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«Oh, basta così, grazie» dissi al cameriere mentre mi versava il vino nel bicchiere. Dopo la notte precedente avrei preferito restare sobria per un po' di tempo.
«Cos'è, Candice, non reggi l'alcool? Un bicchiere di vino non fa male a nessuno» scherzò Robert con il suo sorriso da cavallo.
«Non quanto pensavo, a quanto pare» borbottai prima di nascondere il viso dietro ad una mano, il gomito poggiato sul tavolo.
«Sei bellissima, lo sai?»
«Sì, me lo dicono in molti» lo liquidai prima di bere un sorso di vino.
«In molti?» ripeté incuriosito. «Ci sono altri che ti guardano ed hanno il coraggio di dirti che sei bellissima?»
«Smettila di parlare come un uomo medievale, razza di re bambino» lo rimproverai dopo avergli lanciato uno sguardo truce.
«È contro uno dei Comandamenti del Signore, sai?»
«Io non credo in Dio» ribattei, ma lui mi ignorò.
«"Non desiderare la donna d'altri"» aggiunse.
«Sono solo lusinghe, Robert, ed io non sono tua.»
La conversazione con mia madre mi tornò alla mente e non aggiunsi altro: Robert è tuo e tu sei di Robert. D'altronde, per metà non era vero, il nostro rapporto non era né equo, né bilaterale, era solo una condizione in cui io ero sua e sopportavo che lui mettesse gli occhi su altre ragazze, che toccasse altre ragazze e si facesse toccare da altre ragazze. Forse per questo ogni secondo che passavo seduta a quel tavolo mi sentivo sempre meno in colpa per essermi lasciata toccare da Dylan a quel modo, per averlo baciato ed essere rimasta sopra di lui quando entrambi non eravamo convenientemente vestiti.
«Lo vedremo la prima notte di nozze» rispose lui con un sorrisetto viscido.
L'idea della prima notte di nozze mi disgustava e spaventava al tempo stesso: restare da sola in una stanza da letto con quel facocero, mentre scopriva che io non ero vergine in un modo che io avrei trovato deplorevole da parte sua, semplicemente perché era lui, era un pensiero insopportabile. Non mi sarei lasciata togliere nemmeno un calzino, quella notte. Forse sarei persino scappata dalla luna di miele, o almeno così sognavo di fare nelle notti fredde in cui immaginavo il mio futuro da donna sposata e non più sola in un letto che non sarebbe più stato solo il mio.
«Possiamo evitare l'argomento, per favore?» sbottai mentre ci venivano servite le entrées.
«Certo, perché non parliamo di Dylan Brooks?» rispose, facendomi andare di traverso un pezzetto di polpo.
«Chi?» feci finta di non sapere di chi stesse parlando.
«Quello con cui sei andata via dal Webster Hall la scorsa notte.»
«Per prima cosa, ero con Helena ed il suo ragazzo, Tyler. Secondo, cos'è, adesso mi spii? Come sai che ero lì?»
«Perché c'ero anche io, ovviamente. E non sei andata via con Helena, né con il suo ragazzo. Dylan Brooks è uscito con te e ha preso la tua roba dal guardaroba.»
«Non so di chi tu stia parlando» insistetti.
«Bagni della scuola» disse semplicemente ed io feci finta che mi venisse in mente solo in quel momento.
«Evidentemente ero troppo ubriaca, perché... lui
«Dov'eri stamane, appena svegliata?»
«Non sono affari tuoi» mi offesi.
«Dov'eri. Stamane» scandì tra i denti.
«Te l'ho detto, da Helena. Perché sono andata con lei e Tyler.»
«No!» ribatté, sbattendo il palmo della mano sul tavolo, al che tintinnarono i bicchieri, le posate ed i piatti. Mi puntò il dito contro. «Tu sei andata via con Dylan Brooks e scommetto che ti sei svegliata nel suo letto.»
«Stai delirando» sbottai, prima di alzarmi, afferrare il mio cappotto e la mia borsa ed uscire.
Purtroppo Robert mi seguì dopo aver lasciato dei contanti sul tavolo e mi afferrò per un braccio. «Giuro che se sei andata a letto con lui...»
Lo interruppi con uno schiaffo in pieno volto. «Non azzardarti a darmi della poco di buono, Robert Schliemann. Non mi interessa chi tu sia né cosa sia supposto di esserci tra noi, tu presumi ancora che sia una puttana ed io scomparirò dalla tua vita allo stesso modo in cui un coniglio viene tirato fuori da un cilindro.»
«Dimmi la verità, Candice» mi supplicò con la disperazione negli occhi. «Sei stata con lui?»
«Non so nemmeno di chi tu parli» mentii sottovoce.
Lui sospirò di sollievo e si allontanò di un passo. «Mi dispiace aver litigato con te.»
«Non sappiamo fare altro, Robert» replicai, prima di voltarmi e fermare un taxi che passava proprio in quel momento. «Goditi il pranzo.»
Mentre tornavo a casa non smettevo di pensare all'espressione desolata di Robert e al suo bisogno di sapere che io non lo stessi tradendo. Aveva quell'ardore di gelosia, ma no, di possesso, lo stesso ardore con cui io mi ero affrettata a mentirgli e non per il suo bene, ma per il mio. Perché se lui avesse scoperto che lo avevo tradito lo avrebbero saputo anche i miei genitori e per me sarebbe stata la mia fine definitiva.

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