0 2 . heat
Era quasi la vigilia di Natale. Quell'anno a Boston nevicava, come tutti gli anni del resto, e la città era ricoperta da un manto di neve alto almeno un metro. Le uniche parti percorribili erano le strade per le macchine, che erano state liberate dagli spazzaneve così da permettere la mobilità dei mezzi.
Carol guardò fuori dalla finestra con una tazza di tè caldo al gelsomino. Si era già cambiata, il pigiama era stato pigiato in una delle due valigie che aveva fatto per le vacanze di Natale. Sua madre le aveva telefonato di tornare a New Jersey, visto che non la vedeva dalla festa del Ringraziamento.
- Che palle, rimarrò qui da sola per le vacanze natalizie – si lamentò la sua compagna di stanza Jessica. Se ne stava con il corpo sdraiato sul materasso e la testa che toccava il pavimento. L'ordine non era il suo forte: le coperte a terra, il computer portatile aperto sul letto e i calzini sparpagliati a caso nella loro camera ne erano la prova. Indossava solamente una maglietta a maniche corte e una tuta grigia, quando lei invece dormiva con il piumone. Carol invidiava il fatto che Jessica non soffrisse il freddo. La sua amica era di origini asiatiche da parte della madre, mentre suo padre era canadese, per questo i suoi occhi erano allungati ai lati mentre il suo naso aveva una piccola gobba, ma l'imperfezione le addiceva. Imperfettamente perfetta.
- Io ti avevo invitato a stare da me, poi sei tu che non hai voluto – disse Carol con fare materno.
Jessica era una ragazza mingherlina, più magra di lei, che sprizzava energia da tutti i pori. Per certi versi assomigliava alla sua migliore amica Rachele, ma molto più infantile. A prima vista non sembrava, ma Jessica era un genio dellinformatica allinterno del corpo una ragazzina. Da quel che ne sapeva, Jessica era stata accettata ad Harvard ma a causa di un disguido con il corpo docente si era iscritta nella sua stessa università. Erano compagne di stanza solo dal secondo anno.
- Non è che non voglia, solo che i miei mi tengono nel loro pugno di ferro. Vogliono che studi per recuperare lesame che ho saltato perché stavo male. Sanno per certo che se tornassi a casa me ne starei solamente stravaccata sul divano a mangiare merendine. Stai sicura però che ti farò visita per il nuovo anno.
- Ci conto.
- E poi – Jessica mosse le sopracciglia su e giù in modo allusivo – non potrei mai perdere loccasione di stare più tempo accanto a Kevin. A parte gli scherzi, sei sicura che non ti piaccia nemmeno un pochino?
Carol sbuffò, non era la prima volta che giungevano allo stesso discorso.
- Kevin ha la ragazza.
- No, questo è quello che continui a ripetere tu, ma sappiamo entrambi che si è lasciato da mesi con quella tua amica come si chiamava? Melody?
Dopo la fine del liceo Kevin aveva dato finalmente una possibilità a Melody. Carol era stata felice per lei, anche se non erano rimaste in un rapporto amichevole. Probabilmente con il tempo Melody era diventata troppo snob e altezzosa, perché Carol riuscisse a sopportarla. Quelle poche volte che erano riuscite ad incrociarsi lungo i corridori, perché laltra veniva spesso a fare visita al suo ragazzo a Boston, era sempre solita sfoggiare i capi firmati che indossava e di quanto le cose andassero bene a New Jersey. Melody aveva deciso di rimanere nella città natale ad aiutare il negozio di capi dabbigliamento di famiglia.
- Non siamo proprio amiche, più che altro ci salutiamo se ci becchiamo in giro.
Arrivò un messaggio al cellulare di Carol, segnale che era ora di andare.
- Kevin ti porta a casa? – cinguettò di nuovo la sua amica.
- Smettila di farti tutti questi film mentali! Visto che andiamo nella stessa decisione si è offerto di darmi un passaggio.
- Se lo dici tu.
- Ciao.
- Ci vediamo a Capodanno!
Finalmente Carol uscì dal dormitorio femminile, dirigendosi al parcheggio dellistituto.
Appena fu fuori la neve le sferzò il viso. A Carol piaceva linverno, ma solo le serate in casa con il pigiama e una tazza di cioccolato in mano in compagnia di un buon libro oppure giocare con la neve, che in quel momento non poteva permettersi, ma detestava il freddo. Era sempre lei l'unica, quando stava in gruppo con gli altri, ad avere le mani fredde, anche con i guanti, e i denti che battevano tra di loro.
Kevin era appoggiato al cofano della sua macchina nuova di zecca, regalatagli da suo padre come regalo degli ottimi voti ottenuti dagli esami. Appena vide Carol avvicinarsi si apprestò ad infilare il cellulare in tasca e andarle incontro.
- Dai qua – Prese dalle mani le valigie di Carol, sotto alle sue proteste, e le infilò nel bagagliaio
Con gli anni Kevin era diventato ancora più alto e muscoloso, grazie alle ore che spendeva in palestra ogni giorno. Aveva lasciato perdere il football dai tempi del liceo.
Carol si apprestò poi a salire sui sedili posteriori.
- Che stai facendo? – domandò con un sopraccigli alzato Kevin dal posto del conducente.
- Mi siedo? – chiese confusa.
- Intendo perché non stai davanti.
- Non avevi detto che cera anche Sean?
Sean era lamico di dormitorio di Kevin. Carol si ricordava che Kevin gli aveva riferito che gli avrebbero dato uno strappo a casa.
- Cambio di programma. Sua madre è venuto a prenderlo.
- Ah – Ora Carol si sentiva a disagio. Credeva che sarebbe stato un viaggio di gruppo, mentre or le si proiettava davanti quattro ore e mezza di macchina con solo loro due. Scese e risalì in auto accanto a lui.
Kevin mise in moto, uscirono così dal parcheggio lasciandosi dietro luniversità. Con stupore di Carol erano riusciti a rimanete comunque in ottimi rapporti e amici. Si sedevano spesso assieme al refettorio con gli altri per mangiare, andavano ogni tanto alle feste delle confraternite oppure si ritrovavano in biblioteca a studiare.
- Quindi come stanno i tuoi? - domandò Carol. Era da tanto tempo che non andava a fare visita alla famiglia di Kevin e lultima volta che aveva parlato con James era proprio stata quellunica volta prima della fine del liceo.
- Mia madre continua a chiedere di te – sorrise Kevin con ancora quel suo sorriso da rubacuori che si portava dietro da anni.
- Anche a me manca Gloria, è sempre stata così gentile nei miei confronti.
Fuori dalla finestra i fiocchi di neve continuavano a cadere lentamente e si era alzato pure il vento.
- Potresti allora venire alla nostra cena di Natale. I miei sarebbero felici se venissi a fare loro visita.
- Ma mio padre...
- Porta anche lui, tanto stanno sempre a chiacchierare tra di loro di cose da adulti. Almeno poi smettono di rompere a noi.
Carol non trattenne una risata.
- Che cè?
- Cose da adulti. Noi non siamo adulti?
- Fino a quando non mi buttano fuori di casa mi considero ancora un bambino.
- Kevin, abbiamo già 22 anni e il prossimo anno prendiamo la laurea se tutto va per il verso giusto.
- Parla per te, i miei voti sono eccellenti – e questo Carol lo sapeva. Kevin se la cavava molto bene con lo studio.
Si sfregò le mani tra di loro, visto che aveva tolto i guanti, e a Kevin non passò inosservato quel gesto. In un'azione repentina, continuando a guardare la strada, le afferrò entrambe le mani con una accarezzandole i dorsi. Carol si imbarazzò per quel gesto tanto intimo.
- Ma stai congelando – accese il riscaldamento in auto per poi riprendere le mani di Carol tra la sua.
- Dovresti fare attenzione alla strada.
- Tanto stiamo andando lentamente.
Carol si morse il labbro inferiore non sapendo che fare. Diede un'occhiata al profilo di Kevin, che guardava la strada assorto senza dare conto a quel contatto tra di loro.
Carol si girò poi verso il finestrino, lasciando scorrere lo sguardo fuori e togliendo poi le mani da quel intrico di dita inopportuno. Li infilò poi in tasca, come a nasconderle, non provò nemmeno una volta a guardare nella direzione del ragazzo.
Sulle dita avvertiva ancora il calore emanato dalla sua mano.
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