Capitolo 45
L'odore asettico solleticò le mie narici mentre iniziavo a percepire anche un bip regolare che piano piano diventava sempre più forte, come se mi stessi avvicinando sempre di più al suono. Ci impiegai diversi minuti prima di riuscire a sollevare le palpebre. Inizialmente la vista era sfocata e solo dopo qualche secondo si sistemò. C'era qualcosa alla testa che pulsava e mi faceva male l'addome. Quando realizzai di trovarmi in una camera d'ospedale sentii il cuore battere più veloce. Abbassai lo sguardo e mi tranquillizzai all'istante quando vidi e riconobbi Seth. Aveva avvicinato la poltrona su cui era seduto e si era piegato verso il letto. Aveva il volto appoggiato al materasso, vicino alle mie gambe, e una mano sulla mia coscia mentre l'altra sotto alla sua guancia.
Ero viva.
Non avevo ricordi nulla dopo aver chiuso gli occhi tra le sue braccia. Avevo pensato seriamente che non avrei più rivisto quei riccioli neri, il suo bellissimo volto da angelo caduto e ricordando quegli attimi, il petto si strinse in una stretta atroce che quasi non respirai. Sollevai tremante la mano sinistra, priva dell'ago cannula ma con una benda a fasciare il palmo, e gli sfiorai i capelli. Dormiva ma sembrava arrabbiato. Aveva un cipiglio leggero tra le sopracciglia e la mascella era serrata. Non avevo idea di che ore fossero ma indossava dei vestiti diversi, privi di sangue. Le tende della stanza erano tirate e se non fosse stata per la luce sopra al mio letto, la stanza sarebbe stata immersa nel buio.
Tirai su col naso senza rendermene conto. Stavo piangendo. Ero viva ma avevo rischiato davvero di morire. Seth mi aveva salvata. Se fosse arrivato un secondo dopo...
Arricciai le dita nei ricci e ci giocai un po'. Sentivo qualcosa alla testa, era avvolta da qualcosa così come avvertivo una fascia attorno al mio addome. Passarono pochi secondi che incrociai un paio di gemme nere, scioccate. Sollevò piano la testa e mi fissò, sembrò respirare a fatica. Mi studiò a fondo fino a fermarsi nei miei occhi. Afferrò lentamente la mano che avevo allontanato dalla testa e la strinse tra le sue, erano calde.
«Ancora un po' e avrei pensato che volessi il bacio che risveglia sempre le principesse.» Disse rauco.
Sorrisi tra le lacrime.
«Posso abbracciarti?» Chiese quasi intimorito che potessi respingerlo.
Annuii non riuscendo a trattenere una smorfia per il pianto. Si sedetti al bordo al mio fianco e mi afferrò il volto, premendo le labbra sulla mia fronte. Chiusi gli occhi mentre inspiravo a fondo il suo profumo. Indugiò a lungo con le labbra prima di staccarsi e stringere le braccia con delicatezza dietro la mia schiena in alto, un altro era dietro al mio collo.
«Mi dispiace, Principessa.» Sussurrò quasi con voce spezzata. «Mi dispiace così tanto.»
Mi aggrappai alle sue braccia e scoppiai a piangere. Lui premette nuovamente le labbra tra i miei capelli, non immaginavo che aspetto e che odore avessi ma a lui non sembrava importare.
«Te lo prometto: non ti succederà più nulla. Credimi, davvero.» Continuò rauco, accarezzandomi i capelli. «Ora stai bene. Sei stata così brava.»
Strinsi gli occhi con forza e calde lacrime bagnarono anche il colletto del camice mentre sentivo il suo petto vibrare ogni volta che parlava per consolarmi.
«Non devi più avere paura, okay? Nessuno ti farà più del male.» Disse e mi baciò ancora la testa. «Nessuno.»
Mi lasciò sfogare per dei buoni cinque minuti dopo di che si allontanò per recuperare dei fazzoletti che usai per asciugarmi le lacrime e il soffiare naso. Rimase seduto al mio fianco e mi sistemò una ciocca dietro l'orecchio. Aveva gli occhi lucidi e continuava a stringere i denti.
Perplessa mi toccai la testa, sentii un grosso cerotto sulla tempia a destra. Lui afferrò la mia mano e me l'abbassò, forse per impedirmi di fare qualche danno.
«Ti hanno messo qualche punto.» Disse fissando il cerotto, poi abbassò lo sguardo sul mio addome ancora sotto le lenzuola e il camicie. «Il taglio è stato profondo. Hai perso molto sangue, ha lesionato il fegato. Hanno dovuto fare una trasfusione ma i dottori ti hanno preso in tempo, hanno detto che sei stata molto brava.»
Lo ascoltai senza dire molto. Lesione al fegato. Trasfusione. Potevo morire.
«Hai dormito qualche ora.» Continuò. «Dovrebbero essere le due di notte ora.»
Ora che stavo riacquisendo i sensi percepivo il dolore dei tagli. Trattenni una smorfia mentre sistemavo la schiena. «N-non dovevi rimanere, è tardi.»
Mi guardò come se avessi appena detto una cazzata, si accigliò. «Non me ne vado finchè non ti dimettono. A Zara e Phoebe abbiamo detto che hai avuto un incidente. Sanno che sei in ospedale. Hanno anche aiutato Chen a preparare una borsa per quando ti saresti svegliata.»
Guardai su un tavolo in fondo alla stanza, c'era un borsone nero.
«Ora devo avvisare che ti sei svegliata. Verranno per controllarti.» Mentre lo diceva, aveva premuto un pulsante da un telecomando che pendeva dal letto.
«Tu dove vai?»
«Resto qui con te, se vuoi.»
«Si, grazie.»
«Non ringraziarmi. Non c'è molto da fare nei corridoi, Principessa.» Tentò di sdrammatizzare.
«No, grazie, Seth.» La mia voce era graffiata e impastata. Avevo bisogno di acqua. «Senza di te--»
Il suo volto si oscurò e si alzò di scatto, lasciandomi la mano. «Senza di me non ti troveresti nemmeno in questa situazione. Non ringraziarmi. Non farlo.»
Avrei voluto ribattere che senza di lui sarei morta ma la porta si aprì ed entrarono due infermiere. Erano molto gentili. Mi chiesero come mi sentissi e fecero dei controlli di routine dopo questo tipo di intervento, inoltre mi diedero altri antidolorifici. Seth si mise in disparte ma senza allontanarsi troppo. Lo vidi scrivere qualcosa al telefono e mi chiesi se i miei genitori sapessero già di questo incidente. Le infermiere se ne andarono una ventina di minuti dopo dicendomi che sarebbero tornare la mattina presto e di riposare. Dopo aver bevuto mi sentii un po' rigenerata. Ero stanca e volevo tornare a dormire, avevo molto a cui pensare, molto che dovevo affrontare con lui ma ora volevo solo chiudere gli occhi.
Provai a spostarmi ma la pressione di dover muovere il torace mi fece lamentare per il dolore al fianco.
«Non muoverti.» Mi rimproverò Seth.
«Voglio farti spazio.» Dissi invece e riprovai nuovamente a scivolare verso destra.
«Nyxlie, smettila.» Mi bloccò il braccio. «Ti fai male.»
Lo ignorai e puntando i talloni del materasso, e stringendo la sbarra destra per non cadere, riuscii a strusciare in là. Sorrisi a Seth che tuttavia non era contento del mio movimento.
«Tu dovresti dormire comoda, non io.»
Alzai le spalle. «Sono comoda lo stesso. Vieni, dai.»
Contrariato, si distese sul letto. Lo schienale era alzato per cui si sistemò in modo da non essere troppo alto e poi girò la testa per scrutarmi da sopra la spalla.
«Dormi ora, okay?» Mormorò, sollevando una mano per accarezzarmi la guancia col pollice.
Annuii. Incastrai un braccio sotto al suo e poi appoggiai la guancia sul suo bicipite. Fissai le nostre dita a pochi centimetri l'uno dall'altra e, col cuore a mille, le intrecciai e lui non si ribellò a quel gesto. Anzi, Seth premette le labbra sulla mia testa e io chiusi gli occhi.
Δ
Mi svegliai sentendo parlottare fuori la stanza. Avevo anche un certo buco allo stomaco, oltre che un pulsare al fianco e alla testa. Strofinai la guancia contro qualcosa di semi morbido.
«Mi fa piacere che ti asciughi la bava sulla mia manica.»
Aggrottai la fronte e aprii gli occhi ancora stanca.
«Buongiorno, Principessa.»
Abbassai lo sguardo sulle nostre mani, erano ancora intrecciate. Non ci eravamo mossi di un millimetro. Scostai la testa per poterlo guardare. Lui aveva il braccio sinistro piegato dietro la testa, appoggiata allo schienale rialzato.
«'Giorno...» Gracchiai e sentii immediatamente il bisogno di lavarmi i denti. «Che ore sono?»
«Tra poco arriva la colazione.»
Fantastico.
Volevo muovermi ma il fianco mi faceva ancora male.
«Devo andare in bagno.» Dissi fissando la porta che era opposta a me. Troppo lontana.
«Chiamo un'infermiera.» Disse, districando le nostre dita per poi scivolare via dal letto.
Avrei voluto farcela da sola ma sapevo di aver bisogno di qualcuno e mi imbarazzava chiederlo a Seth. Specialmente perchè sapevo che sotto a questo camice non avevo nulla. E anche se mi aveva già vista nuda, questa situazione era tutta un'altra storia.
Non passò molto da quando una signora con una crocchia crespa e grigia e guance paffute entrò tutta sorridente.
«Finalmente ci siamo svegliate.» Disse con fare allegro e poi lanciò uno sguardo a Seth, in piedi vicino al letto. «Il giovanotto qui presente ieri notte non faceva altro che chiamarci per sapere quanto avresti dormito.»
Inarcai un sopracciglio e trattenni un sorriso mentre saettavo lo sguardo su di lui. Gonfiò il petto e si schiarì la voce, guardandomi quasi imbarazzato.
«Be', all'inizio hanno detto che l'anestesia avrebbe smesso velocemente di fare affetto ma tu hai continuato a dormire.»
Si era davvero preoccupato. Non ce lo vedevo Seth senza la sua aria spavalda e sicura.
Ci lasciò sole dicendo che avrebbe telefonato a Chen e l'infermiera -che scoprì chiamarsi Johanna- mi aiutò ad andare in bagno. Con piccoli passi riuscii a raggiungere la porta e la volontà d'animo, e un briciolo di vergogna, mi spinsero a rifiutare il suo aiuto per quando entrai. Mi aggrappai alle sbarre vicino al gabinetto e feci tutto quello che dovevo fare. Faceva male quando mi piegavo però sapevo che non sarebbero saltati i punti. Volevo vederla, volevo vedere quanto fosse grossa e brutta ma non potevo togliermi le bende cosi mi limitai a sciacquarmi la faccia e la bocca con l'acqua senza nemmeno specchiarmi.
«Più tardi possiamo fare una doccia.» Disse mentre mi riaccompagnava a letto. «Adesso arriverà la colazione.»
«Ti ringrazio, Johanna.»
«Figurati, cara.» Mi sistemò la coperte sopra alle gambe e poi si dileguò dalla camera.
La colazione consisteva in un po' di thè e fette biscottate, triste ma apprezzato comunque dato il buco allo stomaco. Seth era rimasto seduto sulla poltrona in silenzio. Avevamo tanto di cui parlare ma sembrava che nessuno dei due riuscisse ad avere il coraggio di affrontare l'argomento.
«Ho avvisato Jace.» Disse dopo che due infermiere entrarono per ritirare il vassoio della colazione.
Sgranai gli occhi e sollevai la nuca dal cuscino. «Cosa?»
Lui si rigirò un anello sul dito per evitare di guardarmi. «Dovevo farlo.»
«No, non dovevi.» Ribattei duramente. «L'hai fatto solo perchè vuoi autopunirti e sai che ti prenderà a calci appena ti vedrà.»
Inspirò quasi stizzito e quando incrociai i suoi occhi neri ci lessi dentro il rimorso, la rabbia e altro che non compresi. «Potevi morire.»
«Si, ma non per colpa tua.»
Scosse la testa e rimase in silenzio, nascose i turbamenti dietro ad un'espressione di pietra.
«Hai sbagliato, Seth.» La voce mi tremò. «M-mi hai fatto del male e non lo nego ma quello che è successo ieri è al di fuori del tuo controllo. E anche se non vuoi sentirlo, mi hai salvata.»
«Infatti non voglio sentirlo.»
Tirai su col naso e restai a guardarlo per un po' mentre lui continuava a giocare con l'anello, evitando il mio sguardo. Forse quello era il momento per spiegargli di Daphne, per chiedergli se ce l'avesse con me ma non volevo privarmi di quella tranquillità apparente.
Quasi un'ora dopo tornò Johanna per aiutarmi con la doccia. Seth uscì nuovamente e io mi lasciai accompagnare al bagno.
«Sai, è proprio bello.» Mi fece l'occhiolino. «Sicuramente ci sarà fare.»
Avvampai e ridacchiai mentre osservavo l'ampia doccia. «Dico solo che sa il fatto suo.»
«Brava ragazza.»
La doccia non fu così tanto complicata di per sé ma a livello psicologico la visione della ferita chiusa con punti in rilievo e ancora rossa e pulsante era qualcosa che mi aveva fatto venire la nausea. Chiesi a Johanna se poteva lasciarmi sola una volta avvolta in un asciugamano, e lei acconsentì solo dopo essersi assicurata di aver bendato tutte le ferite.
Per la prima volta mi specchiai e quasi trasalii. Il volto era pallido, quasi ancora esangue, le labbra screpolate, gli occhi spenti e i capelli biondi un groviglio unico. La benda bianca era ben salda attorno alla mia testa.
Chiusi gli occhi sentendoli bruciare e ricordai la paura che avevo preso il sopravvento. La paura e la consapevolezza di star per morire. Ricordavo il boato degli spari. Quel fischio all'orecchio. Il calore del sangue che bagnava i miei vestiti. Le lacrime che appannavano la mia vista mentre lo pregavo di non farlo. Per un secondo mi sembrò di essere tornata in quella casa e mi aggrappai al lavandino.
L'avrebbe fatto. Lo stava per fare. Bastava un secondo. Un solo secondo e--
La porta del bagno si aprì scatto e io sussultai, portandomi una mano al petto per assicurarmi che l'asciugamano coprisse tutto.
Seth mi stava fissando col respiro pesante e gli occhi spalancati.
«Ti ho chiamato e non rispondevi.» Disse solamente.
Boccheggiai un paio di volte prima di dire qualcosa. «Um, si. Non...non ho sentito.»
Restò a scrutarmi, i suoi occhi non scesero oltre il collo. Mi fissava come se volesse scovare qualcosa.
«Ti porto la borsa?» Chiese poco dopo.
Annuii.
Si allontanò ma tornò in fretta col borsone. Lo lasciò su uno sgabello che era vicino al lavandino.
«Non chiudere a chiave.» Disse roco, un ordine velato.
Abbozzai un sorriso per acconsentire a quella richiesta e poi trovai nuovamente sola.
Non ebbi più la forza di guardarmi allo specchio ma usai quel tempo da sola per liberare le lacrime e non farle vedere a Seth. Si sentiva già in colpa e non volevo peggiorare la situazione.
Dovevo assolutamente sentire Jace. Ero certa che stesse venendo qui ma forse ero ancora in tempo per fermarlo. Avrebbe fatto un gran casino, ne ero certa.
«Non ci credo...» Quasi risi alla vista dei perizomi che mi avevano infilato le ragazze.
Mi infilai una maglietta larga che mi arrivava a metà cosce e poi aprii leggermente la porta. Seth era davanti alle finestre. Si girò sentendomi.
«Secondo me mi faranno altri controlli?» Domandai.
«Non so. Può essere.»
«Dannazione...»
«Perchè?» Aggrottò la fronte.
«Zara e Phoebe hanno messo solo perizomi.»
Seth ruotò gli occhi divertito. «Dovrebbero esserci un paio di boxer. Puoi usarli.»
Lo ringraziai e richiusi la porta. Quando uscii, mi sentii decisamente meglio. Odiavo il camice e non puzzavo più di sudore, sangue e...morte. Tranne i capelli, avrei voluto almeno legarli ma mi era difficile. Seth venne subito in mio aiuto e mi sfilò il borsone dalle mani per poi aiutarmi a raggiungere il letto. Non mi sdrai ma rimasi appoggiata al materasso, guardando verso le finestre.
«Devo parlare con Jace.» Dissi.
Mi guardò sbieco mentre rimaneva a distanza. «È su un aereo.»
Cazzo. Lo guardai malamente. «Sei stato un idiota. Non dovevi dirglielo.»
«Lui mi ha chiamato, Blake.» Sospirò, avvicinandosi alla poltrona e quindi anche a me. Osservai i suoi movimenti finchè non si sedette e sollevò le braccia, gesticolando. «Voleva sapere se fossi con me perchè non rispondevi al telefono. Non potevo non dirgli che eri su cazzo di letto in ospedale.»
«Non potevi?» Lo sbeffeggiai.
Serrò i denti. «No. L'avrebbe saputo da te o da Taylor e avrebbe solo peggiorato le cose.»
Forse si. O forse avrei voluto dirglielo io per indorare meglio la pillola. Seth non aveva tatto in certe situazioni, soprattutto se arrabbiato.
Deglutii e guardai in basso. «Dovremmo parlare...»
«No.»
«Seth.» Premetti le labbra, sentivo già una pressione al petto e un pizzicore agli occhi. «Non possiamo far finta di nulla. Mi dispiace, io--»
«Cristo, io non ce l'ho con te.» Disse severo in volto e nella voce.
Aggrottai la fronte perplessa. «Co...cosa? Perchè?»
Quasi rise ma sarebbe stata una risata fredda. Si piegò avanti dopo essersi passato una mano tra i capelli e appoggiò le braccia sulle ginocchia. I suoi occhi erano cupi. «Quel bastardo ha rovinato la vita a mia sorella e ti ha traumatizzato. Come potrei avercela con te?»
Mi morsi il labbro per non singhiozzare e scossi la testa. «Non sai cos'è successo...»
«E non voglio saperlo, non ora almeno.» Disse piatto. «Ora riposati.»
Avrei voluto ribattere ma non riuscii. Seguii le sue parole e mi rimisi a letto.
«Posso dire a Chen di recuperare il tuo telefono, se vuoi.» Disse, spezzando la tensione creata. «Ma Zara e Phoebe capiranno che sei sveglia e vorranno venire qui.»
«Non è un problema per me.»
«Devi riposare.»
«Sto bene.»
Lui strinse gli occhi e io li ruotai. «Non posso dormire tutto il giorno. Non è un problema avere gente.»
«Hai perso molto sangue.»
«Seth.» Lo richiamai, sperando di ottenere la sua vera attenzione. «Sto bene, okay?»
Mi fissò ma non annuì. Si alzò poco dopo col telefono in mano borbottando che avrebbe chiamato Chen. Sospirai quando uscii dalla stanza e restai sola a lungo. Nel silenzio e nella solitudine, mi addormentai ancora.
Era pomeriggio quando entrarono in stanza Chen, Zara e Phoebe. Chen venne ad abbracciarmi e mi sembrò di vedere i suoi occhi lucidi quando si staccò. I due ci lasciarono da sole.
«Oddio, eravamo cosi preoccupate.» Disse Phoebe, stringendo il mio braccio.
«Cos'è successo?» Domandò Zara con occhi apprensivi.
Seth mi aveva avvisato sulla bugia che Chen aveva rifilato a loro il giorno prima e cosi rimasi su quella storia: Derek doveva parlarmi ma lungo il tragitto avevamo fatto un incidente. Qualcosa nel loro sguardo mi fece sospettare che non avevano creduto alle mie parole ma lasciarono correre, forse per non farmi agitare. Mi sentivo ancora debole e sicuramente il mio viso lo dimostrava.
Restarono lì un po'. Il mio pensiero però era concentrato su Seth e Jace. Temevo di quello che sarebbe successo appena quest'ultimo fosse atterrato. Sicuramente avrebbe cercato di fare del male a Derek o peggio minacciarli del loro segreto, peggiorando di netto le cose. Dovevo assolutamente parlare con lui per prima. Fargli vedere che stavo bene. Ero viva. Anche se ero stata ad un secondo dalla morte.
Le ragazze ne andarono quasi un'ora dopo, Chen le avrebbe riportate all'appartamento. Seth era sparito e io ne approfittai per andare in bagno senza l'aiuto di nessuno. Ci impiegai diversi minuti. Quando aprii la porta però mi bloccai alla vista di una sagoma di spalle che non pensavo di vedere qui.
Si girò e incrociai i suoi occhi verdi e stranamente meno freddi del solito. Slittarono sulla mia figura e io quasi affondai le unghie nel muro per reggermi.
«Dov'è Seth?»
«Tornerà presto.» Rispose Penelope. Si mosse e poi si fermò. «Ti serve una mano?»
Aggrottai la fronte a quella domanda. Penelope che voleva aiutarmi? Ero forse morta in bagno veramente?
«No. Faccio da sola.» Borbottai con un'occhiata sbieca.
«Hai chiuso la porta a chiave.» Disse mentre trascinavo il mio corpo verso il letto.
La ferita faceva male e il mio volto era una smorfia unica.
«Cosa?» Chiesi quasi senza fiato appena le mie gambe sfiorarono il materasso.
Lei mi guardò con il solito sguardo neutrale. «Il bagno, l'hai chiuso a chiave.»
Guardai la porta del bagno e di nuovo poi lei con fare confuso. «Be', si.»
Era stato un semplice gesto automatico.
«Seth non ti ha detto di non farlo?»
Tornai nella posizione precedente, sistemandomi il cuscino dietro la schiena e ripresi a guardarla con perplessità.
«Si ma non c'era.»
«Sarebbe potuto tornare.» Rispose lei, aggrappandosi alla tastiera ai piedi del letto. «Sei in ospedale, almeno non chiuderti a chiave in bagno. Lo mandi fuori di testa così.»
«Perchè?»
Distolse lo sguardo con aria annoiata e strinse le labbra. «Sai com'è morta Daphne, no?»
Perché quella domanda?
«Me l'ha raccontato.» Mormorai. «L'ha trovata in...»
In bagno. Oh. La realizzazione mi colpì e lei sospirò.
«Ha sfondato la porta.» Disse solamente, facendomi ricordare al suo sguardo apprensivo e all'ordine di non chiudermi dentro a chiave.
Mi guardai le mani. A Penelope non ero mai piaciuta e mai le sarei piaciuta. Ora sapeva anche che avevo lasciato Daphne soffrire in quel modo. Forse dovevo temerla allo stesso modo di Derek.
«Mi dispiace per quello che è successo.»
Le sopracciglia mi schizzarono in alto e buttai fuori una breve risata. «Sicuramente tu avresti premuto il grilletto.»
Strinse lo sguardo e incrociò le braccia con fare elegante. «Non mi piaci ma per quanto tu possa infastidirmi, sei importante per Seth. Non lo priverò, ancora, di qualcuno di importante.»
Mentre io, indirettamente, come per quello stupido effetto farfalla, lo avevo privato di qualcuno. Quella constatazione sembrò essere dipinta sul mio volto perché lei quasi addolcì la sua espressione e si schiarì la voce.
«Sai già che io, Derek e Zack proveniamo dalla stessa casa famiglia.»
Annuii, accigliata ma incuriosita da quell'inizio.
«Prima di incontrare loro ho vissuto fino ai dodici anni in un'altra famiglia affidataria.» La sua voce divenne distanze mentre il suo sguardo si raggelò. «All'inizio non capivo come mai fossimo tutte ragazzine, poi l'ho capito. Il marito era un verme, per non dire altro.»
Avvertii una stretta al cuore. Con poche parole si era spiegata alla perfezione. Sentii un nodo alla gola misto alla bile. Anche lei era stata...
«Si divertiva a turno. Ogni giorno cambiava. Tutte sapevamo cosa ci faceva e quando. Non siamo mai riuscite ad aiutarci a vicenda. Eravamo troppo...spaventate e imbarazzate di noi stesse.»
Ricacciai dentro le lacrime e sbattei le palpebre. «M-mi dispiace...»
Puntò quello smeraldo talmente freddo che bruciava su di me e non perse l'eleganza compostezza.
«Non so cosa sia successo ma comprendo perché non sei intervenuta.»
Non aveva detto che non era colpa mia e questo perché entrambe nel profondo sapevamo bene che un minimo di colpa l'avevamo entrambe. Avremmo potuto fare qualcosa per le nostre situazioni e non l'avevamo fatto.
Non riuscii a dire nulla finchè lei non fece per andarsene. Aveva quasi raggiunto la porta quando quelle parole uscirono dalla mia bocca. Non l'avevo mai detto con cosi tanta fermezza, nonostante dentro mi stessi rompendo ancora e ancora.
«Harold mi ha violentata.»
Seth
Avevo sentito qualcosa dentro di me riaffiorare, tornare a vivere, a battere, quando mi ero trovato nuovamente immerso in un oceano cristallino. Se avessi perso anche lei, non avevo idea di come avrei continuato la mia vita, sicuramente avrei terminato quella di Derek. Non lo avevo ancora affrontato, non mi interessava sapere come stava. Speravo solamente che si stesse cagando sotto per quello che aveva fatto. Non l'avrebbe passata liscia. Lo avrebbe premuto davvero quel grilletto se non fossi arrivato. E cosa pensava di fare dopo? Cosa pensava di dirmi? Pensava che l'avrei ringraziato? Ancora faticavo a crederci che uno dei miei migliori amici avesse provato ad ucciderla, a strapparla via in quel modo da me.
Non avevamo futuro noi due ma per me lei sarebbe sempre stata mia.
Non si ricordava cosa aveva detto prima di chiudere gli occhi e farmi venire un attacco di cuore. Io però me lo ricordavo bene. Ogni volta che parlava sentivo l'eco di quelle parole e il mio stomaco si stringeva quasi da farmi vomitare.
Com'era possibile, mi chiedevo. Come poteva amarmi dopo tutto quello che aveva scoperto?
Forse essere a conoscenza dei suoi sentimenti, quando lei nemmeno si ricordava, mi faceva sentire un po' sporco. Era come se avessi violato un qualcosa in lei. Forse era la pazzia che aveva parlato, allucinazione magari. Però, ora che lo sapevo, non potevo non sentirmi ancora più in dovere di proteggerla.
Era diventata tutto per me e sarei stato la sua ombra sanguinaria per sempre.
«Puoi calmarti?» Parlò Chen.
Gli rifilai un'occhiata lenta e glaciale mentre aspiravo la nicotina della quarta sigaretta.
Lui ruotò gli occhi. «Smettila. E' con Penelope, se succede qualcosa ti chiamerà. Ma non succederà nulla perchè ora è fuori pericolo.»
«Magari chi le ha fatto l'intervento era un incompetente.» Dissi continuando a scrivere a Penelope che non rispondeva.
«Mi hai fatto ricercare anche quanti peli ha. Ti ho detto che era competente.» Borbottò. «Piuttosto pensa a quando Jace ti spaccherà la faccia. Tra poco atterra il suo aereo.»
Già. Non si aspettava di vederci lì ma gli avevo scritto mentre era in volo che saremmo venuti a prenderlo. Nyxlie non sapeva dov'ero ed era meglio così. Ero sicuro che il nostro incontro non sarebbe stato piacevole ma lo accettavo. Me lo meritavo.
«Dici che è stata una buona idea lasciare Penelope con lei?» Domandai, fissando quella chat composta solo dai miei messaggi.
Chen divenne serio di colpo. «Pen è una stronza ma non le farà nulla.»
Si, lo pensavo anche di Derek.
Il mio cuore accelerò quando, finalmente, rispose.
-Cazzo, Seth, smettila
-Sta bene
Inspirai a fondo e le mandai comunque un altro messaggio.
-Le serve qualcosa?
Chiediglielo.
-Si, vuole che le stai
meno addosso
-Vaffanculo, Pen
Smise di rispondere e a quel punto bloccai il telefono.
«Dove starà? Non possiamo portarlo alla confraternita.»
«Perchè no?» Domandai con disinteresse mentre buttavo a terra il mozzicone e lo calpestavo con la suola della scarpa.
Chen sospirò. «So che è difficile ma prima o poi dovrete parlarvi.»
Serrai la mascella mentre fissavo l'ampio parcheggio dell'aeroporto.
«No, Chen.» Dissi freddo. «Ha fatto qualcosa per cui non posso perdonarlo.»
«E quindi questo cosa significa?»
Sapevo a cosa si riferisse. Cosa significava per noi, per i Vendicatori.
Lo guardai di sfuggita. «Non lo so.»
Era la verità. Non avevo idea di come si sarebbe evoluta quella faccenda.
«Comunque probabilmente starà da Nyxlie.» Sospirai. «E non posso impedirglielo.»
Mi irritava l'idea di loro due insieme, ma non perchè fossi geloso, forse un po', ma principalmente perchè non ero io quella che la proteggeva. Non ero riuscito a farlo.
Riconobbi lo sguardo di rabbia, era lo stesso che avevo visto prima di ricevere un pugno in faccia al bowling. Ma ora era anche peggio. Non aveva portato nulla con sè. Camminava diretto verso di me con l'odio che sprigionava dal suo corpo. Si fermò ad un metro da noi. Ci fissammo per qualche secondo.
«Portami da lei.»
«Forse sarebbe meglio--»
«Si, certo.» Mi bloccò Chen.
Guizzai lo sguardo su di lui. Mi fece segno di salire in macchina dietro e offrì a Jace il posto davanti. Il tragitto fu lungo e silenzioso. Jace guardava fuori dal finestrino, io guardavo Jace e Chen faceva rimbalzare lo sguardo su entrambi. Nessuno di noi osò aprire bocca, sarebbe stata come una scintilla che avrebbe fatto scoppiare la bomba, eravamo tutti tesi.
Quando arrivammo in ospedale Chen non venne con noi ma con uno sguardo mi raccomandò di non fare cazzate.
In ascensore sentii le sue dita scrocchiare e, solo poco prima che le porte si aprirono, lui mi colpì. Subito sentii un fiotto di sangue scendere dal naso dolente. Sibilai un'imprecazione e lo guardai con occhi stretti mentre lui mi puntava un dito contro, lo sguardo era iniettato di rabbia.
«Prendi le tue cose e sparisci dalla sua cazzo di vita. È l'ultimo avvertimento.» Sputò freddo. «Ora dimmi la stanza.»
«Centodue.» Gracchiai.
Sentivo il sangue bagnarmi le labbra. Non replicai ma acconsentii a quello che aveva detto perchè aveva ragione. Uscii pochi secondi dopo di lui, era alla ricerca della stanza che trovò in fretta. Aprì la porta e sentii la voce di Nyxlie.
«Jace?!» Esclamò e poi quelle pozze d'oceano mi trovarono e sgranò gli occhi. «Seth? Cos'è successo? Jace cos'hai fatto?»
I suoi occhi rimbalzavano tra me e lui. Penelope si alzò dalla poltrona e venne verso di me con fare accigliato.
«Ha sbattuto contro il muro.» Rispose Jace.
Gli lanciai un'occhiataccia.
«Tutto bene?» Mormorò Penelope piazzandosi davanti a me.
Annuì e la superai per andare in bagno. Li sentii parlottare e poi Nyxlie alzò la voce dicendogli che non avrebbe dovuto colpirmi. Ci impiegai un paio di minuti a fermare il sangue e quando uscii avevo tutti i loro occhi addosso.
«Jace rimarrà qui con te.» Parlai mentre andavo a recuperare le mie cose sul tavolo. «Quando ti dimetteranno chiama Zara o Phoebe.»
«No.» Si imbronciò.
Jace la guardò quasi offeso. «Non mi vuoi?»
Lei lo fulminò con lo sguardo. «Tu sei arrabbiato e stai facendo lo stronzo con lui.»
«E' per colpa sua se sei in questa situazione.»
E come potevo dargli torto?
Lei scosse la testa. «Non è colpa sua. Se sono qui, viva, è proprio grazie a lui.»
Avvertii l'ennesimo pugno allo stomaco. Dovevo uscire da lì. Ogni volta che lo diceva io non riuscivo a respirare. Mi avvicinai al letto e lei incrociò i nostri sguardo.
«Se osi sparire io giuro che...» Si morse la lingua, stringendo gli occhi lucidi.
Mi piegai e le posai un bacio sulla fronte, sotto la fasciatura. Indugiai più del dovuto e Jace tossì.
«E' meglio così, okay?» Mormorai, alzandole il mento con due dita per guardarla negli occhi.
Mi distruggeva vedere ancora le lacrime graffiargli gli occhi. Lei tirò su col naso. «No.»
«Riposa, Principessa.» Sospirai e le baciai nuovamente la fronte ma mi staccai rapidamente, prima che potessi cambiare idea.
Uscii insieme a Penelope nel più completo silenzio. In ascensore continuavo a stringere i pugni e mi distrassi solo quando lanciando un'occhiata a Penelope alla mia destra realizzai quanto fosse silenziosa e quasi tormentata.
«E' successo qualcosa?» Le chiesi.
Lei sbattè le palpebre come se si fosse risvegliata nel sentire la mia voce e mi guardò.
«Mi sono sbagliata su di lei.»
Inarcai un sopracciglio, sorpreso di quelle parole. «Mi fa piacere ma perchè lo dici? Cosa vi siete dette?»
Le porte si aprirono e prima di uscire quello che disse non era la risposta alla mia domanda: «Ha imparato come si tira un pugno.»
Ruotai gli occhi ma toccandomi il naso, che aveva ripreso a sanguinare, non potei che darle ragione.
S/A.
Ehilà 🖤🍑
Sono viva, mi sono solo presa del tempo perché sto anche studiando❤️
In questo capitolo c'è un'informazione che porterà non pochi problemi, ma che probabilmente qualcuno di voi aveva già intuito💔
➡️ Jace ha fatto bene o male a reagire cosi?
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A presto, Xx
Profili Social🍒
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