14
«Me lo avevi promesso, Candice» si infuriò mia madre appena venne a conoscenza del fatto che non sarei potuta andare con lei in studio, quel pomeriggio.
«Andiamo, mamma, tanto sai che io adoro ogni abito che disegni!»
«Cos'hai di tanto importante da fare?»
«Io...» Sospirai. «Vado a ripetizioni» mentii.
«Hai difficoltà nello studio?» s'incupì. «In quale materia?»
«Scienze» risposi prontamente, pensando, invece, "anatomia".
«E chi ti dà ripetizioni?»
«Un ragazzo del mio corso.»
«Chi, Candice?» insistette.
«Il figlio dei Brooks» mi arresi.
«Louis non va più a scuola.»
«No, non Louis, ma Dylan Brooks.»
«Dylan... Mi hai già nominato un certo Dylan.»
«È da tanto che mi aiuta. Semplicemente...» Le presi le mani tra le mie con fare premuroso. «Tu e papà avete così tanto da fare, così tanti problemi, negli ultimi tempi, che non volevo farvi preoccupare. Va tutto bene, a scuola, faccio solo un po' fatica in scienze e Dylan è stato carino ad offrirmi il suo aiuto. Se poi vi avessi detto che mi vedevo con lui avreste pensato tutt'altro che allo studio.»
«Tesoro,» mi chiamò mia madre con un tono così tenero da farmi venire le strette allo stomaco, «so che a te Robert non piace, ma so anche che tu non faresti mai una cosa del genere. Né mentirmi, né ferirmi a quel modo.»
«Allora... Puoi fare a meno di me, solo per oggi?» tentai di concludere, con un groppo in gola. Non pensavo che mentire a mia madre sarebbe stato così doloroso.
«Certo, tesoro. Proprio un'ora fa Selena Brooks si è offerta di aiutarmi, perciò tu puoi andare a studiare con suo figlio.»
«Grazie, mamma.»
¤ ¤ ¤
«Se qualcuno te lo chiede, tu da oggi studi scienze» dissi a Dylan appena parcheggiò nella Andersen Hill State Forest, a Richford, dopo tre ore di viaggio.
Non ero riuscita a smettere di pensare agli occhi di mia madre che fissavano i miei, certi che non le avrei mai fatto un torto come quello che in realtà le stavo facendo alle spalle.
«Ma io studio scienze» ribatté lui con un sorriso sornione.
«Davvero?»
«Certo.» Mi prese una mano e mi aiutò a scavalcare il cambio, prima di abbassare il suo sedile. «E sono anche molto bravo» aggiunse accarezzandomi i fianchi, prima di baciarmi sulle labbra.
«Ramo?»
«Anatomia» sussurrò, confermando i miei sospetti.
Fece scorrere la cerniera della mia felpa lentamente, prima di togliermela e lasciarmi in canottiera, la quale, però, non durò un secondo di più. Le sue mani mi accarezzarono i seni come uno scultore modella la creta, come un prete tocca il crocifisso che porta al collo. I leggins fecero fatica a scendere, come i suoi jeans, e mi abbandonai contro il suo petto, stretta tra le sue braccia, come due persone che si consolano. E, in fondo, forse era proprio così: forse in realtà avevamo entrambi bisogno di quel rapporto, di quel contatto, per consolarci delle disgrazie che ci erano capitate negli ultimi anni. Le nostre famiglie si erano sfracellate come meteore sulla Terra e noi non avevamo potuto fare niente, se non condividere il dolore a modo nostro, in quel nostro modo intimo, stretti nell'angusto spazio di quell'automobile, circondati dalla natura.
Quando tentavamo di baciarci veniva difficile tenere le labbra attaccate per il fiato affannato ed i versi che ci uscivano dalla bocca, come un animale sofferente che geme in aiuto. Quando tentavamo di toccarci era arduo fermare il tremore che si scuoteva sulla pelle dell'altro come un terremoto. Le lacrime iniziarono a scendere dal mio volto incessanti e senza un reale motivo, ma mi strinsi a Dylan quando arrivai al culmine.
«Scusa, io... non so che mi sia preso» balbettai, tentando di allontanarmi, ma lui mi trattenne e mi alzò il viso.
«Perché piangi, principessa?» mi chiese dolcemente.
«Non lo so» ammisi.
«Significa che hai così tanti motivi per piangere che al momento non te ne viene in mente nemmeno uno.»
«Mi dispiace» sussurrai.
Mi posò una mano sulla guancia ed io mi ci abbandonai come un gatto che cerca le carezze. «Per cosa?»
«Lo sai, per cosa» risposi con lo sbuffo di una risata ironica.
«No, non lo so» replicò. «So solo che una bellissima ragazza sta piangendo, quando dovrebbe solo allargare quelle labbra sexy che ha in volto e sorridere.» Si passò la lingua sulle labbra, prima di premerle gentilmente sulle mie.
Mi afferrò una coscia con una mano, mentre con l'altra mi spostò i capelli su una spalla e mi chinò il collo per appropriarsene con la propria bocca.
«In questo momento non so se baciarti e basta o scoparti finché non smetti di piangere» mi mormorò all'orecchio, prima di prendere il lobo tra i denti, facendomi gemere. «E tu non mi rendi la decisione facile.»
«Cosa sono io, per te?» sussurrai inconsapevolmente, ma lui si fermò e si appoggiò al sedile.
«Cosa?»
«Io... Cosa sono, per te?» ripetei.
«Non so, è importante?»
«Voglio sapere...» esitai. «Voglio sapere se io per te sono un giocattolino sessuale.»
«Un gioc... Scherzi, spero» rispose sconvolto, scuotendo la testa. «Un giocattolino sessuale. Tutte le ragazze che mi porto a letto per una notte a quelle feste di merda dei miei amici, sono giocattolini sessuali. Tu... Candice, perché dovresti esserlo?»
«Non so...» sussurrai, ma lui mi interruppe.
«Okay, aspetta.» Mi aiutò a rivestirmi e mi legò la felpa attorno alla vita, prima di sistemarmi a sedere su di lui. «Ascoltami, principessina: solo perché ogni volta che io e te ci vediamo finiamo a fare sesso, non vuol dire che tu per me sia un giocattolino. Sì, sei bellissima, ma sei prima di tutto una persona, Candice. Ed io ti tratto come tale, mi sembra. Hai i tuoi bisogni ed io sto cercando di soddisfarli, dato che il tuo ragazzo è uno stronzo e non ti sfiora con un dito se non per farti del male. Adesso il tuo bisogno era sessuale, ma ieri, che avevi bisogno di parlare, lo abbiamo fatto. Adesso, stiamo parlando. Voglio solo che tu abbia quello che per anni non hai avuto.»
«Questi non sono discorsi che dovresti fare, Dylan» mi lamentai, perché sapevo che se gli avessi chiesto il perché del suo comportamento, delle sue parole, lui mi avrebbe potuto rispondere in due modi, ed entrambi non mi sarebbero piaciuti: o perché gli facevo pena e in realtà non sentiva niente per me, o perché si stava innamorando di me.
«Candice, non voglio entrare nell'argomento che nessuno dei due vuole toccare. Però non puoi pensare che io non ci tenga, a te, in qualsiasi modo tu possa pensare. Non sei un giocattolino sessuale. Sei una persona che ha bisogno di aiuto, come chiunque altro.» Disegnò movimenti semicircolari sulla mia guancia con il pollice e mi sorrise premuroso. «Okay, principessa?»
Annuii e lui mi lasciò un bacio sulle labbra e poi sulla fronte, prima di stringermi a sé con la mia testa nell'incavo del suo collo.
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