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Dopo un paio di giorni senza vederla minimamente, finalmente mia madre trovò un buco nell'agenda. In realtà potrebbe essere che io avessi accesso al suo Calendario Google e avessi eliminato un tè delle cinque con una certa Aimee Bowen, una giornalista inglese che alloggiava a Syosset, o almeno era lì che avrebbe dovuto incontrare mia madre. Almeno avevo avuto la decenza di chiedere alla segretaria in ufficio di contattare Miss Bowen e avvertirla dell'annullamento dell'incontro.
Quando arrivai al Third Rail Coffee a piedi mi sedetti ad un tavolo, ordinai un cappuccino ed aspettai mia madre sfogliando un giornale abbandonato vicino al bancone. Mio padre leggeva il quotidiano tutte le mattine ed io ne rubavo sempre qualche pagina di politica, di moda e, quando mia madre non vi arrivava prima, di news sui Paesi esteri. Praticamente a mio padre restavano solo gli articoli sull'economia e sullo sport, che però a lui interessava solo se si nominavano gli Yankees in grassetto. Negli ultimi tempi, comunque, mi ero presa una pausa dalla fuga di notizie atte per la maggiore a infervorare l'opinione pubblica contro il Governo e le sue riforme. Fu leggendo le ultime notizie e notando una smorfia di disappunto sul volto di un cliente di fronte a me mentre consultava il titolo di prima pagina che ricordai perché avevo smesso di leggere il giornale: era così facile per la gente giudicare chi aveva votato a rappresentanza della Nazione per ogni mossa che faceva. Prendete Trump: nello Stato di New York aveva vinto con il 58,7%, eppure almeno metà della gente che lo aveva votato adesso lo criticava e scioperava contro il muro di Tijuana, quando non mi era sembrato che qualcuno se ne fosse mai lamentato dal 1994; eppure, adesso che un tizio che il popolo statunitense aveva votato avrebbe voluto rafforzarlo per mantenere un punto del programma elettorale per cui era stato votato sembrava che il mondo avesse appena scoperto l'America, e nessun modo di dire è mai stato appropriato quanto quello in quel periodo. Intendo dire che se siete contrari a ciò che qualcuno promette di fare, perché votarlo? Mio padre aveva votato Hillary Clinton, ad esempio, quindi aveva ragione di lamentarsi di Trump, visto che non era stato lui a eleggerlo Presidente.
A ogni modo, mia madre arrivò mentre leggevo la cronaca estera. La trovavo splendida, come ogni volta. Non passava ore a mettersi in tiro di fronte allo specchio, né a scegliere gli abbinamenti migliori aprendo l'armadio: aveva un talento naturale nel sapere perfettamente cosa aveva nel guardaroba e cosa sarebbe stato perfetto per ogni occasione; e nemmeno la totale devozione al pennello mia e di Helena messe insieme avrebbe mai superato il suo make up in pochi step.
«Oh, tesoro» si arrese, appena mi ebbe davanti. Per quanto tentasse di sembrare autoritaria nel suo tailleur di sartoria, la debolezza di una madre saranno sempre i suoi figli.
«Ciao, mamma» quasi piansi sulla sua spalla. «Perché non mi hai più chiamata? E possiamo tornare a casa? È tutto risolto? Ti prego, dimmi di sì.»
«Ho avuto tanto da fare con la storia dei vandali, così come tuo padre. Non hanno ancora scoperto chi sia stato e la polizia ha suggerito di restare lontani da casa ancora per un po'.»
«Cosa?» sussurrai sconvolta. «Pensavo...» Scossi il capo. Comprendevo che mia madre avesse tanti pensieri per la testa, non avrei mai voluto che si preoccupasse anche per me e per la mia apprensione di tornare a casa. «Niente» conclusi.
«Tu come stai, Candice? I Brooks ti trattano bene?»
«Sono dolcissimi, Selena mi tratta come una figlia» la rassicurai.
«E con Dylan e Louis come va?»
Le raccontai tutto come un fiume in piena, dal bacio, anzi, i baci con Louis alla mia rottura di con Dylan. «Non so cosa fare» ammisi infine. «Dylan sembrava davvero ferito, ma ha finito con ferire me. Dovrei parlargli? Spiegarmi, magari? Forse è questo che si aspetta da me.»
«Se ti ha ferita non merita il tuo fiato» commentò aspra mia madre. «Per quanto possa essersi sentito tradito o chissà cos'altro, non aveva nessun motivo di trattarti a quel modo, non se ti ama davvero.»
«E di Louis che mi dici?» mormorai in tono concitato.
«Se qualche bacio ci scappa,» sussurrò in risposta mia madre, sporgendosi verso di me sul tavolo, «fallo in segreto, per ora. Fa' calmare le acque e non dare a Dylan un altro motivo per odiarti.»
Annuii lentamente, riflettendo sulle sue parole. Aveva senso: se Dylan si fosse calmato vedendomi da sola, dopo un po' di tempo non si sarebbe infuriato né con me, né con suo fratello. Che poi, non sapevo nemmeno cosa ci fosse, tra me e suo fratello. Come si dice, la prima volta è un errore, la seconda è una scelta. E sì, be', io avevo scelto di baciare Louis. E mi era piaciuto dannatamente tanto.
«E se...» esitai, quindi vidi il volto di mia madre illuminarsi di curiosità. «E se ci scappasse qualcosa con Louis?»
«In che senso?»
«Sai in che senso» risposi con una risata nervosa.
«Se faceste sesso, intendi?»
Annuii invitandola ad andare avanti senza girarci troppo attorno.
«E che male ci sarebbe?» concluse, facendomi uscire gli occhi dalle orbite. «Certo, sarebbe meglio che non succedesse, ma... Andiamo, Candice, sei grande e ci vedi molto bene, a quel che mi risulta. Louis è uno gnocco, è inevitabile che "ci scappi qualcosa", per usare le tue parole.»
«Mamma!» esclamai, sorpresa dalle sue espressioni.
«Ci vedo molto bene anche io, sai?» disse, facendomi scoppiare a ridere. Un po' mi era mancato parlare con mia madre.

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