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Quella sera presenziai ad una cena di lavoro dei miei genitori, a cui avrebbero partecipato altre compagnie come quella degli Schliemann, che si occupava di finanza, i Brooks, impiegati nei trasporti, e gli Hatcher, maestri della pubblicità paragonabili al dio Loki.
Robert sedeva al mio fianco e, mentre aspettavamo che fosse servita la prima portata, si azzardò a posare la mano sul mio ginocchio coperto dallo chiffon rosa cipria del vestito che indossavo. Ovviamente lo scacciai, guadagnandomi un'occhiataccia da mia madre.
Senza curarmene, presi il cellulare ed iniziai a chattare con Helena, finché non ci furono portati gli antipasti.
«Penso che sia un buon investimento» stava dicendo Mr Brooks. «Riusciamo a trasportare almeno cinquanta carichi alla settimana in ogni Stato, perciò il profitto incrementerebbe del venti percento.»
«Il venti percento è ciò che raggiungiamo ogni anno» intervenne Mrs Schliemann dopo aver posato gli occhiali sul proprio naso per controllare meglio i documenti che teneva vicino al piatto.
«Con questo metodo lo raggiungeremmo solo in un mese.»
«Solo se la promozione avrà successo» intervenne il figlio degli Hatcher, che già si prospettava ad assumere il posto del padre nell'azienda di famiglia.
Henry Hatcher era uno degli scapoli più ambiti di New York City, non solo per i milioni che la famiglia aveva sul conto corrente, ma anche per il suo fascino da uomo d'affari, nonostante avesse solo vent'anni. Eppure, i suoi occhi verdi sapevano incantare le fanciulle quanto le sue parole riuscivano con gli investitori. Ogni volta che ci incontravamo mi chiedevo perché, se proprio avessi dovuto suggellare l'unione di due compagnie con un matrimonio, non avessi avuto la fortuna che il mio futuro coniuge fosse quell'Adone dallo sguardo di smeraldo. Non chiedevo l'amore vero, vi avevo rinunciato da anni, ma almeno un po' di sex appeal me lo meritavo, in mio marito, giusto? Quanta pubblicità si sarebbero fatti i miei a far imprigionare nella stessa scintillante gabbia in cui mi trovavo lo scapolo più ricco e famoso della città più ricca e famosa del mondo? Ci avremmo guadagnato entrambi, lo scoop sarebbe stato su tutte le prime pagine: "Henry Hatcher, fascinoso milionario di New York, sposa Candice Neil, figlia di uno degli imprenditori di moda più importanti d'America". Purtroppo, non si prospettava altrettanto allettante il mio matrimonio con Robert, per quanto proficuo fosse potuto sembrare ai miei genitori.
«Come pensi di promuovere con un tale successo un semplice paio di scarpe?» chiesi involontariamente.
«Tu perché compreresti queste scarpe?» mi domandò Henry, puntando il suo sguardo magnetico nel mio.
«Perché sono comode, le ho provate io stessa. E sono pure alla moda, visto che gli ultimi sondaggi prediligono décolleté cerulee nel pieno stile Kate Middleton per questa stagione» risposi, sicura di me stessa. La verità è che la sola parola "ceruleo" mi pervadeva di brividi tutto il corpo, portandomi alla mente gli occhi di Dylan che mi squadravano.
«La pubblicità fa questo, Candice: mette in luce i lati migliori di un prodotto per venderlo facilmente» mi spiegò Mr Hatcher.
«La gente non si fida più della pubblicità» rispose mio padre. «Le vendite attraverso la televisione hanno perso dello 0,4% e quelle per giornali addirittura del 22%.»
«È in aumento quella sul web, ci concentreremo su quella» promise Mrs Hatcher.
«I costi di produzione non copriranno il fatturato» si intromise sottovoce mia madre, con un cipiglio sulla fronte. «Per garantire la stessa qualità si deve cambiare strategia di vendita.»
«O di produzione. Potreste deverticalizzare il processo produttivo, delocalizzarlo in altri Paesi» propose Mrs Brooks.
«Impossibile» mi intromisi. «Andrebbero ad aumentare i costi di trasporto ed i nostri clienti ci amano per il Made in USA. Scarpe di qualità, è questo ormai il nostro timbro.»
«Potreste buttarvi sul Made in Italy, è molto richiesto pure quello negli ultimi risultati in borsa» suggerì Mr Schliemann.
«La manodopera costa troppo, ci abbiamo già provato per calare il prezzo di vendita» ribatté mio padre scuotendo la testa.
Intanto, i camerieri portarono via i nostri piatti vuoti e ci servirono velocemente i primi.
«Anche il trasporto andrebbe a costare molto» aggiunse Mr Brooks. «Dovremmo impiegare gli aerei, mentre restando negli Stati Uniti bastano i camion.»
«Ma quanto è più sicuro l'aereo rispetto alla strada?»
«Non siamo nel Medioevo, Mrs Schliemann» intervenni. «Non ci sono briganti nascosti nei boschi a derubare la carrozza reale. Inoltre, per arrivare in America si deve passare per il Regno Unito, noto per le turbolenze. È più facile che un aereo cada nel Mar d'Irlanda che un camion venga derubato in Texas.»
«Il Texas non è così male, ci sono stato» scherzò Henry.
«Be', il senso non cambia» ribattei con un sorriso ilare.
«Okay, diamoci tutti una calmata» si intromise mio padre. «Perché non ci incontriamo tutti domani nel mio ufficio, carte alla mano?»
«Solo se ti porti dietro tua figlia» scherzò Mr Hatcher. «Se ne intende, la ragazza.»
«Infatti è l'erede al trono» rispose con lo stesso tono mia madre.
«Prima Yale, poi l'azienda di famiglia» rimarcò mio padre.
«Pensavo avessimo deciso che io avrei scelto l'università» ribattei. «Mi dovete almeno questo.»
«Non adesso, okay, tesoro?» tentò di rabbonirmi mia madre. «Ne riparliamo a casa.»
«Tu che università vorresti frequentare, Candice?» mi chiese Mr Brooks.
«La Columbia. Vorrei studiare giornalismo» risposi, sicura di me.
«Be', è molto prestigiosa» commentò Henry. «È un'ottima scelta, secondo me.»
«Giornalismo?» si sconvolse mio padre. «Non se ne parla. Tu studierai economia, Candice, ne avevamo già parlato.»
«Voi ne avete parlato. Io voglio fare giornalismo, papà» insistetti.
«Ti concedo la Columbia, ma studierai economia.»
«Perché per una volta, per una sola volta, non posso decidere io cosa farne della mia vita?» mi innervosii, prima di alzarmi, sbattere il tovagliolo sul tavolo e uscire dal ristorante.
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