5

Il giorno dopo era sabato e, all'uscita da scuola, Helena mi chiese se mi andasse di passare la sera in discoteca. Eravamo entrambe delle festaiole, tutti i week-end andavamo a feste e discoteche; ci piaceva bere, ballare, flirtare... Ovviamente il ragazzo di Helena, Tyler, sopportava di vederla con altri solo perché sapeva che lei era uno spirito libero e che non si sarebbe mai spinta troppo oltre, nemmeno da ubriaca. In quanto a me, be', non mi era mai interessato passare la notte con degli sconosciuti, semplicemente perché non sono mai stata quel tipo di ragazza.
«Non so, credo che i miei siano ancora arrabbiati per la cena di ieri e la questione dell'università» le risposi.
«Ci porta Tyler, Candy, perciò non hai il vincolo di restare a piedi se loro ce l'hanno con te.»
«Perché non lo hai detto subito? Certo che vengo, allora!»
«Oggi pomeriggio shopping e stasera pista, cosa puoi volere di più?»
«L'alcool» dissi con una smorfia. Mi sarebbero mancati ancora quattro anni per poter assumere alcolici legalmente e la cosa non mi piaceva affatto.
«Ci sarà anche Dana» mi informò Helena.
«Grazie a Dio.»
Dana era una ragazza più grande che avevamo incontrato qualche anno prima alla festa di un nostro amico e che ci passava gli alcolici prima di andare in discoteca a patto che le pagassimo noi l'ingresso. Cinque dollari per un paio di bottiglie di birra mi sembravano equi, al tempo.
«È un bel programma, comunque. Da Macy's alle tre?»
«Che hai da fare, fino alle tre?»
«Io, al contrario tuo, devo studiare, mia cara. Devo entrare alla Columbia University, io.»
«Perché tu come pensi che io possa entrare a Harvard senza studiare?»
«Grazie a tuo padre, visto che ci lavora.»
«Sì, hai ragione» ammise. «Allora alle due e mezza da Macy's.»
«Alle tre.»
«Due e mezza.»
«Tre e mezza.»
«Tre.»
«Andata.»
Mentre Helena se ne andava verso la macchina di sua madre, si voltò verso di me, sorridente, e mi disse: «Non pensare che sia talmente stupida da farmi ingannare da te, zuccherino. Però alle tre in punto da Macy's, okay?»
«Io devo studiare, al contrario di te» le rammentai.
«E io devo scopare, al contrario di te, quindi vado da Tyler!»
«Alle tre da Macy's!» ripetei, certa che, se fosse davvero andata da Tyler, forse non l'avrei vista fino a che non mi fosse venuta a prendere per andare in discoteca.

¤ ¤ ¤

Come previsto, Helena non si fece viva fino alle tre e mezza. Scese dalla macchina di Tyler che ancora si sistemava i capelli e si scusò con me almeno quattro volte.
«Sai, è difficile staccarsi da lui quando continua a tenerti a letto.»
«Perché ovviamente a te è dispiaciuto» ironizzai.
«Mai detto, no» rispose seccamente, prima di spingermi dentro il negozio di Burberry.
Girammo tutto il centro commerciale e alla fine tornammo al primo piano che Helena aveva già trovato il suo vestito, mentre io ne avevo scartati la maggior parte. Nel nostro percorso per l'ultimo negozio rimasto, ci fermammo a prendere un caffè al bar. Indovinate chi trovai proprio davanti a noi in fila per l'ordinazione? Dylan, ovviamente.
«Be', questa sì che è un'ottima coincidenza» disse Helena, attirando l'attenzione su di noi.
«Ciao, Candice» mi salutò il ragazzo, ma più per educazione che per voglia.
«Hey» sussurrai.
«Io vado a trovare un tavolo, Candy. Tanto lo sai che voglio un cappuccino» mi avvertì la mia amica.
«Certo.»
La seguii con lo sguardo finché la voce di Dylan non me lo fece riportare su di sé. «Non so cosa passi per la testa della tua amica, né per la tua, ma... Lo sai, vero, che tra noi non c'è assolutamente niente?»
«Certo, perché?» risposi, un po' confusa.
«Le volte che ci siamo incontrati sono state puramente casuali e il favore che ti ho fatto con il tuo ragazzo...»
«Non è il mio ragazzo» ammisi, perché io per prima non lo consideravo tale.
«Quello che è. È stato solo una cortesia, okay? Tra noi non c'è niente.»
«Ho capito, Brooks, non mi vuoi tra le palle, ma io lo so che non esiste nemmeno, un "noi".»
«Bene» disse, distogliendo lo sguardo.
«Bene» ripetei io sottovoce.
Dopo aver bevuto velocemente i nostri caffè, dato che io volevo allontanarmi da Dylan il prima possibile, Helena mi accompagnò nell'ultimo negozio che ci restava da visitare. Ci dividemmo e, alla fine, riunimmo i vestiti che entrambe avevamo trovato, così che io potessi andare in camerino a provarli.
«Io vado a cercare delle scarpe per me vicino alla cassa, appena hai indossato il primo vestito fammi uno squillo» mi avvertì la mia amica.
«Va bene.»
Mi ero appena svestita, quando la tenda del camerino si aprì e si richiuse proprio dietro a Dylan.
«Cristo!» esclamai sottovoce, coprendomi con il primo vestito che trovai.
«Questo sì, che è imbarazzante» borbottò lui.
«Tu dici?» ringhiai in risposta.
«Okay, me ne vado.»
«Stai scherzando, spero» lo trattenni per un braccio. «Helena è la fuori, chissà cosa potrebbe pensare se ti vedesse uscire dal mio camerino! Lasciami pensare...»
«Sbrigati, fa' caldo.»
«Be', non è colpa mia.»
«Una ragazza mezza nuda ad un ragazzo fa questo effetto, invece.»
«Non ti ho costretto io a entrare qua dentro!»
«Provaci tu a nasconderti da una pazza psicopatica che vuole farti provare un pigiama a forma di panda da ragazzina in piena crisi ormonale.» Sospirò con gli occhi al cielo. «Perché non sono figlio unico?»
«Be', ehm... Va bene, mi provo un vestito, dico a Helena che mi piace e ce ne andiamo. Così tu puoi nasconderti da chiunque tu ti stia nascondendo finché non arriva un'altra povera sfortunata.»
«Mi sembra un buon piano.»
«È mio» commentai, ovvia.
Dylan guardò i vestiti che io e la mia amica avevamo scelto e ne afferrò uno. «Prova questo, dovrebbe andarti bene.»
«Ma grazie» ironizzai.
«Non che a te non stia bene tutto, ma, sai, se devi spendere soldi a causa mia, allora fallo bene.»
Aveva calato gli occhi a terra come si fosse sentito davvero in colpa, perciò non dissi niente, solo che doveva girarsi, così che potessi provarmi il vestito. Lui lo fece ridacchiando ed io, in effetti, mi sentii una stupida. Uno come lui doveva aver visto molte ragazze persino più svestite di quanto lo fossi io in quel momento e, di sicuro, infinitamente più belle di me.
«Wow» fece quando si voltò di nuovo verso di me.
«Be', lo prendo come un complimento» sussurrai prima di sorpassarlo ed uscire.
Helena era seduta su una sedia di fronte al camerino e teneva in mano un paio di scarpe. Appena mi vide si alzò e mi portò di fronte ad uno specchio. Il vestito era bello: nero, aderente, corto fino alle ginocchia e dallo scollo incrociato. Insomma, niente da dire.
«Ti sta un incanto» commentò lei.
«Sì, mi piace.»
«Allora cambiati, che ti cerchiamo un paio di scarpe.»
Le sorrisi e tornai dentro, dove Dylan già mi dava le spalle.
«Grazie» sussurrai.
«Modestamente.»
Appena il vestito mi fu calato lungo le gambe, sentii le sue mani sui miei fianchi ed il suo respiro caldo sul collo, al che non potei non voltarmi verso di lui, che mi stava addosso, adesso con le labbra ad un centimetro dalle mie. Sarebbe bastato che alzassi di poco il capo e ci saremmo baciati. Era buffo che in tre anni fossi rimasta intoccata come una suora di clausura e adesso, in soli due giorni, venissi baciata da ben due ragazzi. Chissà cos'era cambiato, tutto a un tratto.
«Candice» mi chiamò Dylan.
«Non posso» sussurrai a fatica, il respiro affannato.
«Dimmi se quel cazzone del tuo ragazzo ti ha mai vista così. Se ti ha mai toccata così» mormorò, sfiorandomi il fianco con un solo dito. Per poco non avrei nemmeno sentito il suo tocco, ma mi venne la pelle d'oca in un secondo, come se ogni mio poro si stesse protendendo verso di lui.
«Non è il mio ragazzo.»
«No, però non puoi essere baciata. Allora dimmi, chi sei? Una sottomessa, o la regina che meriti di essere? Dov'è finita la corona, vostra altezza?»
Separai difficilmente il contatto che avevo con i suoi occhi, brillanti come zaffiri e incantatori come un flauto per serpenti, e mi rivestii velocemente. «Avevi detto che non c'era niente tra noi» sussurrai con la mano pronta ad aprire la tenda del camerino.
«Ma non che non ci potrebbe essere qualcosa» rispose con il suo solito sorrisetto arrogante.

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