26

Giocherellai con l'anello del portachiavi ed il mazzo di chiavi mi cadde proprio sull'uscio di casa. Mi chinai a raccoglierlo e lo zaino mi scivolò dalla spalla. Uff. Perché quel giorno sembravano tutti remarmi contro? Finalmente riuscii a rialzarmi e aprii la porta di casa mia, dopo un tempo che mi era parso infinito. Al suo interno però non c'era né l'odore di qualcosa di abbandonato nel tempo, né un granello di polvere. Evidentemente i miei genitori erano tornati prima di me ed avevano dato una pulita.
A confermare la mia tesi, mia madre spuntò dalla cucina a braccia aperte. «Oh, Candice» mormorò con sollievo al mio orecchio. «Mi sei mancata.»
«Anche tu, mamma» risposi tenendola stretta.
«Mi dispiace per ciò che hai dovuto passare.»
«Quindi...» dissi vagamente, sedendomi sul tavolo da fumo del soggiorno, «non sei arrabbiata con me?»
«No, tesoro. Sono arrabbiata con tuo padre, piuttosto. Ovviamente non vuole decidersi ad ammettere i suoi errori, nemmeno dopo il tuo annuncio alla stampa.»
«È così prevedibile» commentai con una risata amara.
«Non voglio parlarne» liquidò l'argomento con un cenno della mano. «Piuttosto, come te la stai passando? È successo altro dall'ultima volta che ci siamo viste?»
Avrei dovuto dirglielo, a mia madre, che Dylan mi aveva tradita ed aveva messo incinta la sua ex? E che ero stata con Louis? E che avevo baciato Dylan? Decisi di sì e le raccontai tutto.
«Sono una persona orribile» conclusi, passandomi le mani tra i capelli. «Louis ci tiene a me, mi è sempre stato accanto, è sempre stato delicato e gentile, ed io ho baciato Dylan.»
«Non per questo sei una persona orribile» replicò mia madre.
«No, hai ragione: lo sono perché nonostante Louis abbia fatto così tanto per me, io amo ancora Dylan, che non fa altro che ferirmi.»
«Al cuore non si comanda, tesoro. E poi, credo che tu la stia mettendo troppo sul melodrammatico. Vivila come viene, segui il tuo istinto, segui il tuo cuore. Spegni completamente il cervello e segui il cuore, quella sarà sempre la strada giusta da percorrere.»
«Il mio cuore mi farà uccidere» borbottai.
«Allora ne sarà valsa la pena» replicò lei con convinzione, la fronte accigliata e gli occhi fissi nei miei.
«Che fine ha fatto la donna che mi aveva detto che sposare Robert era la scelta più giusta?» ridacchiai nervosamente per stemperare la tensione.
«Ha aperto finalmente gli occhi. Candice, io... Mi dispiace, tesoro, di essere stata così cieca per tutto quel tempo e di non aver capito che tu hai sempre avuto il diritto alla stessa scelta che ho avuto io. Pensavo che la mia esperienza ti avrebbe risparmiato qualche sofferenza, invece guarda dove sei adesso.» Si passò una mano tra i capelli e solo adesso mi rendevo conto di quanto mia madre fosse stanca. Si vedeva benissimo dal distacco sotto le ciglia che aveva coperto delle profonde occhiaie ed i suoi capelli erano spettinati, evidentemente dallo scompigliarli troppe volte con le dita. «È tutta colpa mia» si autocommiserò.
«Mamma, non è vero» tentai di dirle. «Non... Non è colpa di nessuno, avanti, tu non c'entri niente.»
«Se avessi impedito a tuo padre di farti sposare Robert adesso non si sarebbe fissato con questa storia del matrimonio e adesso non ci sarebbe di mezzo Louis, non lo feriresti e non feriresti te stessa, né Dylan.»
«Già, hai usato il soggetto giusto: io sto facendo soffrire tutti quelli che mi circondano. Sono io la persona orribile che spezza cuori a destra e a manca, non tu, mamma. Non colpevolizzarti per qualcosa che io ho fatto.»
Lei scosse la testa, per niente convinta delle mie parole, e fece per ribattere, quando la porta d'ingresso si aprì ed entrò mio padre, in giacca e cravatta, con la ventiquattrore sotto braccio e l'ombrello in mano.
«Piove» annunciò. Guardò mia madre, poi me, e scoppiò a ridere. «Avete visto?» continuò come un folle. «Piove!»
«Oliver?» lo chiamò mia madre, preoccupata. «Va tutto bene?»
«Mamma, cosa si è fumato papà?» le chiesi confusa.
«Sono così felice di tornare a casa con la mia bella famigliola, la mia bellissima moglie e la mia adorata figlia!»
«"Bellissima moglie"?» ripeté mia madre.
«"Adorata figlia"?» aggiunsi.
«Oliver, tesoro, seriamente, quale strana sostanza stupefacente hai ingerito?»
«Tradotto: che ti sei fumato?»
«È solo che mi sei mancata, Candice, e mi è mancata questa casa e...» Lasciò cadere la valigetta a terra, con sguardo assorto, e si accasciò sul pavimento, in lacrime.
«Papà!» gridai, correndo verso di lui.
«Candice, va' in camera tua» mi ordinò mia madre, tenendolo per le spalle.
«Ma...» tentai di dire.
«Va' in camera tua!» ripeté lei e, mentre percorrevo il corridoio, mi fermai ad origliare: mia madre stava stringendo forte mio padre, che borbottava qualcosa di incomprensibile.
Dopo l'ennesima volta che mia madre gli chiedeva di ripetere, lui alzò lo sguardo su di lei e disse con tono greve: «È mia madre, Michelle. Mia madre è morta.»

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