9

Tornai a quella che per il momento sarebbe dovuta restare casa mia, l'abitazione dei Brooks, e quando posai la mano sul pomello della porta d'ingresso questa si aprì con forza. Dylan ne uscì e mi affiancò senza nemmeno rivolgermi uno sguardo. Mia madre mi aveva detto di non dirgli nulla, che non lo meritava, eppure gli afferrai il braccio per fermarlo.
«Hey, è tutto okay?» gli chiesi preoccupata dalla sua espressione... vuota. Ogni volta che lo guardavo in viso aveva sempre un'espressione per me: che fosse rabbia, gioia o dolore, Dylan non mi aveva mai rivolto quell'indifferenza che adesso portava indosso.
«Sì» rispose freddamente. «Mi dispiace per quello che ti ho detto, sai, l'ultima volta. Non volevo ferirti.»
«Louis ti ha detto di dirlo?» mormorai.
«No, ma in fondo avevi ragione: noi due non siamo mai stati destinati a stare insieme; prima avevi Robert, adesso Louis. Mai me. Ed io non ti avrò mai.»
«Non dire sciocchezze. Tu mi hai avuta e lo sai.»
«Non sei mai stata mia, Candice» replicò e finalmente intravidi il guizzo di un'emozione, anche se era nervosismo. «Devo lasciarti vivere con Louis, come è giusto che sia. Mio fratello è un bravo ragazzo.»
«Ma tu stai bene?» ripetei.
Strinse i denti, prima di confermare. Era ovvio che lui non stesse bene, ma io non potevo far altro che lasciarlo andare, perché evidentemente non voleva essere aiutato da me.
Bussai alla porta di Louis, perché ero certa che se Dylan non mi aveva sbraitato contro era solo grazie a lui. Nessuno mi rispose, quindi aprii comunque l'uscio. Louis era steso sul suo letto con gli auricolari alle orecchie ed il volume stratosferico esorbitava persino dalle guarnizioni in plastica. Compresi che a ogni modo non avrebbe percepito la mia presenza, con le palpebre abbassate e le orecchie tappate, quindi mi stesi al suo fianco e posai la testa sulla sua spalla, facendolo muovere di scatto dalla sorpresa. Non lo guardai mentre si accorgeva che ero io e si rilassava di nuovo.
«Cosa ascolti?» gli chiesi quando si tolse una cuffietta, che mi portò subito dopo all'orecchio non posato sul suo corpo.
«Eminem» rispose con un sorriso.
Riconobbi il flow di The real Slim Shady e restai in silenzio, concentrandomi sulle parole sparate come coltelli che ti pungevano il cervello, spilli che ti penetravano la testa con un dolore sopportabile.
«Va tutto bene, piccola?» mi chiese dopo un po' Louis, accarezzandomi i capelli.
«Non lo so» ammisi. «Ho visto Dylan uscire e mi è sembrato strano. Mi ha detto delle cose che Dylan non direbbe mai.»
«Ad esempio?»
«Cose come "non eravamo destinati a stare insieme" e "devo lasciarti vivere con mio fratello". Soprattutto, mi ha chiesto scusa. Dylan non è mai stato il tipo che chiede scusa.»
«Abbiamo parlato» ammise. «Solo non pensavo avesse un effetto così marcato su di lui.»
«Sei suo fratello,» replicai alzandomi su un gomito, «è ovvio che gli faccia effetto ciò che dici. Per di più sei il maggiore.»
Sembrò riflettere su qualcosa, poi arrossì. Chissà cosa gli passava per la testa. Entrambi i fratelli Brooks sembravano scombussolati, avrei tanto voluto sapere cosa si erano detti.
«Va tutto bene?» gli chiesi.
«Sì, va benissimo» mi rassicurò con un bel sorriso raggiante. Perché Louis era così: anche se pensieroso, quando capiva che stavi male tu era sempre pronto a mostrarti un bel sorriso per calmarti.
«Cosa vi siete detti?»
«Niente di che, tranquilla. Gli ho solo detto di pensare meno a se stesso. Tu dove sei stata?»
«A parlare con mia madre» iniziai, quindi mi dilungai a raccontargli almeno una parte della conversazione con lei, quella riguardo ai vandali.
«Stai bene?» mi chiese ancora. «Sei preoccupata?»
«Ovviamente lo sono, vorrei tornare a casa» sussurrai. «Non che non mi trovi bene, qui, ma casa mia è con i miei genitori... E poi non vorrei approfittare della vostra accoglienza.»
«Sì, forse dovresti andartene prima che mia madre ci faccia l'abitudine e decida di adottarti» scherzò, prima di scostarmi una ciocca di capelli dal viso.
Staccò la musica e lasciò il cellulare sul comodino al fianco del letto, quindi si pose alla mia altezza e premette le labbra sulle mie. Era la prima volta che prendeva lui l'iniziativa e onestamente a me non dava affatto fastidio. Mi lasciai ricadere sul materasso portandomelo dietro ed allacciai le gambe al suo bacino. Improvvisamente Louis sembrò ricordarsi di qualcosa e scattò in piedi, facendomi preoccupare.
«Tutto bene?» gli chiesi mentre si dirigeva alla porta. «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No!» esclamò, voltandosi finalmente verso di me. Quasi scoppiò a ridere. «Chiudo solo la porta.»
«Non c'è nessuno in casa» gli feci notare sottovoce.
«Allora perché sussurri?» replicò con lo stesso tono.
Finsi una risata mentre tornava da me. «Simpatico» commentai ironica, ma venni zittita da un suo bacio.
«Dove eravamo rimasti?» mormorò sulla mia bocca.
«Non so, cosa avevi intenzione di fare?»
Louis scosse la testa e la posò sul mio petto, come arreso.
«Hey, va... tutto bene?» domandai ancora. «Louis.»
«Non posso» sbottò, prima di alzarsi di nuovo e camminare per la stanza con le mani affondate nei capelli. «Non te lo meriti.»
«Louis, spiegati, mi sto preoccupando.»
«Io non ho ancora detto a Sally che non possiamo vederci più» ammise. Sally, Sally, Sally... Quel nome stuzzicava vagamente la mia memoria e mi ci volle un bel po' di tempo per ricordarmi che fosse la ex di Dylan.
«È una tua scelta, Louis» tentai di rassicurarlo, anche se un pizzico di fastidiosa gelosia, che al tempo non riconobbi, si insinuò nel mio stomaco. Chissà se dopo aver baciato me Louis andava da Sally a finire il lavoro, chissà se era davvero il galantuomo che pensavo.
«No, non è giusto» replicò. «Tu hai lasciato Dylan, io devo fare lo stesso con Sally.»
«Tu... l'hai vista, negli ultimi giorni?» esitai.
«Mi stai chiedendo se dopo aver baciato te sono andato da lei? No, per l'amor del Cielo» rispose disgustato dal solo pensiero. «No, non rispondo alle sue telefonate da più di una settimana.»
«Allora perché non le hai detto nulla?»
«Perché... Non lo so nemmeno io, perché! Cristo, io dovrò sposarti, dovremo... Lo sai. Non posso andare avanti con lei, come tu hai pensato bene di non poter andare avanti con mio fratello.»
«Fermo, ti ho perso» lo interruppi. «"Dovremo" cosa?»
«Lo sai che si aspettano che io ti metta incinta dopo il matrimonio, Candice» mormorò con sguardo compassionevole.
Certo, avevo pensato che ci fosse potuto essere qualcosa di intimo con Louis, lo avevo espresso pure a mia madre, ma l'idea dei figli, di concepirli con lui, non mi aveva mai nemmeno sfiorata. Eppure era in quel modo che si facevano i figli, no? Avrei dovuto arrivarci.
«E tu lo vuoi?» chiesi con un filo di voce, rossa in volto.
«Come?»
«Tu lo vuoi?» ripetei sempre più in difficoltà.
«Avere dei figli con te o... L'altra cosa?»
«Per altra cosa intendi...»
«Fare sesso, Candice» terminò rosso quanto me dall'imbarazzo. «Intendo fare sesso con te.»
«Allora l'altra cosa» borbottai.
«Io...» Sbuffò, alzando lo sguardo al soffitto per evitare di incrociare il mio. La vergogna era palpabile in entrambi. «Sì» sussurrò.
«Lo vuoi davvero o lo dici per non offendermi?»
«Onestamente, ho paura di offenderti qualunque cosa io dica, quindi preferisco dirti la verità. Sì, Candice, quando tu lo vorrai, a me non dispiacerebbe fare sesso con te, mettiamola in questo modo.»
Mi grattai il retro della nuca ed annuii. Okay, pensai. Era imbarazzante trattare quell'argomento, ma d'altronde, come aveva giustamente precisato lui, prima o poi avrei dovuto dargli dei figli, perciò prima o poi avremmo dovuto farlo. Immaginai involontariamente come sarebbe stato avere Louis dentro di me, la sua pelle attaccata alla mia... Perciò lo chiamai a me con esitazione.
«Non voglio fare sesso» lo rassicurai. «Voglio solo... iniziare a conoscerci, diciamo. In quel senso.»
Se avessimo dovuto farlo, lo avremmo fatto bene, perché lo volevamo noi e sentendoci a nostro agio. Perciò sarebbe stato meglio cominciare subito.

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