Capitolo 50

Scacciai un urlo quando udii un altro colpo e il proiettile colpì la porta dietro di me. Per poco non mi aveva colpito. Seth mi afferrò con un'imprecazione e mi spinse dietro di sé.

«Ma che cazzo hai nel cervello?» Sbottò Seth.

Tremavo. Le mie mani tremavano. Il respiro mi si era bloccato. Temevo che...

«Scusate-» Disse affannato. «Scusate io--io l'ho visto muoversi. E mi sono spaventato quando si è aperta la porta. Sorellina, stai bene?»

Appoggiai la fronte alla schiena di Seth prende facevo dei profondi respiri.

«Quello è morto. Non si muoverà più.» Sibilò Seth nervoso. «E quella te la ficco su per il culo se non la metti a terra.»

Mi allontanai e guardai il parcheggio. Per fortuna non c'era nessuno. Mi passai una mano sul volto sull'orlo di una crisi finchè non sentii una porta sbattere e mi voltai. Seth stava venendo verso di me, un luccichio di rabbia lampeggiava nei suoi occhi.

«Non farlo più.»

«N-non pensavo mi sparasse. Pensavo si fosse...» Non riuscii nemmeno a terminare, non riuscivo a respirare.

«Lo so.» Si fermò a un passo da me, lo sguardo ancora severo. «Non l'avresti mai dimenticato se avessi visto davvero quella scena. L'ultima cosa che voglio è che tu assista al suicidio di tuo fratello.»

Abbassai lo sguardo e rilassai le spalle. Aveva ragione, non l'avrei mai dimenticato.

«E comunque non si entra in una stanza in cui c'è la possibilità che qualcuno ti spari.» Continuò con rimprovero. «Non farlo più.»

«Be' spero di non doverlo più fare.» Borbottai io.

«Cristo.» Mormorò e mi abbracciò, accarezzandomi la schiena e lasciandomi un bacio tra i capelli. «Mi hai fatto prendere un infarto.»

«Ian l'ha fatto prendere a me.» Esalai con una risata amara. «Due volte.»

«Ehi.» Si scostò e mi sollevò il mento con delicatezza. «Cosa vuoi fare con lui?»

Era la seconda volta che mi trovavo bloccata davanti ad un bivio: strada giusta o strada sbagliata? Fare la scelta giusta significava chiamare la polizia e far arrestare Ian, farlo rinchiudere in un'altra cella e rendere giustizia alla famiglia di quel povero uomo, con la conseguenza che si sarebbe scoperta la verità e saremmo stati nuovamente al centro della cronaca per un ennesimo fatto negativo. Fare la scelta sbagliata significava aiutare mio fratello a scappare e offrire un pezzo di cronaca nera senza alcuna possibilità di trovare il colpevole, ma significava anche provare ad offrire a Ian una nuova vita, quella che non aveva mai avuto.

«Non so cosa fare...» Soffiai con disperazione. «Se lo denuncio, sai quello che succederà anche con la mia famiglia, ma se non lo faccio...sarò come mio padre.»

La sua espressione si indurì. «Non è la stessa cosa, Nyxlie.»

«Lo è.» Deglutii. «Aiutarlo significa che la sua famiglia non avrà giustizia.»

Mi guardò come se non mi vedesse. Poi inspirò a fondo e tirò fuori il telefono. Mi accigliai quando vidi che aveva fatto partire una chiamata.

«Ehi.» Disse, alzando la testa e guardandosi attorno senza prestare attenzione a qualcosa di preciso. «Sei a Boston?»

Rimasi ad osservare la sua espressione concentrata e severa.

«Ti mando la posizione. Devi prendere Nyxlie e portarla via da qui...te lo spiegherà lei. Io ho da fare. Fai in fretta.»

Appena chiuse la telefonata non potei fare a meno di chiedere con chi avesse parlato.

«Jace.»

«Cosa?» Strabuzzai gli occhi. «No! Lui--»

«Abbassa la voce.» Mi ammonì e poi sospirò. «Mi occuperò io della situazione. Lui deve solo portarti via.»

«Ma--»

«Non sei mentalmente nella posizione per poter decidere perciò lo farò io.» Disse. «Ti fidi di me?»

«Si.» Ripetei.

«Bene e allora lascia che me ne occupi.»

Δ

Sentivo lo sguardo di Jace addosso mentre camminavamo nel parco di Boston. Ero buffa, a volte qualcuno ci guardava. Lui vestito casual e io con una sua felpa grande il doppio di me che copriva parte del vestito di satin.

Il motel sembrava ormai un ricordo lasciato alle nostre spalle. Non avevo detto una parola da quando ero entrata in macchina. Mi ero fermata davanti al lago. Il sole rifletteva sulla superficie. C'erano foglie e rametti che galleggiavano. Stavo guardando un po' distante da noi una coppia di fratelli, i genitori erano seduti su una panchina, che giocavano insieme, probabilmente erano gemelli. Avevo sempre immaginato come sarebbe stato se Ian fosse stato diverso.

Sarebbe stato un fratello protettivo? Uno a cui avrei potuto dire tutto quanto? Saremmo andati d'accordo? Sarei uscita insieme ai i suoi amici Avremmo litigato per le cose più stupide per poi abbracciarci nei momenti di bisogno? I nostri genitori si sarebbero comportati in modo diverso con entrambi?

Me l'ero sempre chiesta. Come sarebbe stato se lui non avesse avuto tutti quei problemi con loro. Mi sarebbe piaciuto avere una relazione sana con mio fratello.

«Ian ha ucciso una persona.» Confessai piano, senza spostare l'attenzione da quei bambini.

Lui era al mio fianco e sentii subito il suo sguardo sfrecciare sul mio volto.

«L'ho visto.» Deglutii. «Il corpo, dico. L'ho visto. E poi ho sentito un colpo, pensavo si fosse suicidato. Invece ha avuto un'allucinazione e gli ha sparato, poi ha quasi colpito me.»

Lui continuò a rimanere in silenzio mentre io parlavo senza più nemmeno piangere. Mi sentivo prosciugata. Stanca. Distrutta.

«Prima ero dai Fletcher, c'è la festa per l'anniversario della società. Volevo parlare con Harold e farlo confessare.» Inspirai a fondo, lo sguardo era tornato fisso sui due bambini, ora stavano litigando. «Seth mi ha bloccato. Ha detto che non riusciva a lasciarmi da sola con lui.»

«Altro, biondina?»

Scossi la testa, espirando rumorosamente.

«Okay.»

Saettai su di lui con un mezzo sorriso. «Okay?»

Lui scrollò le spalle. «Mi sembra un tuo tipico giorno.»

Scossi ma testa con un sorriso sincero. «Be', da qualche mese a questa parte.»

Circondò le mie spalle per tirarmi a sé e mi schioccò un bacio sulla testa.

«Andiamo, dai.» Mormorò.

Riprendemmo a camminare per spostarci verso un'area più tranquilla e meno frequentata. Trovammo una panchina isolata, immersa negli alberi, e ci sedemmo. Nascosi le mani nelle tasche e appoggiai la testa alla sua spalla mentre lui appoggiava una sua mano sulla mia gamba. Di fronte a noi, lontano, si scorgeva lo stesso laghetto.

«Per una volta mi ritrovo d'accordo con Seth.» Disse poco dopo alcuni secondi di silenzio. «Nemmeno io ti avrei lasciata da sola con lui. Lo sai quanto lo odio.»

«Lo so.»

«E non mi dispiacerebbe nemmeno se lasciassi fare questo lavoro a lui.»

Deglutii. «Be', è sbagliato.»

«È un figlio di puttana. Non sarebbe una grande perdita.»

Non risposi. Non risposi perché avevo la testa in subbuglio. Pensavo a Ian. A quell'uomo. Quanto sangue che c'era...

«Cos'è successo con Ian?» Chiese, poi, con voce più bassa.

Glielo raccontai. Da quando mi aveva chiamata a quando avevo temuto che si fosse tolto la vita. Jace ascoltò tutto senza interrompermi. Gli dissi che non riuscivo a prendere a una decisione. Che entrambe le decisioni avrebbero portato a qualcosa di negativo. Gli dissi ciò che avevo detto anche a Seth, che non ero tanto diversa da mio padre. Lo sentii irrigidirsi a quel commento.

«Non dirlo neanche per scherzo, Nyx.»

Sentii gli occhi pizzicare. «Sono situazioni diverse ma aiutarlo a scappare è esattamente quello che ha fatto lui. Lo ha aiutato ad insabbiare tutto.» Dissi con un groppo alla gola. «M-ma Ian si merita un'ultima chance. Di iniziare una nuova vita, di provare a stare bene ma allo stesso modo quell'uomo meritava di vivere e ora merita giustizia e io...io non sono stata in grado di dargliela. Cosi come con Daphne. Continuo a fare gli stessi errori.»

«Lui ti ha trascinata dentro questa storia. Sapeva che lo avresti aiutato perché l'hai sempre fatto.»

«Si, perchè sono stupida.»

«No, perché sei buona.» Sospirò. «E vuoi vedere il buono nelle persone anche quando non c'è.»

Sollevai la testa dalla sua spalla per guardarlo. «Pensi che avrei dovuto farlo arrestare?»

Premette le labbra. «Non è una situazione facile. Forse dargli una seconda chance è comprensibile, non ha mai vissuto come avrebbe dovuto. Ma lui è nato cosi, ha sempre creato problemi. Non penso riuscirà a cambiare senza un aiuto, senza che lui lo voglia. Ma non giudico niente, biondina. Non è facile, ti ha trascinata in questa situazione e non avrebbe dovuto.»

«Be', anche io non avrei dovuto trascinarti in questa situazione.» Sospirai. «Meno persone sanno della faccenda e meglio è. Seth non avrebbe dovuto chiamarti.»

«Invece Seth ha fatto bene a chiamarmi.» Replicò con sguardo serio. «Portarti via da lì era necessario.»

«È da solo, non so come possa fare. Forse potevo aiutarlo.»

Sbuffò con un mezzo sorriso e scosse la testa. «Nyx, il tuo ragazzo è un esperto in materia. Sono certo se la possa cavare anche da solo.»

Un ago mi puntellò il cuore.

«Non è il mio ragazzo.» Borbottai, incrociando le braccia.

«Come non è un suo succhiotto quello che hai sul collo nascosto dal fondotinta?»

Ruotai gli occhi, sfiorandomi il segno con le dita. Ovviamente lui doveva notarlo. Seth me l'aveva fatto durante la doccia quella mattina.

«È un succhiotto ma lui non è il mio ragazzo.» Lo fulminai con lo sguardo. «Non so cosa siamo.»

«Vorresti che foste qualcosa

Era Jace per cui non avevo nessun motivo di mentire, soprattutto perché l'avrebbe capito.

«Sono pazza se dico di si?» Buttai fuori titubante. «Voglio dire, so che sto sbagliando anche con lui ma ammetto di essere egoista e di non riuscire a vederlo dietro le sbarre per il resto della sua vita. Ha sbagliato, tanto, ma so che può cambiare e inoltre se mio padre, se io, avessimo fatto qualcosa prima, lui non avrebbe avuto quel desiderio di--»

«No. Non puoi prenderti questa responsabilità.» Mi ammonì. «Probabilmente Seth e gli altri lo avrebbero fatto lo stesso, non puoi saperlo. Ma capisco che tu ti senti spaccata a metà. Sai che dovresti denunciarli, perché è la cosa giusta, ma lo ami e non riesci.»

Risucchiai un respiro e sgranai leggermente gli occhi.

Lo ami.

«Cosa?» Sogghignò. «Te lo si legge in faccia, biondina. Anche perché altrimenti non avresti problemi ad andare dalla polizia.»

Mi morsi il labbro. «Dici...dici che lui l'ha capito?»

Incrociò le braccia mentre inspirava a fondo. «Be', non penso sia stupido.»

Rimasi un attimo in silenzio.

«E tu dici che lui prova lo stesso?» Chiesi piano.

Mi guardò come se non credesse a quelle parole.

«Nyx, ucciderebbe per te.» Disse. «Letteralmente.»

«E non è qualcosa che apprezzo.» Sospirai. «Ma, si, ho capito il senso.»

Jace mi propose di andare a mangiare qualcosa. Effettivamente non toccavo cibo dagli stuzzichini e ormai erano passate un paio di ore, non avevo molta fame ma accettai l'idea. Andammo nella caffetteria vicino alla sua scuola superiore, eravamo soliti uscire lì quando ci frequentavamo ed era da molto che non ci andavo.

Jace mi lanciò un'occhiata eloquente quando notò che il nostro divanetto vicino ad una libreria era libera. Ruotai gli occhi con un sorriso e andai a sedermi verso il divanetto mentre lui ordinava qualcosa per entrambi. Mentre lo aspettavo, controllai il telefono per vedere se Seth mi avesse scritto ma non trovai nessuna notifica.

«I toast erano finiti.» Disse Jace. «Ho preso due piadine. Arrivano tra poco.»

«Ti avevo detto di non avere molta fame.»

Lui affondò nel divano e, allungando un braccio sullo schienale dietro di me, mi guardò. «Mangerai lo stesso.»

«Distraimi.» Sospirai. «Dimmi qualcosa.»

«Ce l'hai ancora con me per quello che ho detto a Seth?» Domandò con un lieve cipiglio.

«No.» Ammisi. «Non avresti dovuto ma so che l'hai fatto per me. E con distraimi intendevo parlare di altro.»

Ridacchiò. «Lo so, volevo solo esserne sicuro.»

Una cameriera portò il nostro ordine e io agguantai la piadina bollente, facendo attenzione al formaggio fuso.

«Come vanno le cose con Taylor?» Domandai, soffiando su un angolo prima di morderlo.

Ricordavo bene che l'aveva allontanata quando Derek mi aveva quasi uccisa e gli avevo detto di non farlo.

«Bene.» Disse dopo aver morso la sua piadina. «Ho incontrato i suoi genitori.»

E cioè gli zii di Seth. Avrei dovuto chiedergli di più sulla sua famiglia, se parlava ancora con loro oltre a Taylor.

«Davvero?»

«Non è stato un incontro organizzato.» Disse poco dopo. «Diciamo che ci hanno colti di sorpresa.»

Arricciai il naso, trattenendo una risata. «Oddio, sul serio?»

Annuì. «Le volevano fare una sorpresa ma ne hanno trovata una appena sono entrati nell'appartamento.»

«Hai stretto la mano a suo padre dopo?» Lo presi in giro.

Rise. «No, ma mi sono presentato mentre mi tenevo un cuscino sopra al--»

«Ehi, niente dettagli, grazie.»

Deglutì e inarcò un sopracciglio. «Tu hai già visto tutti i dettagli, biondina.»

«E mi bastano i miei ricordi sui quei dettagli, non ne voglio altri.»

«Sicura?»

Gli diedi un pugno sul braccio e rise ancora.

La spensieratezza del momento svanì quando sentii il telefono vibrare. Posai la piadina e risposi immediatamente appena vidi che fosse Seth.

«Pronto?»

«Dove sei, Principessa?» La sua voce era tranquilla.

Come se non avesse appena sistemato la scena d'un crimine.

«In un bar con Jace. Stiamo mangiando.»

«Posso raggiungervi

«Si, certo.»

Gli diedi il nome del locale e poi terminai la telefonata. Feci un profondo sospiro. Aveva finito? Aveva spostato il corpo? Cosa aveva fatto con Ian? Avevano ripulito tutto?

D'improvviso appena guardai quella piadina mi passò la fame. Lo stomaco mi si chiuse al ricordo di tutto quel sangue. Del cadavere.

«Sai, dovremmo uscire insieme. Per farvi conoscere.»

Jace interruppe i miei pensieri.

Saettai su di lui e arricciai il naso. «A lei non piaccio.»

«Perchè non ti conosce.»

«Non penso cambi qualcosa.» Ammisi. «Ma se ci tieni, va bene. Usciremo insieme.»

«Anche con Seth?»

Assottigliai lo sguardo. «Vorresti fare un'uscita a quattro?»

Alzò le spalle mentre dava un altro morso alla sua piadina.

«Be', ma Seth è suo cugino, si conoscono già.»

«Ma se lei vede come si comporta con te, magari si convince che non sei così male.» Disse e poi abbassò la voce. «So che in fondo fa fatica ad accertarti per Daphne ma se l'ha fatto Seth, non vedo perchè lei non debba farlo.»

«Anche Penelope ha smesso di essere stronza con me.» Dissi. «Cioè, penso che in un qualche modo ciò che abbiamo passato ci accomuna e ora riesce a vedermi sotto un'ottica diversa.»

«Non dovrebbero vederti sotto un'ottica diversa per quello che è successo ma per la persona che sei, e l'ho già detto a Taylor.»

«Lo so, ma è meglio di niente, no?»

Quando arrivò Seth, sul tavolino c'erano solo le nostre bibite mezze vuote e i tovaglioli sporchi. Jace si era mangiato anche la mia piadina. Aveva ancora il completo ma senza giacca, le maniche della camicia erano arrotolate e i capelli più disordinati da come li avevo lasciati. Il cuore mi schizzò in gola appena si sedette sul divano al mio fianco, allungando il braccio sullo schienale dietro di me.

«Avete mangiato?» Domandò, facendo un cenno al tavolino.

«Io ho mangiato.» Rispose Jace.

Ruotai gli occhi. «Ne ho mangiata metà.»

«Un terzo.»

«Tu vuoi qualcosa?» Sospirai, ignorando Jace e guardando Seth.

Scosse la testa. «Sono a posto.»

Lo guardai con la speranza di scorgere qualcosa in lui. Speravo di poter leggere ciò che avessero visto i suoi occhi. Volevo sapere cosa avesse fatto. Dovevo saperlo. Ma lui era bravo a tenere per sé ciò che aveva visto.

«Quella era la tua scuola, Peach?» Mi domandò, giocando con delle mie ciocche con la mano dietro la mia testa.

Ed era anche bravo a spostare l'attenzione altrove.

«Ti pare?» Accennai un sorriso. «Quella catapecchia era di Jace.»

«Ehi.» Mi diede un leggero colpo alla gamba. «Ti piaceva intrufolarti nello spogliatoio di quella catapecchia.»

Arrossii e schiusi le labbra scioccata della sua uscita, soprattutto perchè era in presenza di Seth. Sentii infatti i suoi occhi bruciare la mia nuca dato che ero rivolta verso Jace.

«Ma davvero?» Cantilenò Seth. «Che principessa cattiva.»

Feci un medio a Seth. «Non era niente di cosi illegale.»

Lui alzò una mano come per difendersi. «Certo che no. Entrare di nascosto nello spogliatoio maschile di una scuola che non frequenti è del tutto normale.»

Jace sbuffò in una mezza risata.

Decisi che era meglio spostare l'attenzione su altro.

«Jace vuole farmi conoscere Taylor.» Dissi, incrociando le braccia e respirando a fondo.

Seth lanciò una rapida occhiata a Jace e poi tornò su di me. «Gliel'hai detto che pensavi me la scopassi?»

«Cosa?» Rise Jace scioccato.

Premetti le labbra mentre Seth ghignava. «Sei proprio uno stronzo.»

«Era gelosa di lei.» Spiegò Seth con una scrollata di spalle. «Ha pensato male.»

«Sai non era rilevante questa informazione.» Schioccai.

«A me diverte.»

«Anche a me.» Lo spalleggiò Jace.

Feci un medio ad entrambi. Insopportabili.

«E comunque non penso sia un cattiva idea.» Disse poco dopo Seth. «Piacerebbe anche a me, in fondo. È l'unica famiglia che ho.»

Sentii il mio cuore battere più veloce e lo stomaco bruciare. Voleva che conoscessi qualcuno di importante per lui.

«Be', okay.» Abbozzai un sorriso. «Per me si può fare.»

«Se domani siete a New York possiamo organizzarci.» Disse Jace.

«Con chi resta Jasmine?» Domandai.

«Sarà da una sua amica.» Disse con un sospiro grave. «I suoi genitori ci aiutano molto.»

Annuii e guardai Seth. «Torniamo a New York?»

«Hai qualcosa da fare qui?»

Si, sapere cos'era successo a Ian e quell'uomo.

Negai.

«Allora vada per domani.»

Poco dopo Jace ci informò che doveva tornare indietro, cosi ne approfittammo tutti per uscire dal bar.

Lo salutai e ringraziai, dicendogli che ci saremmo organizzati per la sera dopo. Probabilmente a quel punto saremmo tornati lunedì, non era un problema per me saltare qualche lezione.

Ero appoggiata alla portiera dell'auto di Seth mentre guardavo Jace sfrecciare via davanti a noi. Quando sparì ad un incrocio, spostai l'attenzione su Seth. Lui mi stava già guardando.

«Di chi è la felpa?» Domandò.

«Jace.»

Annuì, pizzicandosi il naso.

Assottigliai lo sguardo, trattenendo un sorriso. «Ti dà fastidio?»

«Si.» Confessò con noncuranza. «I miei vestiti ti stanno meglio.»

«Sicuro?»

«Vero.» Abbassò la voce. «Stai decisamente meglio con niente addosso.»

Arrossii e scossi la testa. «Cosa vuoi fare?»

Stavo cercando di temporeggiare. Volevo sapere cosa avesse fatto ma non volevo spingerlo a parlare se non voleva.

«Non conosco Boston.»

Pensai ad un posto molto importante in cui volevo portarlo.

«Posso guidare io?»

Inarcò le sopracciglia. «Sai guidare?»

«Certo.» Dissi. «Non ho una macchina ma ho la patente.»

Tirò fuori le chiavi dalla tasca dei pantaloni e le fece dondolare davanti ai miei occhi.

«Oggi tocca a me fare il principe.»

Ridacchiai mentre le afferravo. «Mettiti comodo allora.»

«Aspetta.» Disse quando mi sedetti nel posto del guidatore.

Aggrottai la fronte mentre lui andava verso il bagagliaio. Lo aprì e tirò fuori qualcosa, quando rientrò mi lanciò una felpa.

«Fai sul serio?»

«È più comoda la mia.»

Scossi la testa ma lo accontentai. Lanciai nei sedili posteriori la felpa di Jace e indossai la sua. Immediatamente venni avvolta dal suo profumo.

«Wow.» Disse.

Lo guardai confusa. «Cosa?»

Alzò una spalla. «Hai la mia felpa e guidi la mia macchina. Mi sta venendo duro.»

«Idiota.» Gli tirai un pugno.

Rise e io partii. Non fu un viaggio lungo ma Seth approfittò di ogni minuto per infastidirmi. Mi toccava i capelli, metteva la mano sulla mia coscia, la faceva salire pericolosamente...

«Sei un passeggero molto fastidioso, sai?» Schioccai, mentre mi fermavo per un semaforo rosso.

«Non sono abituato a stare qui.» Sbuffò. «Non so dove mettere le mani.»

«Be', non su di me. Sto guidando.»

«Ti distraggo, Principessa?» Ghignò.

Ruotai gli occhi. «Si, e se non vuoi nessun graffio sulla macchina ti conviene stare fermo.»

Non sembrò importargli della carrozzeria perchè continuò a stuzzicarmi. In prossimità della destinazione parcheggiai appena mi fu possibile e gli dissi di scendere. Vidi la sua espressione irrigidirsi appena guardò di fronte a se. Eravamo vicini al fiume Charles e le due sponde erano collegate da un ponte, alberi e piccole spiagge costeggiavano entrambe le sponde.

«Perchè siamo qui?» Chiese immediatamente.

«Vieni.»

Sapevo che aveva capito dove eravamo.

«Nyxlie.» Mi ammonì.

Lo affiancai e gli tesi la mano. «Dai, vieni.»

Intrecciò le nostre dita e camminammo in silenzio verso il ponte. Era attraversato da diverse macchine ma non c'era molta gente a piedi. Ci fermammo a metà, l'acqua sotto di noi non era pulita ma avevo visto di peggio. Appoggiai le mani sulla ringhiera e inspirai a fondo.

«Era sera.» Dissi, lanciandogli uno sguardo. «Passavano poche persone. Winter mi ha trovato rintracciando il mio telefono.»

«Nessuno di quelli che è passato ha provato a fermarti?» Domandò con voce cupa.

«A volte le persone non vogliono avere problemi.»

«Perchè mi hai portato qui?»

Incrociai le braccia e respirai a fondo. «Voglio un nuovo ricordo di questo posto.»

Si accigliò. «Un nuovo ricordo?»

Scrollai le spalle. «Si, uno bello.»

«E cosa vorresti?»

«Un bacio?» Arricciai il naso.

Sorrise e si passò una mano tra i capelli. «Un bacio renderebbe questo posto più bello?»

«Sicuramente dopo ne varrebbe la pena ricordarlo.»

Mi afferrò la vita per poi far collidere le nostre bocche. Sorrisi nel bacio e allacciai le braccia dietro il suo collo. La sua lingua accarezzò il mio labbro e schiusi la bocca per permettergli di approfondirlo. Accarezzai i suoi ricci morbidi mentre lui stringeva le braccia dietro di me in una morsa ferrea.

Quando ci staccammo, mi leccai le labbra per continuare a sentire il suo sapore mentre lui mi fissava a fondo negli occhi.

«Mi sembra impensabile usare me per associare un bel ricordo.» Disse rauco.

«Be', è appena successo.»

Deglutì e poi guardò distante. «Lo sai che vorrei distruggere questo ponte?»

«Non è il ponte il problema.»

«Lo so.» Tornò a guardarmi con serietà.

Sbattei le ciglia. «Devi raccontarmi cos'è successo.»

Slacciò le braccia dal mio corpo e si pizzicò il naso. «Non ti basta sapere che ho risolto tutto?»

«No.»

Sospirò ma non disse nulla.

«Non...non l'hai ucciso, vero?»

Il suo sguardo saettò su di me in modo severo. «No, Blake.»

«Allora dimmi cos'è successo.»

Si appoggiò alla ringhiera con gli avambracci e mi guardò. «Prometti di non fare domande su certe persone?»

Mi accigliai non capendo a fondo cosa volesse dire.

«Tu promettilo.»

Sbuffai. «Va bene, lo prometto.»

«Bene.» Si drizzò e afferrò la mia mano. «Andiamo in macchina.»

«Non ci sentirà nessuno.» Dissi, afferrando la sua mano.

«Non è per quello.» Gracchiò. «Tu avrai ricreato un ricordo positivo qui ma io vedo lo stesso una ragazza di quindici anni che prova a suicidarsi.»

Boccheggiai ma non riuscii a dire niente. Così, mi limitai a premere le labbra e annuire. Una volta tornati in auto, Seth si riprese il suo posto da guidatore e io il mio. Incrociai le braccia e mi sistemai in modo da poterlo guardare senza girare la testa. Lui tirò fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca interna del completo e se l'accese.

«Ricordi che l'Angels è mio ma allo stesso tempo è usato anche per altro, no?» Buttò fuori una nuvola di fumo mentre i suoi occhi si incollavano al mio viso, studiando le mie reazioni.

Annuii.

«C'è qualcuno sopra di me, che si occupa delle altre attività dell'Angels, gli stessi che organizzano i miei incontri.» Disse. «Loro possono far sparire le persone.»

Sgranai gli occhi. «Ma hai detto che non l'hai ucciso!»

«No--non intendevo in quel modo. Sparire nel senso di far perdere le tracce di quella persona.»

«Oh...»

«Sono un po' ovunque. Alcuni di loro lavorano anche qui a Boston e li ho contattati.» Continuò e si portò alle labbra la sigaretta. «Ho detto loro di fare qualche ricerca sull'uomo che tuo fratello ha ucciso e hanno scoperto che era indebitato qualche pezzo grosso di Brooklyn.»

«Indebitato? Intendi problemi di droga?»

«Aveva chiesto un prestito, non so per cosa.» Spiegò. «Ma non l'aveva ancora ripagato. Prima o poi lo avrebbero cercato.»

Cercai di collegare i puntini. «La polizia penserà davvero che sia morto per quello? Voglio dire, l'ho visto...chi pareggia i conti non ti spacca la testa in quel modo, no?»

«No ma era l'unica pista che potevamo usare.» Disse. «Abbiamo sistemato la stanza, ripulito tutto, cancellato i filmati delle telecamere del motel e della strada. Abbiamo spostato il corpo in reception. Non sarà piacevole per chi lo vedrà ma è meglio cosi. Abbiamo messo un po' sottosopra, sembrerà che ci sia stato uno scontro.»

Ascoltai ed elaborai.

«La polizia ci crederà anche se non ci sono filmati?» Chiesi.

Abbassò il finestrino di poco per buttare fuori la cenere.

«Capirà che è stato organizzato ed eviterà di indagare sui presenti. Tuo fratello non si è registrato quindi senza video, è difficile risalire a lui. Certo, potrebbero farlo perchè i tuoi hanno pagato qualcuno per ricercarlo ma abbiamo cancellato le sue tracce. Non c'è modo di avere la sicurezza che sia stato lì.»

Sentivo una strana morsa allo stomaco. Era senso di colpa forse.

«Dov'è Ian?» Chiesi poco dopo.

«Gli ho procurato un passaporto finto, un biglietto aereo e diecimila dollari.»

«Cosa?!» Esclamai. «Diecimila--sei impazzito?»

Lui mi guardò con quel solito cipiglio mentre fumava.

«Voglio che stia lontano da te.» Disse rauco. «Abbiamo fatto un accordo. Io lo avrei aiutato e lui sarebbe sparito da qui.»

«Io...» Scossi la testa. «Hai già pagato quel tizio alla festa. Non so neanche come ridarteli tutti questi soldi.»

«Non li voglio, Peach.» Abbozzò un sorriso. «Non ci devi pensare. La polizia troverà il corpo, farà delle indagini, appena scoprirà che i video sono stati cancellati penserà a qualcosa di organizzato e appena scoprirà i debiti con quelli, non si metterà a cercare. La polizia non vuole problemi con loro.»

«Aveva qualcuno?» Chiesi sentendo un terribile nodo alla gola. «Era sposato? Aveva figli?»

Scosse la testa. «Viveva in un monolocale lì vicino. Era da solo.»

«Però avrà avuto dei genitori. Quanti anni aveva? Come--»

«Nyxlie.» Mi bloccò con voce ferma. «Non devi sapere queste cose, fidati. Tu non hai fatto niente. La polizia troverà il corpo e chiuderà il caso. Tuo fratello non sarà più un problema. So che non è la giustizia che vuoi te ma era l'unico modo per allontanare i sospetti.»

«La polizia indagherà su questa organizzazione? E se quelli dicono che non sono stati loro?»

«La polizia è corrotta in modi in cui neanche ti immagini. Ma se dovessero interrogare qualcuno di loro, be', ci siamo occupati anche di quello.» Mormorò.

«Li conosci?» L'occhiata sbieca che mi diede mi fece accigliare. «Ora dovrei smettere con le domande?»

Sollevò un angolo della bocca. «Esatto.»

Ruotai gli occhi. «Voglio solo assicurarmi che tu non abbia problemi.»

«Non ti preoccupare per me.» Disse. «La questione è risolta.»

«Si ma--»

«Peach.» Mi bloccò ancora con tono morbido, appoggiando la mano sulla mia gamba. «La questione è risolta, okay?»

Ci impiegai qualche secondo ad annuire. Rimasi in silenzio mentre lui terminava di fumare e restai ad osservare la sua mano sopra al mio ginocchio.

«Le persone con cui lavori lo sanno?» Chiesi flebile.

Si bloccò per qualche istante e poi tossì. «Sanno cosa?»

«Dei Vendicatori.» Deglutii.

Rimase ad osservare la sigaretta quasi completamente consumata tra le sue dita con sguardo vacuo e scosse la testa. «No. Al di fuori di noi cinque, solo Taylor lo sapeva.»

E ora anche io e Jace.

«Quindi, non vi aiutano a...» Iniziai a gesticolare. «Ecco, ripulire la scena?»

«No. Facciamo tutto noi e stiamo molto attenti a non lasciare le nostre tracce da nessuna parte. Due anni fa è stata la prima volta che la polizia ha trovato il capannone in cui avevamo fatto la diretta ma non c'era traccia di noi.» Disse monocorde, buttando fuori dal finestrino il mozzicone.

«Posso farti un'altra domanda?»

Alzò le spalle con rassegnazione. «Tutte quelle che vuoi se ti servono a capire quanto tu debba starmi lontano.»

«Non è per questo.» Dissi, quasi sulla difensiva.

«Ma dovrebbe esserlo.»

Ignorai il suo comportamento e feci la domanda.

«Hai mai pensato a dove uccidere Harold?»

Probabilmente lo presi alla sprovvista con quella domanda. Si accigliò con fare pensieroso.

«Se scegliessi un luogo a valore affettivo per me sarebbe pericoloso.» Disse. «Ci sono psicologi che ci analizzano, è meglio tenere tutto neutro.»

«Ma non è una scelta neutra quella di Harold.» Replicai.

«Non se si espone prima la verità. In quel caso, sarebbe quasi scontato il nostro arrivo.» Alzò le spalle. «Ma se potessi scegliere, sceglierei l'ufficio.»

«Comprensibile, penso.»

Sarebbe stato come rendere la vendetta perfetta. Concludere dove tutto era iniziato.

«Ci potrebbe essere la remota possibilità che tu lasci tutto alle spalle senza-»

«No. Lui non la passerà liscia.»

Annuii. Mi sembrava logico, o almeno era sensata come scelta illogica. Seth aveva iniziato tutto questo per colpa sua, non avrebbe mai potuto lasciarlo andare cosi.

«Ora posso farti io una domanda?» Chiese, la voce più grave e tesa.

Annuii.

Si leccò le labbra e distolse lo sguardo da me. Ci mise qualche momento a parlare.

«So che i giorni a seguire del rapimento hai dormito male. So che facevi gli incubi su quanto è successo...» Iniziò rauco e subito affondai le unghie nei palmi. «Li fai ancora?»

Scorsi del dolore nel suo sguardo anche se provava a nasconderlo dietro la sua maschera.

Mi guardai le dita e boccheggiai un paio di volte prima di trovare la voce per rispondere.

«No.» Sussurrai e tossii. «No, io...penso sia stato da quando ho scoperto la verità che non sogno più quella sera.»

Un muscolo guizzò sulla sua guancia e con gesti scattanti riprese il pacchetto di sigarette.

«Seth--»

«Non avrei mai voluto che vivessi tutto quello.» Mi bloccò, accendendosi la seconda sigaretta nel giro di pochi minuti.

Non mi guardava in faccia, teneva lo sguardo cupo rivolto in avanti.

«Soprattutto dopo quella notte.»

Deglutii e mi abbracciai. Quella notte era stata la nostra prima notte insieme, in cui ci eravamo legati più che fisicamente anche mentalmente. Si era comportato in modo strano la mattina, avevamo quasi litigato e poi lo avevo invitato nel mio appartamento a fare colazione.

«Quando sono entrato nella stanza.» Si bloccò. «E ho visto come mi guardavi--»

«Io non stavo guardando te.» Lo interruppi con un nodo alla gola.

«Sono sempre io quello.» Ribattè con durezza. «E mi hai guardato esattamente come avresti dovuto fare, come mi avrebbe guardato chiunque. Eri terrorizzata e mi odiavi.»

«Ero terrorizzata perchè ero stata rapita e credevo che sarei morta.»

Con la sigaretta in bocca, mi guardò severo, l'ombra di un cipiglio ad oscurargli l'espressione.

«Non mentirmi, Peach.» Disse grave. «Ho visto come hai reagito con quando è entrato Chen. Non avevi la stessa espressione.»

Sentii gli occhi bruciare e sbattei rapidamente le palpebre mentre abbassavo lo sguardo e scuotevo la testa.

«La tua ora di diretta è più...cruda rispetto alle altre.»

«E la tua reazione è stata del tutto normale.»

«Non ho reagito quando l'ho vista appesa.» Dissi quasi con rabbia.

Non avevo idea del perchè avesse voluto tirare fuori questo discorso ma non mi piaceva.

«Vederla appesa e vederla indossata sono due cose diverse.» Mormorò, buttando fuori del fumo.

«No, non lo sono.» Mi accigliai. «Perchè te lo ripeto: so chi c'è sotto quella maschera, so che non mi faresti mai niente e so che hai sbagliato a far del male a quelle persone ma so anche perchè l'hai fatto. Le nostre azioni si sono incrociate, Seth. Se Harold non fosse un bastardo--se io avessi fatto qualcosa quando potevo, tu avresti avuto subito giustizia. Avresti provato rabbia? Si, ne sono certa ma sono altrettanto sicura che non avresti mai iniziato tutto questo.»

«I se non cambiano il passato.»

Premetti le labbra e inspirai a fondo prima di afferrare il vestito e aiutarmi a scavalcare il cambio per sedermi sulle sue gambe. Gli tolsi la sigaretta dalle dita e la buttai fuori dal finestrino. Gli afferrai il volto quando tentò di sfuggire dal mio sguardo.

«Non lo cambiano, è vero.» Dissi. «Ma puoi ancora cambiare il tuo futuro.»

«Le mie mani sono sporche di sangue.»

«Non te n'è mai importato.»

I suoi occhi si infiammarono. «Mi importa se devo toccare te.»

«Mi hai già toccato.»

«Perchè tu fingi che non sia importante.»

«Non fingo. So bene che lo è, Seth. So bene che sto sbagliando.» Mi innervosii. «Ma ho conosciuto la vera persona che sta dietro quella maschera e, te lo ripeto, meriti una seconda chance. Sono contro le tue azioni ma ammetto che erano dei bastardi. Voi piacete alle persone proprio per questo. Nessuno di loro aveva le mani pulite.»

«Stai dicendo che la mia vita vale di più di quelle che ho torturato?»

Strinsi i denti perché sapeva che tasti toccare.

«L'avresti mai fatto se Harold fosse stato condannato?»

«Non lo so.» Distolse lo sguardo da me. «Forse avrei preso altre decisioni. Forse non sarei stato accecato in quel modo dalla rabbia e dalla vendetta.»

«Loro hanno fatto quello che hanno fatto perchè volevano. Non sono stati spinti da nessuna seconda motivazione.»

Sospirò a fondo, appoggiando la nuca al poggiatesta e mi studiò con fare impassibile. Le sue mani erano appoggiate sulle mie cosce mentre le mie scivolarono sul suo addome.

«Se potessi tornare indietro, non ti farei rivivere quella notte.»

Accennai un sorriso. «Ti credo.»

Scosse la testa e sospirò. «Prima o poi realizzerai quanto io sia da rinchiudere e buttare via la chiave e io lo accetterò.»

Appoggiai una mano sulla sua guancia e mi sollevai, facendogli inclinare leggermente la testa. Gli accarezzai lo zigomo col pollice e premetti le mie labbra sulle sue in un soffice bacio.

«Grazie per avermi aiutata con Ian.» Sussurrai.

«Non ringraziarmi e stai cambiando argomento.»

Lo baciai nuovamente, questa volta con più passione ma senza esagerare. Le sue mani risalirono per le mie cosce andando a stringere le natiche. Mi scostai poco dopo, le nostre labbra schioccarono.

«Peach?»

Gli accarezzai i capelli e lui aprì piano le palpebre.

«Mi prometti che non ti arrabbi se ti dico una cosa?»

Sollevai le sopracciglia e poi annuii. «Dimmi.»

Si leccò il labbro inferiore e mi guardò a fondo.

«Per quanto odi pensarlo, se le cose non fossero andate cosi, io e te non ci saremmo mai incontrati e io avrei continuato a vivere una vita fredda e incompleta.» Sussurrò rauco.

I miei occhi pizzicarono ma mi feci forza.

«Non è vero.» Continuai a giocare con i ricci sopra la sua fronte. «Senza questo segreto, avresti condotto una vita normale. Avresti trovato qualcun'altra.»

«Ma io voglio te. In questa vita e in tutte le altre ipotetiche e future, voglio solo te.» Disse con voce quasi incantata.

Il mio cuore non aveva mai battuto cosi velocemente.

«E allora brucia quella maschera. Butta quei coltelli. Fallo per me, fallo per Daphne e fallo per te.» Sussurrai, con gli occhi lucidi, incastonati nei suoi.

Non rispose ma afferrò il retro del mio collo e fece scontrare le nostre bocche.

Quel bacio suggellò una promessa.

Tuttavia, la nostra storia non era una fiaba e il lieto fine, forse, non faceva per noi. 







S/A.

Ehilà 🍑🖤

Come state? Spero bene e io spero di poter riprendere ad aggiornare con più frequenza, ma se cosi non fosse, ricordatevi di aspettare con pazienza❤️

Dunque...

Seth ha risolto la questione di Ian, ma chissà se non tornerà davvero indietro👀

I nostri protagonisti hanno fatto un patto ma c'è aria di pioggia, una brutta brutta pioggia ⛈️🌪

➡️ E voi cosa ne pensate, il lieto fine fa per loro oppure no?

Vi aspetto su IG per commentare ❤️

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A presto, Xx

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IG e TT: anonwriter23

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