10. Vuoi che sparisca dalla tua vita?

 

Martedì 29 gennaio

Non sono riuscita a evitarlo.

Proprio in agenzia, sotto gli occhi di tutti.

Un crollo emotivo.

Ieri sera mi sono addormentata piangendo, dopo un chilo di cioccolata calda convertita in lacrime. Mi sono messa in piedi a stento, mi sono vestita coi primi panni che ho trovato e mi sono trascinata in ufficio per inerzia.

Non ne ho ancora parlato neanche con Debbie e Flo. Non ho avuto le energie per farlo. Ma adesso, a mezz'ora dall'appuntamento con Vincent, i sentimenti che ho provato ieri sono tornati ad affollarmi il petto, premendo forte sullo sterno per poter uscire. Il nodo alla gola che avevo stretto stamattina si è sciolto in pianto, davanti a quasi tutti i miei colleghi.

Di passaggio proprio in quel momento, Flo deve aver capito la situazione. Mi ha presa sottobraccio e mi ha portata al sicuro nel mio ufficio.

«L'ho... l'ho visto! Con un'altra!»

Non riesco a smettere di balbettare né di piangere.

Sono uno straccio.

Flo mi abbraccia, poi mi porge un bicchiere d'acqua. «Sta' tranquilla, su. Coraggio.»

«Sono un fallimento totale!»

«Smettila! Non hai fatto nulla di male. È lui l'idiota.»

Resto preda dei singhiozzi per cinque minuti buoni.

«Ho l'appuntamento...» mormoro poi.

Flo mi squadra, seria. «Vuoi che venga con te?»

«N-no. Non voglio andarci.»

«Dovresti.»

«Non ce la faccio.»

Forse attratto dal mio frignare, Henry fa capolino nel mio ufficio. «Va tutto bene, ragazze?» domanda, poi nota la mia faccia. Cerco invano di nasconderla tra le mani.

«È successo qualcosa?» chiede ancora.

Vorrei strozzarlo. Che razza di domanda è?

«N-no» gli rispondo.

«Piangi per divertimento?»

«S-sì.»

Flo interviene, autoritaria come solo lei sa essere. «Lasciala stare, Henry. È una cosa privata.»

Lui alza le spalle. «Beh, mi dispiace. Mi dispiace che tu stia male, Christine. Posso fare qualcosa per te?»

Tutto quello che vorrei ora è stare da sola, cacciarlo dal mio ufficio senza mezzi termini, ma non ci riesco. In fondo Henry sta solo cercando di essere gentile e non è con lui che dovrei prendermela in questo momento.

Forse può addirittura aiutarmi.

«Potresti andare all'appuntamento al mio posto?» gli chiedo, ormai quasi calma.

«Di che si tratta? Immobili di lusso?»

Faccio segno di sì con la testa. «Il cliente sarà qua fuori tra dieci minuti. Sempre se non è in ritardo come al solito, il signor Tutti-ai-miei-piedi.»

Henry si sistema gli occhiali. «Nessun problema. Le chiavi ce le hai tu?»

Gli porgo il mazzo sulla mia scrivania, lui lo afferra.

«Grazie, Henry. Grazie davvero.»

Troppo scossa per lavorare, me ne resto a fissare il vuoto, meditando sulle delusioni che la vita ti sbatte in faccia all'improvviso. Un pizzico di felicità e subito dopo una vagonata di sconforto, tristezza e depressione.

Passata la pausa pranzo, non ce la faccio più. Devo avere una faccia così pallida da confondersi con la parete alle spalle della mia scrivania. Flo mi copre dicendo a tutti che ho un terribile mal di testa.

Vedendomi così, il boss insiste perché vada a casa. Provo a ignorarlo, ma poi accetto il suo consiglio – anche se ovviamente mi scalerà la paga di questa mezza giornata dallo stipendio.

Poco mi importa. Non voglio vedere nessuno.

Mi spiace solo di non aver potuto ringraziare ancora Henry, che ormai sarà sul punto di rientrare in agenzia. Mi ha risparmiato di vedere quella gran faccia da stronzo di Vincent.

Una volta a casa, provo a concentrarmi sulle faccende da fare. Ho già dato spettacolo in ufficio e ho pianto abbastanza da potermi considerare soddisfatta dei miei condotti lacrimali: ora devo reagire, non ho mica quindici anni!

Eppure, tra una pila di asciugamani da piegare e i piatti della cena di ieri da lavare, la mia mente non fa altro che elaborare le solite quattro maledette immagini: il petto nudo e tonico di Vincent, la sua bocca così vicina alla mia, le sue mani sul mio corpo, e poi strette in quelle di un'altra donna.

Verso le tre e mezza, il mio cellulare vibra.

Oddio, è un suo messaggio.

Ma che vuole?

Lo leggo col cuore in gola.

«Ciao, Christine. Stai bene?»

Vincent, cosa diavolo vuoi che ti risponda?

Resto nell'incertezza per un paio di minuti. Che faccio, glielo dico che da ieri sera mi sento morire? O fingo, fingo come al solito?

«No» invio poi. Secca e decisa.

Dopo almeno mezz'ora, un altro messaggio.

«Vuoi parlarne?»

Cosa si fa in questi casi? Perché diamine non esiste un vademecum delle donne tradite?

«Forse è il caso» gli scrivo, esitando prima di schiacciare il dito su "invia".

La sua risposta si fa aspettare ancora, ma almeno Vincent sta mostrando interesse.

«Vediamoci alle otto, ti passo a prendere.»

Non sono ancora le cinque. Almeno ho il tempo di prepararmi il temuto discorsetto nella testa.

Non ho toccato cibo per tutto il giorno. A parte un mezzo pacco di biscotti. E una tavoletta di cioccolato. Di norma mi preoccuperei di non ingrassare, ma ora non me ne importa nulla. Voglio solo che queste dannate tre ore trascorrano più in fretta possibile.

Passo il tempo a guardare video stupidi sul mio cellulare, a rileggere mille volte i messaggi che ho scambiato con Debbie e Flo, a guardare il nulla davanti a me.

Alle otto in punto, corro giù per le scale. Vincent non è ancora arrivato, ma stavolta aspetto solo dieci minuti prima di veder comparire la sua auto sulla strada di casa.

Salgo, imbronciata. Lo saluto con freddezza.

Lui mi guarda, ma tace. Guida fino a un piazzale poco frequentato, accosta e spegne la macchina.

«Allora? Come mai sei così taciturna?» mi chiede in un mezzo sorriso.

Non resisto più. Gli vomito in faccia tutto ciò che ho visto ieri, tutto ciò che ho pensato. Trattengo a stento un pianto a dirotto, che si accontenta di far scorrere un paio di lacrime sul mio viso.

Lui mi lascia parlare. Quando ho finito, sospira piano.

«Christine, che cara...» comincia. «Non immaginavo che tu l'avessi presa così seriamente.»

«E come, sennò? Mi... mi hai preso per una sgualdrina?» sbotto io.

«No, e mai me ne permetterei. Ma credevo che tu avessi capito.»

«Capito... capito cosa?»

Vincent sospira di nuovo. «Il mio stile di vita. Io non sono pronto per una relazione stabile, e mai lo sarò. È una cosa che mi mette un'ansia indescrivibile.»

Ecco, adesso ho un macigno sul cuore. Un macigno che mi mozza il respiro.

«Tanti anni fa» continua, «mi sono promesso che avrei vissuto così, godendomi le mie giornate e restando coerente con me stesso. Ed è quello che ho fatto. Non c'è niente di male a non desiderare una famiglia.»

Vincent fa una pausa, mentre io sono sempre più divisa a metà.

«Questo non significa che io non stia bene con te» riprende poi. «Con te sto benissimo, mi sento compreso e ascoltato come forse non mi sono mai sentito. A dire il vero, non riesco a raggiungere un livello di intimità simile con nessun'altra. Sei speciale. Ma, perdonami, non riesco a considerare il nostro rapporto come una relazione stabile.»

Chiudo gli occhi per frenare le lacrime. «Quindi non mi vuoi.»

«Certo che ti voglio. Te l'ho detto. Io ci tengo a te, Christine, e non voglio perderti per una sciocchezza simile.»

«Per me non è stata una sciocchezza. Mi ha fatto stare malissimo.»

Vincent posa una mano sulla mia coscia. Il tocco caldo del suo palmo riesce a infondermi un po' di conforto.

«Mi dispiace» mi dice, sincero. «Ma devi capire che per me è una cosa normale. Non lo considero un tradimento, perché non c'è nessun patto da rispettare. Io non ho preso alcun impegno con te, Christine: non ne abbiamo neanche mai parlato.»

Mi sento così stupida. In fondo ha ragione. Come ho potuto pensare di comportarmi come se stessimo insieme?

Forse ho davvero corso troppo con la testa.

«E poi, tra le altre cose, se avessi voluto tradirti, pensi che sarebbe stato saggio farmi vedere con un'altra donna in pieno centro e all'ora di punta?»

Lo guardo. Sorride.

Abbozzo un mezzo sorriso anch'io. «No, in effetti...»

«Hai visto? Le mie intenzioni non erano quelle di ferirti.»

Continua a sorridere, e io non riesco più a odiarlo.

È bello. È troppo bello.

Vederlo mi fa dimenticare ogni cosa. Mi sembra di aver esagerato, sia con lui che con me stessa. Mi sento un'idiota per aver frignato tutto il giorno.

Che bisogno ce n'era?

Lui è qui, con me. Mi tiene le mani. Mi vuole.

E allora perché il mio cuore non la smette di battere come un pazzo, preso da mille ansie e paure?

«Io però non so cosa fare» gli dico, ma me ne pento all'istante.

Vincent mi guarda. Sembra triste. «Vuoi che sparisca dalla tua vita?»

«No, no, questo mai. Non voglio.»

Oddio. Solo all'idea di non vederlo mai più mi sento sprofondare, mi sento mancare il respiro.

«Allora come possiamo risolvere questa situazione?» continua Vincent. «Io ci tengo a stare con te, ci tengo davvero. Ma non me la sento di intraprendere una relazione che so di non poter sostenere. Sarei scorretto nei tuoi confronti, se ti illudessi.»

«Potremmo continuare a frequentarci così» gli propongo. «A sentirci, a uscire nel fine settimana. Se per te va bene.»

«Pensi di potercela fare?»

«Sì.»

Sul serio, Christine?

«Anche sapendo che potrebbe capitarmi di avere altri rapporti?»

Mi conficco le unghie nei palmi. Altri rapporti... Ne vale davvero la pena?

«Credo di sì.»

L'ho detto senza pensare. Forse è davvero così: forse non mi importa altro che stare con lui, a qualsiasi condizione. Forse non sarà così difficile. Potrebbe essere addirittura eccitante.

«Bene, allora». Vincent sorride.

Ci abbracciamo forte per almeno cinque minuti. Inspiro il suo profumo tra i singhiozzi che ogni tanto mi mozzano il respiro e sento che le cose tornano lentamente al proprio posto.

Poi mi riaccompagna a casa. Mi saluta, mi bacia con dolcezza, mi stringe ancora un po'.

«Sai una cosa?» mi dice divertito, prima di lasciarmi andare. «Non avevo davvero idea che tu potessi stare così male a causa mia.»

Lo guardo. Lui continua.

«Quando ho visto che non ti eri presentata all'appuntamento, ho creduto che fossi impegnata, che avessi altro da fare. Ma poi ho chiesto di te e il tuo collega mi ha detto che avevi trascorso tutta la mattinata in lacrime.»

Sento la mia faccia avvampare. «Ah sì?»

«Già! Mi ha fatto intendere che si trattava di problemi di cuore. Mi ha detto che qualcuno doveva averti mancato di rispetto, e che un vero uomo non si sarebbe mai comportato così.»

«Ma non mi dire...»

Vincent ridacchia. «Un po' inopportuno, non trovi? Ho avuto il sospetto che parlasse di me senza saperlo, ma non potevo esserne sicuro. Per questo ti ho scritto.»

Oh cielo!

«Henry parla sempre a sproposito, non farci caso.»

«Non ha importanza. In fondo, sono felice che l'abbia fatto. Almeno abbiamo chiarito questo spiacevole equivoco.»

«Sì, sono felice anch'io» sorrido.

Maledetto Henry. Domattina mi sente, oh, se mi sente!

 

Spazio autrice

Henry l'inopportuno colpisce ancora 😅 Però almeno è stato utile!

Christine ha accettato di restare accanto a Vincent nonostante lui non voglia impegnarsi in una relazione. Secondo voi ha fatto bene? Potrebbe esserci qualche possibilità che Vincent cambi le sue prospettive, o sarà solo un doloroso buco nell'acqua?

Voi cosa avreste fatto?

Il prossimo capitolo è molto breve, quindi oggi vi beccate un doppio aggiornamento 📖

A prestissimo!

M.J.L.

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