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A mezzanotte in punto, quando fu stappato lo spumante subito dopo la torta, sentimmo un clacson insistente che si avvicinava al locale.
«È il nostro passaggio» mi disse all'orecchio Helena.
Dylan non scherzava affatto nel definire "hippie" il pulmino con cui Tyler era venuto a prenderci. Era di un verde menta con molti fiori attaccati ai finestrini e sul cofano; il portabagagli era aperto, disperdendo della musica fusion da un vecchio altoparlante coperto da un telo da mare fucsia dalle geometrie greche in blu.
«Ma buonasera, neo-diciottenne!» mi salutò il conducente quando salii.
«Ciao, Ty» risposi con un sorriso, prima di essere accolta in un abbraccio.
«Questo pulmino non viene pulito da più di cinquant'anni» mi avvertì. «Quindi, se trovi qualche polvere bianca, non la annuserei, fossi in te.»
«Faccio io il primo turno» propose Louis, «visto che Tyler ha già fatto della strada per prendere il pulmino.»
«Va bene, allora al ritorno guido io» aggiunse Dylan, sedendosi su uno dei sedili verdi bottiglia.
Helena chiuse il bagagliaio e armeggiò con la cassa mentre il veicolo si immetteva in strada, così che all'interno si diffondesse della musica latinoamericana.
«Extraño tu aroma en la cama / de ese que dejas cuando entras y sales / dónde quedaron los besos y todos los planes. / No sé si vivir o morir, / me encuentro en un limbo desde que te fuiste de aquí. / Eres la única persona que yo quiero que se venga encima de mí» cantò ondeggiando verso il posto accanto al mio, una birra alta in mano.
«Mi libertad no la quiero, / tampoco la vida e' soltero» continuai io e per un po' fu divertente, lasciarsi andare al ritmo delle canzoni come fossimo già ubriache, ma stavamo ancora costeggiando la Queens Midtown Expy sulla Interstate 495 quando la playlist della mia amica ricominciò da capo.
«Okay, volete giocare a "obbligo o verità"? "Hai mai"?» propose Tyler. «Avanti, dovremo pur impiegare il tempo in qualche modo.»
«Diciotto anni appena compiuti e mi faccio ancora immischiare con giochi come "obbligo o verità" e "hai mai"» commentai con un sorriso divertito. «Va bene, Tyler, obbligo o verità?»
«Obbligo.»
«Che cliché» borbottò Helena.
«Ma non so nemmeno che farti fare, non sono mai stata creativa con questi giochi» mi lamentai.
«Siamo quasi tutti maggiorenni, ormai, a parte Helena, quindi puoi anche chiedere le cose sconce, nessuno si scandalizza» mi disse Dylan.
«Chiediglielo tu, per favore, io lo faccio al prossimo giro» gli concessi allora.
«Va bene» accettò Dylan. «Tyler, twerka contro il finestrino.»
Fu una scena buffa, come quelle che seguirono, ad esempio Tyler obbligò Helena a togliersi il reggiseno da sotto il vestito e lei glielo lanciò in faccia, per poi far ammettere a Dylan il numero di ragazze con cui era stato - troppe per essere riportate.
«Candice» mi chiamò quest'ultimo. «Obbligo o verità?»
«Verità» risposi con la voce roca dalle risate.
«Sei più innamorata di Dylan o di Louis?» intervenne la mia amica, completamente ubriaca.
Spostai lo sguardo fuori dal finestrino, sentendo su di me gli sguardi di entrambi i fratelli Brooks, fermi al semaforo in Lincoln Avenue. Avrei voluto che fossimo più vicini alla nostra destinazione per poter mantenere lo sguardo sulla strada almeno il tempo sufficiente per non rispondere senza dar a vedere quanto mi avesse fatto male quella domanda. E non mi aveva ferita perché non sapessi cosa rispondere, voglio dire, anche per quello, ma soprattutto perché qualsiasi cosa avessi detto o fatto avrei ferito qualcuno che amavo. Purtroppo mancavano ancora due miglia e, nonostante la strada fosse completamente libera e noi ci stessimo immettendo velocemente in Long Beach Road, era un tempo ancora troppo lungo per aggirare la domanda.
«Dovevo fargliela io, la domanda» intervenne Dylan, salvandomi. «Hai mai pensato di perdonarmi?»
Forse avrei preferito la domanda precedente. Mi sentii impallidire e mi sforzai di guardarlo negli occhi. «Tutti i giorni. Forse ti ho persino già perdonato, Dylan» ammisi. «Il problema è che noi due, che io ti abbia perdonato o meno, non possiamo stare insieme. Ci sono centomila cose che ci dividono. E forse è meglio così.»
Chiesi a Helena cosa scegliesse tra obbligo e verità, quindi la obbligai a fingere una sfilata lungo il corridoio del pulmino semplicemente perché non mi era venuto in mente altro e il suo modo di molleggiare sui tacchi, spinta in qua e in là dalle curve che il veicolo prendeva e dall'equilibrio che la abbandonava a causa dell'alcol, era divertente. Dopodiché mi rifiutai di continuare a giocare e Dylan sembrava del mio stesso avviso. Louis non si sentiva, dal posto di guida, probabilmente stava rimuginando sulle mie parole, alzando il volume della radio del conducente.
Finalmente quel dannato viaggio terminò e, anche se non era completamente legale, parcheggiammo in piena spiaggia. Scendemmo e respirammo profondamente il profumo dell'oceano. La brezza marina mi sferzava il viso, arruffandomi i capelli, e la pace che stavo raggiungendo fu bruscamente spezzata da Tyler, che lanciò un grido di libertà e iniziò a correre verso l'acqua, togliendosi la maglietta e, in seguito, anche i pantaloni. Si gettò a capofitto nel mare e riemerse ridendo. Dopo un attimo, anche il vestito di Helena fu abbandonato sulla sabbia e lei si lanciò tra le braccia del fidanzato.
«Avanti, ragazzi, è caldissima!» ci gridarono.
Dylan scosse la testa e si tolse i vestiti, quindi lanciò la giacca addosso al fratello, che lo seguì fino a spingerlo in acqua, trascinato giù a sua volta. Io, dal mio canto, non volevo unirmi alla confusione del resto del gruppo, che aveva già iniziato a spintonarsi, a schizzarsi e a giocare. Però avevo così bisogno di essere libera, di sentirmi libera e spensierata come loro; avevo bisogno di togliermi il fardello del matrimonio dalle spalle, almeno la notte dei miei diciotto anni. Ero giovane, avevo, anche se lo avevo dimenticato, tutta la vita davanti per fare la cosa giusta. Adesso, quindi, volevo solo togliermi quel vestito e buttarmi in mare, sentire l'oceano avvolgermi in un caldo abbraccio.
Quando riemersi mi scostai i capelli dal volto e mi asciugai il viso su cui sicuramente si era spalmato tutto il trucco. Con un paio di getti d'acqua lo rimossi completamente e andai dai miei amici per divertirmi. Alzammo un po' il gomito con le birre che erano rimaste nel pulmino e alzammo al massimo la musica proveniente dall'altoparlante.
Mentre ballavo nell'acqua andai a sbattere contro Dylan, che mi afferrò i polsi per tenermi in piedi. «Ti amo» sussurrò. «Io ti amo, Candice Neil.»
Gli afferrai il volto tra le mani e lo baciai. Mi tenni a lui mentre mi accostava ad uno scoglio vicino alla riva e lasciava scivolare le mani sul mio corpo, come seguendo la corrente del mare, e passai le dita tra i suoi capelli, bisognosa di sentirlo ancora così vicino, di sentirlo ancora mio, nonostante noi due non potessimo essere più niente. E mentre ci esploravamo per l'ultima volta prima delle mie nozze, mentre diventavamo per l'ultima volta due avventurieri bramosi di tornare nel luogo che meglio conoscevamo, avrei tanto voluto tornare al tempo in cui noi due eravamo ancora la scintilla che mi teneva in vita.

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