18. Sangria
Venerdì 17 maggio
È passata un'altra settimana e non ho ancora rivisto Vincent.
Non usciamo ormai da nove giorni. È un record vero e proprio.
Siamo stati ore al telefono, certo, ma è folle chi sostiene che una telefonata sia sufficiente a placare il desiderio di stringersi tra le braccia.
I lavori alla villa sono ormai agli sgoccioli e ora bisogna soltanto pensare ad avviare l'attività, in tempo per la stagione estiva.
Quando Vincent mi ha chiesto se avessi preso una decisione, gli ho risposto che non me la sento di lasciare il mio lavoro. Ne ho parlato anche con Henry, che si è dimostrato molto comprensivo.
«Sei un'ottima risorsa per l'agenzia» mi ha detto. «E sarebbe un vero peccato se te ne andassi; lavorare qui non sarebbe più la stessa cosa. Ma se la tua vita non ti soddisfa, sei libera di cambiarla. Devi fare ciò che ti fa star bene, Christine.»
Mi ha fatto sentire importante. Mi ha fatto sentire riconosciuta nei miei sforzi lavorativi.
Vincent c'è rimasto male, o almeno questo è ciò che mi è sembrato di cogliere al telefono. Era convinto che avrei accettato.
Forse vuole davvero avermi al suo fianco...
Eppure, negli ultimi giorni l'ho sentito sempre più distante: sembra trovare continue scuse per non vedermi, e questo mi fa stare malissimo.
Come se non bastasse, ho il terrore che lo faccia di nuovo, complice la mia assenza e la compagnia dei suoi colleghi. Ho il terrore che consumi altra polvere.
Sul mio cellulare arriva un messaggio. È lui.
«Sono in riunione e non riesco a chiamarti. Goditi la festa, se riesco passo a salutare.»
Già. Goditi la festa. Come faccio, con tutti i pensieri che ho?
Almeno avrò qualche possibilità di vederlo, stasera.
Alle sette, in agenzia, ci sarà una piccola cerimonia che Clark ha organizzato per inaugurare l'apertura del nuovo ramo del settore immobiliare. Il progetto, su cui io e i miei colleghi abbiamo lavorato come matti in questi giorni, è stato approvato in via definitiva all'inizio della settimana, per cui questo venerdì è il primo momento utile per poter festeggiare.
Non ho nessuna voglia di andarci. Sono arrivata a casa da pochissimo: ho appena il tempo di ritirare i panni stesi fuori stamattina e di farmi una doccia, prima di tornare in agenzia.
Una volta parcheggiato al mio solito posto e messo piede negli uffici in un orario così insolito, mi guardo intorno. L'aria è carica di entusiasmo: il settore degli immobili di lusso, per alcuni dei miei colleghi, significherà maggiori possibilità di fare carriera, e non sarà difficile parlare di promozioni.
L'ufficio di Henry è stato adibito a guardaroba – quando, per guardaroba, si intendono due sedie sommerse da borse e giacche – e nel salottino che di solito usiamo per le riunioni si terrà un piccolo rinfresco.
«Clara, benvenuta» mi saluta la collega svampita dell'ufficio vendite.
«Ehi, Marianne!» ricambio, tralasciando la solita svista sul mio nome. «Come procede la festa?»
«Ormai sono arrivati quasi tutti. Manca solo qualche dirigente delle ditte affiliate.»
Emma, la collega scrupolosa, spinge Marianne da parte per salutarmi. «Sei arrivata appena in tempo» mi dice. «Tra dieci minuti, Clark presenterà il nuovo progetto e poi daremo inizio al rinfresco.»
Mi congedo in un sorrisetto fintissimo e comincio a prendere posto nell'atrio principale dell'agenzia, che è stato riempito di sedie. Per ora sono presenti una trentina di invitati.
Vedo Henry, poco lontano, impegnato a parlottare animatamente con uno dei dirigenti dei "piani alti", come dice sempre lui. Non mi ha ancora visto.
Gli occupo un posto. La hall ora comincia a riempirsi.
Quando Clark si è già posizionato davanti alla platea, Henry mi nota e gli faccio segno di raggiungermi. Oltrepassa la fila di sedie alla sua sinistra, si china appena e prende posto accanto a me.
«Ciao» lo saluto in un sussurro.
I suoi occhi scorrono straniti sul mio vestito. Non credo che mi abbia mai visto in abiti da sera.
«Stai... stai davvero bene» mi dice poi, un velo di timidezza sul viso.
«Anche tu.»
Sono sincera. Indossa una camicia scura che gli fascia il torace con eleganza, e ora che ha l'espressione un po' più rilassata del solito, mi accorgo che è vero: Henry non è niente male!
Debbie non aveva tutti i torti. Sono talmente abituata a vederlo rinchiuso in questi uffici che non mi ero mai resa conto di quanto fosse carino.
Nel frattempo, il boss ha iniziato a descrivere in modo minuzioso tutte le caratteristiche del progetto sugli immobili di lusso, dall'acquisizione al post-vendita, chiamando in causa i responsabili di tutti i settori legati all'agenzia. Cinque o sei uomini in giacca e cravatta intervengono a turno, con le solite parole di circostanza.
Mi sto annoiando a morte. E sono da sola, per giunta! Flo è dovuta ripartire d'urgenza: sua madre ha avuto delle complicazioni e hanno dovuto ricoverarla in ospedale, e per fortuna ora la situazione è sotto controllo. Debbie, che non era invitata ma che avrebbe potuto imbucarsi, è invece al famigerato appuntamento con il barista dei suoi sogni.
E poi c'è Henry, che a un tratto finge di addormentarsi e rischia di farmi soffocare. Mi concentro sulle parole del boss per evitare di scoppiare a ridergli in faccia.
Quando finalmente arriva l'ora dei saluti, Clark è più infervorato che mai. «Ora voglio festeggiare con tutti voi questo nuovo traguardo» esclama davanti al suo piccolo uditorio. «In questi mesi abbiamo lavorato molto, lo sapete: abbiamo costruito il nostro successo passo dopo passo, vendita dopo vendita, straordinario dopo straordinario. E straordinario è oggi il nostro risultato!»
Nell'atrio qualcuno applaude, qualcuno sorride per il gioco di parole.
«Ringrazio la dirigenza, che mi ha coperto di elogi, e ribadisco che non ce l'avrei mai fatta senza di voi: la mia splendida squadra!»
Io e i miei colleghi esultiamo. Ancora un applauso risuona nell'aria.
«In particolare, permettetemi di ringraziare una delle persone più valide di questo ufficio, senza la quale tutto questo forse non sarebbe stato possibile. È sua, infatti, la nostra prima vendita nel nuovo settore degli immobili di lusso.»
Ho un piccolo sussulto. Henry mi rivolge un'occhiata divertita, mentre io vorrei eclissarmi sotto al pavimento.
«Con la vendita di Villa Saint Mary, divenuta un grande, raffinato agriturismo grazie ai nostri partner, facciamo un applauso alla nostra Christine!»
Ecco, perfetto, ora tutti mi fissano!
Abbasso appena la testa, come a fare un inchino, e resto immobile sulla mia sedia ad aspettare che la gente finisca di battere le mani.
È la prima volta che Clark mi loda così. Davanti a tutte queste persone, poi!
L'imbarazzo mi inchioda lo sguardo a terra, ma al tempo stesso mi sento felice e soddisfatta di me, del mio lavoro, della mia vita.
Che bello!
Dopo un altro giro di ringraziamenti, il boss dà inizio al rinfresco. Ci trasferiamo nella saletta delle riunioni, ma alcuni dei "pezzi grossi" si congedano e lasciano la festa. L'aria si fa un po' più familiare, senza più alcuna soggezione.
In bilico su due tavoli di plastica sistemati al lato della stanza, una ventina di bottiglie di birra sono infilate tra i vassoi pieni di rustici di pasta sfoglia, di tramezzini, di torte salate e altre stuzzicherie simili. Nei due grandi contenitori da cocktail pieni di Sangria, pezzetti di pesca galleggiano lentamente come piccole isole gialle.
I miei colleghi si avventano sul buffet. Io aspetto che la situazione si acquieti, prima di avvicinarmi ai tavoli. L'atmosfera è festosa e casereccia, ben lontana dal lusso dei ricevimenti a cui sono stata con Vincent.
«Prendi qualcosa, Christal» mi dice Marianne con la bocca piena. «Se aspetti ancora non rimarrà neanche un salatino!»
Non ho molta fame, ma accetto volentieri il bicchiere che mi porge.
La serata trascorre tranquilla, tra birre un po' intiepidite e Sangria. La hall, con le sedie spostate lungo le pareti, è diventata il fulcro della festa, e io mi lascio trasportare dall'entusiasmo dei miei colleghi, dalla musica e dall'allegria generale.
«Hai per caso visto Clark?» mi chiede Caroline, la segretaria, quando torno nella saletta del rinfresco per bere qualcosa.
«No. Sarà uscito un attimo fuori.»
Caroline scuote il capo, rassegnata. «Quell'uomo è una macchina da guerra. Abbiamo perso il conto di quanti bicchieri ha vuotato.»
«Davvero?!»
Oddio! Il boss ubriaco... questa non me la voglio proprio perdere!
«Ah, lui fa sempre così» interviene Henry, dietro di me. «All'ultima festa aziendale, quando tu ancora non lavoravi qui, per l'euforia ruppe la gamba di una sedia, poi se ne dimenticò e ci si sedette sopra.»
Caroline ride. «Cielo, che caduta che fece!»
Sono sconvolta.
Clark?! Il boss? Sul serio?
«Poi oggi è diverso dalle altre volte» spiega Emma, sbucata al fianco di Caroline. «L'inaugurazione del nuovo ramo aziendale gli frutterà di certo una promozione, e sapete quanto Clark sogni di accedere alla dirigenza dell'agenzia.»
«Beh, sono contenta per lui.»
Dopo qualche secondo, neanche a farlo apposta, il boss fa di nuovo capolino nella saletta del rinfresco. Sotto gli occhi increduli dei presenti, tira fuori una borsa piena di bottiglie di liquori, Whisky, Gin, Vodka...
«Forza, bevete alla mia salute!» strilla, euforico.
Poi mette mano a una bottiglia di vino dall'aria familiare.
«Christine, guarda!» mi dice, la voce impastata. «Questa ce l'ha portata il nuovo proprietario di Villa Saint Mary.»
Che cosa?!
«Ah... davvero? E quando?»
Clark sghignazza. «Proprio poco fa! È passato per un saluto veloce. Non poteva mancare la sua benedizione!»
Oddio, Vincent! Allora è venuto!
Senza aspettare altro, corro a cercarlo fuori dalla saletta. Ma perché non mi ha detto che stava arrivando? Ho così tanta voglia di vederlo che credo che gli getterò le braccia al collo, fregandomene del boss, dei colleghi e di tutto il resto.
Nella hall non c'è. Controllo in tutti gli uffici, nei corridoi, nei bagni, poi torno nella stanza del rinfresco.
Niente.
Ma dove diavolo si è cacciato?
Possibile che...
«Se n'è andato.»
Mi volto di scatto. Henry, appoggiato allo stipite della porta, mi rivolge uno sguardo un po' triste. «Cercavi lui, vero?»
«Come sarebbe a dire che se n'è andato?!»
«Si è trattenuto solo per due o tre minuti: il tempo di scambiare due parole col boss.»
Nel mio petto si apre un buco, un vuoto buio e profondo.
«Non sapevo che fosse qui. Non è neanche venuto a salutarmi. E non ci vediamo da giorni.»
Mi sento morire.
Henry sospira. «Mi dispiace.»
Perché? Cazzo, perché?
Coi sensi già piuttosto alterati dall'alcool, mi lascio cadere su una poltroncina della saletta. Mi viene da piangere, ma sono stanca di farlo.
Qualcuno mi rifila un bicchiere pieno e io ne scolo il contenuto, sperando che attenui il nodo che ho alla gola.
«Ragazzi, silenzio!» si sente urlare a un certo punto, nell'atrio. Clark è in piedi su una sedia, un cappellino rosso calcato sulla testa che quasi si confonde col viso arrossato dai litri di Sangria che ha bevuto.
«Voglio ringraziare tuuutti voi per la vostra presenza, questa sera. Sperando che non siate venuti s-solo per gli alcolici!»
I miei colleghi ridono, brilli anche loro.
«Parlerei ancora del risultato che abbiamo raggiunto, ma ora basta pensare al lavoro! So che sono un boss esigente, che vi metto sempre pressione, ma è ancora presto, domani è sabato e l'agenzia è chiusa, perciò... facciamo casino!»
Il bizzarro entusiasmo del boss sembra coinvolgere tutti. Persino sua moglie, rimasta in disparte e imbarazzata fino ad ora, comincia a ballare al centro dell'atrio insieme agli altri.
Sono stanca, emotivamente e fisicamente. Ma è come se una voce mi chiamasse. La musica mi trascina, il ritmo corteggia il mio corpo e io cedo alle sue lusinghe, abbandonata alla sua forza.
Bevo. Bevo ancora. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare in una danza sempre più frenetica.
Va' al diavolo, Vincent!
I miei colleghi si stringono attorno a me. Ballano energici, mi circondano.
«Dai, Christine!»
Non mi sono mai entusiasmata così tanto. Giro su me stessa, salto, mi scateno. Sono al centro. Sono il centro.
Spazio autrice
Christine ha alzato un po' il gomito... era inevitabile!
Combinerà qualche scemenza da ubriaca?
(Le probabilità sono alte, mi sa!)
E ora veniamo a noi: qual è la cosa più sciocca che avete fatto da ubriachi?
Io vi confesso un segreto:
... ehm
sono astemia!
Mai bevuto nulla di alcolico in vita mia 😅 mi fa schifo proprio il sapore, non posso farci nulla!
Mi perdo molto, che dite?
A presto!
M.J.L.
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