su tutto il pavimento.
La prendo a calci, spingendola fino al mobile dove è appoggiata la cuoci riso.
"Ti detesto Kuroo. Ti detesto con tutto me stesso. Detesto te, il tuo modo di fare, la tua rabbia e Rika. Detesto quella troia che non vedeva l'ora di essere scopata da te."
Incerta sulla soglia compare Zelda, la quale mi guarda impaurita, per i forti rumori ai quali non è abituata.
<<Scusa... sono solo esausto, micia... sono stanco.>>
Inizio a piangere, bloccato sul posto.
Disperato come un bambino che cerca la mamma in mezzo ad una folla di sconosciuti.
Vorrei solo vedere un viso familiare, in questo momento.
Vorrei che qualcuno mi dicesse:
"Andrà tutto bene."
Ed io vorrei essere ingenuo abbastanza da crederci.
Mi sento più ferito dal suo comportamento che dal fatto che abbia alzato le mani addosso a me.
Non era mai successo, in anni in cui siamo stati vicini, lui non mi aveva mai torto un capello.
Nonostante lo abbia istigato tantissime volte, nonostante a volte forse uno schiaffo sarebbe stato più che necessario.
<<Sei uno schifoso viziato.>>
Mi diceva.
E al posto di perdere la pazienza; prendeva un respiro, forse contava fino a 10 nella sua testa, mi diceva che ero viziato e riprendeva a fare quel che faceva di solito.
Non aveva mai perso il controllo in questo modo, davanti le mie provocazioni.
"Era inevitabile, prima o poi sarebbe successo."
Era un pensiero che di solito facevo.
Prima o poi sarebbe successo, e le cose tra di noi sarebbero precitate.
Uno come Kuroo faticava a stare dietro uno come me, ed ero inevitabilmente un peso per lui.
Era costretto a trascinarmi dovunque e questo, era un qualcosa che non poteva più perpetrare.
Mi sono illuso troppo a lungo che lui fosse ancora il tacito ragazzino delle scuole elementari.
Kuroo ormai era un uomo con desideri e bisogni molto diversi dai miei, molto diversi da quelli di un tempo.
Non mi aspettavo che sarebbe rimasto al mio fianco così a lungo, non mi aspettavo, però, neanche che decidesse di abbandonarmi così all'improvviso.
Poteva benissimo allontanarsi senza fare tutto questo frastuono.
Poteva dimenticarmi in un angolo, fingendo di non accorgersene e sarebbe andato bene ugualmente.
Invece ha scelto di tradire la mia fiducia.
Ha scelto di scaraventarmi al suolo come se fossi una pulce fastidiosa.
Mi ha preso e mi ha distrutto, così in un solo attimo di poca lucidità mentale.
"Sei spietato, Kuroo."
Scosso dai miei singhiozzi, nuovo passi instabili, cercando di sopprimere il senso di panico crescente dentro di me.
La solitudine, per quanto io l'abbia sempre sperimentata indirettamente, mi spaventa.
Non era mai troppo silenzioso con Kuroo, non era mai troppo buio.
Pensavo di non volerlo intorno, eppure la sua presenza fungeva da repellente per i miei profondi stati di depressione.
Ed invece adesso non vedo nessuna luce, nessuna via d'uscita.
Improvvisamente realizzo di aver avuto un assaggio del Kuroo di tutti i giorni, quello perverso e tentatore di cui tutte le ragazze si innamorano.
Lo vedi alla tua porta, che ti guarda e ti ammalia, e poi, ottenuto quello che vuole va via, senza guardarsi indietro.
Eccomi qui, proprio come se fossi appena stato violentato da lui.
Un attimo prima era qui, un attimo dopo è scomparso.
E dentro di me, so che non poserà più i suoi occhi su di me.
"Fanculo Kuroo. Spero tu possa marcire nella tua irrefrenabile arroganza."
Zelda miagola, impaurita, come non aveva mai fatto, cercando disperatamente di farsi prendere in braccio.
Le mie braccia non reggono.
<<Non riesco, non riesco a prenderti.>>
Le sussurro, passandole oltre, tenendomi una mano stretta al petto.
Non riesco a respirare e il mio cervello implora una tregua.
Il panico mi divora, l'inquietudine mi consuma.
Mi trascino fino al bagno a fatica, credendo che sarei morto d'infarto da un momento all'altro.
Apro con le mani ancora sporche di sangue il mobiletto a specchio, posto sopra il lavandino.
So che li dentro, nascoste dietro diversi prodotti per il viso ci sono i medicinali antidepressivi ed ansiolitici che prendeva mia madre.
Quando ero più piccolo mi incuriosivano quei flaconi colorati, che la mamma faceva di tutto per nascondermi.
Quando iniziò a viaggiare molto, assieme a mio padre, per lavoro, gradualmente smise di prenderli.
Ma c'è ancora un flacone, a lunga scadenza, nascosto nel bagno.
Qualche tubo cade, ma non mi preoccupo neanche di recuperarlo.
Prendo due di quelle pillole assieme ad un antidolorifico per lenire anche quelle lancinanti fitte che mi provoca il mio naso.
Mando giù con l'acqua del rubinetto.
"Devo solo attendere"
Cerco di dirmi, mentre mi trascino a fatica, sotto le coperte.
"Devo solo attendere e queste sensazioni svaniranno.
Devo solo attendere e i medicinali faranno il resto."
Mi sento un verme inutile, incapace anche di poter affrontare le proprie emozioni.
Non ho paura di chiedere aiuto ai farmaci quando ne sento bisogno, ma mi sento davvero uno stupido a star facendo questa cosa per colpa di Kuroo.
"Sei sicuro che colpa sia di Kuroo e non sia colpa tua, che sei irrimediabilmente patetico?"
Sono patetico e lo dice anche la mia stessa coscienza.
Estraggo tremante il cellulare da una tasca del pantalone.
Cerco di concentrarmi su altro, in attesa che questo attacco di panico si calmi.
Incerto, mi trovo ad indugiare nella chat di Shoyo.
"Vorrei che venisse qui... vorrei che venisse e vorrei anche non farmi vedere da nessuno in questo stato."
Kozume Kenma
"Sei in treno?"
Conosco già la risposta, so che partiva questa sera, eppure spero con tutto me stesso che dica che sia sulla strada di casa mia.
Passano davvero pochi secondi prima che Shoyo mi risponda.
Shoyo Hinata
"Si, sono in partenza."
Mi sento pervadere da una nuova ondata di tristezza.
Ho sperato davvero nell'impossibile.
Lo sapevo, eppure mi sono illuso che lui passasse nuovamente da casa mia.
Era un pensiero lieve, al quale stavo cercando di aggrapparmi, pur di sfuggire al mio mostro interiore.
Kozume Kenma
"Sarà strano vederti in campo senza l'alzatore.
Ma tu metticela tutta."
Scrivo, fingendo che questa fosse la mia sola motivazione dietro quel messaggio disperato.
Non posso chiedere aiuto a nessun altro.
La mia solitudine è solo mia.
Il mio supplizio è un qualcosa che non può sopportare nessun altro al di fuori di me.
Anche se mi ero illuso di poter trovare un porto sicuro, nell'amicizia con Kuroo.
In realtà io mi sbagliavo.
Kuroo è un mare in tempesta, nel quale è difficile navigare, figuriamoci attraccare una nave traballante come la mia.
Ed io, non mi avvicinerò più all'acqua.
Lentamente gli ansiolitici fanno effetto, calmando la mia agitazione, regolarizzando il mio respiro ed il mio folle battito cardiaco.
Sento il peso caldo di Zelda, salire sul letto e venire ad acciambellarsi vicino a me.
Vorrei accarezzarla e dirgli che ora sto meglio, ma non ne ho la forza.
Anche solo aprire la bocca mi sembra un grandissimo sforzo che non sono in grado di fare.
Mi sento scivolare in un sonno che non avevo richiesto, in uno stato di calma indotto.
Non riesco ad opporre troppa resistenza, poiché sono davvero stremato.
Mi lascio andare, chiudendo gli occhi, all'oscurità più completa.
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