7. Voglio rivederti
Venerdì 25 gennaio
Il gran giorno arriva, impiegandoci almeno il doppio del tempo.
È curioso come i minuti siano in grado di dilatarsi fino all'inverosimile, quando vorresti soltanto vederli passare più in fretta possibile. E poi, quando ormai hai preso le misure e ti sei abituato ad aspettare, il tempo riprende a scorrere in maniera vertiginosa, gettandoti nel bel mezzo degli eventi senza che tu sia pronto.
Che gran bastardo, il tempo.
Quando manca poco a mezzogiorno, mi metto in macchina con le gambe che tremano. L'attico è proprio vicino alla piazza principale, per cui cerco un parcheggio e aspetto che Vincent arrivi. Si fa attendere anche questa volta.
L'attico ho avuto modo di vederlo un paio di giorni fa, nel mio solito sopralluogo preventivo. È vuoto, spazioso e luminoso, col pavimento di legno lucido. Se abbiamo davvero gli stessi gusti, a Vincent piacerà molto.
Scendo dall'auto, raggiungo la panchina più vicina e mi ci lascio cadere, stremata.
Questo è il terzo appuntamento della mattinata. È dalle nove che corro avanti e indietro per la città come una pazza, senza avere un solo minuto per me: l'ansia e i pensieri sono rimasti relegati nei meandri della mia mente, per riemergere tutti insieme adesso che mi sono fermata.
Non ho avuto neanche il tempo di pensare a cosa avrei dovuto fare con Vincent. Ho paura di sembrargli una sciocca, ho paura di apparire ridicola. In fondo, per quanto meravigliosa possa essere stata, ora che sono "uscita dal mondo delle favole", come direbbe Flo, mi rendo conto che la nostra è stata davvero solo una botta e via. Insomma, al momento non ci sono neanche i presupposti per illudersi, e anche se fa male, devo accettarlo.
Giusto?
Dopo una buona mezz'ora, il rombo inconfondibile di una Porsche accende l'aria.
È arrivato. Siamo alla resa dei conti: il momento che temo di più.
Inspiro forte prima di alzarmi. I tacchi delle mie scarpe sono più instabili che mai; sono sicura che cadrò e farò una figuraccia.
Vincent parcheggia in un posto di fortuna e scende dalla macchina. Oggi è tutto in tiro: le pieghe morbide della sua camicia gli avvolgono il petto asciutto, sotto a una giacca scura che richiama il colore dei suoi occhi.
Sta dannatamente bene, vestito così. Forse era in giro per lavoro. O magari... si è messo in tiro per me?
Basta, Christine, smettila con queste scemenze!
«Ciao!» mi sorride.
Che strano. Pensavo che mi avrebbe detto «distinti saluti».
Ricambio con la stessa parolina informale. «L'attico è a un minuto da qui, possiamo andarci a piedi.»
«Con piacere.»
Ci avviamo lungo il marciapiede. Il silenzio, che si confonde nel vociare dei passanti, è imbarazzante.
«Come stai?» mi chiede Vincent.
Mi volto verso di lui. «Oh, bene» rispondo in un tono nervoso che manda a farsi benedire la mia finta sicurezza. «E tu?»
Mi sorride. «Sto bene, sì.»
Varchiamo un cancello scuro, dalle inferriate piene di ghirigori, e raggiungiamo la palazzina in cui si trova l'attico: una struttura signorile, ricca e sontuosa. Con i passi scanditi dal rumore dei miei tacchi, che riecheggiano nell'atrio del palazzo, lo accompagno davanti al grosso ascensore dalle porte dorate.
Entriamo. Premo il pulsante più in alto, un bel «10» schiacciato pochissime volte, e l'ascensore comincia a salire lento.
Con le spalle verso le porte scorrevoli, ci guardiamo attraverso lo specchio. Non riesco a staccare gli occhi da lui, e Vincent sembra provare lo stesso. È come se una strana forza magnetica impedisca alle mie pupille di cambiare traiettoria, lasciando che vengano assorbite dal fuoco che sta iniziando a bruciarmi nel ventre.
Lo sguardo di Vincent, filtrato dallo specchio, è una fiamma viva sulla mia pelle: lo sento muoversi sul mio petto, lungo i miei fianchi, sotto al tessuto sottile della mia gonna.
Respiriamo forte, tutti e due, come se avessimo corso.
Con uno sforzo sovrumano, interrompo il contatto e punto gli occhi a terra. Se avessi aspettato ancora per un solo secondo, credo che gli sarei saltata addosso.
I suoni acuti dell'ascensore, che avvertono man mano del superamento di un piano, scorrono lenti ma angoscianti.
Sei, sette, otto... Manca così poco!
La mano di Vincent, finalmente, si posa timida sul mio fianco.
Troppo tardi.
Le porte dell'ascensore si aprono. Esitiamo per un istante, poi usciamo sul pianerottolo. Con la coda dell'occhio, mi pare di scorgere un sorrisetto impertinente sul suo viso.
Maledizione, Vincent: dovrebbe essere illegale sorridere in quel modo!
«Da questa parte» lo guido, rompendo il silenzio.
La chiave gira nella serratura ben oliata e la porta si apre ruotando sui cardini dorati. Entriamo.
Gli mostro l'attico: il salotto, le stanze, la cucina, i bagni ricoperti da piastrelle di pregio, le porte scorrevoli in legno massiccio. Poi, il pezzo forte della casa: l'enorme vetrata lucida che apre la visuale sulla città, dall'alto del suo decimo piano.
Vincent guarda fuori, concentrato. «Wow...»
«È meraviglioso, non è vero?»
Restiamo in silenzio per un po', davanti alla vetrata, ad ammirare il panorama. Poi lui si muove appena verso di me. «L'appartamento è davvero grande» mi dice. «E luminoso, anche.»
«Sì, molto. Ora sembra ancora più grande, dato che non è ammobiliato» osservo io, gli occhi ancora puntati sul panorama.
Vincent, alle mie spalle, è sempre più vicino. Posso sentire il suo respiro sulla mia nuca.
«E poi, qui c'è luce fino a sera» continuo, facendo finta di niente anche se dentro sto implodendo. «Non ci sono ostacoli alla vista.»
Le sue mani scorrono sui miei fianchi e si appoggiano dolci sulle anche.
«Le camere sono spaziose. Si può ricavare un bello studio, in quella con il balcone.»
Le labbra calde di Vincent si posano sul mio collo.
Dio, quanto fa caldo qui dentro!
«C'è... c'è un condizionatore in ogni stanza» continuo a fatica. «Sia per riscaldare gli ambienti che per rinfrescarli.»
Ci vorrebbe a me, ora, una bella rinfrescata!
Chiudo gli occhi. Vincent bacia la mia nuca, mentre le sue mani salgono sul mio petto e giocano con le spalline del reggiseno, in leggero rilievo sotto alla mia camicetta.
I nostri respiri si fondono. Afferro le sue dita tra le mie, volto la testa verso di lui, incontro le sue labbra.
Passa un minuto, un'ora, un giorno... non saprei dirlo. Le mani s'intrecciano, le lingue si rincorrono, la mia schiena aderisce al suo petto, generando un calore nel quale i nostri sensi si perdono.
Presto posso sentire la sua chiara presenza spingere contro di me. Tendo le mie braccia all'indietro, cingendogli la nuca.
«Ti voglio, Christine. Ora!»
Mi afferra ancora più forte, tasta il mio corpo con più vigore, si struscia su di me con più desiderio. Il suo fiato caldo sul mio collo manda in crisi il mio sistema nervoso.
La sua mano si stacca dal mio fianco e scende verso le mie cosce, accarezzandole. Mi giro verso di lui e lo spingo via piano, per gioco; come prevedibile, Vincent mi riafferra e mi solleva tra le braccia, le mie gambe attorno al suo busto, la gonna che si solleva e si stropiccia.
Continuiamo a baciarci, le nostre intimità in contatto costante.
«Scendi» sussurra poi lui.
«Cosa c'è?! Non azzardarti a dire che sono troppo pesante» gli brontolo nell'orecchio.
«No, è che... non ce la faccio più» geme, per poi mettermi giù e voltarmi.
Vincent mi alza la gonna e mi abbassa gli slip, che si fermano a metà delle mie gambe. I suoi pantaloni fanno la stessa fine.
Mi abbraccia forte.
«Quanto sei bella» mi dice.
«Anche tu...»
Mi attira dolcemente a sé tenendomi per i fianchi, io appoggio le mani alla vetrata per non perdere l'equilibrio.
Lo sento avvicinarsi sempre di più: un lieve solletico seguito da una dolce pressione, poi eccolo. Vincent comincia a spingere piano sul mio corpo, muovendosi sinuoso.
«Sì, così...»
Lo sento che accarezza i miei fianchi, mentre la città si staglia sotto di me...
La città?
«Oddio, aspetta!» esclamo. «Qui ci vedono tutti! Spostiamoci.»
Vincent si scansa dalla vetrata, io in risposta mi butto di peso su di lui, baciandolo. Riprende il controllo, mi afferra, eccomi di nuovo in braccio a lui, lo aiuto con una mano ed è di nuovo dentro di me.
Sento ancora il muro alle mie spalle quando Vincent si ferma, appagato. Mi bacia con dolcezza in fronte, per poi farmi scendere.
Ancora ansimanti, ci sistemiamo i vestiti. Lui poggia la schiena alla parete, chiude gli occhi e solleva il capo, mostrando il collo nudo. E il mio sguardo avido accarezza il suo profilo perfetto.
«Voglio rivederti.»
Che cosa? L'ha detto davvero?
Vincent inspira, riapre gli occhi e li punta nei miei. «Voglio rivederti, Christine» ripete.
«Anche io» non riesco a trattenermi.
Mi avvicino, gli prendo timidamente una mano. Lui non si ritrae.
***
«Ti ha invitata a uscire?!»
Debbie ancora non ci crede. Saltella, euforica, sul sedile posteriore dell'auto di Flo.
Sorrido. Se non riesce a crederci lei, figuriamoci io!
«Sì» confermo. «Domani sera, alle dieci e mezza.»
«Gli faceva proprio schifo invitarti a cena, eh?» ironizza Flo.
Seduta al lato passeggero, accanto a lei, le lancio un'occhiataccia. «Certo che non ti va mai bene niente! È ancora presto per una cosa così intima.»
Flo scoppia a ridere. «Intima? Cosa è più intimo di scambiarsi i fluidi corporei?»
«Flo!»
Ora ridiamo tutte.
«Dobbiamo darci una mossa anche noi, o diventeremo vecchie zitelle lamentose» scherza Debbie.
«E perché? Non serve mica un uomo per raggiungere la realizzazione personale» osserva Flo.
«Sai con chi ti vedrei bene?» le dico io. «Con quel rompipalle di Clark.»
«È vero!» strilla Debbie. Ridiamo come due sceme, mentre Flo emette i suoi soliti borbottii di dissenso.
«Mi volete proprio male, voi due!» sbuffa. «Come potete pensare che possa piacermi un arrogante come lui? Ed è pure sposato, per giunta!»
«Dillo che ci hai fatto un pensierino!»
«Ma neanche morta!»
Nel frattempo, la macchina di Flo è arrivata a destinazione. Il parcheggio del pub è strapieno, come ogni venerdì sera. Flo fa il giro per tre volte, ma invano: nessuno dei clienti sembra avere intenzione di tornare a casa.
Al quarto giro, sospira d'impazienza.
«Se prendiamo una pizza da asporto e ce la mangiamo a casa tua, Christine?» propone Debbie. «Dobbiamo aiutarti a scegliere i vestiti per domani!»
«Mi sembra un'ottima idea!»
Flo fa retromarcia, esce dal parcheggio e cambia direzione. Il volume della musica alla radio si alza, le mie amiche cominciano a cantare, io le imito e per un po' non penso più a nulla.
Spazio autrice
Galeotto fu l'attico e chi lo mise in vendita!
Vincent è ripartito alla carica. E Christine non si fa di certo pregare!
Speriamo solo che non abbiano dato troppo spettacolo! 😅😅
Come proseguirà la vita amorosa della nostra protagonista? Andrà tutto liscio? Ci sono ostacoli all'orizzonte?
Chi lo sa!
A presto!
M.J.L.
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