26

Sabato pomeriggio ricevetti un pacco tramite posta e mi sedetti sul mio divano per aprirlo. All'inizio ero spaventata, devo ammetterlo, dal fatto che non vi fosse alcun mittente, ma poi mi pentii di avervi dato tanta importanza nel momento in cui estrassi un biglietto firmato da Robert: "Indossali stasera."
Si trattava di un vestito nero dal profondo scollo a V e la lunga gonna in tulle e chiffon su cui ancora era attaccata la targhetta firmata Dior comprensiva di prezzo da capogiro, come d'altronde le décolleté in lana pied-de-poulle, la collana in oro dalla rosa dei venti come ciondolo, gli orecchini di perle con una piccola ape dorata come perno ed il bracciale placcato oro dal motivo intrecciato.
Onestamente odiavo che Robert avesse speso a vanvera il proprio denaro solo per far notare che lo possedeva. Inoltre, avevo già scelto cosa mettere, quella sera, e di certo un outfit targato Christian Dior non mi avrebbe fatto cambiare idea. Avevo un paio di tacchi rosa antico dai dettagli trasparenti firmate Valentino, made in Italy, che mi aspettavano dal mio precedente compleanno. E mi ero affezionata in fretta al vestito scelto con Helena.
Quando i miei genitori tornarono da lavoro, il pacco era stato richiuso e posato sul tavolo accanto alla porta d'ingresso in attesa di venire recapitato al mittente originario.
«Quello cos'è, tesoro?» mi chiese mia madre, togliendosi la giacca.
«Un regalo di Robert» risposi con nonchalance.
«Lo hai già aperto?» domandò ancora mio padre.
«Sì e siccome sono cose inutili, piuttosto che tenerle a prendere polvere, gliele restituisco. Magari a sua madre vanno bene.»
Mia madre sbirciò all'interno e ne estrasse l'abito, aprendo la bocca con stupore. «Mio Dio!» esclamò. «Sarebbe perfetto per stasera!»
«No, ho già un vestito, per stasera, che mi piace cento volte di più.»
«Sciocchezze, lo dici solo perché lo ha mandato Robert.»
«Come mi conosci bene, mamma» ironizzai. «Allora saprai anche che niente mi smuoverà dalla mia decisione.»
«Sei... sicura sia quella giusta?» esitò, forse per ciò che le avevo detto su quel maniaco.
Purtroppo per lei e, molto probabilmente, anche per me, dovevo conquistare un ragazzo e di certo non avevo intenzione di farlo con un outfit da migliaia di dollari regalatomi dal mio futuro marito. «Sicurissima» risposi, quindi.
Ero dispiaciuta che tra me e Dylan si fosse creata quella crepa che, tra l'altro, io avevo scatenato. Avrei voluto rimediare e speravo di farlo quella sera. Non lo avrei mai ammesso, ma speravo con tutto il cuore che lui mi dicesse che si era sbagliato e che mi amava. E sapevo che non era saggio, che chiunque con un minimo di amor proprio non lo avrebbe mai fatto, ma se Dylan mi avesse detto quelle due semplici parole io lo avrei perdonato all'istante per avermi fatto del male.
Mi preparai in fretta, mi truccai con eyeliner bordeaux, ombretto rosa e rossetto nude e raccolsi i capelli in uno chignon laterale con treccia. Infine, mi spruzzai del profumo Valentina sul collo, indossai il bolero che mi aveva consigliato Helena e salii in macchina con i miei, che non dissero una parola su Robert ed il mio look.
La cena si sarebbe tenuta nella sala ristorante del Four Seasons, all'interno del Seagram Building, nel cui centro spiccava la vasca accompagnata dagli imponenti arbusti posizionati ai suoi quattro angoli. Nella familiare e fredda hall della struttura ci attendevano gli Schliemann ed Helena con i suoi genitori.
«Sei bellissima!» esclamò la mia amica appena mi vide.
«Tutto merito tuo.»
«Sei nervosa?»
Sospirai e lanciai uno sguardo alle scale. «Non poco, in effetti.»
«I Brooks sono già arrivati» mi avvisò. «Tutti i Brooks.»
Annuii, prima che mio padre mi invitasse a salutare quell'ostrogoto del mio futuro marito, che mi squadrò da capo a piedi con aria critica.
«Facciamo due passi?» mi propose. Mentre mantenevo una distanza minima di venti centimetri, aggiunse: «Non ti è piaciuto il mio regalo?»
«Onestamente no. Avevo intenzione di rimandartelo indietro.»
«Cosa non ti è piaciuto?» si spazientì.
«Il cartellino con il prezzo come a dire "posso permettermelo". Se fosse stato un regalo vero non avresti voluto farmi vedere quanto hai speso. Perciò puoi tenertelo, forse a tua madre farà piacere.»
«Ma io volevo che facesse piacere a te.»
«Modo sbagliato, mi dispiace» risposi, secca, prima di accelerare il passo per allontanarmi da lui e fargli che la conversazione era conclusa.
«Non azzardarti a parlare con Brooks, hai capito?» mi gridò dietro, mentre rientravo nell'edificio con un brivido lungo la schiena.
Salii velocemente le scale, quasi di corsa, ed incappai nel petto del fratello di Dylan, presunsi. Avevano in comune gli occhi cerulei ed i lineamenti decisi della mascella, mentre i capelli di Louis somigliavano più a quelli di sua madre, castano chiaro, invece del moro di suo padre, ereditato dal fratello.
«Scusami» balbettai.
«Scusami tu» sussurrò senza distogliere lo sguardo dal mio. «Louis Brooks, a proposito.»
«Candice Neil» risposi stringendogli la mano.
«La figlia di Oliver Neil» ne dedusse.
«E tu il figlio di Michael Brooks, nonché fratello di Dylan.»
«Esattamente. Sei splendida, comunque. La stella più luminosa, stasera.»
«Grazie» risposi con il rossore che mi affiorava sulle guance. «Hai per caso visto tuo fratello?»
«Poco fa stava stringendo la mano di tuo padre, forse sarà già a tavola.»
«Già, forse» borbottai distrattamente.
«Hai già controllato il tableau?»
«No e onestamente non sapevo che avessimo i posti assegnati» ammisi. «Sai, è... il mio primo evento di beneficenza. Non so come funzionino queste cose.»
«Tranquilla, tu non devi fare niente. Solo trovare il tuo tavolo, sederti con i tuoi genitori, sorbirti i discorsi moralisti dei milionari e aspettare che inizi l'asta e, soprattutto, che finisca. Poi potrai ballare e, nel frattempo, tentare di ubriacarti con del buon vino.»
«Preferirei restare sobria» ribattei in imbarazzo. «Ma grazie per le dritte.»
«Sai, credo che tu e la tua famiglia siate al mio stesso tavolo» aggiunse con le palpebre socchiuse, come a ricordarsi il tableau o, più probabilmente, a cercare di leggervi da lontano.
«Allora fammi strada.»
Louis mi prese sottobraccio e mi scortò fino al tavolo, dove solo i nostri due posti risultarono vuoti, e fu così carino da spostarmi la seduta, prima di sedersi due posti più in là, tra sua sorella minore Jessica e suo fratello Dylan, proprio accanto a me.
«Ciao» gli sussurrai, sistemandomi il tovagliolo sulle ginocchia.
«Ciao» rispose con un piccolo sorriso timido. «Sei molto bella.»
«Anche tu» risposi sinceramente, con lo stesso sorriso.
«Immagino che più tardi dovremo parlare.»
«Per favore» confermai.

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