20

Non sapevo come interpretare il silenzio di Dylan. Semplicemente me ne stavo lì, tra le sue braccia, ad attendere che dicesse qualcosa come un condannato a morte aspetta che la lama del boia gli recida ogni legame tra la testa ed il collo.
«No, Candice» sussurrò finalmente, ed io mi pentii di aver desiderato tanto che mi parlasse. «No, ti prego.»
Mi sollevai su un gomito per guardarlo con coraggio, mentre una parte di me ardeva di rabbia e l'altra annegava nel dolore. «Non capisco» ammisi. «Tu non... Non mi ami?» mi sforzai di dire. «Bene, ma lascia che ti dica che io ti amo, perché se me lo tenessi dentro sarebbe troppo pressante per me.»
«Candice, tu non puoi amarmi» ribatté.
«Lo so» sussurrai con le lacrime agli occhi.
«No, principessa, tu non lo sai» replicò accarezzandomi una guancia. «Tu non sai niente. Fidati se ti dico che non puoi.»
«Perché no?»
«Perché io non posso amare te. E non voglio che tu soffra.»
«Ma io sto già soffrendo» gli feci notare a denti stretti.
«Perché avevi ragione, dovevi starmi lontano. Dovevamo finirla. E mi dispiace, mi dispiace» enfatizzò, «che io sia stato così idiota da non darti retta. Dovevo lasciarti andare come tu eri disposta a fare con me.»
«Sappiamo entrambi che non ti avrei lasciato andare, nemmeno se tu mi avessi assecondata» sussurrai ancora, incapace di trovare la voce a causa del groppo in gola che avevo.
«Candice, principessa, non posso amarti, lo capisci, questo, vero?»
«No» ammisi. «Non lo capisco.»
Distolse lo sguardo da me e lo portò dall'altra parte della stanza. «Io non sono capace di amare, non come tu vorresti essere amata, non come tu dici di amare me. Io non sono capace di fare niente di buono della mia vita. Prima Sally, poi mio padre, mio fratello, uno dopo l'altro mi dimostrano che non sono all'altezza né di una donna, né del nome di famiglia, né tantomeno di una famiglia.»
«Chi è Sally?» azzardai a chiedere.
«Non importa. L'importante è che...»
«L'importante è che non mi ami perché non ti rendi conto che non potrai mai amare, se non ti dai una possibilità» lo interruppi con fervore. «"La vita è ciò che ti capita mentre stai facendo altri progetti", disse John Lennon. E così è per l'amore: mentre tu ti compiangi e pensi di non esserne degno, quello ti passa davanti ed è il preciso istante in cui lo perdi.»
Mi alzai velocemente e mi rivestii, prima di uscire e sbattermi la porta del monolocale dietro alle spalle. Non me ne andai, in realtà: restai seduta con la schiena contro la porta a piangere, la mano davanti alla bocca perché Dylan, dall'altro lato, non sentisse l'eco del mio dolore. Non sapevo nemmeno perché facesse tanto male, se perché non mi amava o perché mi aveva detto di non amarmi in un modo così diretto. Avrebbe forse fatto meno male se lo avesse detto in un modo diverso? Non lo avrei mai saputo, comunque.
«Candice» mi sentii chiamare dall'interno del locale. «Piccola, lo so che sei lì fuori. Parliamone, per favore.»
Non c'era più niente di cui parlare, pensai. Ormai mi aveva detto chiaro e tondo che dovevo stargli lontana, cos'altro avrebbe voluto dirmi? Eppure per un attimo, per un solo istante, fui tentata di tornare dentro. Cercai a tentoni la maniglia della porta, lo sguardo al soffitto nel vano tentativo di smettere di piangere. E appena l'ebbi trovata lasciai ricadere la mano con un singhiozzo che confermò la mia presenza a Dylan.
«Candice» mi chiamò ancora. «Sto per aprire la porta.»
Ma prima che potesse farlo davvero scattai in piedi e corsi giù dalle scale fino al pianerottolo inferiore, dove potei aggrapparmi con tutte le mie forze al corrimano e tirare un debole calcio al muro, prima di accasciarmi sulle scale e crogiolarmi nelle mie pene.
Per la testa mi passavano tutti i momenti in cui mi ero convinta che Dylan provasse qualcosa per me, perché lui si era comportato come se così fosse stato ed io ero stata tanto idiota da pensarlo. Pensavo di poter essere diversa dalle altre, per lui, ma a quanto pare non era così. A quanto pare, per lui ero un'altra avventura vissuta sotto le coperte, una specie di relazione segreta con la figlia del capo del padre. Persino troppo complicato da dire. In particolare, un momento mi tornava alla mente: la giornata tra i boschi. E sapevo persino perché fossi così attaccata a quel giorno: perché Dylan mi aveva assicurato che con me non si stava solo divertendo, che io non ero l'ennesimo giocattolo con cui aveva avuto a che fare. "Sei bellissima, ma sei prima di tutto una persona", mi aveva detto. "Voglio solo che tu abbia quello che per anni non hai avuto". Ed io avevo pure avuto paura che se gli avessi chiesto il perché delle sue parole avrebbe potuto rispondermi che si stava innamorando di me. "Non puoi pensare che io non ci tenga, a te", mi aveva detto. Più ci pensavo, più mi sentivo una stupida. Ci ero cascata in pieno e adesso ero in trappola, solo che il mio carceriere non sapeva nemmeno da dove cominciare per liberarmi. E chissà se ne aveva l'intenzione, di liberarmi.

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