25

DYLAN

Respirai profondamente. "Cosa ci è successo, Dylan?", mi aveva chiesto Candice. Non lo sapevo, sapevo soltanto che tutta la mia vita sembrava destinata alla delusione. Sin da quando ero piccolo i miei genitori, in particolare mio padre, mi avevano fatto pressioni perché prendessi in mano l'impresa di famiglia dopo di loro, insieme a mio fratello. Louis ovviamente era sempre stato un apprendista perfetto e ce l'aveva messa tutta per aiutarmi a dare soddisfazione ai nostri genitori, ma da me sembravano volere sempre di più di quanto avrei mai potuto dare loro. Anche mio fratello aveva sentito molto la pressione ed era questo che ci aveva unito sin dall'infanzia. Louis era il maggiore, perciò era quello che aveva già sperimentato certe situazioni prima di me e poteva sostenermi quando anche io ci sarei passato. E poi era arrivata Sally.
L'avevo incontrata nel periodo peggiore della sua vita, nonostante il resto della sua esistenza non fosse stata particolarmente felice, a ogni modo: aveva appena perso l'amore della sua vita e aveva avuto bisogno di un amico, mentre io avevo avuto bisogno di dimenticare tutte le responsabilità che gravavano sulle mie spalle, tra i miei genitori che avrebbero voluto trovare in me il figlio perfetto e si assentavano spesso per lavoro con mio fratello, lasciandomi in custodia i gemelli.
C'era stato del romanticismo, tra me e Sally, non lo nego. Ciononostante, il dolore che ci legava superava di gran lunga l'amore che avrebbe potuto nascere, ed io finivo per tornare sempre tra le sue braccia, come lei tra le mie. E poi lei aveva deciso che avrebbe preferito accogliere qualcuno che fosse in grado di aggiustare il suo cuore, invece di incastrare le sue cicatrici con le proprie. Io non avrei potuto amarla e a lei non stava più bene.
Quando mi aveva detto di essere incinta non ero riuscito a credere all'ironia della sorte: il cerchio era iniziato con Sally e a quanto pareva si sarebbe concluso con lei. Ne avevamo discusso e lei era giunta alla conclusione di voler tenere il bambino, nonostante il timore di essere una pessima madre come sua madre lo era stata prima di lei. Non che io avessi potuto dire niente al riguardo, non ne sapevo niente di come si facesse il padre, il mio non era stato certo un ottimo esempio. Avevo cercato di rassicurarla sulla non ereditarietà dell'istinto genitoriale quando nemmeno io ne ero così certo.
"Cosa ci è successo, Dylan?" Ero così stanco di pensare a quella domanda, eppure non riuscivo a farne a meno, seduto sul vecchio davanzale di una delle finestre del santuario di gatti di Roosevelt Island. A metà Ottocento era stato concepito come ospedale per curare i malati di vaiolo, ma pochi anni dopo fu trasformato in dormitorio infermieristico e abbandonato verso gli anni Cinquanta. Oggi era un santuario felino, anche se non sapevo esattamente cosa significasse, sapevo solo che alcuni ragazzini ci andavano per testare le varie teorie spettrali sui fantasmi che infestavano il vecchio ospedale. Quando eravamo giovani anche io e Louis eravamo stati frequentatori abituali per lo stesso motivo, poi lui era stato costretto a seguire i miei genitori ed io ci tornavo regolarmente per riflettere, oltre a divertirmi a fare degli scherzi ai bambini curiosi.
Non sapevo cosa avesse portato me e Candice a cambiare così tanto, ma sapevo che non aveva più senso provarci. Avevo dato a lei e a Louis la mia benedizione nonostante vederli assieme mi distruggesse perché non avrei potuto fare un torto del genere né all'amore della mia vita, né tantomeno a mio fratello. Potremmo dire che mi fossi arreso, ormai. Sapevo che era stato necessario, ma da quando Candice mi aveva lasciato non riuscivo più a combattere per noi. Avevo avuto troppe delusioni e lei si era aggiunta alla lista. Ero stanco di lottare per le persone per poi ricevere in cambio soltanto sabbia. Ero stanco di affezionarmi alle persone che non avrebbero fatto altro che andarsene.
Mi passai una mano tra i capelli e mi poggiai con la schiena contro lo stipite della finestra, prendendo un altro respiro profondo. Sentivo le lacrime pungermi gli occhi e scossi il capo per non permettere loro di uscire. Non sapevo chi volessi prendere in giro; la mia vita era diventata una dannata soap opera e non avevo idea del come. Avrei avuto un figlio con Sally, ma dentro di me sapevo che non avrei mai smesso di amare Candice. E sapevo che tenevo troppo a lei per lasciarla andare. Anche quando sarebbe stata sposata con Louis, non sarei mai riuscito a dimenticarla. Anche quando avrebbe vissuto la sua vita senza di me, non avrei mai smesso di amarla. Sarei stato al suo fianco per proteggerla anche quando non mi avesse voluto, perché era l'amore della mia vita e non sarei mai potuto andare oltre.
E per quanto cercassi di trattenermi, non ci fu verso di impedirmi di piangere per lei e per ciò che eravamo stati, per ciò che avevamo avuto. Non ricordavo nemmeno quando fosse stata l'ultima volta che avevo pianto, ma sentivo di essere arrivato al culmine della sopportazione. Non avrei retto un'altra botta.

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