Capitolo 58
Quando William mi aveva detto quelle cose al telefono non potevo crederci. Il mio cervello si era spento per qualche momento e aveva smesso di funzionare. Non riuscivo ad elaborare il fatto che Ian avesse ucciso i nostri genitori. Non lo elaborai nemmeno quando arrivai con Seth sul posto dell'incidente e vidi i loro corpi rigidi a terra, gli occhi sbarrati, i volti bianchi e i vestiti sporchi di sangue. La pozza era grande sull'asfalto. Trattenni un conato e distolsi lo sguardo pensando a trovare Ian. Non sapevo cosa, ma qualcosa mi spingeva a parlargli. Seth provò a bloccarmi ma io dovevo farlo. Sentii le sirene ma le ignorai. C'erano molti che si erano fermati all'incrocio. Sentivo i loro occhi, i loro sussurri. Sentivo lo scandalo di quell'orrore serpeggiare tra le case della città di Boston. Ignorai tutti quanti e avanzai verso una vettura abbastanza datata e malridotta che aveva fatto inchiodare le altre.
Ian era seduto nei sedili posteriori. Entrai con il corpo che tremava e il volto già rigato dalle lacrime. Mi lanciò un solo sguardo. Anche lui tremava. La mano che teneva quella pistola ferma sulle sue gambe tremavano. Aveva il volto scavato, la barba ispida e gli occhi iniettati di sangue.
«Dovevo farlo.» Disse con voce rauca, grattandosi la fronte e poi sbattè un pugno contro il poggiatesta del sedile di fronte. «Loro se lo meritavano!»
Le sirene iniziavano ad illuminare la via e farsi più forti.
«Mi hanno rovinato.» Disse e iniziò a piangere. «Mi hanno trattato come una bestia! Non valevo niente per loro. Se lo meritavano. Erano delle persone di merda. Egoiste e manipolatrici.»
Io non riuscivo a dire nulla. Sentivo solo un macigno sul petto che non mi faceva respirare.
Mi lanciò un'altra occhiata e fece una smorfia. «Non piangere, cazzo. Devi essere felice, sorellina. L'ho fatto anche per te. Eri una pedina anche tu.»
Piangevo perchè aveva ragione, ma questo non giustificava il suo gesto. Risucchiai un singhiozzo quando guardai fuori dai vetri e vidi le macchine della polizia fermarsi attorno a noi. Ci stavano circondando. La voce dietro ad un megafono ordinò ad Ian di scendere.
«I-Ian...»
Sentii un click e sgranai gli occhi quando lo vidi armeggiare la pistola.
«C-cosa vuoi f-fare?» Balbettai terrorizzata.
Mi guardò e sorrise. «Loro volevano essere ricordarti e lo saranno. La tragedia della famiglia Blake. Uccisi dal figlio morto.»
Il mio corpo diventò un blocco di ghiaccio. Famiglia. Guardai rapidamente i poliziotti. Gridavano a Ian di uscire con le mani in alto. Erano tutti in posizione, pronti a sparare.
Stavo sudando freddo. Tremavo. La sua mano reggeva quella pistola e io avrei voluto ascoltare Seth quando mi aveva detto di non venire qui.
«I-Ian ascolta io posso--»
Mi bloccai lasciando che i miei polmoni si sgonfiassero in un urlo di terrore. Ian aveva aperto la bocca e premuto quella pistola. Il suo cranio scoppiò dentro la macchina, schizzando sangue e cervella contro il tetto della macchina e sul lunotto posteriore. Schizzando anche me. Fissai pietrificata la testa che penzolava in avanti. Il sangue usciva copioso e denso dalla bocca e dal foro sulla testa. Un conato risalì per la mia trachea e, proprio quando venni tirata fuori da quella macchina, vomitai a terra, contro la ruota.
Non sentivo nulla. Tutto era ovattato. Le orecchie mi fischiavano e continuavo a sentire quello sparo nella mia testa. Sentivo qualcosa nei miei capelli, pezzi di qualcosa, sentivo gocce di sangue sul mio visto e continuai a vomitare fino a che non mi bruciò lo stomaco e la gola.
In strada c'erano tante persone. Sentivo voci ma non le distinguevo. Qualcuno urlò e piano piano riconobbi la voce di Seth. Era lui che mi aveva trascinata fuori la macchina. Era lui che mi stava tenendo per non farmi crollare. C'erano altre voci che non riconobbi, ero troppo scombussolata. Il mio corpo non si muoveva. Era bloccato. Tutto era confuso. Vedevo doppio, sentivo distante. Mi sentivo stordita. Non capivo cosa stesse succedendo. Venni presa in braccio e il suo battito fu la sola cosa che riuscii a calmarmi per un po'. Mi aggrappai a quel suono costante.
Ian si era suicidato davanti ai miei occhi. Si era infilato una pistola in bocca e aveva sparato.
Chiusi gli occhi e rividi quel preciso istante. Mi irrigidii. Sentii ancora la nausea ma ormai non avevo più niente da rimettere.
È sotto shock, sentii dire da una voce sconosciuta.
Seth di sbraitò contro qualcuno e io mi strinsi di più a lui. Non volevo lasciare la presa. Sembrò fermarsi da qualche parte. Sentivo le sirene. Altoparlanti. Tutto mi dava fastidio e niente era nitido.
Un flash mi accecò, infastidendomi e mi tirai indietro, nascondendo il volto nell'incavo del collo dell'unica persona di cui riuscivo a sentire la presenza. Mi accarezzò la schiena. Sentivo delle parole ma non le percepivo. C'era solo quello sparo nelle mie orecchie. Quello scoppio ripetuto all'infinito. Rimasi nascosta, rannicchiata contro di lui a piangere e tremare.
Piano piano mi sembrò di riacquisire il controllo. Era tutto ancora confuso ma udivo le sirene, voci parlavano sovrapposte e qualcuno parlava a me.
«Dovremmo visitarla.»
«Lo vede anche lei che è sotto shock.»
«Puoi lasciarla andare?»
«No.»
Mi concentrai sulla sua voce. Mi rilassava la sua voce roca. Anche se ora era tesa, arrabbiata, forse spaventata. Sentivo il suo battito. Era un po' accelerato.
«Peach, mi senti? Segui la mia voce.»
Risucchiai un sospiro e singhiozzai ancora.
«Va tutto bene.» La sua mano accarezzava i miei capelli. «Sei con me. Ascolta la mia voce.»
«S-Seth...» Soffiai flebile.
Mi strinse mi più forte. «Si, sono io. Continua a seguire la mia voce. Sei al sicuro ora.»
«Lui...lui...»
«Shh. Non parlare.» Parlò al mio orecchio. «Ci sono delle persone che vorrebbero visitarti. Riesci a farlo per me, Principessa?»
Sbattei le palpebre, il collo di Seth era ancora lì a nascondermi, caldo e confortante. Mi sembrò di essere uscita da quella bolla ma non mi sentivo ancora del tutto io. Ian si era suicidato. C'era tanto sangue. C'erano pezzi del suo cervello.
«Nyxlie?» Sentii una voce femminile dolce. «Sono Ashley. Sono un paramedico. Voglio farti un veloce controllo.»
Girai piano la testa. I miei occhi vagarono attorno confusi e appannati di lacrime. Eravamo sul retro di un'ambulanza. Seth mi teneva sulle sue gambe. A qualche metro di distanza vidi un'altra ambulanza, c'erano i Fletcher, la ragazza di William e gli altri amici. Non vedevo le macchine. Non vedevo i corpi dei miei genitori. Un flash. Ian. La pistola. Il colpo.
«Si è suicidato.» Dissi in un sussurro distante.
C'erano molte persone che i poliziotti stavano tenendo distanti da questa area ora delimitata da un nastro giallo. Qualcuno fotografava.
«Tesoro, riesci a seguire la luce senza muovere la testa?»
Mi sparò ancora quella luce negli occhi. Mi infastidii nuovamente ma la seguii con lo sguardo. A destra e a sinistra.
«Bravissima.» Mormorò Seth al mio orecchio prima di baciarmi la tempia.
Rimanendo tra le braccia di Seth, quella donna mi misurò anche la pressione e mi fece altre domande. Ad alcune non riuscivo a rispondere perchè appena sbattevo le palpebre rivedevo il momento in cui Ian si sparava.
Si avvicinò un uomo. Era un agente della polizia.
«Dobbiamo farle delle domande.» Disse.
«Ma non vede che è sotto shock, porca puttana.»
«Abbassa i toni, ragazzo.» Tuonò.
Chiusi gli occhi e premetti la fronte contro il suo collo, aggrappandomi alla sua maglia. Mi dava tutto così fastidio. C'erano troppe voci. Troppo rumore. Era tutto troppo.
«Non credo sia il caso, agente.» Sentii dire dalla donna. «È in uno stato confusionario. Non è ancora nelle condizioni di poter tenere un colloquio.»
«Posso dirle io quello che vuole sapere.» Il petto di Seth vibrò quando parlò.
«Devo parlare con la ragazza.» Disse. «Quando si riprende, dovete venire in centrale.»
«Quindi possiamo andare?»
«Si ma--»
«Ho capito. Quando si riprenderà, la porterò da voi per le vostre cazzo di domande.»
Poco dopo la sua presa si fece più ferrea e si mosse. Sbottò contro qualcuno e mi sembrò il paradiso quando le voci si fecero più distanti. Eravamo alla macchina. Sentii una portiera aprirsi. Mi adagiò nel sedile e aprii gli occhi. Quando vidi che eravamo in quelli posteriori, Ian apparve nuovamente seduto con quella pistola e mi sembrò di impazzire. Mi agitai e mi aggrappai a lui, supplicandolo di non lasciarmi lì.
«No, no. Hai ragione.» Disse, sbattendo la portiera. «Scusa, hai ragione.»
Aprii un'altra portiera e si sedette, tenendo me in braccio. Aprii gli occhi e vidi che eravamo nel lato guidatore, la portiera era aperta. L'aria frizzante entrava sfiorandomi le gambe. Mi accarezzò la schiena e guardai le macchine che venivano allontanate dalla polizia. Stavano chiudendo tutte le strade che portavano a questo incrocio. Noi eravamo parcheggiati sul ciglio di una delle strade dell'incrocio. Guardai a destra con gli occhi appannati e vidi ancora le luci blu e rosse, ma niente sirene. Qui era tutto più attenuato. Potevo sentire chiaramente il battito del suo cuore contro il suo petto.
«Mi dispiace, Principessa.» Mormorò contro la mia testa. «Mi dispiace tanto.»
Fissai un punto senza davvero guardarlo. Ero in uno stato di trance.
«Vuoi bere qualcosa?» Chiese.
Annuii senza dire niente.
Non sapevo da dove avesse preso quella bottiglia ma ne trangugiai un po'. Volevo togliermi il sapore di acre che avevo in bocca. Quando mi sentii dissetata gliela restituì, ne rimasero solo quattro dita.
«Ehi, guardarmi.»
Mi scostai dal suo petto e lo guardai con la coda dell'occhio. Mi passò il pollice sotto gli occhi e accennò un sorriso.
«Sei bella anche quando piangi ma odio asciugare queste lacrime.» Mormorò.
Poi i suoi occhi si fermarono su alcuni punti del mio volto e si irrigidì. Mi chiese scusa e si allungò verso il cassetto portaoggetti. Tirò fuori un pacchetto di fazzoletti. Tornò alla sua posizione ritta e ne sfilò uno dal pacchetto per poi bagnarlo con l'acqua rimasta.
«Chiudi gli occhi.»
Lo feci perchè ero stanca. Ma piansi nuovamente perchè era sempre lì quella scena. Sentii il fazzoletto bagnato sfregare sul mio collo, sulla fronte. Lo passò anche tra i capelli. Lo passò un po' ovunque sul viso, dandomi una rinfrescata ma sapevo che stava pulendo il sangue e...altro.
«Finito. Perfetta.» Sussurrò.
Sollevai le palpebre con fatica e sentii le mie labbra tremare e piegarsi in una smorfia prima di scoppiare ancora a piangere. Lui imprecò sottovoce e avvolse nuovamente le braccia dietro al mio collo per abbracciarmi.
«È terribile, lo so.»
Erano morti. Erano tutti morti. Mi sentivo svuotata. Non sentivo più niente. Riuscivo solo a piangere.
Un telefono squillò. Aveva una suoneria strana. Seth si mosse e poi rispose.
«Ti posso richiamare?» Parlò con voce bassa. «Si...è successo un fottuto casino...ti richiamo appena posso.»
Mi scostai, tirando su col naso e guardai il telefono che aveva ancora tra le mani.
«Che telefono è?»
«Di quelli indistruttibili e non rintracciabili.»
Annuii senza sapere cosa dire. Si era preparato bene.
«Torniamo a casa, okay?»
«Devo...devo parlare con la polizia. Mi vogliono parlare.» Dissi con una smorfia, sentivo dei cerchi fastidiosi alla testa.
«Ci andremo.» Mi accarezzò una guancia. «Prima passiamo per casa. Ci diamo una rifrescata.»
Abbassai lo sguardo. La mia felpa era sporca di sangue. C'erano molti schizzi.
«Non...non voglio andare a casa.» Riuscii a dire, trattenendo le lacrime.
«Ti porto al motel, va bene? Ti presto una felpa pulita.»
Annuii nuovamente. Mi baciò la fronte e strinsi gli occhi per non piangere ancora, fu difficile.
Il tragitto fu silenzioso. Il mio cervello era sconnesso. I miei genitori erano morti. Mio fratello si era suicidato. Mio fratello aveva ucciso i nostri genitori. Non avevo più nessuno. Era un circolo vizioso. Erano gli unici pensieri che riuscivo a formulare. Il mio telefono squillò nella tasca della mia felpa. Aveva la cerniera per questo non l'avevo perso. C'erano anche le chiavi di casa. Lo tirai fuori e vidi il nome di Winter. Ma c'erano anche altre chiamate perse.
«Puoi rispondere tu?» Guardai Seth, allungandogli il telefono.
Sapevo che non avrei dovuto farlo dato che stava guidando ma io non volevo parlare con nessuno. Non rispose ma sfilò il telefono dalla mano e io tornai nella mia bolla, guardando fuori dal finestrino. Era tutto senza senso. Era successo tutto così velocemente. Eppure...eppure c'era qualcosa che non andava in me. Stavo male. Ero scioccata. Ma il mio petto non era squarciato in due come quando Seth aveva deciso di lasciarmi. Non stavo soffrendo in quel modo. Soffrivo ma non abbastanza. Cosa c'era di sbagliato in me? Erano morti i miei genitori, eppure, non stavo male per quello ma soffrivo per la situazione in generale. Per aver visto i loro corpi, per aver visto Ian spararsi. Era difficile da spiegare o da comprendere anche per me.
«Ehi, siamo arrivati.»
Mi risvegliai dai pensieri al suo tocco. Eravamo in un parcheggio simile a quello in cui eravamo stati quando avevamo aiutato Ian. L'edificio orizzontale dalle tante porte era su due piani e in mattoni rossi.
Seth premette una mano dietro la mia schiena per farmi camminare. Arrivammo davanti ad una porta dopo aver salito le scale esterne. Infilò una chiave nella serratura ed entrammo.
«Scusa, è un po' uno schifo. Lo so.»
I due letti singoli erano sfatti. C'erano dei vestiti a terra insieme a varie lattine di birra.
«C'è uno spazzolino in bagno. Puoi usarlo, è nuovo.» Disse mentre rovistava in un borsone ai piedi del letto di sinistra. Tirò fuori una felpa e me la passò. L'afferrai e mi guardai attorno.
«Resti qui?» Chiesi piano.
Si passò una mano tra i capelli mentre un solco si formava tra le sopracciglia. «Vado un attimo nella stanza di Pen. Torno subito, okay?»
Annuii ma non mi mossi. I miei occhi vagavano senza una meta. Lui si avvicinò e mi abbracciò nuovamente, appoggiando il mento sulla mia testa. Chiusi gli occhi perchè era l'unica cosa che volevo al momento.
«Andrà tutto bene.» Mormorò. «Un passo alla volta, Principessa.»
Si ma verso dove?
Rimasi un po' davanti allo specchio del bagno. Gli occhi erano rossi e gonfissimi, sembravano un mostro. Alcune ciocche bionde erano sporche di sangue secco e anche il mio collo aveva degli schizzi. Tolsi la felpa sporca e la buttai a terra. Mi lavai la faccia con dell'acqua fredda per provare a ridurre il gonfiore ma ripresi a piangere quindi fu inutile. La testa mi faceva male e anche la gola. Mi passai l'acqua sotto ai polsi e mi lavai le mani. Quando indossai la felpa di Seth sopra al top che era rimasto intatto, mi sentii un po' meglio. Odorava di lui e sembrava di stare tra le sue braccia. Mi lavai anche i denti e usai un bel po' di dentifricio. Provai anche a bagnare i capelli per togliere il sangue ma feci solo un danno peggiore. Me li legai e mi dissi che avrei fatto una doccia dopo.
Quando uscii dal bagno Seth era tornato, come promesso. E c'era anche Chen.
«Ehi.» Abbozzò un sorriso, venendomi in contro.
Mi abbracciò forte e io chiusi gli occhi. Anche lui mi era mancato e se non fosse stata per quella situazione, lo avrei insultato.
«Sono comunque arrabbiata anche con te.» Borbottai.
Lui ridacchiò brevemente. «Si, lo so.»
Quando sciolsi l'abbraccio, trovai le gemme scure che mi facevano tremare le gambe e mi accigliai leggermente. «Lo sono soprattutto con te.»
Lui premette le labbra in un sorriso tirato. «Immagino.»
Deglutii. «Ma ho bisogno di te, quindi...»
«Mettiamo in stand by la nostra faccenda?» Domandò.
Annuii.
«Bene.» Sospirò. «Andiamo in centrale?»
«Si.» Ingoiai a secco. «Il mio telefono?»
«Tieni.» Disse, tirandolo fuori dalla tasca dei pantaloni. «Ha chiamato anche Jace. Suppongo che verranno in centrale per vederti. Ho provato a--»
«Non fa niente.» Lo bloccai e giocai con l'orlo della manica. «Ormai lo saprà tutta la città.»
Loro non dissero niente ma quel silenzio bastava per darmi la conferma.
La famiglia Blake stava attirando di nuovo l'attenzione di tutti. Solo che c'ero solo io ad assistere.
Δ
Fuori dalla centrale di polizia c'erano già giornalisti e paparazzi.
«Posso mandare via tutti.» Disse Seth.
Eravamo ancora in macchina, parcheggiati lungo il marciapiede opposto.
«Li ignorerò.» Deglutii. «Entri con me, vero?»
«Certo.» Mi strinse la mano, poi tossì. «Ehi, ascolta. Vuoi chiamare il vostro avvocato?»
«Io...no, voglio dire. Non ho fatto niente. Giusto?»
Non ci avevo nemmeno pensato.
«I tuoi genitori hanno pagato qualcuno per un certificato di morte falso. L'istituto si è fatto corrompere per stare zitto e, quando è scappato, qualcuno ha accettato altri soldi per cercarlo senza diffondere la notizia.» Disse con serietà. «Ti faranno tutte queste domande, Peach. Ti chiederanno se l'hai visto, durante questi mesi. Se dici che eri a conoscenza di tutto potrebbero dichiararti responsabile di omissione di denuncia, anche se ai tempi eri minorenne, o addirittura complice di omicidio.»
Mi veniva da vomitare. Aprii la bocca, iniziando a sentire l'ansia avvolgere le mie corde vocali. Non riuscii a dire niente.
Sospirò a fondo. «Prima ho fatto cancellare a Chen i messaggi che Ian ti inviava. Tutte le chiamate. Non c'è più niente che vi collega se non la tua parola.»
«Stai dicendo che dovrei mentire?»
Il suo sguardo era severo e sincero. «Voglio che le scelte sbagliate dei tuoi genitori non ricadano su di te.»
«L'istituto sa che io chiamavo. Avvisava i miei genitori. L'ultima chiamata l'ho fatta al Ringraziamento.» Deglutii.
«Lo so.» Si leccò le labbra. «Abbiamo eliminato dai tabulati telefonici dell'istituto e del tuo telefono anche quelle chiamate e penserò io a parlare con loro.»
«Cosa? Come? Quando?» Straparlai scioccata.
«Peach, ascoltami.» Mi afferrò il volto. «Tutto questo è solo colpa loro. Fai in modo che lo capiscano.»
Le lacrime appannarono la vista del suo volo e sbattei le palpebre. «Mi-mi lasceranno andare senza problemi?»
«Se non fai intendere che sapevi qualcosa, si. Farà scandalo il fatto che fosse vivo ma a te non succederà niente, ma non dire che lo sapevi. Okay? Non troveranno prove. Te lo prometto. Ti fidi di me?»
«Si.» Soffiai.
Si sporse, tenendo il mio volto tra i suoi palmi, e premette le labbra contro le mie. Le schiusi d'istinto e lasciai che quel contatto si facesse più intenso per qualche secondo. Mi strappò l'ossigeno necessario per affrontare quella nottata.
«Andiamo?» Sussurrò dopo essersi allontanato. I suoi occhi brillavano nell'oscurità.
Mi leccai le labbra, sentendo ancora il suo sapore e poi annuii. «Andiamo.»
Mi portarono in una saletta asettica con un tavolo al centro e due sedie. C'era una telecamera sopra alla porta e le luci artificiali mi davano fastidio agli occhi. Gli agenti di fronte a me erano un uomo e una donna, George Gardner e Amanda Cross. La donna aveva uno chignon scuro ben tirato, qualche ruga intorno agli occhi determinati. L'uomo era un omone che incuteva un po' di timore, soprattutto perché quelle sopracciglia spesse e una cicatrice sulla mascella.
«Vogliamo farti solo qualche domanda...» Iniziò la donna leggendo dei documenti. «Nyxlie Blake, giusto? Posso darti del tu? Hai l'età di mia figlia.»
Annuii. La felpa di Seth mi aiutava a nascondere le dita nelle maniche e il suo profumo a rilassarmi.
«Tu e William siete amici, giusto?» Continuò la donna.
«Be', le nostre famiglie si conoscono da molti anni.» Risposi.
«Harold e tuo padre erano in affari insieme.»
Annuii.
«Ed è lui che ti ha chiamata, corretto?»
«Si.»
«Come mai non eri con loro? Dov'eri?» Domandò l'uomo, scrutandomi a fondo.
«A casa.» Deglutii. «Eravamo tornati da una cena tutti insieme. Loro volevano andare in un locale per ascoltare un po' di jazz ma io ho rifiutato.»
«Come mai?»
Li guardai titubanti. Pensavano che fossi a conoscenza di quello che aveva intenzione di fare Ian?
«Vogliamo solo capire.» Disse la donna con un sorriso tirato, in risposta alla domanda fatta dal collega.
«Be'...» Mi morsi il labbro. «Ero col mio ragazzo. Cioè, non è proprio il mio ragazzo, non so cosa siamo. È-è venuto a trovarmi dopo che mi ha lasciato diversi giorni fa e--»
«Il ragazzo è quello che non ti lasciava andare?» Mi interruppe l'uomo.
«Si.»
«Parecchio protettivo per averti lasciata. Come si chiama?»
Il cuore battè più velocemente. «Perchè vi interessa? Interrogherete anche lui?»
«Vogliamo solo avere il quadro completo.» George scrollò le spalle.
«Io penso che il quadro sia già completo.» Sbuffai amaramente.
«Puoi dirci come si chiama?» Insistette.
«Seth. Seth Nixon.»
La donna si segnò il nome e io cercai di non innervosirmi ancora.
«Quindi eravate insieme quando William Fletcher ti ha chiamata.»
Annuii. «Si. Mi ha raccontato velocemente quello che è successo. Era sotto shock e ovviamente ha scioccato. Non...non sapevo cosa pensare però ho chiesto a Seth di portarmi subito lì. William mi aveva inoltrato la posizione.»
«Questo è il tuo telefono?» Domandò l'uomo, indicando il mio smartphone sul tavolo.
«Si.»
«Posso? Gli facciamo fare solo un controllo.»
«Certo.» Abbozzai un sorriso nervoso.
L'agente lo prese, alzandosi, e Amanda mi distrasse con un'altra domanda.
«Ian Blake è stato dichiarato morto in un incendio.» Disse, cambiando tono. «Quanti anni avevi?»
«Quindici.»
«Deve essere stato terribile per me. Perdere un fratello non è mai facile.»
Storsi un po' il naso, giocando con le dita sotto al tavolo. «Non siamo mai stati uniti. Ian...lui aveva un brutto carattere.»
«Davvero? Non l'avrei mai detto da tutte le parole positive di vostra madre.»
Il castello di bugie che avevano voluto costruire stava crollando. Purtroppo stava crollando addosso a me. Ma io non avevo intenzione di finire soffocata da quelle macerie.
«La mia famiglia ha sempre preferito l'immagine, la reputazione. Non sono mai stati dei genitori affettuosi. A loro importa–importava solo cosa avrebbe pensato la gente e l'essere perfetti era l'unica cosa che volevano rappresentare.» Affermai con durezza. «Ian ha sempre dato problemi, fin da piccolo. Era irruente, maleducato, spesso violento. Forse con il suo atteggiamento voleva solo attirare la loro attenzione, non so. Ma anche con me si comportava male. Non era di certo il fratello maggiore protettivo.»
«Mh.» Picchietto la penna sul tavolo. «E tu? Andavi d'accordo con loro? Abbiamo scoperto che hai fatto un trasferimento di college molto importante. Hai lasciato un Ivy League.»
«Non andavamo mai d'accordo.» Confessai. «Loro avevano già deciso la mia vita ma non era quella che volevo io. Ho richiesto il trasferimento per stare lontano da loro.»
«Non eravate la famiglia perfetta a quanto pare.» Rise brevemente l'uomo, tornando a sedersi.
Aveva consegnato il mio telefono ad un altro agente. Scossi la testa a quell'affermazione.
«I tuoi genitori hanno finto la sua morte. Lo sapevi?» Domandò diretto l'agente.
Sentii nella mia testa le parole di Seth. Mi fidavo di lui.
«No.» Soffiai, sentendo gli occhi bagnarsi e mi schiarii la gola, guardandoli negli occhi. «Non lo sapevo. Quando William me l'ha detto mi ha scioccata. Per questo sono salita in macchina, volevo capire se fosse vero. Volevo vedere con i miei occhi chi avesse ucciso i miei genitori. Mi sembrava assurdo.»
Il cuore mi batteva fortissimo. Stavo sudando freddo. Smisi però di giocare con me mani e cercai di mantenere una postura controllata.
«Quindi dichiari di non essere mai stata a conoscenza della verità. Che tuo fratello era vivo.»
«Si, esatto.» Risposi con fermezza.
L'agente Gardner si mosse sulla sedia e incrociò le braccia grosse. «È che da quello che ha detto la famiglia Fletcher, prima di andare da lui c'è stata una breve discussione con il tuo ragazzo, Seth. Da come ne parlavate, sembrava tu lo sapessi, che fosse davvero lui.»
Cazzo.
«Non è così.» Affermai. Avevo i palmi sudati. «Ho discusso brevemente con lui perchè non voleva farmi salire nella sua macchina, avendo appena ucciso i miei genitori. Forse dentro di me lo sentivo già che fosse lui ma dovevo avere la certezza.»
«Come facevi a sentirlo?» Domandò la donna.
«Ricordo che quando è morto, cioè, quando c'è stato quell'incendio. Avevo chiesto ai miei genitori di portarmi con loro in obitorio ma me l'avevano proibito. Avevano detto che il suo corpo era stato distrutto dalle fiamme e non era il caso.»
Non era una bugia quella, stavo solo cercando di renderla adatta in quel momento.
«Tu non ci credevi?» Domandò Amanda.
«Be', non è che non ci credevo, solo che hanno dimenticato troppo facilmente. A loro non importava di Ian, per loro creava sempre problemi.» Dissi. «C'erano dei momenti in cui mi sono sentita osservata, spiata. Mia mamma diceva che ero pazza ma forse a questo punto era lui.»
Stavo solo modellando diverse storie in una sola grande bugia.
«Dove pensi sia stato per tutto questo tempo?»
«Non lo so.» Non c'erano più tabulati. Dovevo fidarmi di Seth. «I miei genitori sono sempre stati bravi a nascondere segreti e a mentire.»
«Cosa intendi dire?» L'uomo appoggiò le braccia sul tavolo e si accigliò. «Su cos'hanno mentito?»
«Io...» Respirai a fatica. «N-non è in merito a Ian perché non sapevo nulla ma so che se vogliono nascondere la verità, hanno tutti i mezzi per farlo.»
«Con i soldi.» Commentò la donna.
Annuii. «Già.»
«Cosa ti ha detto Ian prima di spararsi?»
Quell'immagine mi tornò in mente come un flash doloroso e strinsi gli occhi.
«Deve essere stato terribile per te. Assistere a quella scena.» Amanda provò a confortarmi.
«Si.» Mi morsi il labbro tremante. «M-mi ha detto che doveva farlo. Che doveva vendicarsi di tutti quegli anni ma non so cosa intendesse dire. Immagino sia stata solo rabbia per tutto quanto.»
«Secondo te perché non ti ha ucciso?» Chiese l'uomo.
Deglutii a vuoto e accennai un sorriso amaro. «A dire il vero pensavo lo avrebbe fatto, ma poi si è messo la pistola in bocca e...» Aveva sparato.
«Cosa gli hai chiesto?» Domandò Amanda.
«Come?»
«Deve essere stato più che scioccante vedere davanti a te qualcuno che pensavi fosse morto.» Gesticolò leggermente. «Cosa gli hai detto?»
Presi un profondo respiro. «Oh. Be', non sono riuscita a dire o fare molto. Non era cambiato molto. Voglio dire, è cresciuto ma...si, l'ho riconosciuto subito. Gli ho chiesto cos'era successo ma lui non sembrava lucido. Ha iniziato a dire che doveva farlo, che se lo meritavano. Lo avevano rovinato. Lo avevano trattato come un animale e che non voleva niente per loro. Che erano persone egoiste e manipolatrici. E poi...poi ha detto che dovevo essere felice, perchè l'aveva fatto anche per me. Perchè ero una pedina, proprio come lui. L'ultima frase è stata: loro volevano essere ricordarti e lo saranno. La tragedia della famiglia Blake. Uccisi dal figlio morto. I-in quel momento ho pensato volesse uccidere anche me. Ma si è ucciso lui.»
I loro sguardi erano attenti. Mi ascoltavano in silenzio. Analizzavano ogni mia parola, ogni mia reazione.
«Ed è così? I vostri genitori erano così? Voi eravate delle pedine?»
Sbattei le palpebre, trattenendo le lacrime, alcune non le controllai. «L-loro cercavano la perfezione. Ian non era perfetto, anzi. E se hanno fatto tutto quello sono certa fosse solo per togliere un problema. Io ero la loro ultima speranza. Ma come ho detto, loro volevano cose da me che io non volevo dare.»
«Del tipo?»
«Volevano farmi sposare con William.» Confessai con un profondo sospiro. «Hanno sempre provato a far iniziare qualcosa per lui.»
«Per la società?»
«Si. Harold ha altri investimenti, oltre quello nella catena di mio padre. Si sarebbero unite le cose economicamente.»
«E a te non piaceva?»
Iniziarono così ad indagare di più sul mio rapporto con i miei genitori. Come mai avessi deciso di stare lontano. Quali altre cose volevano che facessi. Parlai senza problemi perchè lì, non avevo niente per cui mentire. Dissi anche quante volte mia madre mi avesse tirato uno schiaffo, o di come fosse severa nell'ambito sportivo, di educazione. Di come facessero bene a mostrare la bella faccia in pubblico e quella brutta solo in casa.
«Non sembrano essere stati genitori modello. Si può dire che li odiavi?» Chiese George.
Mi accigliai. «No. Volevo solo allontanarmi da loro. Hanno fatto molti sbagli che non posso perdonare ma odiare è una parola forte.»
Loro si guardarono e poi chiusero il fascicolo. «Be', abbiamo finito.»
«Davvero? Posso andare a casa?»
«Se è tutto a posto tra poco ti riconsegniamo il telefono, dovrai firmare dei documenti e potrai andare.»
«Oh. Okay.» Mormorai.
Loro si alzarono e sentii il mio cuore battere più veloce man mano che si avvicinavano alla porta. Mi accasciai e buttai fuori tutta l'aria che avevo in corpo appena fui sola. Se avessero scoperto la mia bugia cosa sarebbe successo? Se avessero scoperto dell'istituto? O se loro avessero chiamato la polizia? Oddio. Mi sentivo male.
Tornarono interminabili minuto dopo. Mi consegnarono il telefono e mi diedero dei fogli da firmare. Avrei dovuto parlare col mio avvocato per tutto quello che sarebbe successo dopo.
«Posso fare una domanda?» Domandai, passando alla donna la penna.
Sentivo il battito in gola, la pressione aumentare. Avevo caldo.
«Certo.» Disse lei.
«Per--» Ingoiai a secco. «Per denunciare uno stupro...come posso fare? Dovete avere delle prove?»
I due agenti si bloccarono e trattennero il respiro per qualche secondo. Sentivo il mio cuore sull'orlo di scoppiare. Sicuramente non era il tipo di domanda che si aspettava le facessi.
«Devi sporre denuncia per uno stupro?» Domandò Amanda.
Mi guardai le mani, agitata. «Non è così semplice. Quando parlavo dei segreti dei miei genitori, intendevo anche questo.»
«Tuo padre o tua madre hanno abusato di te?» Domandò George, aggrottando le sopracciglia.
«No.» Deglutii. «Harold Fletcher l'ha fatto.»
I due mi fissarono come se avessi appena confessato di avere addosso un ordigno esplosivo. La donna sospirò a fondo.
«Nyxlie, ascolta.» Si piegò sul tavolo, appoggiando entrambe le mani. «Ora torna a casa. Questa è stata una serata pesante. Dobbiamo fare ancora delle indagini--»
«No. Non l'ho mai detto perchè non è così semplice come pensiate e non so se avrò ancora il coraggio di rifarlo.» Sputai fuori col respiro affannato.
I due si guardarono e poi lei drizzò la schiena e annunciò. «D'accordo. Aspetta qui.»
Seth
Ero seduto su questa cazzo di seggiola da quasi due fottute ore. Avevo visto andare via i Fletcher con il loro avvocato e anche l'altra coppia. Fuori c'era un'orda di giornalisti accaniti e qui era tutto un subbuglio. Jace e Winter non erano riusciti ad entrare perché c'era un muro di agenti che scandagliava le entrate. Avevo consigliato loro di tornare a casa e che li avrei fatti chiamare da Nyxlie appena fosse possibile.
Qualcuno mi lanciava delle occhiate ogni volta che mi passava davanti e io le ricambiavo abbastanza scocciato.
Volevo solo che Nyxlie uscisse da quella porta e tornassimo a casa insieme. Volevo solo tenerla al sicuro e provare a consolarla.
Quando avevo sentito quello sparo, quasi non ero morto io. Mi ero catapultato verso la macchina, ignorando gli ordini degli agenti e avevo aperto la portiera col cuore in gola. Quando avevo visto che era viva, ero tornato a respirare ma la vista di Ian era stata forte anche per me. Lei sicuramente l'aveva traumatizzata.
Aveva perso i suoi genitori, che seppur fossero delle merde rimaneva comunque la sua famiglia, e suo fratello si era suicidato davanti a lei. Non erano certo cose che avresti superato facilmente e odiavo che fosse successo proprio a lei.
Però, da bastardo egoista che ero, ammetto che la scelta di Ian era caduta proprio a pennello per me.
Aveva fatto saltare tutto e avevo già ordinato a Derek e Zack di andare ad eliminare tutto quello che avevamo messo in quel capanno abbandonato per la diretta. Dovevano dargli fuoco se necessario. E soprattutto non dovevano farsi scoprire.
Sollevai la testa di scatto quando sentii la voce sottile di Nyxlie. Stava finalmente uscendo dalla stanza interrogatori. Sorrise e ringraziò gli agenti per poi venire verso di me. Era turbata. Aveva gli occhi gonfi ed era stremata. Aveva bisogno di riposare. D'altronde era l'una passata di notte.
«Cazzo. Finalmente, sei stata dentro un'eternità.» La tirai a me in una stretta soffocante.
Non volevo più perderla di vista. Mi aveva fatto venire un infarto per due volte in quei mesi.
«Usciamo? Devo parlarti.» Disse con un tono ansioso.
«Sono aumentati i giornalisti.» La avvisai. «Tira su il cappuccio.»
Lei mi ascoltò e intrecciò la mano con la mia.
Insultai almeno due giornalisti che l'avevano spinta con l'intenzione di farle domande. La feci salire in macchina e quando riuscii ad entrare io, sfrecciai lontano da quel posto. Controllai dallo specchietto che non ci stessero seguendo.
«Dove vuoi andare?» Le lanciai un'occhiata.
Stava controllando il suo telefono. «A casa. Ci sono li i miei parenti.»
«Cristo, è notte. Non potevano venire domani mattina.»
«I miei genitori sono stati uccisi da un nipote che credevano morto, Seth. Ovviamente non aspettano la mattina.» Ribattè.
Non aveva tutti i torti. Le lanciai un'altra occhiata. Era strana. Era nervosa. C'era qualcosa che la turbava.
«Jace e Winter non sono riusciti ad entrare.» Dissi. «Appena te la senti, dai loro uno squillo.»
«Va bene, grazie.»
Non feci altre domande e lei restò in silenzio. C'era qualcosa che voleva dirmi, glielo leggevo nel corpo, ma non sapeva come dirmelo. Avrei aspettato fosse pronta, senza insistere.
Quando entrai nella via di casa sua, notai che c'erano altri giornalisti in strada. C'era un uomo che li stava cacciando via, o almeno ci provava. Se non mi sbagliavo era lo zio di Nyxlie.
«Dio, non ci credo.» Mormorò.
«Posso accelerare se vuoi.» Dissi, rallentando in prossimità del gruppo.
«Seth, ti prego...» Sospirò.
Non mi vietò di insultarli, però. E lo feci quando non mi fecero andare avanti. I flash mi infastidirono parecchio e mi trattenni dallo scendere e rompere quelle fotocamere e telecamere. Urlarono domande e congetture che rivolsero soprattutto a Nyxlie, sbattendo i microfoni sul vetro.
Riuscii ad entrare nella proprietà e sfrecciai sui ciottoli appena superato il cancello. Fermai la macchina dietro ad un altra, probabilmente una dei familiari. La spensi e la guardai, sollevando una mano per scostarle dei ciuffi dal volto.
«Ehi, tutto okay? Tuo zio avrà chiamato la polizia, ora andranno via.» Parlai, mentre rallentavo in prossimità della villa.
«Penso ti servirà un avvocato.» Buttò fuori, guardandomi con terrore.
Sentii il mio sangue gelarsi nelle vene. Allontanai lentamente la mano dal suo volto. Aprii la bocca ma non riuscì da dire nulla. Lei iniziò a piangere nuovamente ma il mio corpo era un blocco di ghiaccio anche verso di lei.
Cosa cazzo...
«I-io mi...mi dispiace.» Annaspò. «Sapevo che non s-sarei più riuscita a parlarne perciò l'ho detto. Non volevo parlare anche di te m-ma hanno iniziato a fare domande e io--»
«Cos'hai detto?» Domandai rauco.
Stavo respirando lentamente per non scoppiare.
Non poteva averlo fatto. Non poteva aver davvero fatto quello che stavo pensando.
«H-ho detto di Harold.» Confessai flebile.
Sentii quel ghiaccio nelle vene sciogliersi completamente in un secondo e buttai fuori tutta l'agitazione con un sospiro. Imprecai sottovoce e mi passai una mano sul viso.
«Cazzo, Peach. Devi imparare a dare certe notizie.»
Lei si accigliò. «Cosa? Hai pensato davvero...»
«Be', hai iniziato male il discorso.»
«Non lo farei mai, Seth.»
«Per un momento l'ho pensato, okay? Perché sei preoccupata?» Domandai confuso.
«Come perchè?» Si agitò. «Ho provato a parlare solo di me, di quello che aveva fatto a me ma ho dovuto dire anche di Daphne e di quel video. Potrebbero chiamarti. Scopriranno presto che tu sei suo fratello e n-non so--magari lo scopriranno. Magari fanno delle indagini su di te, su di voi. Io--»
«Vieni qui.» La bloccai.
«No. Ascoltami Seth, sono seria.»
«Anche io.»
Appena si slacciò la cintura che non aveva ancora tolto, mi allungai per sollevarla e tirarla a me. Si sistemò sulle mie gambe e si passò i polsini della felpa sulle guance. Non resistetti e le sistemai delle ciocche dietro l'orecchio solo perchè volevo toccarla.
«Mi hanno chiesto il tuo nome. Volevano sapere chi fossi.» Disse con voce bassa, tirando su col naso. «Mi sono un po' infastidita. Spero non ci diano peso.»
L'avevo immaginata l'avrebbero chiesto.
«Ho mentito.» Mormorò, guardandomi con quegli occhioni blu spaventati. «Ho detto che non sapevo nulla. Ho detto di essere salita perché volevo vederlo con i miei occhi.»
«Ti hanno creduta?»
Alzò le spalle. «Non so. Spero chiudano il caso cosi com'è.»
Se Chen aveva fatto come gli avevo chiesto, lo avrebbero fatto. Niente avrebbe condotto lei all'istituto o ad altre informazioni.
«E hai parlato di Harold.» Dissi.
Le mie mani si fermarono sui suoi fianchi e la tirai più a me.
«Si.» Deglutì, abbassando lo sguardo. «Volevo togliermi tutto questo. Ho detto tutta la verità e magari ti contatteranno. Non lo so. Scopriranno che sei suo fratello. Ho paura per te, Seth. Io--»
«Andrà tutto bene, okay?» La bloccai.
Sollevò lo sguardo con riluttanza e continuai a parlare.
«Abbiamo sempre avuto un piano. Non devi preoccuparti.» Le spiegai. «Possono interrogarmi quanto vogliono ma non hanno niente contro di me. Abbiamo sempre fatto in modo di avere dei falsi alibi per quel giorno e possiamo dimostrarlo ancora oggi. Inoltre, anche se dovessero ottenere un mandato, in casa non troveranno niente. Non mentivo quando ho detto che questo sarebbe stato l'ultimo.»
«Avete...avete tolto tutto?» Mi guardò con un cipiglio stupita.
Annuii. «Non c'è più niente lì.»
«Ma avete qui le cose.»
Le afferrai il viso e la guardai con sicurezza.
«Non devi preoccuparti di questo.» Dissi con fermezza. «È tutto sistemato. E se qualcosa dovesse andare storto, non sarà di certo per colpa tua, okay?»
Lei non fece nessun cenno.
«Hai capito? Dimmi che hai capito, per favore.»
«Si.» Chiuse gli occhi per qualche secondo. «Si, ho capito.»
Mi sporsi per baciarle la fronte. «Brava.»
Lei si accasciò su di me e io l'abbracciai ancora. Dal finestrino vidi suo zio che saliva i gradini del porticato. Lanciò un'occhiata verso la nostra direzione prima di entrare in casa.
«Sono fiero di te.» Le dissi, baciandole la testa.
«Perchè?»
«Perchè hai trovato la forza e il coraggio di denunciarlo.»
Io non ero forte come lei. Io agivo solo con la rabbia.
«Dopo anni, Seth.» Sbuffò con una nota di amarezza. «E solo perché sono morti. Perché non mi possono ricattare o minacciare.»
«Sei stata coraggiosa, amore.» Ripetei, baciandole la testa. «Nessuno mi farà cambiare idea.»
«Ripetilo.» Puntò il mento sul petto e abbassai lo sguardo per guardarla.
Sorrisi lievemente. «Sei stata coraggiosa.»
«No.» Ruotò gli occhi. «L'altra cosa.»
Continuai a sorridere beffardo. «Nessuno mi farà--»
«Seth!»
Ridacchiai e mi godetti ancora qualche secondo quel magnifico broncio.
«Amore.» Dissi con un sorriso.
Sentii il mio stesso corpo fremere. Lo sentii riempirsi di vita nel vedere le sue pupille dilatarsi e risucchiare la mia anima dannata.
Il secondo successivo si tuffò sulle mie labbra, afferrandomi il viso tra quelle piccole mani calde e non resistetti nell'approfondirlo. Dio, mi era mancata troppo. Il mio cazzo di ossigeno. Le morsi il labbro e poi infilai la lingua nella sua bocca, facendola gemere piano. Quel suono arrivò dritto al cavallo dei miei pantaloni che iniziò a farsi un po' stretto.
Per un momento mi dimenticai di tutto. Sentivo solo il bisogno di sentirla, così le strinsi i fianchi e senza pensarci una mia mano si infilò sotto la felpa, accarezzandole la striscia di pelle scoperta che rabbrividì al mio tocco, mentre con l'altra strizzai il suo culo perfetto. Si plasmò su di me, tirandomi i capelli e continuando a divorarmi con la stessa intensità con cui io assaporavo lei.
Quando sentii le sue mani percorrere il mio addome da sopra la maglia e dirigersi più in basso, qualcosa mi pizzicò il cervello, quel qualcosa detto buon senso mi spinse a bloccarle i polsi, staccandomi dal bacio. I miei occhi caddero su quelle labbra gonfie e lucide che mi fecero perdere di vista la realtà ancora per un po'.
Entrambi avevamo il respiro pesante e lei provò nuovamente a baciarmi ma la allontanai di poco, premendole una mano sulla base del collo.
«Ehi, furbetta.» Gracchiai, sentendo il mio corpo entrare lo stesso in combustione.
Dio, quanto cazzo avrei voluto prenderla in quel momento. Volevo farla mia.
Lei arrossì e si morse il labbro. Quel gesto mi faceva impazzire e ricordai a me stesso perchè l'avessi fermata.
«Mi sei mancato.» Mormorò, attaccandosi con le labbra al mio collo.
«Anche tu.» Deglutì, cercando di ignorare la pressione nei miei pantaloni. «Ma non è il caso.»
Lei continuò a baciarmi sotto l'orecchio e io chiusi gli occhi respirando a fondo. Principessa maledetta.
«Sei tremenda, lo sai?» La rimbeccai dolcemente, allontanandola per le spalle.
I suoi occhi fuggirono ancora ai miei e le posai due dita sotto al mento per costringermi a guardarla. Ora era in imbarazzo e aveva gli occhi lucidi.
«È stata una serata pesante.» Le accarezzai la guancia. «È successa una cosa terribile e so che è stato pesante quello che hai dovuto vedere. Credimi, vorrei strappare quel ricordo dalla tua mente per non farti soffrire in questo modo.»
Le lacrime aumentarono finché non le lasciò andare.
«Volevo solo...» Si bloccò con un singhiozzo.
«Lo so.» La rassicurai. «Ma non sei nella condizione mentale per farlo. Non voglio approfittare di questo momento.»
«N-non avresti approfittato.»
«Sei ancora arrabbiata con me, ricordi?»
Guardò in basso e alzò le spalle. «Siamo in stand by.» Borbottò.
Accennai un sorriso e la tirai ancora un po' a me, stampandole un bacio sulla fronte. «So quello che stai facendo ma non cambierà niente. Non puoi sfuggire da quello che stai provando. So che fa male ma devi affrontarlo.»
«N-non capisci...» Soffiò. «Io--io non so cosa provare.»
Incastrai le mani dietro al suo collo e le accarezzai le guance con i pollici. Sbattè le palpebre e respirò a fondo con fatica.
«Sono morti, Seth.» Disse con voce rauca. «Ed è terribile perchè erano persone, erano i miei genitori però...»
«Non erano brave persone.» Conclusi per lei.
Mi guardò di sfuggita e poi annuì con gli occhi bassi, come se si vergognasse di quel pensiero.
«Non riesco a non pensare a Ian. A quello che ha fatto.» Tirò su col naso. «L'aveva detto ma non pensavo dicesse sul serio. N-non pensavo avesse il coraggio di farlo. Lo sento ancora quello sparo. Per un momento ho pensato uccidesse anche me ma poi ho visto la testa esplodere e...»
«Shh. Va tutto bene.» La strinsi a me, cullandola quando il suo corpo sobbalzò per i singhiozzi. «Mi dispiace tu l'abbia visto.»
Se solo avessi avuto la possibilità di uccidere qualcuno due volte l'avrei fatto seduta stante.
Lasciai che si sfogasse ancora e le accarezzai i capelli.
«Sai, io magari sono un po' di parte ma capisco quello che provi.» Le raccontai. Guardavo casa sua dal finestrino, godendomi del suo corpo caldo contro di me. «Non ho provato niente quando è morta mia madre. Non ero né felice né triste, ero sicuramente arrabbiato ma non c'era giorno che non lo fossi dopo la morte di Daphne. I miei genitori non si sono mai comportati come tali. Scommetto quello che vuoi che siamo nati per sbaglio ma non è questo il punto. Il fatto è che il sangue non crea l'affetto. Non scegliamo dove nascere e non sei obbligato a restare attaccato a quella famiglia se non ti rappresenta. La famiglia puoi sempre creartela con chi vuoi tu. I tuoi genitori erano persone di merda. Pensavano solo ai soldi e all'immagine. Tu non sei così ed è normale quello che provi. Non devi sentirti in colpa. Ian è stato trattato come se fosse qualcosa da buttare e forse lui aveva più diritto di me di giocare al vendicatore.»
Anche se lo avrei voluto uccidere per la seconda volta per quello che stava facendo passare a Nyxlie.
«Lo so.» Disse in un soffio. «Mi sento solo svuotata e ho paura per il caso. Potrebbero scoprire che ho mentito, potrebbero scoprire di te e io...»
Chiusi gli occhi e cercai di stringerla più forte, come se quell'abbraccio potesse cambiare davvero qualcosa.
«Andrà tutto bene.»
«Resti con me?» Chiese.
«Penso sia meglio di no.» Ammisi. «Devi riposare e i tuoi parenti ti vorranno parlare.»
«Sono stanca. Non voglio parlare con nessuno.» Strofinò la guancia contro il mio petto.
«Sarà una lunga notte purtroppo.» Sospirai. «Ma io devo tornare indietro e tu devi provare a riposare. Vengo a trovarti domani, se vuoi.»
«Lo voglio.» Rispose subito.
Accennai un sorriso. «Bene.»
«Se non riesco a dormire e voglio chiamarti?» Domandò.
Giusto. Aveva lasciato il telefono sul sedile così mi allungai per prenderlo. Lei era diventata una specie di koala e non si voleva staccare, ma la lasciai così mentre sbloccavo il telefono e salvavo il mio nuovo numero. Avrei dovuto riattivare anche il mio vecchio numero sul mio telefono, se la polizia voleva parlarmi era meglio farmi trovare con uno smartphone e non un vecchio telefono non tracciabile. Guardai l'ora. Erano le tre di notte.
«Peach, è molto tardi. È meglio che tu vada.» Mormorai.
Si scostò lentamente e si passò una mano sulle guance. Le diedi il telefono che tenne in mano e poi mi guardò con ancora le ciglia umide di lacrime. Aveva lo sguardo perso. Era distrutta e glielo si leggeva negli occhi.
«Non dovrei dirtelo ma siamo in standy by quindi lo dico. Ti amo e mi ha fatto molto male non poterlo più dire.» Deglutì.
Non sentire quelle due parole per due settimane e poi ricevere addosso questa bomba, mi destabilizzò e non poco. Mi fece male il petto, sentivo un fuoco ribollire dentro.
«Mi dispiace per averti lasciata e averti fatta soffrire. Ti prometto che usciremo da tutto questo.» Le sfiorai la fronte con le labbra. «E ti amo.»
Δ
Appena mi sdraiai sul letto non mi sembrò vero di essere davvero in quella stanza. Che serata del cazzo. Quando ero uscito per andare al lago non mi sarei mai aspettato questo finale. Mi passai una mano sulla faccia, stropicciandomi gli occhi e grugnii quando sentii la porta aprirsi.
«Sei tornato finalmente.» Riconobbi la voce di Chen ma c'erano anche altri passi.
«Non potevate aspettare domani mattina?» Chiesi stanco, senza aprire gli occhi.
«No, non potevamo.» Replicò Zack.
Aprii gli occhi e fissai il soffitto. «Avete fatto tutto?»
«Abbiamo tolto tutto quello che avevamo messo nel capanno e nessuno ci ha visto.» Disse Penelope.
«E io ho controllato due volte i tabulati. Ho tolto tutto.» Disse Chen. «E ho mandato una cospicua somma anonima per far cancellare tutti i dati della sua permanenza.»
«Con l'aggiunta di una piccola minaccia se non dovessero stare zitti.» Aggiunse Zack.
«Ottimo.»
Mi sollevai dal materasso e mi passai una mano tra i capelli. Erano tutti in piedi vicino alla porta, tranne Penelope che si era seduta sul mobile vicino al televisore.
«Come sta? L'hanno interrogata?» Chiese proprio lei.
«Non sta bene.» Premetti le labbra. «E ha mentito alla polizia. Se abbiamo cancellato tutto, la lasceranno stare in fretta.»
«Il tipo dei soldi. L'amico del fratello. Quello che hai quasi ammazzato quando ti ha detto--»
«Ricordo cos'ha detto.» Bloccai Derek, fulminandolo con lo sguardo, e poi sospirai. «E lui non è più un problema.»
«Perchè?» Chiese Chen accigliato.
«Quando mi sono messo a cercare Ian per la droga che aveva rubato, l'ho trovato. Era nella sua macchina con una siringa in vena.»
Overdose.
«Oh. Grandioso.» Disse Zack. «Siamo a posto.»
«Non proprio.» Borbottai, alzandomi e feci il giro del letto per prendere dal comodino le mie sigarette. Era da ore che non fumavo e ne avevo bisogno. Soprattutto perchè sentivo il sapore delle labbra di Nyxlie e dovevo toglierlo se non volevo fare l'ennesima pazzia della nottata.
«Cos'è successo?» Chiesero Penelope e Chen in coro.
Me ne accesi una e camminai per la stanza. «Nyxlie ha sporto denuncia contro Harold.»
Notai Derek irrigidirsi e scambiarsi un'occhiata con Penelope e Chen. Zack era l'unico che mi fissò con turbamento.
«Questo è positivo o negativo?» Domandò Chen con cautela. «Tu non volevi nemmeno giustiziarli.»
«È positivo per lei.» Buttai fuori una nuvola. «Sono contento che ci sia riuscita ma ha paura che mi facciano domande ed è molto probabile che finirà così.»
Loro rimasero in silenzio.
«Dobbiamo riattivare i telefoni. Dobbiamo presentarci il più normali possibili. E dobbiamo liberarci di tutto ciò che abbiamo portato per la diretta, ma dobbiamo stare attenti.»
«Possiamo farlo io e Zack prima dell'alba. Ho visto una discarica, possiamo fare un bel falò.» Propose Penelope.
«No. Niente falò. Non attirare l'attenzione.» Aspirai e pensai. «Liberiamoci di quello che potrebbe fotterci subito. Teli, sacchi, corde, costumi, guanti. Sparpagliamoli in diverse discariche all'aperto.»
«Le maschere?» Domandò Chen.
Li guardai tutti. In quei mesi Nyxlie aveva cambiato davvero tutto quanto. Forse, senza di lei, avrei continuato finchè non ci avessero preso. Sicuramente non avevamo mai pensato ad una fine di questo tipo. Non avevamo mai pensato ad una fine e basta. Sarebbe stato difficile per tutti quanti lasciare quella strada, perchè per anni si attendeva solo quel giorno per sfogarci.
«Se voi volete continuare, non vi fermerò. Ma io mi tiro fuori.» Dissi, guardandoli uno ad uno.
«Te l'abbiamo già detto. Non ha senso senza di te.» Rispose Chen. «O tutti o nessuno.»
Annuii piano e feci un altro tiro, riempiendo i polmoni di nicotina. «Quindi, siete tutti d'accordo?»
«Si.» Risposero solo in tre.
I miei occhi si fermarono su Derek. «Anche tu?»
«Ti ha cambiato.» Disse.
«Ti crea problemi?» Chiesi piatto.
Non sembrava convinto ma alla fine scosse la testa. «Se è quello che vuoi, lo accetto.»
Espirai sollevato. Non volevo davvero dovergli spaccare la faccia per la seconda volta.
«Dobbiamo comunque stare attenti.» Dissi, premendo la sigaretta finita nel portacenere. «Fate quello che volete con le vostre maschere.»
«E la tua?» Domandò Pen.
Le lanciai un'occhiata. «Nascondetela. Ci penserò io.»
«Cosa succederà ora?» Chiese Chen.
«Non lo so ma voi potete tornare a casa. Liberatevi di quelle cose lungo la strada.» Sospirai. «Ora andate, ho bisogno di fare una doccia.»
«Derek deve dirti qualcosa prima.» Sputò Penelope, scendendo dal mobile e incrociando le braccia.
«Cosa? Cristo, che stronza.» Sbottò lui.
«Cosa?» Mi accigliai.
«Niente. Possiamo parlarne anche domani.» Replicò lui, senza guardarmi in faccia.
«Derek.» Lo richiamai secco.
«Dovevi dirglielo giorni fa.» Disse Zack. «Deve saperlo, soprattutto ora che lei l'ha denunciato.»
«Di cosa state parlando?» Chiesi perplesso. «Cosa mi dovevi dire?»
«L'ha scoperto Derek ma ho controllato anche io ed è vero.» Sospirò Chen.
«Be', devo giocare a indovina cosa o volete parlare, cazzo?» Sbottai nervoso.
Derek imprecò e poi si fece avanti. «So che avevi detto di non guardare nella chiavetta ma--»
«Giuro che--» Premetti le labbra prima di dire qualcosa di cui poi mi sarei pentito. «Hai guardato quel cazzo di video?»
«Ascolta.» Chen si mise in mezzo a noi e mi guardò. «Voleva solo controllare che non ci avesse fottuti.»
«Perchè non ti fidi di quello che dico, giusto?» Scattai con astio.
«Non mi fidavo di quella stronza. Poteva esserci su qualunque cosa e ci serviva quella prova.»
Serrai i denti e mi tirai indietro i capelli dalla frustrazione.
«Devi promettere di non dare di matto.» Iniziò Chen.
Aggrottai la fronte e lo guardai circospetto. «Perchè dovrei dare di matto? Oltre al fatto che avete guardato il video in cui mia sorella veniva stuprata.»
Lui deglutì e si guardò alle spalle, per guardare Derek. Puntai gli occhi su di lui e sentii il nervoso continuare a scorrermi nelle vene.
«Non l'ho guardato. Cristo, non lo farei mai.» Spiegò. «Ho solo controllato i frammenti e poi...»
«Cazzo, parla. E poi cosa?»
«Era troppo lungo.»
Continuavo a non capire. «In che senso?»
Derek aprì la bocca ma poi non disse niente. Quella cosa mi fece perdere la pazienza.
«Derek giuro che ti faccio male.» Lo minacciai in un sibilo.
Chen mi piantò le mani sul petto per tenermi lontano.
«Ditemi cosa cazzo devo sapere.»
La sua espressione non prometteva niente di buono.
«Non era l'unico video.» Confessò Chen con cautela.
Il mio cuore si bloccò e la mia mente si annebbiò. Ma continuavo a non capire.
«Lui...lui ha tenuto gli altri video?»
«No.» Deglutì e ispirò a fondo. «Ci sono due video, Seth. Uno di Daphne e l'altro--»
«No.» Lo bloccai ancora prima che potesse dirlo.
Mi sentii bianco in volto. Il sangue si era prosciugato a quell'idea. Non poteva essere quello.
Premette le labbra e si fece addolorato in volto. «Ha messo una telecamera ma lei non se n'è accorta.»
Chiusi gli occhi e lasciai che il mio cervello elaborasse l'informazione.
Quel figlio di puttana aveva filmato anche Nyxlie.
E allora sentii solo rabbia pura.
S/A.
Ehilà 🍑🖤
Come state? ❤️
I drammi non sono ancora finiti, e soprattutto i traumi❤️🩹
➡️ Nonostante ciò che ha vissuto, Nyxlie ha trovato il coraggio di denunciare Harold ma ora dobbiamo vedere come andrà a finire.
Vi aspetto su IG per commentare insieme❤️
Lasciate un voto e un commento se vi è piaciuto!
A presto, Xx
Profili social🍒
IG e TT: anonwriter23
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top