11
«'Giorno, Louisa» salutai la segretaria agitando il bicchiere di Starbucks che avevo in mano mentre superavo il suo blocco per raggiungere l'ufficio di mio padre.
«Buongiorno, Miss Neil, cerca suo padre?»
«Si capisce, eh?» scherzai, indicando il mio abbigliamento formale. «Comunque sì, sono giorni che non ci vediamo e dobbiamo discutere di un paio di questioni che ritengo importanti.»
«Sperando che anche suo padre la pensi così, lo avverto del suo arrivo.»
«Non ce n'è bisogno, di sicuro sarà in ufficio con qualcuno che mi lascerà la poltrona libera in fretta. Non verrai licenziata perché la figlia del capo è una stronza, Lou, non quando la figlia stronza del capo pensa che tu sia l'unica persona che fa tornare suo padre a casa la sera.»
«Non è esattamente quello il mio lavoro...»
«Ma è quello che fai e te ne sono grata. Ora perdonami, ma devo spargere del sangue nell'ufficio di mio padre.»
Entrai a passo svelto nel suo studio e vidi Mr Hatcher seduto di fronte lui, entrambi con un cipiglio in fronte.
«Spero di non aver interrotto niente di importante» annunciai.
«Figurati, Candice» rispose Mr Hatcher. «Stupida burocrazia. Ti cedo volentieri il posto. Arrivederci, Mr Neil.»
«Arrivederci, Simon. Accomodati, tesoro» aggiunse mio padre, rivolto verso di me. «Va tutto bene a casa?»
«La mamma ha iniziato a dare di matto come tutte le volte che passi giorno e notte in ufficio. Tutto nella norma, insomma. Volevo parlare con te da uomo d'affari a futura donna d'affari, papà.»
«Dimmi tutto, allora.»
«Primo argomento della giornata: Robert Schliemann.»
«A meno che non ti abbia fatto del male, sorvoliamo. Non mi farai cambiare idea sul matrimonio, Candice.»
Strinsi le labbra e congiunsi le mani sul tavolo. «Secondo argomento: l'università.»
«Yale o Columbia, come vuoi. Ma economia, te l'ho già detto.»
«Questo non è decisamente quello che intendo per "patteggiare".»
«Semplicemente io sono quello con il coltello dalla parte del manico e tu non hai niente di interessante che mi spinga a venirti incontro.»
«Il fatto che sono tua figlia, a cose normali, dovrebbe essere già qualcosa.»
«Ma stiamo parlando da persone d'affari, come hai detto tu.»
«Carino usare le mie parole contro di me, papà. Bene, eccoti qualcosa che potrebbe "spingerti a venirmi incontro": le azioni dell'azienda degli Schliemann hanno perso di valore dello 0,3% alle ultime quotazioni in borsa.»
«È una cifra significativa, per il loro valore di mercato. Terrò un colloquio con Mr Schliemann per capire cosa stia succedendo.»
«Bene. Terzo argomento: lo stage che dovrei effettuare qui.»
«Cos'hai da contestare, adesso?» sospirò mio padre con gli occhi al cielo.
«Lavorerò qui per il resto della vita, perciò vorrei che lo stage si tenesse in una delle nostre imprese associate, come quella degli Schliemann, dato che tanto studierò economia, o quella degli Hatcher.»
«Lo accennerò alla prossima riunione» concesse.
«Davvero?»
«Sì, può farti bene vedere come operano gli altri settori e potresti essere una sorta di infiltrata per conto mio per controllare l'andamento di un'altra impresa. Questa è un'ottima idea, Candice.»
«Grazie, papà.»
«Se è tutto...»
«Papà» lo richiamai e lui alzò lo sguardo dalle sue carte. «Pensa all'università, ti prego. Mi avete già tolto la possibilità di innamorarmi di qualcuno che non sia Robert. Non toglietemi anche quella di studiare ciò che mi piace.»
Lui sospirò ancora, gli occhi al cielo, ed annuì. «Vedrò di convincere tua madre, anche se non sarà affatto semplice.»
«Grazie, grazie, grazie! Ti voglio bene, papà!» esclamai con un grande sorriso.
«Però voglio che frequenti anche un corso di economia aziendale, mentre studierai giornalismo» mi avvertì.
«Certo, tutto quello che vuoi. Grazie ancora.»
«È tutto?»
«È tutto» confermai. «Ci vediamo a casa?»
«Tua madre cos'ha in mente, per cena?»
«Il pollo ripieno, penso.»
«Il suo pollo ripieno? Quello che resta sempre un po' crudo al centro e riversa tutta quella poltiglia color vomito quando lo tagli?»
«Okay, la mamma in effetti non è una grande cuoca. Cinese, italiano o tailandese?»
«Cinese.»
«Ordino del maiale mu shu» conclusi, sapendo che altrimenti mio padre avrebbe preferito trattenersi ancora in ufficio. «Ci vediamo più tardi.»
«Sì, a più tardi. Se Mr Brooks è là fuori, digli di entrare.»
Appena uscita, mi scontrai con qualcuno che portava dei pesanti plichi di documenti, che si sparsero tutti a terra.
«Dovresti stare più attento, potrebbero essere importanti» consigliai al ragazzo mentre lo aiutavo a raccogliere tutto.
Quando alzai lo sguardo riconobbi la massa di ricci che il giorno prima accarezzavo, mentre quel naso nubian mi premeva contro il petto; quindi mi bloccai e lasciai che Dylan ricambiasse il mio sguardo.
«Ciao» sussurrò con un sorriso.
«Ciao» risposi allo stesso modo.
Mi squadrò un attimo e si morse un labbro in un modo irresistibile. «Sei bellissima, oggi.»
«Grazie.»
«Non sai che ti farei, Candice Neil.»
Sgranai gli occhi, il respiro corto, e mi alzai velocemente, prima di porgergli i suoi fogli.
«Ecco il tuo caffè, Dylan» annunciò suo padre, facendo il suo ingresso con due grandi bicchieri di caffè all'americana. «Imbranato come sempre, ragazzo?»
Il figlio si strinse nelle spalle. «Evidentemente non sono tagliato per questo lavoro.»
«Hai conosciuto Candice Neil, vedo. È la figlia di Mr Neil» mi presentò Mr Brooks, ignorando il commento di Dylan.
«Evidentemente.»
«Candice, mio figlio, Dylan.»
«È un piacere» finsi di non conoscerlo e gli strinsi una mano, ma così lui fece ricadere tutti i documenti.
«Cristo santo» borbottò Mr Brooks, mentre io ridevo sotto i baffi. «Scusalo, vede poche ragazze, sempre concentrato su chissà cosa.»
«Sulle ragazze, papà» rispose Dylan, prima di farmi l'occhiolino.
«Vuoi una mano... di nuovo?» proposi.
«Lascialo stare,» rispose suo padre al posto suo, «deve imparare.»
Nel raccogliere un foglio caduto ai miei piedi Dylan mi accarezzò volontariamente una gamba ed io, che mi ero sentita scuotere da un fremito e non volevo cadere sui tacchi, mi allontanai velocemente.
«Devo andare a studiare. Mio padre ha detto che può entrare, Mr Brooks. Buona riunione.»
«Grazie, piccola, e buono studio.»
Mentre me ne andavo mi voltai verso di loro e, nonostante suo padre lo stesse rimproverando, Dylan mi fece un occhiolino, facendomi arrossire una volta nascosta dietro ai capelli.
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