Capitolo 13.1 - Birthday Boy.
*
(15 Ottobre, ore 23:50)
Kenma's POV
Immerso nell'oscurità della mia camera, resto immobile disteso sotto strati interminabili di coperte.
Cerco di serrare il piumone più forte intorno alla mia testa, per non lasciar filtrare il minimo spiraglio di luce.
Voglio restare da solo, in compagnia del mio affannoso respiro, nell'oscurità che mi avvolge.
Fa molto caldo sotto il fortino che mi sono costruito, l'aria calda a fatica riesce a compensare la richiesta dei miei polmoni.
Il mio cuore batte: un colpo seguito da un'altro ancora, poi si ferma per un breve istante e poi batte due colpi rapidissimi insieme.
Mi sale in gola, mi fa mancare il respiro e mi fa ansimare.
È una condizione fisiologica, può succedere di avere i battiti cardiaci irregolari delle volte.
"Si chiama battito extrasistolare Kenma, stai tranquillo, non ti succederà niente."
Eppure ogni volta che mi succede, mi impietrisco dalla paura.
Temo per quello che succede al mio corpo, ma più di tutto temo quello che succede nella mia mente.
Debole ed instabile, il mio spirito si spezza sotto il peso di emozioni che ancora, non ho imparato a gestire.
È così facile dire di star calmi, di non preoccuparsi.
Come se io non riuscissi a dirmelo anche da solo, come se non lo sapessi.
Tuttavia, è difficile trovare conforto nelle parole, quando sento di perdere me stesso.
Odio essere così patetico, odio sentirmi senza speranza.
Perché le tenebre mi inghiottono sempre quando sono da solo?
Come un mostro nascosto sotto al letto, aspetta solo il momento in cui io mi appisoli, per iniziare ad afferrarmi dalle caviglie.
Le parole per me sono sempre state strumenti incredibilmente potenti:
Una parola poteva farmi ripiombare nell'abisso, una parola poteva magicamente risollevarmi.
"Guarda Kenma, senti.
Appoggia una mano al mio petto e senti come batte il mio cuore.
Fa come il tuo, sta tranquillo.
Ti assicuro che non succederà nulla... però ti devi fidare di me."
Proprio perché mi sono fidato adesso, non riesco a trovare pace dentro me stesso.
Vorrei poter ricaricare dall'ultimo salvataggio, circa 11 anni fa e non accettare di parlare con te.
Tornare indietro e seguire una nuova strada, fare scelte diverse, dire cose diverse.
Sento il dolore al petto implorare di avere aria fresca.
Tolgo la testa da sotto il piumone giusto il tempo per sentire l'aria umida della stanza entrarmi dentro.
L'orologio segna che a breve sarà la ricorrenza della mia nascita.
17 anni fa io venivo alla luce, da una accogliente oscurità della quale non ho memoria.
Quella luce, così accentate rotta solo dal mio primo vagito, mi infondeva la forza di svuotarmi i polmoni dal liquido che mi aveva nutrito per tutti quei mesi.
Penso che se mia madre avesse potuto ricaricare, dall'ultimo salvataggio, credo proprio che non mi avrebbe fatto nascere.
Cadde in depressione postparto da subito.
Mio padre era sempre fuori per lavoro, e lei non aveva ne la voglia e ne la forza di prendersi cura di me.
Rari e tremolanti sono i miei ricordi, di lei che mi sorride, o di lei che effettivamente si comporta da madre.
E mentre la sua malattia regrediva ed iniziava a seguire mio padre nei suoi interminabili viaggi di lavoro, la mia, per contro avanzava.
Il mio senso di colpa per non essere stato il figlio che voleva, per averla costretta a letto, per averla ferita.
Per tutte le volte che, senza capire cosa avesse, mi avvicinavo a lei, pensando di voler portarle via quell'angoscia.
Come se il mio desiderio fosse stato esaudito, lei mi regalò il suo dolore.
Il mio senso di inadeguatezza nei confronti degli altri bambini all'asilo.
Il mio senso della vergogna, nel non riuscire a fare le cose come le facevano gli altri, nel non avere il pranzo preparato dalle proprie madri, nel non avere il grembiule pulito.
Il mio senso d'abbandono quando attendevo fino a sera che qualcuno venisse a prendermi, mentre tutti tornavano a casa e mi passavano oltre, stringendo le mani dei propri genitori.
Non sapevo cosa rispondere alle loro domande:
"Perché il tuo grembiule è sempre sporco?"
"Perché tieni sempre gli occhi bassi?"
"Perché la tua mamma non viene mai?"
Ancora oggi, non saprei che tipo di risposta dare a quelle domande.
Nessuno si curava di me.
Questo finché un giorno, tu...
Finché tu non prendesti posto su quella panchina, accanto a me.
<<Sono stanco di aspettare da solo.>>
Mi dicesti, imbronciato.
Avevi lo stesso sguardo che avevo io, il primo giorno, in cui nessuno venne a prendermi in orario.
Eri spazientito ed impaurito.
Proprio come lo ero io.
<<Puoi aspettare con me.>>
Le parole mi uscirono di bocca senza che riuscissi davvero a visualizzarne il significato.
Posasti il tuo sguardo su di me, che nel mentre ti guardavo di nascosto.
Ti scrutavo, memorizzando ogni tratto del tuo viso.
Tu annuisti, dicendo che ormai eri grande e
che non ti faceva paura aspettare da solo.
Ti seccava solo l'attesa in se.
Io presi il mio vecchio GameBoy dell'epoca e iniziai a giocare, lasciandoti spiare sul mio schermo, mentre continuavo il mio caro vecchio Pokèmon Verde.
-Cartuccia che custodisco gelosamente, ancora oggi.-
La tua mamma arrivò dopo poco, mentre per me era ancora tempo di attendere.
Ti vidi andare via, pensando che fossi esattamente come tutti gli altri che, passandomi oltre una volta visti i loro genitori, si dimenticavano di me su quella panchina.
Proprio come gli adulti.
<<Mamma... possiamo aspettare anche la sua mamma?>> dicesti.
Guardai nella tua direzione con le lacrime agli occhi ed incredulo, ti vidi tornare sulla panchina.
<<Aspetterò con te, anche io.>>
La sveglia suona la mezzanotte, vibrando forte contro il comodino.
I miei nostalgici pensieri si interrompono, fermando anche lo scorrere delle mie lacrime.
"Auguri a me."
Il mio telefono inizia a vibrare dopo pochissimi secondi.
Ingenuamente sperai che fossero i miei genitori, che almeno quest'anno si fossero ricordati di farmi una telefonata.
Ma ancor prima di voler sentire la voce di mia madre, ho sperato di poter sentire la tua, Kuroo.
Nekoma Volleyball
Morisuke Yaku
"LA MEZZANOTTE È SCOCCATA AUGURI KENMA :)"
Nobuyuki Kai
"Auguri!!"
Lev Haiba
"Auguri piccoletto :D"
Yamamoto Taketora
"Buon compleanno."
"Grazie a tutti."
Tutti?
Non credo proprio che questi siano tutti, ma è comunque un pensiero che apprezzo.
Grazie per esservene ricordati.
<<Micetta... Zelda? Zelda!>> chiamo, allungando il collo nella speranza riuscissi a scorgere un suo movimento.
La sento miagolare piano, da dietro la mia testa.
Era già balzata sul mio letto, senza che ne accorgessi.
Lascio il telefono e le apro le coperte per farla entrare.
<<È il mio compleanno Zelda, ma qui siamo solo noi due.>> le dico tristemente, cullandomi con il dolce suono delle sue istantanee fusa.
16 Ottobre.
Mi abbandono ad un sonno agitato, pieno di incubi, che mi svegliano definitivamente alle 6:00 del mattino.
Non ho nessuna voglia di andare a scuola, ma sono certo anche di non poter restare in casa da solo oggi.
Potrei davvero non essere più in grado di riprendermi dallo sconforto di passare questa giornata da solo.
Almeno a scuola, tra lezioni e allenamenti, posso ingannare il tempo, così da passare solo un'ennesima serata in compagnia di me stesso.
Abbondo nella colazione di Zelda, lasciandole una ciotola piena come non avevo mai fatto.
<<Mangia tutto, diventa obesa e vivi felice.>> le dico, mentre la vedo leccarsi i baffi.
La mia colazione, in confronto alla sua è piuttosto misera: un cappuccino istantaneo e della frutta.
Mi appunto mentalmente di fare la spesa oggi, così da tenermi impegnato anche una parte della serata.
Non è rimasto granché in casa.
<<Zelda, io vado. Ci vediamo stasera... fai la brava.>>
La saluto calorosamente e mi chiudo la porta di casa alle spalle.
La vita reale, fuori dalle mura di casa mia, si presenta con un cielo carico di pioggia, pronta a scatenarsi da un momento all'altro.
Il vento è freddo e mi ferisce il viso, nonostante abbia la giacca abbottonata fino al collo.
I miei occhi lacrimano per il freddo.
Non credevo di poter trovare conforto nelle mie lacrime calde, in una giornata del genere.
Il tragitto è lungo, sono già le 7:30 di mattina mentre cammino tra le foglie giallastre che fanno da tappeto alla città.
Normalmente non mi sarei soffermato ad osservare la realtà intorno a me, ma oggi non ho neanche voglia di accedere a Clash Of Clans.
Da quel giorno non ho neanche più una Switch, che non ho ricomprato.
"Quindi è così che si presenta il cielo, il giorno del mio compleanno."
Penso mentre il profilo della scuola appare avvolto da una rara foschia mattutina.
Il mio telefono vibra in tasca e con mani tremanti lo estraggo, rinnovando nuovamente la speranza dentro di me:
Nekoma Volleyball
*Kuroo un messaggio non letto*
Un capogiro mi costringe a fermarmi e a poggiarmi al muro d'ingresso dell'edificio.
Trattengo in fiato.
Le mie mani tremano mentre cerco di aprire quella notifica.
"Mi basta qualsiasi cosa, ti prego..."
Mi vergogno di me stesso, nel trovarmi supplicante dentro la mia testa.
Kuroo
"Oggi non ci sono allenamenti.
Godetevi questa giornata libera."
Una lacrima di pianto riga il mio viso.
Ancora una volta, la debole speranza nasce e muore dentro di me.
Non so di quante altre prove ho bisogno prima di capire che tra di noi è completamente finita.
Che non gli interessa ricucire i rapporti, che non ha più voglia di portarsi dietro una zavorra come me.
Deglutisco, riprendendo a camminare, con il telefono ancora in mano.
Morisuke Yaku
"Che devi fare Kuroo, per spostare gli allenamenti ah? ;)"
Kuroo
"Qualcosa di molto più importante."
Lev Haiba
"Qualcosa di importante per Kuroo Testurō uguale IL SESSO."
Kuroo
" ;)"
Rimetto in tasca il telefono in preda al disgusto.
La mia delusione lascia spazio ad un nuovo fremito di rabbia.
È incredibile come rapidamente le mie emozioni cambino, grazie sempre e solo ad una persona.
"Occhiolino... occhiolino.
Ma vaffanculo Kuroo.
Vai al diavolo...
Spero tu possa morire... strozzato con un pelo di fica."
Stringo i pugni mentre mi siedo al mio banco.
"Credevo ci tenessi a preservare le apparenze, sei l'unico che non si è accodato agli auguri... ma davvero fai?
Ma veramente... Vorrei prenderti a testate per capire se nel cervello hai davvero tutta questa merda... perché dalla tua bocca escono solo stronzate."
Sono le 14:00 quando suona quella che sarebbe dovuta essere la pausa pranzo.
Consumo il mio triste sandwich preso ai distributori.
Un ottimo pranzo, -di merda-, di compleanno, un'ottima giornata, -di merda-, di compleanno.
Avrei potuto pranzare a casa, ma non ne ho davvero voglia, almeno qui sono avvolto dal chiacchiericcio dei miei compagni di classe.
Raccolgo la mia roba, svogliatamente.
Metto le cuffiette nelle orecchie, sentendomi in colpa per non aver ancora fatto le mie quest giornaliere.
Sono triste perché ne Bokuto e ne Akaashi, mi hanno fatto un colpo di telefono.
Ma me lo aspettavo, quei due sono amici di Kuroo, se io non sono amico di Kuroo, di conseguenza io non sono neanche più loro amico.
Sono deluso perché neanche Shoyo si è ancora fatto sentire.
Ero già rimasto male, qualche giorno fa quando mi disse che non sarebbe venuto.
Ma adesso neanche un messaggio, mi sembra davvero troppo.
Mi aspettavo che almeno lui, potesse alleviare un po' la mia triste ricorrenza annuale, soprattutto sapendo che ho anche litigato con Kuroo.
Kuroo.
Il suo solo pensiero mi rinnova la rabbia.
Non ti fai vedere, non ti fai sentire.
Mi hai davvero cancellato con tutta questa fretta?
"Gli incidenti di percorso capitano."
Mi torna alla mente ciò che diceva spesso.
Evidentemente anche io ero, anzi, sono uno di questi.
Il tragitto verso cada sembra più lungo che mai, nonostante io sia animato da un rinnovato senso di delusione.
"Tutti non fanno altro che deludermi.
Io stesso non faccio che deludermi."
La porta di casa era stranamente scostata, leggermente e quasi impercettibilmente.
Ero certo di averla chiusa questa mattina, di aver fatto scattare la serratura un paio di volte.
Non mi sorprendo, sono abbastanza rintronato in questi giorni, eppure per l'incolumità di Zelda l'ho sempre chiusa.
"Forse la Signora Matsuda sarà entrata per accertarsi di Zelda... "
Avevo una strana sensazione dentro di me, temevo di essere stato derubato.
Non che mi importasse degli oggetti in quella casa, ma temevo che potesse essere successo qualcosa a Zelda.
Spingo la porta, che si spalanca in un corridoio buio.
Deglutisco con il batticuore che mi incalza sempre di più nel petto.
<<Zelda...?>> chiamo, piano.
Nessuna risposta.
"No vi prego... vi prego... Zelda no."
<<Zelda?>>
Muovo un passo dentro casa, tutto sembrava immobile calmo.
Qualsiasi luce era spenta, non si sentiva nessun tipo di rumore.
Con la coda dell'occhio intravedo un'ombra muoversi nel soggiorno, dalla porta a vetri.
Qualcuno di incurvato o di molto basso, era appena passato nel mio campo visivo.
Non sapevo se fossero le mie solite allucinazioni o se ci fosse davvero qualcuno in casa mia.
Mi chiudo cautamente la porta alle spalle, accendendo la luce dell'ingresso.
<<Zelda...vieni.>> dico ancora una volta.
La sento miagolare piano da dentro il soggiorno, ma non arriva ad accogliermi.
Vorrei trattenermi, ma inizio a spaventarmi, mentre poso una mano sulla maniglia della porta socchiusa del soggiorno.
<<Kuroo...?>>
Mi pento subito di aver pensato a lui, vorrei mordermi la lingua ma è stato un riflesso incondizionato.
La mia mente ha subito pensato a lui, nonostante le possibilità che lui sia in casa siano davvero esigue.
Non appena apro la porta e muovo un passo dentro vengo investito da un gran baccano improvviso,- come se qualcosa stesse esplodendo-, le luci si aprono, ed un chiasso animato e concitato mi perfora i timpani.
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