8. Innamorata persa
Sabato 26 gennaio
Aspetto Vincent sotto casa, davanti al portone.
Gli ho spiegato dove abito, sperando che abbia capito. E spero proprio che quella stronza della mia vicina, che ogni giorno mi guarda dall'alto in basso, passi qui sotto proprio nel momento in cui io entrerò nella Porsche fiammante di Vincent.
Sono le dieci e mezza, ma immagino che lui farà uno dei suoi soliti ritardi.
Non importa, aspetterò.
Le dieci e quaranta. Non si vede nessuno. Mi siedo su un muretto, le scarpe che fanno male.
Le dieci e cinquanta. Oddio, e se si fosse dimenticato dell'appuntamento?
Un filo di ansia mi si annoda attorno allo stomaco. Vincent sarebbe davvero in grado di illudermi e di abbandonarmi così, senza neanche avvertirmi?
Alle undici meno cinque, quando ormai la tremarella delle mie gambe ha raggiunto livelli inimmaginabili, finalmente il rombo della Porsche risuona lungo la strada.
Vincent accosta e abbassa il finestrino.
«Stai benissimo» mi sorride.
«G-grazie.»
Dopo quasi tre ore trascorse a provare il mio intero guardaroba davanti a Debbie e Flo, e altre due di combattimenti con i capelli e con i trucchi, almeno ho raggiunto un risultato decente. Peccato solo che la vicina non sia passata.
«Entra.»
Non me lo faccio ripetere due volte. Apro piano lo sportello, temendo di distruggere la maniglia, e mi infilo in macchina.
Wow!
Un odore di pelle mi avvolge all'istante, mentre abbasso la testa per non cozzare contro il tettuccio. I sedili grigi della sportiva mi abbracciano dolcemente, anche se mi aspettavo fossero più comodi: sono un po' troppo rigidi, per i miei gusti.
Mi allaccio la cintura. «Allora, dove andiamo?» gli chiedo per rompere il ghiaccio.
«Ovunque tu voglia. Dove esci di solito, il sabato?»
«Di solito resto in zona. Qualche pub vicino casa oppure vado dalle mie amiche. Non ho una vita molto movimentata.»
Vincent riflette un attimo. «Allora lascia fare a me. Reggiti forte!»
La Porsche comincia a muoversi, accompagnata da un rombo cupo, per poi schizzare a tutta velocità. Mi sento schiacciare contro il sedile e il cuore mi salta in petto, sbalzato dall'attrito.
In poco più di due minuti raggiungiamo il centro. Poi Vincent rallenta, svolta a sinistra e percorre una piccola salita.
Ci fermiamo davanti a un locale affollato, ma spazioso.
«Che ne dici, entriamo qui?» mi chiede.
«Ehm, sì, va bene» rispondo, ancora frastornata dal viaggio.
«Perfetto, allora parcheggiamo.»
La macchina si infila in un posteggio al lato del locale. Al clic del telecomando di Vincent, si chiude con un sonoro blip accompagnato da un lampeggio dei fari.
Appena entriamo nel locale, un uomo corpulento ci si avvicina con un gran sorriso. «Buonasera Vincent, ti do il tuo solito tavolo?»
«Grazie, Paul. Sei gentile come al solito.»
«Per te questo e altro, lo sai» ammicca lui. «Piuttosto, volevo discutere con te alcune questioni, ma come vedi stasera c'è il pienone. Non posso trattenermi troppo, e poi non vorrei annoiare questa dolce fanciulla» continua, spostando lo sguardo su di me.
«Non preoccuparti, avremo tempo» risponde Vincent.
«Accomodatevi, ora. Vi mando subito un cameriere.»
Prendiamo posto a un tavolo. Il locale è elegante, troppo elegante: se i muri di pietra e le grosse botti di vino che vi sono appoggiate potrebbero dare l'idea di un ambiente piuttosto rustico, a rovesciarne completamente la concezione ci pensano le tovaglie di stoffa chiara, le sedie imbottite – comodissime, tra l'altro – e il lungo tappeto bordeaux che collega l'entrata all'area con i tavoli, il tutto illuminato da luci soffuse.
Il cameriere ci porge due calici e un paio di menù.
«Grazie» dico con l'insopportabile vocetta timida che mi viene fuori quando non sono troppo a mio agio.
Sfoglio le pagine ruvide del menù, anche se non ne capisco molto di vini e credo che ordinerò un calice a caso.
Però... che prezzi!
E pensare che a volte mi faccio problemi, quando prendo un drink in più con le mie amiche. Con il costo di una di queste bottiglie potrei bere per un mese!
«Christine» mi sento chiamare e torno in me.
«Sì?»
«Hai trovato qualcosa che ti stuzzica?» mi chiede Vincent.
«No, a dire il vero. Anzi, non saprei proprio da dove cominciare. Non me ne intendo granché» confesso. E credo che sarò costretta a optare per la proposta più economica... ma questo non glielo dico.
«Allora sceglierò io per te. Ti fidi?»
Ahia.
Tanti cari saluti alla proposta più economica.
«Ma certo.»
Una giovane, elegante cameriera arriva al nostro tavolo. «Buonasera, Vincent» lo saluta. «Paul mi ha detto di volervi far assaggiare un nuovo Barolo appena arrivato, posso portarvelo?»
«Sì, cara, ti ringrazio. Ma per la signorina vorrei qualcosa di più morbido. Uno Chardonnay andrà più che bene. Ah, e se puoi anche un paio di tartine.»
«Allora torno subito» sorride la cameriera, poi si allontana a passo svelto.
Mi guardo intorno, soffermandomi sull'arredamento raffinato, sulla gente ben vestita, sul pavimento pulitissimo nonostante sia sabato sera e il locale sia pieno.
Non ci sono abituata. Mi sento un po' fuori posto.
Vincent deve aver notato il mio imbarazzo. Mi sorride, poi mi prende una mano.
«Sai» mi spiega, «Paul è un mio cliente, ma è anche un grande appassionato di vini come me. Ogni tanto mi fa assaggiare alcune bottiglie della sua collezione per sapere cosa ne penso.»
«Ah, capisco. Dev'essere un mondo interessante, quello dei vini.»
«Estremamente interessante. Ma non tutti riescono ad apprezzarlo.»
Sorrido, nervosa. «Già. Io, per esempio, non ne capisco quasi nulla.»
«Si può sempre imparare.»
Vincent mi guarda negli occhi e io mi sciolgo.
Per te imparerei daccapo tutto ciò che so.
La serata passa veloce, tra deliziose tartine di vari gusti e, sì, diversi calici di ottimo vino rosso. Seduti al tavolo, chiacchieriamo a briglie sciolte e senza alcuna fretta.
Vincent mi parla un po' di sé, rivelandomi di aver desiderato, talvolta, una vita normale.
«In che senso?» gli chiedo.
«Beh, quando sei il giovane rampollo di una famiglia nobile, cresciuto nel lusso quasi senza rendertene conto, non è facile rapportarti con la realtà.»
A quanto pare, nonostante le nobili origini, Vincent ci ha messo del suo per conquistare la posizione che ha oggi. I suoi risultati sono farina del suo sacco. Dopo un'adolescenza passata a studiare in un prestigioso college lontano da casa per volere del padre, dopo la sofferta laurea in legge, dopo mille viaggi per il mondo, ha deciso infatti che avrebbe gestito le aziende di famiglia a modo suo e si è gettato sulla produzione di vini di alto livello, producendo marchi del tutto nuovi. Con ottimi esiti, a quanto pare.
Caspita!
Cosa potrei dirgli di me, adesso, dopo quello che mi ha raccontato? La mia vita, in confronto alla sua, è una banale commedia da quattro soldi. E così mi limito a parlare del paesino di duemila anime in cui sono nata, della mia decisione di trasferirmi qui per studiare – grazie a Flo, all'epoca una vecchia compagna di scuola che era arrivata l'anno prima di me, incontrata per caso dal fornaio del nostro vecchio quartiere – e poi del mio lavoro – anche quello trovato con lo zampino di Flo, santa Flo che mi sostiene sempre. Ecco, praticamente sono più raccomandata di lui!
Al momento del conto, per fortuna, Vincent mi impedisce di tirare fuori il portafoglio.
«Non se ne parla, Christine. Oggi sei mia ospite.»
Grazie a Dio! Mi ci sarebbe voluto mezzo stipendio per saldare la mia parte.
Salutiamo il gentile Paul, che ci invita a ritornare al più presto, e ci incamminiamo piano verso la macchina. Devo fare attenzione: l'alcool sta cominciando a incidere sulle mie facoltà motorie e devo concentrarmi per camminare senza sbandare. Per di più, i tacchi altissimi che ho deciso di indossare stasera non sono affatto d'aiuto.
«Attenta» mi dice Vincent, vedendomi in difficoltà. Si avvicina a me e mi tende il braccio con una certa galanteria.
«Grazie!»
Lo afferro, alzo lo sguardo e incontro il suo. Ci sorridiamo.
Il contatto col suo corpo mi provoca un tremito.
Mi sento così euforica che vorrei abbracciare il mondo intero. Ho tanta voglia di ridere, di vivere, di respirare il profumo di Vincent. Sarà il vino, sarà che mi sto lentamente ubriacando di lui.
Torniamo alla macchina, entriamo. Quando sono al sicuro sul sedile, mi lascio scappare un sospiro di sollievo.
«Stanca?» mi chiede lui.
«Neanche per sogno.»
Vincent sorride. «Ti va un altro giro?»
Annuisco senza esitare. Passerei anche tutta la notte qui con lui.
I fari si accendono e la Porsche riparte, percorrendo la stradina a ritroso.
«Dove andiamo?» chiedo a Vincent.
«A respirare un po'.»
L'auto corre sempre più forte e in un attimo ci porta fuori città. Le strade buie scorrono sotto le ruote, quasi mi sembra di volare.
Lancio un grido di euforia e Vincent mi rivolge uno sguardo divertito.
Ride.
Oh, Dio, che risata che ha!
Sono innamorata, innamorata persa.
La Porsche arresta la sua corsa in una stradina isolata di campagna, attorno a noi c'è il vuoto.
Non perdiamo neanche un minuto. In un attimo sono su di lui. Vincent, appiattito sul suo sedile, mi fa posto e mi stringe forte a sé, baciandomi e palpando i miei glutei.
Le mie mani si infilano sotto alla sua camicia, la sbottonano, accarezzano il suo petto nudo. Prima lentamente, poi con più foga.
Continuiamo a baciarci, pervasi dal brio donato dal vino. Sul collo, sul petto, sulle bocche vogliose l'una dell'altra.
Vincent mi sfila le calze, io stuzzico i bottoni dei suoi pantaloni.
Il calore dei nostri corpi appanna i finestrini e fuori non si vede più nulla.
Spazio autrice
E voi, di vini, quanto ne capite?
Io zero 😅
Non a caso, lo studio dei vini è stato sapientemente delegato a Mary Jane, mentre Loren ha fatto il resto 😆 Parafrasando, il caro Giovanni ha fornito le informazioni, e io, da brava astemia del tutto ignorante in materia, ho trascritto senza fare domande. Se Vincent uscisse con me, si metterebbe le mani nei capelli!
Scemenze a parte, che ne pensate fin qui?
A presto!
M.J.L.
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