Capitolo 36.2 - La Mamma.





*

Kuroo's POV

Avanti sorridi.

Sii felice.

Gioisci, abbraccialo e sii felice.

Forza, che stai aspettando, sorridi, cazzo.

Credo che dentro di me ci sia un blackout in corso.
Ogni muscolo del mio corpo è come congelato, sotto uno strato di pesante ghiaccio che mi affossa sempre di più.
Inerme e pietrificato, non riesco neanche a sentire il cuore battermi in petto.

Forse sono morto.
Forse è quello che vorrei in questo momento, non avere più la coscienza di me stesso e non dovermi preoccupare di fare una faccia che non rispecchia le mie sensazioni.

Sorridi, avanti.

Ci mettono un po', gli angoli della mia bocca a sollevarsi tremanti, in qualcosa che ha più l'aspetto di un ghigno malinconico che di un sorriso.

<<Ma questo... questo è inatteso, Kenma...>> sussurro, mentre lui continua a guardami con occhi lucidi in attesa di una qualche reazione da parte mia.

Non guardami così.
Non ce la faccio se mi guardi così.

Sto per deluderti Kenma.
Sto per infrangere le tue migliori intenzioni e speranze in un solo frangente.

Sono fatto così, non riesco a controllarmi e tu lo sai bene.

Mi chiedo solo se riuscirai a perdonarmi.

Anche questa volta.

Gli occhi di Kenma continuano a scrutare il mio viso, rapidamente, in cerca di non so bene che cosa.

O meglio, credo di sapere che cosa si aspetti di vedere:

Contentezza, sorpresa, meraviglia, gioia.

Dovrei essere felice che dopo un periodo di tempo indefinito, la madre del mio... qualsiasi cosa Kenma sia nella mia vita, abbia deciso di farsi viva.

In un giorno qualsiasi, di un periodo già di merda di per se, lei abbia deciso di tornare.

Deglutisco, provando a nascondere al meglio delle mie possibilità lo sgomento dentro di me.

In un momento qualsiasi, proprio quando credevo che le cose tra di noi stessero andando... eccola che torna a rovinare tutto.

No, non è colpa della madre di Kenma se le cose stanno andando a rotoli ultimamente.
Non è colpa sua, che Kenma è sempre più distante e spento nei miei confronti, non ha niente a che vedere con lei il fatto che lui non stia al massimo della forma da qualche tempo.

Ma allora perché questo disgusto e questo fremito di rabbia dentro di me?

Perché devo per forza odiarla quella donna?

Dovrei gioire con Kenma in questo momento, supportarlo e stargli accanto, per un avvenimento del genere: non è questo quello che ho sempre fatto nel corso di questi anni?
Non sono stato io sempre vicino a lui?
Nel suo meglio e nel suo peggio?
Non ho cercato di dargli un motivo, una scintilla ed una spinta quotidiana in tutte le cose che facesse nella sua vita?
Non ero io, forse, a rassicurarlo quando tutto precipitava?

Non c'ero io, accanto a lui, quando lei lo ha abbandonato?

Mordo il labbro inferiore, prendendo un piccolo respiro con la bocca, tornando poi a sorridere mentre mi mordo la lingua.

Dovrei essere felice, perché Kenma si aspetta questo da me, ed io non voglio deluderlo.

Ma mi è impossibile provare gioia o perfino compassione per quella donna.

Non provo niente, in realtà.

Che cosa dovrei provare?

Disgusto?
Per il modo in cui ha deciso di crescere un figlio?

Rabbia?
Per il modo in cui un bel giorno ha deciso di lasciarlo da solo, nonostante i suoi evidenti problemi di natura psicologica?
Problemi che, lei stessa gli ha creato?

Odio?
Per come abbia abusato di quello che era solo un bambino, lasciando che si radicasse in lui il senso di colpa ed il seme dell'inadeguatezza e del disagio?
Per come non sia stata una madre?

Forse provo tutto o forse non provo niente.

Quella persona, con il suo semplice apparire dal nulla, ha gli stessi effetti di un'eruzione vulcanica: letale e corrosiva.

Perché è così che ha sempre fatto, entra ed esce dalla vita di Kenma, lasciandolo sconvolto ogni volta.
E lui si aggrappa alla convinzione che se solo avesse fatto di più, se solo lui fosse stato diverso, allora lei sarebbe rimasta di più... lo avrebbe voluto di più... lo avrebbe amato di più.

Niente però, basterebbe per renderla soddisfatta: nessun cambiamento radicale, nessun tipo di amo incondizionato e fiducia cieca e devota.
Nessuno sforzo di Kenma, sarà mai sufficiente.

La verità è che quel demonio di donna non potrà mai cambiare, sarà sempre insoddisfatta e velenosa non importa quanto Kenma ci provi disperatamente.

Non importa quanto lui ci provi, lei allo sminuirà sempre, tenterà di affondarlo e di lasciarlo marcire nel fango tra i vermi.

Quando ho conosciuto Kenma non potevo immaginare, che cosa stesse vivendo.
Non potevo saperlo e non potevo capirlo.

Ero solo un bambino, così come lo era lui.

<< Kuro...>>
La voce di Kenma mi riporta alla realtà.

<< Ken, è davvero... come lo sai che è tornata?>> chiedo, non riuscendo proprio a pronunciare una sola parola di entusiasmo.

Kenma di asciuga le lacrime con il dorso della mano e si scosta leggermente da me.

<< Mi ha chiamato, dopo tanto tempo...>> sussurra lui.

Sbatto le palpebre un paio di volte, reprimendo il bisogno di urlare fortissimo.

<< Una chiamata? Ne sei sicuro...?>>

Forse la mia voce suona più dura di quel che volessi, così tanto che Kenma si infarcisce e fa un gesto improvviso per allontanarmi.

<< Perché me lo chiedi? Non ti fidi di quel che ti dico?>> sbotta, con un tono di voce senza particolari accenti.

Risulta piatto e glaciale, proprio come le sue iridi dorate puntate su di me.

Lo sapevo che l'avrei ferito.
Lo sapevo che l'avrei deluso... che avrei infranto il suo sogno ad occhi aperti.

Sono fatto così e non riesco a controllarmi, neanche se volessi.

Neanche se ci provassi.

<< Ma no Ken, non sto dicendo questo... solo che... È un po' strano, non credi?>> provo a dire.

Ma ormai è tardi.
Non serve più neanche che mi sforzi di sorridere.

<< Perché dovrebbe? È mia madre.>>

È la sua mamma.
La sua mamma che lo ha maltrattato per anni, che lo ha ridotto ad uno straccio e che lo ha abbandonato.

Che c'è di strano se dopo mesi e mesi, decide di chiamarlo e fargli sapere che è tornata a Tokyo?

Che c'è di strano, se il suo passaggio su Kenma avrà lo stesso effetto di un uragano?

È la sua mamma.

È la sua ossessione.

Sospiro.

<< Sto solo dicendo che...>>

<< Se non riesci ad essere felice allora non dovresti dire niente Kuroo.>> m'interrompe lui.

Tacere?

Dovrei imparare la virtù del silenzio, ne sono consapevole.
Ma forse non in questa vita.

Mi massaggio il ponte del naso, strizzando gli occhi.

Mi sono già spinto troppo in là o posso recuperare?

Pensa.

Pensa a qualcosa da potergli dire prima di scatenare un'altra lite come quella di qualche mese fa.
Pensa prima di agire.

Non lasciarti trasportare dalle tue emozioni.

Fallo per lui... se non riesci per te stesso.

<< Hai ragione, scusami, sono solo stanco... sono andato a correre presto questa mattina...>> dico, alzandomi dal letto.

Kenma non risponde, ma afferra il suo telefono ed inizia a giocare a qualcosa a giudicare dai suoni che il dispositivo produce.

Mi spoglio nel più completo silenzio, meditando su che cosa fare, senza che lui se ne possa risentire più del dovuto.

Se lui è felice...

Fintanto che lui è felice...

Non ci credo nei miracoli.
Non ci credo nei fatalismi del destino.

Non ci credo che lei questa volta si sia fatta viva per un motivo valido.
Non ci credo che lei sia cambiata.

Non ci credo che questa volta le cose possano andare differentemente.

<< Mi faccio la doccia e preparo la colazione... vabene?>> cambio discorso, rapidamente e spero anche efficientemente.

Kenma non risponde, continua a guardare lo schermo del suo telefono, con uno sguardo più perso nel vuoto che concentrato su quel che stia davvero facendo.

Esco dalla stanza che mi sento più di merda di quanto non mi sentissi quando ci sono entrato.

All fine decido di farmi un bagno, nella speranza che l'acqua calda possa aiutarmi a connettere tutto quello che è necessario che si connetta dentro di me, per risolvere la situazione nel modo migliore.

Mentre mi immergo nell'acqua calda della vasca, sento i miei muscoli rilassarsi e scaricare la tensione accumulata per la corsa e la discussione, tramite piccoli spasmi involontari.
Sento le spalle sciogliersi, così come l'addome e i polpacci.

Faccio scrocchiare il collo e lascio che le braccia penzolino fuori dalla vasca, appoggiando la testa contro il bordo e chiudendo gli occhi.

"Forse non avrei dovuto dirgli quelle cose. Per quanto io possa detestare quella persona... per lui resta pur sempre sua madre..."

"Si ma come puoi considerare una donna del genere come madre?
Se io non avessi avuto il supporto della mia famiglia, se non avessi avuto gli insegnamenti preziosi che i miei genitori mi hanno impartito da piccolo, non so che fine avrei fatto arrivato ad oggi."

"Forse neanche io sarei riuscito a disprezzare mia madre... certo non da piccolo, ma crescendo avrei sicuramente capito, e per quanto possa essere dura e amara la verità, l'avrei mandata giù."

Sospiro, passandomi una mano sulla faccia.

"Non so mai quale possa essere la cosa giusta da dire in questi casi. Non riesco a fingere e non riesco neanche a dirgli la verità di quel che penso.
Bell'ipocrita di merda che sono.
Ma che cosa dovrei fare?
Non serve a molto far ragionare Kenma, quando si tratta di lei..."

Sospiro nuovamente.

La verità è che sei geloso di lei.

No, non di nuovo.

Io sono il suo migliore amico, lei è sua madre.
Sono due sfere completamente disgiunte e che non troveranno mai un punto d'incontro.

Ma vorresti che ti guardasse con la stessa trepidazione con cui aspetta una chiamata da parte sua.

No, questo non è...

Vorresti che fosse dipendente da te, come lo è da lei.

Ma come potrei volere una cosa del genere...

Vorresti abusare di lui, renderlo schiavo delle tue voglie e desideri, piegarlo secondo la direzione del tuo vento...

Non potrei mai... non gli farei mai del male.

È la stessa cosa che diceva sua madre.

Non è vero, io sono...

Tu sei esattamente come lei.

No.

Tu lo stai corrodendo e non te ne rendi conto, perché un cieco egoista.

Io...

Apro gli occhi di scatto, sentendo un peso contro il petto, spingermi sempre più a fondo della vasca.

L'immagine di Kenma, seduto sullo sgabello del bagno, mi fa sussultare, facendomi rabbrividire nonostante sia completamente immerso nell'acqua calda.

<< Ken... mi hai spaventato...>> dico, schiarendomi al voce e comprendo con la schiuma, per quanto possibile, la mia intimità.

È perfettamente inutile, nonché veramente un gesto puerile, ma non riesco a fare a meno di farlo.

Kenma resta silenzio per un po', lasciando che l'aria tra di noi sia ancora pesante ed elettrica.

<< Tu la odi, lo so...>> sussurra lui, guardando un punto impreciso sul pavimento, ad un certo punto.

Un nuovo sussulto mi fa sedere più compostamente nella vasca.
Mi schiarisco di nuovo la voce, cercando di mandar giù anche l'ansia accumulatasi in gola.

<< Ma no... come puoi anche solo pensare una cosa del ge...>>

<< Non hai bisogno di fingere Kuroo, lo so. Forse fai bene, non lo so... ma io non posso odiarla... e vorrei che tu lo capissi...>>

Tra di noi cala un silenzio gelido e pensate.

Lo so che non la puoi odiare, eppure ancora non mi sono rassegnato.
Lo so che è impossibile chiederti di distaccarti da lei e dal vostro passato difficile, ma continuo a sperarci giorno dopo giorno.

Ogni qual volta non ti chiama, io spero che una parte di te trovi il coraggio di metterla da parte.
Ogni qual volta ti da gli incubi nel sonno, ogni qual volta ti fa sentire solo, io spero che tu riesca a lasciarla andare l'immagine ideale di tua madre dentro la tua testa.

Perché quella donna non è come tu credi che sia ed io non voglio che tu soffra ancora a causa sua.
È egoistico?
È presuntuoso?

Può essere.
Può essere che sia l'ennesimo capriccio che voglio assecondare, ma questo è il mio modo di proteggerti Kenma.
Non so fare altro, nonostante io adesso sia cresciuto.

Annuisco, senza dirgli niente, poco sicuro che l'abbia visto questo mio rapido movimento del capo.

<<Lo so che non ti fidi, ma io... io si, voglio darle fiducia Kuroo, è mia madre... se ha... se ha detto che vuole vedermi, perché non dovrei esserne felice?>>

Cazzo.

Questo è peggio del previsto.

Perché ti spezzerà il cuore ancora, in pezzettini così piccoli, che io poi non sarò più in grado di rimettere assieme.

Perché ti deluderà ancora ed ancora, perché non farà altro che lasciarti affondare senza mai tenderti una mano.

Perché questo è quello che fa, questo è quello che ti ha sempre fatto, ed io non so se riuscirò a star a guardare mentre crollerai di nuovo.

E tu crollerai Kenma.

Tu crollerai ancora.

<<Alla fine la decisione è tua Ken, no? Se ti vuole incontrare e tu la vuoi incontrare... allora...è okay credo.>> dico, cercando di sembrare il più neutrale possibile.

<< Mh... non ne ero certo l'avresti detto.>> risponde, prendendo un respiro.

Già, perché neanche io ci credo di averlo detto.

<< Finché sei felice... Kenma...>> gli dico, lasciandogli uno sguardo che distolgo subito, poiché non voglio che si accorga che i miei occhi hanno iniziato a pizzicare.

<< Sono apposto Kuroo, se verrai con me...>>

Lo sapevo che lo avresti detto Kenma.

Potrei mai lasciarti andare da solo?
Potrei mai lasciarti da solo, in primo luogo?

La risposta è scontata, e sono certo che tu la conosca già, ma che vuoi solo che io la dica ad alta voce più che altro per me stesso.

<< Quando e dove?>> chiedo, alzando un po' gli occhi al cielo.

Kenma resta un momento in silenzio, dopodiché prende nuovamente la parola:

<< Questo Mercoledì, di pomeriggio, alla stazione.>>

In questo momento vorrei immergermi completamente dentro la vasca, lasciare che l'acqua calda mi entri nei polmoni e me li lasci bruciare dall'interno.
Invece mi ritrovo a voltare il capo verso Kenma, il quale sta ancora guardando in basso.

Le bollicine della schiuma stanno scomparendo una dopo l'altra, così come tutte le buone ragioni per cui secondo me Kenma non dovrebbe accettare di vedersi con quella donna.
Eppure, finché lui è felice, sono disposto a raccogliere i pezzi in cui cadrà, dopo questa ennesima delusione.

Perché lo sarà.

Del resto, se non lo faccio io, chi dovrebbe mai farlo?

È egoista, anche questo?

Può essere, ma è l'unico pensiero che mi da conforto ora come ora, per tanto non posso fare a meno di aggrapparmici saldamente.

<< Va bene, ci andremo Kenma.>>

Lui annuisce e si alza, fermandosi un poco sulla porta, giusto il tempo per sussurrarmi un debole:

<<Grazie.>>

*

Dopo la discussione di questa mattina, l'argomento non è più venuto fuori.
La giornata è andata avanti, in modo del tutto piatto, finché non ci siamo ritrovati nella stanza da letto, dopo aver consumato al cena, mentre io leggo un libro e Kenma con le cuffie che guarda qualcosa al pc.
Non ricordo precisamente come sia successo, forse perché è stato così improvviso da lasciarmi senza parole.

Kenma si volta verso di me, ed io sento il suo sguardo addosso, così alzo lo sguardo dal libro cercando di richiamare la sua attenzione.

Ma lui sembra perso.

Assente.

Mi guarda eppure mi chiedo se mi stia vedendo sul serio.

<< Ken?>> chiamo.

Lui continua a restare immobile, completamente.

<< Ohi... Ken...?>>

Dio... ma perchè deve fare così...

Alzo una mano verso la sua direzione, cercando di attirare la sua attenzione, ma è completamente inutile, lui resta impassibile.

Deglutisco, in preda all'agitazione.

Che sia uno di quei suoi momenti in cui sembra disconnettersi con la realtà?

<< Kenma?>> provo ancora, mentre mi alzo dal letto e mi dirigo lentamente verso di lui.

<< Ehi... tutto bene? Cosa.. cosa c'è?>>

Silenzio.

Lui non muove un muscolo, neanche per sbattere le palpebre.

Mi accovaccio vicino a lui, indeciso se toccarlo sia la scelta giusta, in questo stato di trance apparente.

<< Ken... sono qui, guardami...>>

Kenma continua a guardare un punto nel letto, che mi volto ad osservare anch'io.
È solo il letto, con i cuscini, le coperte, il mio portatile messo sopra ed un paio di calzini.

Non c'è altro.

Che cosa potrà mai star guardando? Con questi occhi sofferenti e vuoti?

<< Kenma... mi senti?>> dico avvicinandomi un po' di più.

Cosa cazzo devo fare?

<<Micetto... sono qui, da questa parte...>> lentamente gli sfioro la mano, che tiene leggermente rigida sulla scrivania.

<< Kuroo...>> sussurra lui.

Il mio cuore manca un battito.

<< Si... sono io Micetto, va tutto bene...>> dico piano.

<< Kuroo... tu... perché non sei venuto, oggi?>>

Il martellare della testa inizia a seguire il forsennato ritmo del mio cuore.
Sento la cena risalirmi in gola, acida e pesante, mi fa mancare il respiro.

<< Kenma io... sono qui, dove dovrei...>>

<< Non vieni più da un sacco Kuroo... perché?>> riprende lui, lasciando che qualche lacrima gli scorra lungo la guancia.

Deglutisco ed agendo d'istinto lo afferro, per stringerlo a me.

<< Sono qui Kenma... sono qui!>>

Lo premo contro di me, facendogli sentire il mio corpo scontrarsi con il suo.
Qualsiasi sia la cosa che gli stia attraversando la mente ora, non è sicuramente una cosa che farei.

Io non lascerei mai Kenma da solo.

Passa qualche minuto, in cui lui destra immobile con il viso schiacciato contro il mio petto.

<< Kuro... ma che fai?>>
Dice lui, all'improvviso, con un tono di voce seccato mentre lo sento sbattere ripetutamente le palpebre e poi cercare di allontanarmi.

<< Io... stai bene?>> dico, mentre lo guardo in viso, notando che quello sguardo spento sia completamente scomparso.

<< Non dovrei?>>

Appoggio la fronte contro la sua, lasciandomi andare ad un sospiro di sollievo.

<< Che fai?>>

<< Kenma tu... stavi dicendo...>> provo a dire ma poi mi blocco, forse per paura o forse perché non sono ancora pronto a scoperchiare il vaso di Pandora.

<< Non ho detto niente Kuro, puoi spostarti adesso?!>>

Come pensavo.

Non sono pronto a scoperchiare il vaso di Pandora.
Non sono pronto a scrutare nell'abisso.

<< Ah.. si ecco...>>

Mi allontano, tornando a sdraiarmi sul letto, con la voce carica di esitazione.

<< Kuroo...>> riprende Kenma dopo qualche minuto, spegnendo il Pc e prendendo posto nel letto.

Lo guardo, già sapendo che cosa stia per dirmi.
Non esiste una risposta a questa domanda, ormai l'ho capito.

Posso solo ascoltarla, mentre mi viene posta mille e altre mille volte.
Senza mai però conoscerne la fonte, da dove ogni volta questa domanda sorge dentro di lui.

<< Si?>>

<< Io... sento di star dimenticando qualcosa... ti capita mai?>> chiede con voce esitante, mentre si raggomitola su un fianco.

Io sospiro, spegnendo la luce, notando come fosse già troppo tardi per star in piedi.

Ormai Kenma, non lo so più.

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