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«Non sarebbe dovuta andare così» mormorò Helena, mentre prendevo un sorso dalla mia tazza di tè sul mio letto.
«Non mi interessa» risposi freddamente. «Se l'è cercata. Che la prossima volta si provi di nuovo a trattarmi come un'altra delle sue puttane. Ma non ci sarà una prossima volta, posso assicurartelo. Io ho chiuso con Dylan Brooks. Punto e basta. Non me ne frega più niente.»
«Candice...» tentò di dire lei, ma io la interruppi.
«Non provare a farmi ragionare. Nessuno può parlarmi così, nessuno
«Candy» mi chiamò Louis, appoggiato allo stipite della porta. «Posso dirti due parole... da soli?»
«Tanto me ne stavo andando» rispose Helena, alzandosi. «Ciao, tesoro» mi salutò poi.
«Ciao, e grazie di tutto.»
Quando la mia amica fu uscita e Louis fu sicuro che lei fosse fuori dal nostro raggio uditivo, io mi alzai per raggiungere quest'ultimo al limitare della mia stanza.
«Dylan mi ha detto che lo hai lasciato» mormorò lui senza troppe cerimonie.
«Ti avevo detto che lo avrei fatto» replicai. «Solo che l'ha presa peggio di quanto immaginassi.»
«Lo so.»
«Mi dispiace. Di aver ferito tuo fratello, intendo.»
«Non è colpa tua.»
«Continui a ripeterlo» mi lamentai. «Ti rovino la vita e non è colpa mia, spezzo il cuore di tuo fratello e non è colpa mia...»
«Cosa vorresti sentirti dire?» mi interruppe.
«La verità» sussurrai di rimando.
«La verità è che i tuoi genitori ti costringono a sposarmi, quindi semmai loro mi avrebbero rovinato la vita, non certo tu. E servono due persone per baciarsi, quindi se Dylan l'ha presa così male è anche colpa mia. La verità è che tu avevi buone intenzioni.»
«"La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni"» ribattei.
«Per l'inferno di chi?» sussurrò avvicinando il volto al mio.
«Louis, no» lo fermai con una mano sul suo petto, capendo le sue intenzioni. Non mi sentivo pronta a baciarlo, non dopo il litigio con Dylan.
«Scusa, hai ragione. Non ti bacerò di nuovo.»
Scossi la testa e mi maledissi, perché Louis era così dolce che mi faceva sentire il bisogno di chiudere davvero i ponti con Dylan e aprire le porte a lui, lui che mi capiva, che mi trattava bene, che si preoccupava per me. Per questo lo baciai, nonostante un secondo prima mi fossi convinta di non esserne ancora pronta. Allacciai le braccia al suo collo per darmi lo slancio e premetti le labbra sulle sue. Fui così brusca, sapete, per... per non pensarci due volte, che lo spinsi contro il muro per forza d'attrito. E mentre le mie dita scorrevano libere tra i suoi capelli come affondando le mani nella sabbia, lui chinò il volto verso il basso, facendomi tornare i talloni a terra, e posò i suoi palmi caldi sui miei fianchi. Fui io il filo conduttore di quel bacio, fui la presa elettrica con cui Louis prese la scossa e si accese, seguendo il movimento della mia lingua che giocava con la sua, delle mie braccia che lo tenevano incollato a me.
Quando forse comprese che io non stavo giocando, che io avevo bisogno di quel bacio, iniziò a lasciarsi trasportare e a prendere l'iniziativa che magari con altre ragazze avrebbe mostrato dal primo istante. Ma lui era un gentiluomo, non avrebbe mai fatto niente che mi fosse risultato scomodo; quindi quando capì di avere carta bianca invertì la posizione e mi rinchiuse tra la parete ed il suo corpo, prima di afferrarmi le gambe per mettersele attorno al bacino ed indietreggiare fino al mio letto, su cui si sedette con me tra le sue braccia. Non facemmo niente, ovviamente. Ci baciammo con passione, sì, e lui mi tenne il sedere con le mani per farmi muovere sulla patta dei suoi pantaloni, ma non concludemmo niente. Lui non sfiorò nemmeno un millimetro di pelle nuda sul mio corpo, stava attento a poggiarsi dove ero vestita, mentre io avevo scelto di lasciar correre le dita sul suo collo, sulle sue guance, sulle sue braccia scoperte. L'unica persona fuori controllo, insomma, ero io, e alla fine me ne vergognai, quando riprendemmo fiato.
«Mi dispiace» sussurrai, la fronte contro la sua.
«Per cosa?»
«Per averti baciato, per... aver reagito così.»
Louis sospirò e si sistemò le mie ginocchia in modo tale da avermi comodamente a cavalcioni sulle sue gambe, poi avvolse le braccia attorno al mio busto e mi sorrise.
«Hai fatto quello che ti sentivi di fare, non devi chiedermi scusa» mi rassicurò. «Un giorno dovremo sposarci, ricordi?»
«Sì, ma non vorrei che pensassi chissà cosa su di me» replicai. «Solo questa mattina ho lasciato tuo fratello e adesso ti aggredisco a questo modo...»
«Io non potrei mai pensare niente di male su di te» mi interruppe. «E comunque, non che mi sia dispiaciuta, questa tua "aggressione"» aggiunse infine, facendomi ridere.
«Okay» sussurrai annuendo.
«Sicura?»
«Sì, è okay.»
«Vieni qui» mormorò, abbracciandomi. Lasciò dei sonori baci sul mio collo, provocandomi delle ulteriori risate.
Io stavo bene con Louis, lui mi faceva divertire, mi rassicurava, mi calmava... Lui ci sarebbe sempre stato per me, con la sua dolcezza e la sua premura. Ed io gli avrei spezzato inesorabilmente il cuore, perché a quanto pare non sapevo fare altro.

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