Capitolo 48
«Ti vengo a prendere?» Chiese Seth, parcheggiando davanti al ristorante fusion che aveva scelto Winter.
Slacciai la cintura e gli sorrisi. «Molto probabilmente vorrà andare all'Angels.»
Ruotò gli occhi e sospirò. «Allora, controllerò le telecamere.»
«Oppure, puoi aspettare che sia io scriverti. Senza spiarmi.»
«Mi piace di più la mia idea.»
«A dopo, Seth.» Sospirai, uscendo dalla macchina.
«Non vedo l'ora, Principessa.» Ammiccò.
Winter aveva voglia giapponese e così aveva prenotato un ristorante sulla Madison Ave. Lei era già arrivata e un giovane cameriere mi accompagnò al tavolo. La musica leggera in sottofondo, le luci soffuse, i lampadari eleganti e moderni e il legno mogano ad ogni angolo creavano un ambiente molto intimo e raffinato.
«Ecco la mia bionda preferita.»
Abbracciai Winter e poi mi accomodai sulla sedia imbottita.
«Com'è andato il viaggio? Pronta per la grande festa?» Domandò.
«No, non sono pronta.» Sentii le guance infiammarsi. «Ma a quanto pare Seth ha più soldi di quanto pensassi e ha deciso di prenotare un jet.»
La mascella le cadde. «Come prego? Voi due da soli? Su un fottuto jet privato?»
Iniziai a giocare con le bacchette con fare nervoso. «Non eravamo da soli, c'erano anche i suoi amici.»
«Ha la faccia di uno a cui non importa molto avere il pubblico, anzi.» Arricciò il naso.
Gonfiai le guance calde. «Non gli interessa, infatti. Ma parliamo di te.»
«Prima ordiniamo.»
Ridacchiai. «Si, giusto.»
Dopo che i nostri ordini vennero ordinati, il mio sguardo si fece più malizioso. A quanto pare lei e Greg avevano deciso di darsi una chance e quindi ora erano ufficialmente una coppia.
«Quindi.» Schioccai. «Sei contenta?»
Provò a trattenere un sorriso ma fallì. «Si, sono contenta. Non so dove ci porterà questa relazione ma spero lontano, ecco...» Quasi mi commossi e lei sbuffò. «Smettila. Piuttosto, dimmi perchè vuoi portare Seth a questa festa. Non hai mai portato nessuno, nemmeno Jace.»
Ovviamente non potevo dirle la verità. «Be', loro non hanno mai saputo di Jace.»
«Si, ma non sanno nemmeno di Seth.»
Alzai le spalle. «Ma lo hanno già incontrato. E poi a mia madre non piace, quindi lo porto perchè so che la infastidisce.»
«Mh.» Si fece più seria. «Lui lo sa? Di quel bastardo?»
Eccome se sapeva...
«Si, io...» Mi toccai il sopracciglio. «Gliel'ho detto. Per questo ha voluto accompagnarmi.»
Dei piatti arrivarono e ci dividemmo i nostri ordini.
«Se vuole farlo a pezzi, gli do il permesso.»
Sgranai gli occhi. «C-cosa?»
«Se dovesse sparire dalla faccia della terra non mi dispiacerebbe.» Alzò le spalle. «E nemmeno a te.»
Infilzai un po' forte un nighiri al salmone. «Sai cosa ne penso.»
Ruotò gli occhi e bofonchiò con la bocca piena. «Si, si. Giustizia. Ma ammettilo, se dovesse finire nelle mani dei Vendicatori non sarebbe male.»
Lo era già, solo che lei non poteva saperlo. A volte ci pensavo, a come avrebbe potuto reagire se avesse scoperto la verità su Seth e gli altri.
«Possiamo non parlarne?»
«Si.» Sorrise angelica. «Raccontami della scopata in quota.»
La guardai annoiata e lei arricciò il naso mentre si portava il bicchiere alle labbra. «Cosa? Finalmente hai trovato uno che ci sa fare e ha anche inventiva.»
«Non saprai nulla.» Decretai.
Anche perchè non avevamo fatto sesso.
«Nel bagno?»
Ruotai gli occhi. «Non dirò niente. Io non ti chiedo delle tue scopate.»
«Perchè fai la finta pudica.»
Schiusi la bocca offesa. «Non faccio la finta pudica, semplicemente non mi interessa.»
«Be', a me interessa. Magari ti rubo qualche idea...» Ridacchiò facendomi scuotere la testa. «Dai, parla.»
«C'era una camera da letto sul jet.» Dissi e sperai che si chiudesse lì l'argomento.
Purtroppo per me la sua espressione scioccata mi fece pensare che forse non si sarebbe chiusa affatto.
«Una fottuta camera da letto? Scherzi?»
Negai e inzuppai il salmone nella soia. «E se si spengono le luci compaiono le stelle sul soffitto.»
«Wow...» Era sbalordita. «Ma come fa ad avere tutti questi soldi? Cosa mi nascondi?»
«Niente.»
«Mh, sicuro.» Disse. «Ad ogni modo, questa sera andiamo all'Angels?»
Quasi sorrisi perché immaginavo che saremmo andate lì.
«Va bene.» Annuii. «Ma dopo la serata verrà Seth a prendermi.»
«Uh, interessante.»
Scossi la testa con un lieve sorriso. Mi aveva detto che potevo stare a casa sua, come l'ultima volta. Tuttavia non ricordavo nulla di casa sua e questo perchè non avevo visto molto, solo la sua stanza. Ero curiosa di vedere com'era fatta. Ero terrorizzata ma curiosa di scoprire se ci fossero indizi su di loro, su quello che facevano.
«Mi dovrai prestare qualche vestito perchè non ne ho.»
«Oggi è la serata White.» Mi informò. «Ti presterò qualcosa.»
«Serata White?»
Annuì. «Chi si veste di bianco ha un drink gratuito.»
«Oh bene.»
Δ
Il vestito che Winter mi aveva prestato sembrava più una vestaglia da notte. Satinata, con le spalline sottili che arrivava a metà coscia, si stringeva leggermente in vita così da evidenziare le curve. Sopra, indossai una pelliccia sintetica corta e sempre bianca e dei tacchi che mi avrebbero fatto impazzire subito.
La coda fuori dal locale era immensa ma come sempre, grazie alle conoscenze interne di Winter, riuscimmo ad evitarla. Non mi passò inosservato il modo in cui il buttafuori mi guardò a lungo per poi toccarsi l'auricolare e dire qualcosa. Pochi secondi dopo mi arrivò un messaggio.
-Era la serata White non
'fammelo venire duro
in tre secondi'
-Sei davvero stupido
-E non spiarmi
dalle telecamere
-Tranquilla, ho da
fare questa sera
-Cosa devi fare?
-A più tardi, Principessa
-Stronzo.
Ovviamente smise di rispondere e io buttai nella borsa il telefono. Winter mi afferrò il polso e mi trascinò verso il divanetto che Greg aveva prenotato. C'era anche Mark, l'ultima volta che l'avevo visto stava soffrendo per la rottura con la sua ragazza, ora però mi sembrava più felice. Forse era l'alcool o forse stava iniziando a riprendersi.
Mi spogliai della giacca e Winter decise di tuffarsi subito al bancone per reclamare il suo drink gratuito. I miei occhi guizzavano verso le ampie scale e quel corridoio della parte superiore del locale. Cosa stava facendo? Cosa doveva fare? Winter mi risvegliò dai pensieri con un lieve gomitata e ordinai il mio drink fruttato e alcolico.
Quello non fu l'unico drink che annebbiò la mia testa. Io e Winter bevemmo molti chupiti gratis e questo fu uno dei motivi per cui ad un certo punto sentii la testa vorticare. Persi un po' il senso della cognizione, ballavo senza pensieri e ridevo ad ogni frase.
L'unico pensiero fisso era sempre lui, era come un maledetto sassolino. Continuavo a fissare quella scalinata e a chiedermi cosa avesse da fare.
Fu quando Winter mi disse che sarebbe andata fuori con Greg a fumare che ne approfittai per avvicinarmi all'area riservata. Avevo già visto l'uomo che sorvegliava quelle scale ma non ricordavo il nome, tuttavia salii i gradini e gli sorrisi.
«Ciaoo!» Ridacchiai. «Posso salire?»
Lui rimase impassibile. «No.»
Mi imbronciai. Salii fino ad arrivare al suo gradino e lui mi tenne sotto controllo con la coda dell'occhio.
«Devo parlare con...tu sai chi.» Sussurrai l'ultima frase al suo orecchio.
«Si so chi sei.» Sospirò. «Ma non puoi salire. E' impegnato.»
«Cosa sta facendo?» Incrociai le braccia. «Posso aspettarlo nel suo ufficio.»
Mi prese per un braccio e mi spinse, costringendomi a scendere di un gradino. «No, ragazzina.»
Non capii bene cosa accadde dopo ma qualcuno doveva aver iniziato una rissa perchè l'uomo si toccò l'auricolare all'orecchio, guardando subito in un angolo vicino a noi. Si mise a parlare con una persona attraverso il walkie talkie e approfittai di quel momento di distrazione per sfuggirgli.
Salii le scale e ridacchiai tra me e me. Mi girai, vedendo che il buttafuori stava ancora risolvendo la questione ma mi beccò con la coda dell'occhio e urlò qualcosa ad un altro che si stava avvicinando per fermare la rissa. A quel punto decisi di correre via e inoltrarmi nel lungo corridoio per andare verso l'ufficio di Seth. Bussai un paio di volte ma nessuno rispose, a quel punto provai ad aprire la porta ma fu inutile.
Avvilita guardai lungo il corridoio ampio dalle luci soffuse, c'erano altre porte ma non sapevo dove conducevano.
«Ehi, tu!»
Sgranai gli occhi e con la coda dell'occhio guardai a destra. L'uomo avanzava con passo lungo e deciso.
«Sto cercando Seth.» Dissi.
«Ti ho detto che al momento è occupato.»
«Voglio solo vederlo.» Sbuffai capricciosa. «Puoi chiamarlo?»
Lui scosse la testa, innervosito. «No. Ora, andiamo via.»
Provò ad afferrarmi il polso ma io mi ritrassi. «Devo dirgli una cosa importante.»
Lui stava per perdere la pazienza ma io ero molto su di giri e questo sarebbe stato un problema per lui. «Non mi interessa. Non puoi stare qui.»
«Io posso stare qui.»
«Non farmi perdere tempo.» Avanzò ancora e io sgusciai via da sotto le sue braccia.
Lui grugnì frustrato e io ridacchiai.
«Cosa sta succedendo?»
Mi girai di scatto e vidi Chen chiudere una porta alle sue spalle. Sorrisi alla sua vista.
«Chen!» Esclamai e corsi per abbracciarlo. Davanti a lui inciampai tra i miei stessi piedi e lui mi sorresse.
«Ho provato a fermarla ma è scappata.» Disse l'uomo sospirando.
«Ci penso io, Oscar.»
Feci un medio a Oscar mentre ci superava per andarsene e Chen mi guardò sospettoso.
«Quanto hai bevuto?»
Alzai le spalle e ridacchiai. «A quanto pare i chupiti sono in omaggio.»
«No, non è vero.» Poi mi squadrò da capo a piedi e scosse la testa. «Non diglielo a Seth che hai bevuto a gratis.»
«Lo ripago se vuole.»
«Il barman ci stava provando, Peach.» Disse piatto. «Voleva farti ubriacare.»
«Ah. Dici?»
Sospirò e mi spinse a camminare verso l'ufficio di Seth. «Io dico che è meglio non dirlo a Seth.»
«Dov'è? L'ufficio è chiuso.»
«È con delle persone.»
«Volevo salutarlo.»
«Be, ora è un po' impegnato. Dovrai aspettare.» Disse mentre infilava una chiave nella serratura. «Dov'è Winter?»
«È uscita con Greg.» Arricciai il naso. «Ora sono una coppia, sai?»
«Mh, buon per loro, no?»
«Si, sono felice per lei.» Dissi ed entrai nell'ufficio facendo una giravolta che aveva quell'odore di whisky e legno, e di lui. «Almeno loro lo sono.»
Zampettai qua e là. Andai verso la libreria contro cui mi aveva bloccata una volta Seth, la prima volta che ero entrata qua dentro, e sfiorai alcune copertine di libri.
«Cosa vorresti dire?»
«Almeno loro sono una coppia.» Dissi con una certa nota amara.
«E tu vorresti la stessa cosa?» Chiese alle mie spalle, con fare attento.
Mi morsi il labbro e sfiorai il bordo dello scaffale di legno.
«Sono una brutta persona se non riesco a fare la cosa giusta?»
«Intendi il fatto di denunciarci?»
Non replicai ma avvertii gli occhi pizzicare. Girai leggermente la testa per guardarlo con la coda dell'occhio.
La sua espressione era morbida e dispiaciuta.
«Forse dovresti farlo.» Mormorò. «Ma se non ci riesci non sei una brutta persona. Non sei tu che stai sbagliando.»
«Pensi che riuscirà a fermarsi davvero?» Tirai su col naso.
«Per te? Si.» Disse sicuro. «Ma Harold...»
Annuii. «Lo so che vuole farlo.»
«Lo aiuterebbe a chiudere il cerchio.»
Incrociai le braccia accigliata. «Non utilizzare la morte come una sorta di aiuto psicologico.»
«So che è difficile ma finché lui è vivo, Seth non si darà pace.» Sospirò. «Soprattutto dopo aver scoperto anche...di te.»
Guizzai lo sguardo altrove. Ripresi a camminare nell'ufficio. Passai dietro al divano, contro la parete di legno c'era un tavolino tondo in ferro battuto con una bottiglia di whisky e qualche bicchiere.
«Davvero non ce l'avresti mai detto?»
Deglutii e stappai la bottiglia con liquido dorato e ne versai un po' in un bicchiere.
«Non era necessario.»
Ingoiai in un sorso solo. La gola mi bruciò e storsi il naso. Mi girai verso Chen.
«È forte.» Gracchiai, arricciando il naso.
«Forse non dovresti più bere.» Accennò un sorriso ma sparì poco dopo e si accigliò. «Perchè?»
Versai ancora un po' di whisky e ripresi a camminare col bicchiere in mano.
«Perchè sapevo avrebbe reagito come se fosse stata una conseguenza, che si sarebbe sentito responsabile.»
«Prima o poi l'avrebbe scoperto.»
«Forse.» Mi bagnai le labbra e lo guardai. «O forse no.»
La porta si aprì di colpo e il mio cuore aumentò di battito. Incrociai un paio di occhi color pece e sorrisi.
«Sono venuta a salutare.» Avanzai, ondeggiando leggermente i fianchi.
I suoi occhi balzarono su Chen. «Puoi finire tu di là?»
Di là dove? Cosa dovevano fare?
«Certo.» Le assi scricchiolarono sotto il suo peso e poi senti delle labbra sulla tempia. «Fai la brava, Peach.»
Gli sorrisi furba e quando io e Seth fummo soli, tornai a sorseggiare il mio whisky.
«Quello è molto forte.» Disse, avanzando piano.
I miei occhi lo squadrarono senza vergogna. Quella sera indossava una camicia nera leggermente lucida, le maniche erano arrotolate sugli avambracci mettendo in mostra la pelle abbronzata e i tatuaggi. I primi bottoni erano slacciati e mi soffermai sulla voglia sul collo. I capelli si arricciavano sulla nuca e alcuni cadevano sulla fronte.
«Ho già bevuto. A gratis.»
«Ah si?» Inarcò un sopracciglio, sfilandomi il bicchiere dalle mani. «Chi ti ha servito?»
Le mie labbra si incurvarono e lo osservai bere un sorso, il pomo d'Adamo si mosse.
«Non te lo dirò.»
Avanzò, tenendo sollevato il bicchiere, fino ad azzerare le distanze, costringendomi a sollevare il mento per guardarlo negli occhi.
«Posso licenziare tutti.» Mi informò rauco. «Che ne pensi?»
«Penso che oggi tu sia troppo nervoso.» Sorrisi melliflua. «E che tu debba smettere di essere così geloso. Non è successo niente.»
Socchiuse gli occhi, quasi a ripensare ad un modo puntiglioso per ribattere e iniziare una discussione, ma poi il suo sguardo cambiò e cadde verso il mio scollo e anche più in basso.
«Sicura che questo straccio sia un vestito?»
Alzai le spalle. «Me l'ha dato Winter.»
«Dì che glielo ripagherò.» Ghignò.
«Cosa--»
Risucchiai un sospiro quando rovesciò il restante whisky sul mio petto. Scacciai un urletto sentendo il liquido scorrere sulla mia pelle andando a finire tra i seni ma soffocai un gemito appena lui lasciò cadere a terra io bicchiere, che si frantumò in mille pezzi, e mi circondò la vita tuffandosi proprio sul mio scollo per leccare via le gocce di whisky. Affondai le dita nei suoi capelli e buttai indietro le testa quando afferrò il lembo dello scollo per scoprire i miei seni e continuare la sua sporca bevuta con lingua e denti.
Indietreggiai finché non mi agguantò da dietro le cosce e mi sollevò. Allacciai le gambe attorno al suo bacino mentre lui continuava a torturare i miei seni ormai pesanti con le punte dure. Camminò fino alla scrivania con un movimento buttò a terra fogli, portapenne e quant'altro per poi farmi sdraiare sulla superficie fredda.
Ansimai tra un sorriso e l'altro mentre i suoi baci mi davano alla testa più dell'alcool.
«Seth...» Gemetti quando mi morse la punta del seno destro.
Inarcai la schiena e tirai i suoi capelli mentre con le labbra lasciò una scia di baci sul mio petto, arrivando alla clavicola.
Erano passate più di due settimane dall'attacco di Derek. La ferita all'addome era quasi guarita, i punti li avevo già tolti. Quello alla testa e alla mano erano ormai cicatrici rosate. Seth aveva continuato a trattenersi ma ora speravo avesse deciso di smetterla perché non riuscivo più a stare in astinenza.
«Non ti fermi, vero?»
«Non penso di riuscirci.»
Scontrò le nostre labbra in un bacio disperato. Le nostre lingua si intrecciarono mentre stringevo la presa attorno al suo bacino per farlo scontrare al mio. Sentii le sue mani afferrare i miei seni per poi scendere e il rumore di uno strappo netto mi fece interrompere il bacio.
«Oh, intendevi questo...» Soffiai.
Lui mi morse il labbro mentre mi accarezzava il corpo nudo e accaldato per lui. «È da quando ti ho vista entrare che volevo farlo.»
«Potevi dirmelo subito.»
Cercai i suoi occhi e quando mi guardò sentii il calore diffondersi anche al centro del petto.
«Cosa dovevi fare?» Chiesi mentre mi arricciavo le sue ciocche tra le dita.
Continuò a guardarmi mentre si spostava verso il mio petto. Mi lasciò un bacio sul rigonfiamento del seno destro e ghignò quando fremetti.
«Vuoi parlare o vuoi venire?»
«Stronzo.»
«È la seconda volta che me lo dici oggi.»
«Posso sempre arrivare a tre.»
«Sono certo che ci arriverai.»
Ruotai gli occhi ma sussurrai una terza volta l'insulto dato che raggiunse il centro delle mie cosce con le dita e mi stuzzicò senza ritegno, strappandomi uno squittio. Non riuscivo più a contenermi, sentivo sempre più caldo ed ero sempre più bagnata per colpa delle sue dita e della sua bocca che non la smetteva di torturare i miei seni.
«Potrebbe entrare qualcuno?» Chiesi con respiro pesante.
Lui stava baciando la pelle attorno alla mia cicatrice sull'addome e scese sempre più in basso.
«Non se urli forte.»
Cazzo. Piegai le gambe quando mi baciò l'interno coscia e le sue dita erano ancora dentro di me, rapide e bastarde.
«Possiamo farlo senza giochini intermedi?» Chiesi anche se sentire la sua bocca su di me era qualcosa di celestiale.
«Sei così disperata, Principessa?»
«Si.» Ammisi senza vergogna e lui sorrise beffardo. «Voglio che mi scopi, Seth. Adesso. E non con la lingua.»
«Porca puttana.» Imprecò e si sollevò.
Si piegò su di me tenendo le dita ancora in me e facendomi venire per la prima volta mentre mi soffocava il gemito dell'orgasmo con un bacio.
«Sei il mio angelo perfetto.»
Il mio cuore schizzò in gola e rimase di sasso a quelle parole. Il petto si alzava e abbassava affannato e lo guardai senza riuscire a dire niente mentre apriva un cassetto sotto la scrivania. Seguii i suoi movimenti e inarcai un sopracciglio quando tirò fuori una bustina argentata.
«Perchè tieni i preservativi anche in ufficio?»
Si bloccò e inarcò un sopracciglio. «Vuoi davvero che ti risponda?»
Ci pensai bene. «No.»
«Immaginavo.» Disse e poi la strappò.
Quando si spogliò la saliva mi andò di traverso. La sua eccitazione era gonfia e di marmo. Sentii già il mio corpo fremere. Si infilò il profilattico dopo di che afferrò le mie cosce per spalancarle al suo cospetto. Sperai davvero che nessuno entrasse in quel momento, eravamo completamente nudi e io ero sdraiata sulla scrivania.
«Ricordi la prima volta che sei entrata qui?» Parlò mentre strofinava la punta contro la mia fessura.
Affondai i denti nel labbro per non gemere. Odiavo quando giocava cosi.
Annuii con frenesia. Lui ghignò e strinse il mio fianco con una mano mentre si spingeva piano dentro di me. Gli occhi ruotarono indietro dalla distruttiva lentezza che ci impiegò per fondersi con me, per riempirmi.
«Era da quel giorno che sognavo di prenderti su questa scrivania, Principessa.»
Piagnucolai quando terminò con una stoccata di bacino che mi fece sentire il tutto fino allo stomaco. Era passato un po' dall'ultima volta e il bruciore era insistente a causa della sua grandezza.
«Ci sono altre fantasie che vorresti realizzare?» Chiesi ansimante.
Si piegò leggermente, un palmo lo piantò a lato della mia testa, mentre iniziava i suoi lenti e mortali movimenti, dentro e fuori da me. Univa i nostri bacini e poi mi lasciava senza fiato. I nostri volti erano vicini ma non abbastanza da riuscire a baciarlo, cosi allungai le mani per spingerlo più verso di me e lui mi schiacciò col suo corpo.
«Non immagini neanche che mondo perverso abbia nella mia testa.»
Non riuscii a replicare perchè iniziò a scoparmi come sapeva fare e io persi la coscienza. Avvinghiai le gambe attorno a lui e lo soffocai dentro di me facendolo gemere di gola.
La scrivania strideva, i miei gemiti erano acuti e il rumore dei nostri corpi che sbattevano era osceno, ma eravamo noi. Mi sentii al completo.
L'uomo di fronte a me, dentro di me, era uno dei peggiori assassini degli ultimi decenni e io mi sentivo a casa. Lo guardavo e riuscivo a cogliere aspetti che nemmeno lui aveva ancora scoperto. Lo baciai con foga mentre affondava con forza in me, sfogava le sue emozioni e mi faceva sentire la voglia di avermi. Finalmente aveva smesso di trattarmi come una bambola di vetro pronta a rompersi nuovamente.
«Di più...» Supplicai.
Aveva gli occhi di un nero talmente intenso che mi lasciarono senza fiato.
«Sei la mia rovina.»
E con quello si sollevò. Mi afferrò le gambe per appoggiarsele al petto, sistemai le mie caviglie sulle sue spalle. Affondò nelle cosce i polpastrelli talmente a fondo da lasciare i segni e poi si spinse in me con fare martellante e rapido, facendomi urlare come solo lui riusciva a fare.
Riuscii a vedere le stelle nel soffitto di legno.
Δ
Casa di Seth era più grande di quanto ricordassi, ma non ricordavo molto se non la sua stanza. Dopo aver passato parecchio tempo nel suo ufficio, Seth mi aveva prestato una giacca che era appesa all'interno e mi aveva trascinato via da lì. Avevo avvisato Winter della mia fuga e anche del fatto che le avrei ricomprato il vestito. Al momento in casa non c'era nessuno se non noi due e per questo mi permisi di curiosare più del dovuto. Appena arrivati io e Seth avevamo continuato a toccarci mentre facevamo una bella doccia calda. Ora ero in soggiorno, con indosso una sua maglietta, un paio di boxer e i capelli umidi che mi bagnavano la maglietta.
Non sapevo se fosse stata una mia disattenzione ma la scorsa volta non avevo visto le foto che ritraevano lui e Daphne. Erano sul davanzale di un camino, c'erano anche foto con i suoi amici. Sicuramente questa casa era la loro casa. Continuai a curiosare in giro, c'era qualche oggetto in disordine come pantaloni sulle sedie o pacchetti di patatine e lattine di birra sul tavolino. Quando mi inoltrai nel corridoio, che conduceva sia alla cucina che ad un bagno di servizio, mi resi conto che in fondo la porta era blindata. Era d'acciaio e sul muro c'era anche un dispositivo con dei numeri per aprirla.
Il cuore iniziò a battere più veloce ad ogni passo verso quella porta. Mi fermai davanti e rimasi a fissarla senza però muovere un altro muscolo. Immaginavo cosa ci fosse laggiù. Non ci avevo pensato prima. Era una cosa che non avevo tenuto conto.
«Vuoi scendere?»
Sussultai leggermente e mi girai di scatto. Non avevo nemmeno sentito Seth scendere dalle scale. Anche i suoi capelli erano umidi e a differenza mia indossava solo un paio di pantaloni della tuta scuri.
Aprii la bocca ma non uscì nulla. Tornai a guardare la porta e deglutii.
«Non c'è niente di scandalizzante. Solo...» Tossì, quasi nervoso. «Ci sei tu.»
«Io?» Riuscii a dire con un cipiglio.
Si morse il labbro e poi avanzò. Mi spostai e lui inserì dei numeri nel dispositivo. La porta fece un rumore strano e poi Seth abbassò la maniglia e tirò verso di sè. C'erano delle scale e si vedeva il piano cementato del seminterrato già illuminato. Non mi mise fretta, aspettò che facessi il primo passo e poi mi seguì. Scesi piano le scale, reggendomi con la mano alla parete di destra. Man mano che scendevo i miei occhi schizzavano in ogni angolo di quel seminterrato più grande di quanto pensassi. C'era un ampio armadio di metallo a sinistra, anche un tavolo più o meno al centro della stanza e poi sulla destra la parete era coperta di bacheche e diversi tavoli contro al muro. Erano pieni di fogli, pile di fogli, e attaccate con spilli c'erano molte foto che ritraevano me e la mia famiglia, foto vecchie, foto di cerimonie o eventi a cui avevo partecipato.
Feci fatica a respirare. Sentii gli occhi lucidi mentre mi avvicinavo quasi tremante a quella parte di stanza. In quei giorni mi ero quasi dimenticata che lui mi aveva sempre seguito. Mi fermai e le studiai. Molte erano vecchie, del periodo in cui ci mandavano lettere minatorie, in cui mi sentivo osservata.
«Le hai tenute sempre qui? Appese?» Chiesi senza voce.
«No.» La sua voce era alle mie spalle ma lontana. «Le ho fissate poco prima di Natale.»
Sbuffai con un mezzo sorriso amaro. «Dopo l'ultima Notte del Giudizio. Dovevi analizzare il nuovo caso.»
Non disse nulla.
Mi mossi verso il tavolo. C'erano molti fogli sparsi ma capii che non tutti fossero miei. Alcune erano deposizioni.
«Di chi sono?» Domandai, sollevando i fogli e girandomi verso di lui.
Lo trovai contro al tavolo a braccia conserte.
«Dei nuovi casi.» Mormorò. «So che Derek aveva iniziato ad analizzarli.»
Annuii e li misi al loro posto. Sembrava la scrivania di lavoro di un detective. Osservai la bacheca con le mie foto appese e poi ripresi a camminare, il piano di lavoro era a ferro di cavallo e incollai gli occhi sui fogli mentre mi spostavo piano.
«A cosa pensi?» Domandò.
Gli lanciai un'occhiata e incrociai le braccia. «Che c'è tanto lavoro.»
«Sei arrabbiata per le foto?»
Guardai oltre la spalla per rivederle. «Almeno non mi hai fotografato mentre mi cambiavo.»
Quando incrociai nuovamente il suo sguardo era livido in volto. «Nyxlie.» Mi ammonì.
Gonfiai i polmoni con tanta aria e mi avvicinai a lui. «Fa strano, Seth. Toccare con mano tutto questo. Vedere...» Gesticolai per indicare la stanza. «Tutto questo è strano. Soprattutto perchè la mia faccia e quella dei miei genitori è tappezzata ovunque. A cosa vi servivano quelle foto?»
«Per tenere traccia degli spostamenti, specialmente di tuo padre.»
«Ma ci sono più foto mie che di mio padre.»
Deglutì e si irrigidì. «Ammetto che a volte ci prendevo un po' troppo la mano.»
«Con le foto?»
«No, con te.» Serrò la mascella. «A volte dimenticavo perché lo facevo e le scattavo solo perchè volevo. Scusa.»
Non seppi come intendere quella confessione ma mi fece avvampare. Decisi di continuare la mia scoperta di quel posto e andai verso l'armadio.
«No, aspetta.» Disse in fretta quando allungai una mano per aprirlo.
Mi bloccai e mi girai con il terrore negli occhi. «Cosa c'è?»
Ruotò gli occhi. «Non un cadavere quindi puoi anche respirare.»
Effettivamente avevo trattenuto il respiro. Fece il giro del tavolo e venne al mio fianco.
«Cosa c'è dentro?» Domandai.
Prese un profondo sospiro. «Diciamo l'occorrente per la diretta.»
Oh. Mi morsi il labbro nervosa. Quindi c'erano i vestiti, le maschere e gli...attrezzi.
«Okay. Aprilo.»
Forse non ero psicologicamente pronta o forse lo ero grazie alle gocce di alcool che ancora mi scorrevano nelle vene.
Seth mi guardò per qualche secondo, come per darmi il tempo di cambiare idea, poi afferrò la maniglia e lo aprì. Trattenni nuovamente il respiro quando aprii lentamente le ante e i miei occhi si soffermarono sull'interno ampio e profondo. C'erano delle luci inserite nell'armadio che illuminarono il tutto. I vestiti scuri erano piegati e posizionati sul fondo, sopra ad ogni completo c'erano dei guanti neri, mentre le maschere erano appese proprio alla mia altezza. Al centro c'era quella rossa. Su uno scaffale intermedio c'erano sistemati accuratamente corde, rotoli di nastro adesivo, catene, e poi c'erano due cassette a codice.
«Cosa c'è li?» Le indicai.
Non rispose ma si sistemò davanti per aprirle. Inserì il codice di una e sollevò il coperchio, c'era una pistola, forse la stessa utilizzata quando mi avevano rapito ma diversa da quella che aveva usato Derek. Quando aprì l'altra mi sentii tremare le ginocchia. Erano coltelli di varie misure. La lama rifletteva la luce dell'armadio. Sembravano così affilate.
Allungai un braccio per toccarle, come incantata, ma le sue dita affusolate e calde mi fermarono in un secondo.
«Non toccare.» Disse rauco e lo guardai sbieca, ammutolita. «Non lasciare impronte.»
Non ci avevo pensato che quella potesse essere una possibile prova. Ritrassi il braccio e rimasi a guardare tutto quanto. Fissai le maschere e poi la sua. Era difficile pensare che dietro ad essa ci fosse lui ma era così.
«Avrei dovuto capirlo.» Disse. «Di quello che ti ha fatto.»
Girai la testa a destra per guardarlo. «Perchè?»
Rimase a fissare la sua maschera con espressione tetra. «Ricordi l'Iniziazione?»
Aggrottai la fronte. «Ricordo che mi hai drogata.»
«L'ultima prova consiste nello scrivere su un biglietto il tuo più grande segreto in anonimo. Noi li leggiamo e chi ha il coraggio di ammettere di averlo scritto, è ammesso.»
«Quindi io...io non l'ho ammesso?»
Negò. «Ma avrei dovuto capirlo. Almeno dopo aver saputo che Harold era il responsabile.»
Un'ondata di freddo mi fece irrigidire. «Perchè? Cos'ho scritto?»
I suoi occhi saettarono su di me. «Più volte ho desiderato che lui morisse.»
Fu come essere colpita allo stomaco, ancora. Espirai tutto d'un colpo e abbassai lo sguardo sentendomi un attimo spaesata.
«Non ci ho ragionato fino in fondo.» Disse. «Mi dispiace, avrei dovuto capirlo prima. E se l'avessi fatto non saremmo arrivati a questo. Non ti avrei fatta soffrire. Derek non ti avrebbe quasi uccisa.»
«E io non avrei mai saputo la verità.» Buttai fuori e indietreggiai fino a toccare il tavolo.
Incrociai le braccia e guardai ancora l'interno dell'armadio. Era tutto qui, potevo fare una foto, fare una telefonata e loro sarebbero finiti dietro le sbarre. Eppure, la sola idea mi nauseava.
«Non è facile sapere la verità.» Disse e mi guardò con serietà. «Giusto e sbagliato si confondono, non è così?»
Sentii la gola stringersi e mi morsi l'interno della guancia. «So che dovrei denunciarvi, ma non riesco. Non posso.»
«Cosa ti ferma?» Chiese e si avvicinò.
Me lo trovai davanti, non mi toccò ma non serviva. Era già dentro di me, sotto pelle come un inchiostro indelebile.
I miei occhi tremavano mentre lo guardavo. «Non avresti nessuna chance. Staresti dentro per sempre e...» Ingoiai un groppo. «E in parte sarebbe la cosa giusta ma so che meriti una seconda chance. So che puoi lasciare tutto questo alle spalle.»
Azzerò ancora le distanze e mi sollevò il mento con le dita. «Se lo faccio, devi capire che lo faccio per te. Solo per te. Ma non posso prometterti che non toccherò Harold. Lui è la mia vendetta.»
«Chen pensa che ti aiuterebbe a chiudere il cerchio. È così?» Chiesi piano.
Ci pensò su. «Si, potrebbe. Sapere che lui non respira più, mi farebbe stare meglio.»
Un riccio umido gli cadde sulla fronte e allungai il braccio per sistemarglielo.
«Come hai fatto a capire che quel segreto era mio?»
«Quando ti ho accompagnato in stanza me l'hai detto.»
«Oh.» Dissi solamente.
Sospirò e chinò la testa, fino a scontrare la fronte con la mia. Le sue mani trovarono le mie e le intrecciò per poi strofinare il pollice sul mio dorso.
«Una parte di me apparterrà sempre a quella maschera.» Sussurrò. «Ma ti prometto che l'altra sarà tua.»
«Seth...» Ingoiai a secco, il respiro bloccato a metà.
«Mi farò perdonare per tutto il male che ti ho causato.»
Sbattei le palpebre per non piangere. «È tutto okay.» Soffiai.
Lui scosse la testa e inspirò. «Non ti farò più soffrire.»
Avevo paura di quella promessa. Paura che forse avrebbe fatto fatica a rispettarla.
«Domani farò come vorrai.» Continuò a strofinare il pollice sul mio dorso e io trattenni le lacrime. «Cercherò di non impazzire.»
«Devi solo fidarti di me.»
«È di lui che non mi fido.»
«Lo so, ma non farà niente con tutte quelle persone in casa.»
Si scostò leggermente e io sollevai la testa per guardarlo negli occhi.
«Faccio fatica a credere che non sia ancora scappata da qui, da me.»
Accennai un sorriso. «Forse non sei l'unico pazzo qui dentro.»
La sua espressione si illuminò. «Forse tu lo sei più di me per scegliere uno come me.»
«Forse hai ragione.»
Forse aveva davvero ragione. La pazzia era contagiosa?
Sentii delle voci provenire dal piano di sopra e anche una porta sbattere. Mi misi sull'attenti e Seth sospirò allontanandosi.
«Si arrabbieranno?» Chiesi timorosa.
Lui chiuse l'armadio e poi mi guardò duro. «Devono solo provarci.»
Mi allungò la mano che afferrai senza pensarci troppo e poi insieme tornammo in casa. Come se ci aspettassero tutti e quattro erano davanti alla soglia di casa e guardavano nella nostra direzione, silenziosi e tesi. Mi sentii sotto una lente d'ingrandimento. Non lasciai il fianco di Seth per un secondo. Si aspettavano che dicessi qualcosa? Cosa avrei dovuto dire? Era strana per tutti quella situazione. Per mia fortuna esisteva sempre Chen.
«Ci farete dormire o dobbiamo usare i tappi per le orecchie?»
Anche se avrebbe potuto spezzare il silenzio con un'altra battuta ero grata che l'avesse fatto. Le mie guance andarono a fuoco mentre ruotavo gli occhi.
«Teneteli a portata di mano.» Replicò Seth.
Gli diedi una gomitata nel fianco e poi abbozzai un sorriso nervoso, prima di salire le scale con lui. Quando entrammo in stanza, buttai fuori l'aria trattenuta per l'agitazione. Mentre mi avvicinavo al letto notai una cornice sul suo comodino, ero sicura di non averla vista la scorsa volta. L'afferrai e osservai l'immagine di Daphne immortalata davanti ad uno stagno, forse lo avevo visto a Central Park, e un giovane Seth le cingeva le spalle con un braccio ed entrambi sorridevano verso l'obiettivo.
«Mi ha scritto una lettera prima di suicidarsi.» Seth ruppe il silenzio.
Mi guardava ai piedi del letto con espressione vacua.
«Davvero?» Feci e poi aggiunsi senza pensarci. «Anche io ne avevo scritta una per Winter ma non gliel'avevo lasciata, probabilmente in fondo sapevo che non avrei avuto il coraggio di farlo.»
«Io non ho avuto il coraggio di aprirla.»
«Non l'hai mai aperta?»
Negò e poi inspirò a fondo. «A volte ci penso. E se mi aveva già detto di Harold? Avrei potuto evitare che ti facesse del male e forse non avrei mai iniziato tutto questo.»
«Non penso l'abbia scritto.»
Mi guardò e abbozzo un sorriso triste. «No, non credo neanche io. Ed è per questo che non riesco a leggere. È solo una lettera d'addio.»
E lui non era pronto a dirle addio.
Lasciai al suo posto la cornice e mi avvicinai a lui. Gli afferrai il volto tra le mani e mi alzai sulle punte dei piedi per baciarlo a fior di labbra. Le sue mani arpionarono i miei fianchi e mi strinse a sè.
«Devi lasciarla andare, Seth.» Sussurrai, strofinando il pollice sulla sua guancia, sentivo la leggera barba. «Lei non ti vorrebbe vedere cosi. Vorrebbe che tu andassi avanti, ne sono certa.»
Un muscolo guizzò sulla sua mascella mentre annuiva a fatica. «Mi aiuti?»
«A fare cosa?»
I suoi occhi mi perforarono. «Ad andare avanti.»
Non riuscii a trattenere un sorriso e annuii col cuore colmo di speranza.
Aprii la bocca per rispondere ma lui si tuffò sulle mie labbra e divorò la mia bocca.
Saremmo andati avanti insieme.
S/A.
Ehilà 🍑🖤
Sto ancora cercando un ritmo tra lo scrivere e i nuovi orari delle lezioni ma non ho fatto tardi come l'ultima volta, quindi pietà 🫠
Parliamo del capitolo👀
➡️ Nyxlie è combatttuta ma si sta avvicinando sempre di più a Seth❤️🩹
➡️ Vi erano mancati Nyx e Seth cosi in sintonia?
Per i prossimi capitoli, non dimenticavi di Ian 👀
Vi aspetto su IG per commentare insieme il capitolo ❤️
A presto, Xx
Profili Social🍒:
IG e TT: anonwriter23
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