24
Mi squillò il cellulare in piena lezione di Chimica. Dannazione. Quella mattina mi sembrava già sufficientemente disastrosa senza che la centrale di polizia di New York mi chiamasse a scuola. Chiesi al professore il permesso di uscire per rispondere.
«Pronto?»
«Pronto, parlo con Miss Candice Neil?» rispose una voce maschile dall'altro capo del telefono.
«Sì, sono io.»
«Buongiorno, sono l'agente McCain. I suoi genitori hanno provato a contattarla, senza risultati, perciò la sto chiamando io. Abbiamo trovato i vandali che hanno attentato alla sua casa. Hanno confessato.»
«Grazie a Dio» sospirai. Finalmente una buona notizia! «Perciò possiamo tornare a casa, io e i miei?»
«Sì, signorina, è così.»
«La ringrazio infinitamente, agente. Grazie davvero.»
«Faccio solo il mio lavoro. Arrivederla, Miss Neil.»
«Arrivederla.»
Mi abbandonai contro il mio armadietto nel corridoio deserto della mia scuola e sospirai di sollievo. Era bello sapere che sarei potuta finalmente tornare a casa mia, alla mia vita, alla mia routine. Stavo per far partire la chiamata a mia madre, quando mi ricordai di quello che avevo fatto e del perché mi ero rifiutata di risponderle, la sera precedente. Avrei dovuto tornare a casa, dove i miei genitori mi avrebbero assillato con la storia dell'eredità, del diventare a capo dell'azienda e tutto il resto. La prospettiva non era più tanto allettante. Eppure sentivo di non poter restare a casa dei Brooks ancora per molto: era tempo per me di prendere in mano la mia vita ed affrontare faccia a faccia i miei problemi. Sarei stata chiara con i miei, una volta per tutte, e ne avrei subito le conseguenze a testa alta. Il tempo di farmi mettere i piedi in testa e seguire le istruzioni di altri come un cagnolino fedele, istruzioni che avrebbero cambiato irreversibilmente la mia vita, era finito. Finalmente ero decisa a diventare una donna e, per di più, una donna con le palle. Perché quella era la mia vita ed avevo tutto il diritto di viverla come piaceva a me.
Per questo feci un respiro profondo, scossi le spalle in segno liberatorio e camminai a passo spedito verso la mia classe, dove però mi fermai di getto quando vidi Dylan che aspettava fuori dall'aula. Aveva lo stesso sguardo di quella volta che mi aveva aspettata all'uscita da scuola ed eravamo andati a casa mia per fare l'amore per la prima volta. Sembrava passata un'eternità, invece non erano trascorsi nemmeno due mesi.
«Ciao» mi disse con un sorriso.
«Ciao» risposi con esitazione.
L'ultima volta che ci eravamo rivolti la parola, lo avevo baciato. Poi lui se n'era andato senza dire niente. Non sapevo cosa gli passasse per la testa e in fondo era sempre stato questo il problema con Dylan: lui rimuginava un sacco di tempo su tutto e non mi diceva mai niente di quello che pensava. Non mi aveva detto niente quando aveva fatto finta di non amarmi, non mi aveva detto niente quando mi aveva tradita con Sally e adesso continuava a non dirmi niente. La cosa stava diventando troppo enigmatica per i miei gusti.
«Mi ha chiamato tua madre» annunciò cercando il mio sguardo, ma io sospirai e lo rivolsi altrove.
Mia madre doveva essere davvero disperata per chiamare proprio Dylan. Evidentemente aveva smesso di provarci con me e stava cercando una via alternativa per parlarmi, ma io ormai avevo già preso la mia decisione e non avrei ascoltato nessuno: io non avrei mai preso in mano le Neil Industries finché mio padre non avesse ammesso i propri errori e, conoscendo mio padre, non lo avrebbe mai fatto, piuttosto si sarebbe ficcato una spada nello stomaco.
«Ha chiesto se sapevi che puoi tornare a casa» aggiunse Dylan.
«Sì, lo so» risposi sottovoce, incrociando le braccia al petto per difendermi da qualunque cosa sarebbe uscita fuori da quel discorso. «Mi hanno appena chiamato dalla centrale di polizia per dirmelo.»
«Quindi torni a casa, eh?» disse con un sorriso divertito.
«A quanto pare.» Non capivo perché fossi così imbarazzata e distaccata. Insomma, era solo Dylan. «Ti ha... detto altro?»
«No, nient'altro.»
«Sei sicuro?» insistetti.
«Lo giuro, Candice, non ha detto altro.»
Annuii. Mia madre non gli aveva detto niente riguardo all'eredità, all'azienda, alla stampa. Nemmeno "dille di chiamarmi", a quanto sembrava. Forse si era arresa, forse aveva finalmente capito che non mi sarei smossa dalla mia posizione, soprattutto non dopo averci messo la faccia a quel modo. La verità è che non c'era più solo la mia reputazione, in ballo: Louis si era presentato con me, era stato dietro di me quando avevo dato l'annuncio e se si fosse parlato male di me, lui ne avrebbe risentito, in particolare una volta che tutti avrebbero appreso del nostro matrimonio. Il mio nome era già stato macchiato dai miei genitori, stavo soltanto limitando i danni. Però devo ammettere che ero rimasta un po' delusa dal fatto che mia madre non ci avesse provato più di tanto, a farmi cambiare idea; non era nella sua natura arrendersi, perciò o pensava che avessi fatto la cosa giusta, o era stanca di tutta quella storia, a partire dal matrimonio combinato fino ad arrivare alla folla davanti al suo ufficio e poi alla mia rinuncia alle Neil Industries.
«Nemmeno...» insistetti un'ultima volta, giusto per esserne completamente certa. «Sai, riguardo a ciò che ho fatto?»
«La rinuncia all'eredità? No, non ha nemmeno accennato a quello.»
Annuii e feci per tornare in classe, quando lui mi fermò tenendomi per un braccio.
«Candice, riguardo a ieri sera...»
«Lo so, è stato un errore» lo precedetti. «Immagino che tu voglia stare il più vicino possibile a Sally, adesso, e... Lo dirò a Louis, lo prometto, lo farò non appena...»
«Non è ciò che volevo dire» mi interruppe. «Louis sa già tutto, gli ho detto che sono stato io a baciarti.»
«Perché mai?» gli chiesi, confusa.
«Perché... mi sono reso conto che io ti amo ancora, Candice, e visto che non posso scusarmi con Louis per questo, volevo farlo almeno per il bacio.»
«Perché mi hai tradita, Dyl?» sussurrai, sull'orlo del pianto.
Scosse la testa, rassegnato. «Non lo so» rispose con lo stesso tono. «So solo che un attimo prima mi stavo bevendo una birra con degli amici e quello dopo era già mattino e non ero nel mio letto. Mi dispiace così tanto, principessa, non sarebbe dovuta andare così.»
«Hai ragione,» mormorai con voce spezzata, le lacrime che mi affioravano agli occhi, «abbiamo sbagliato tutto. Abbiamo buttato una chance nel gabinetto e da allora abbiamo continuato a fare errori su errori, entrambi. Cosa ci è successo, Dylan?»
Mi abbracciò ed io posai la testa sul suo petto, trattenendomi dal piangere. Posò le labbra sulla sommità del mio capo. «Non lo so, amore mio. Non lo so proprio.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top