Capitolo 44

TW: Sangue, violenza

Δ

Le lacrime non la smettevano di rigare il mio volto. Eravamo nella sua macchina, diretti non avevo idea dove, con i polsi legati da un laccio di plastica e la paura che non mi faceva respirare. Aveva preso una strada provinciale e non riconoscevo niente di quella zona. C'erano solo tanti alberi. Dopo avermi chiuso in macchina, avevo urlato e lui per farmi smettere aveva storto le braccia dietro la schiena, puntandomi la pistola contro. Ora anche il pianto era silenzioso, gli dava fastidio sentirmi singhiozzare, aveva detto dopo dieci minuti di disperazione. Avevo provato a liberarmi da quei lacci ma era impossibile, non avevo abbastanza forza. Il silenzio era fitto. Lui guidava, di tanto in tanto controllava lo specchietto, ma non sembrava agitato o nervoso. È un assassino, mi dissi, non può avere paura.

«P-perchè non mi hai ancora uccisa?» Chiesi, la voce rauca per il pianto e le urla.

Mi avrebbe ucciso. Sarei morta.

«Non si uccide qualcuno in mezzo alla strada.» Rispose con nonchalance.

Infatti mi stava portando nel nulla. La carreggiata era doppia, l'asfalto liscio e intorno c'erano solo alberi. Guardai il cielo, non mancava molto al tramonto. Presto sarebbe diventato tutto buio.

«Perchè non ti puoi fidare?» I miei occhi si riempirono ancora di lacrime. «Non ho detto e non dirò nulla, ti p-prego--»

«Stai zitta!»

Mi spinsi contro la portiera e mi portai le ginocchia al petto, piangendo silenziosamente.

«Io non mi fido di nessuno. Puoi rivoltarti da un momento all'altro e io non ci vado in prigione, cazzo!» Urlò nervoso e sbattè la mano sul volante.

Mi morsi il labbro tremante e strinsi gli occhi singhiozzando mentre lui continuava ad urlare.

«Se non fosse perché fai la puttana con Seth, a quest'ora ti avrebbe messo sottoterra lui stesso.»

Probabilmente aveva ragione. Ma allo stesso tempo pensai al Seth che avevo conosciuto io e non sembrava capace di fare una cosa del genere. Mi aveva anche aiutata quando non mi conosceva nemmeno.

«Forse h-hai ragione.» Tirai su col naso. «Ma Seth non ti perdonerà così facilmente se m-mi uccidi.»

Rise e mi guardò di striscio. «Sei patetica, Cristo. Io sto facendo quello che lui sa che dovrebbe fare ma non ha il coraggio perchè lo hai rammollito. Mi ringrazierà.»

Forse ero patetica, sì, ma c'era una parte di me che era convinta che Seth non l'avrebbe ringraziato affatto. E forse era l'unica parte su cui mi dovevo aggrappare al momento. Se Zara e Phoebe si erano insospettite di quell'incontro, forse avevano anche contattato Seth e a quel punto lui avrebbe potuto capire. Forse stavo solo sognando troppo per non pensare alla morte.

C'era già stata una volta in cui mi ero quasi trovata faccia a faccia con quella signora, ma era stata una mia decisione e non l'avevo mai compiuta. Ora era tutto diverso. Era un'altra persona a decidere le sorti della mia vita e lui mi voleva morta. Non avrebbe esitato.

Lo guardai ma non dissi nulla. Lo odiavo, forte tanto quanto lui odiava me. Avrebbe fatto differenza se gli avessi detto perchè ero andata dalla polizia? Non credevo, lui mi avrebbe ucciso lo stesso solo perchè lo sapevo. Sapevo la verità. E Jace? Avrebbero ucciso anche lui?

Sentii gli occhi colmarsi ancora di lacrime e guardai la strada. Non avevo idea di dove mi stesse portando ma non avevo intenzione di scoprirlo. Dovevo trovare un modo per uscire da lì. Con i polsi legati dietro non avevo molte chance di attaccare ma poi ricordai di avere le gambe libere. Pensai ad una cosa in extremis, forse ci avrebbe uccisi entrambi ma io sarei morta a prescindere quindi tanto valeva provare.

Sentii il cuore battermi rapido. Guardai il cartello e respirai controllata.

Se l'avessi mandato fuori strada, sarei potuta scappare. Non era un gran piano ma era pur sempre qualcosa. Guardai lui e poi la strada. Tra cinquecento metri ci sarebbe stata un curva. Dovevo agire in quel momento. Mi concentrai. Mi dissi di smetterla di piangere e pensare a scappare. Restai contro la portiera e le gambe sul sedile pronta ad attaccare. Ero agile abbastanza da riuscire a colpirlo se avessi allungato la gamba, infatti l'intenzione era quella di tirargli un calcio in testa. Forse non lo avrebbe tramortito ma sicuramente avrebbe perso il controllo della macchina e sbandato.

Trecento metri.

Puoi farcela, Nyx. È solo un calcio. È la tua opportunità per scappare.

Duecento metri.

Guardai gli specchietti, non c'era dietro nessuno. Bene, non avrei voluto causare un incidente anche ad altri.

Cento metri.

La strada iniziò a curvare lievemente e Derek rimase concentrato per effettuare quella curva pericolosa. Proprio appena girò il volante verso sinistra, gli tirai un forte e deciso calcio in faccia, il collo della mia scarpa colpì in pieno il suo naso. La testa gli scattò indietro e senza pensarci si portò entrambe le mani sul volto mentre il sangue scendeva dal naso. La macchina, ormai senza controllo, sbandò e andò fuori strada. Provò a riacquistare il controllo ma ormai era troppo tardi.

L'impatto contro un albero sul ciglio fu forte e gli airbag scoppiarono per attutire i nostri corpi. Mi sentivo stordita, avevo preso un colpo al collo a causa dello scontro e avevo picchiato da qualche parte perché sentivo bruciare la fronte.

Tuttavia non persi tempo. Notai Derek ancora intontito e ne approfittai per slacciare la cintura con le mani dietro alla schiena e, appena riuscii a liberarmi, aprii la portiera.

Derek provò ad afferrarmi ma io mi mossi alla svelta, cadendo però in mezzo alle foglie umide e secche. Mi tirai su in fretta e senza guardarmi indietro iniziai a correre nel bosco.

Sinceramente non sapevo dove andare, ero senza telefono, avevo le mani legate e la paura mista all'adrenalina per la sopravvivenza mi correva nelle vene. La logica diceva di tornare in strada ma non erano passate molte macchine, nella foresta potevo disperdermi più facilmente.

Provai a non inciampare mentre correvo disperata verso destra. Dovevo trovare un riparo e poi--e poi non sapevo cosa avrei fatto ma dovevo cercare un posto e togliermi questi lacci dai polsi.

«Non puoi scappare, Blake!»

La sua voce rimbombò nella foresta e sentii il fruscio di alcuni uccelli mentre volavano via. Mi fermai col respiro affannato e le lacrime che mi bruciavano gli occhi. Guardai a destra e poi a sinistra. Non sapevo dove andare. Non c'era nulla qui. Poi, udii uno sparo molto vicino. Trattenni un urlo e ripresi a correre con le lacrime che mi sfregiavano le guance. Continuai a correre senza una meta, facendo attenzione a non inciampare in grossi rami caduto o nelle radici degli alberi. Tra un passo e l'altro, tra un battito e l'altro, pregai che Seth venisse a salvarmi.

Poi, in lontananza vidi una piccola casa. Come se avessi visto la salvezza corsi più veloce che potevo anche se il cuore sembrava già sul punto di scoppiare. Salii le scale di quella veranda che aveva tanto l'aspetto di essere abbandonata. Provai ad aprire la porta con i piedi ma sembrava bloccata a quel punto cercai una finestra laterale. Feci il giro del piccolo porticato finchè ne trovai una. Era sporca e appannata. Diedi un calcio deciso e questa si ruppe. Mentre la scavalcai però, i vetri rimasti appesi mi graffiarono la schiena. Imprecai e scivolai dentro. Come immaginavo tutto era abbandonato e non era nemmeno molto grande. C'era una piccola cucina con ancora piatti sporchi e scatole di cibo da un forte odore nauseante. Un divano impolverato al centro insieme ad un tavolo e dei mobili. Prima di fare altro, cercai a terra un pezzo di vetro e mi inginocchiai. A fatica, lo afferrai con le dita e poi cercai di rompere i lacci. Imprecai ancora quando non ci riuscii e mi tagliai solamente il palmo. Imprecai nel sentire il bruciore della carne lacerata e andai alla ricerca di altro. Dovevo fare in fretta. Girai per la cucina e guardai sul tavolo alla ricerca di forbici. Ne trovai un paio tra i vari piatti abbandonati sul tavolo, era arrugginita ma era meglio di niente. Avevo fatto il richiamo dell'antitetanica, non sarei morta per quello. Mi voltai di schiena e le afferrai. Le rigirai e cercai di posizionarle nel modo corretto.

Non sapevo come ma riuscii a chiuderle e poco dopo sentii i polsi liberarsi. Lasciai cadere il tutto e mi afferrai i polsi con le dita, massaggiandoli con un sorriso sollevato. Avevo dei leggeri tagli e segni rossi, inoltre il taglio sul palmo era profondo e il sangue mi stava sporcando tutta la mano ma il dolore era l'unica cosa che non sentivo al momento. L'adrenalina mi fece da anestetizzante.

Aprii i cassetti e afferrai il primo coltello affilato che trovai, poi mi voltai e cercai dove nascondermi. Feci un passo, le assi scricchiolarono e lo sentii ancora facendomi ghiacciare.

«Ti ho trovata, Principessa!»

Quella fu la prima volta che rabbrividii nel sentire quel nome. Non potevo scappare, mi avrebbe inseguito o sparato a vista. Andai verso la porta e mi nascosi nell'angolo. Se l'avesse sfondata si sarebbe aperta e mi avrebbe coperto e poi...e poi io lo avrei colpito. Certo, lui aveva una pistola e io non ero veloce ma probabilmente l'istinto di sopravvivenza mi avrebbe aiutata.

Qualsiasi cosa sarebbe successa era legittima difesa.

Strinsi il manico del coltello e sentii le mie ginocchia tremare. Tremavo tutta, almeno avevo smesso di piangere anche se sentivo ancora le guance bagnate. Udii dei passi pesanti fuori, stava salendo le scale della veranda.

«Non puoi essere andata lontano, sei sicuramente qui...» Lo sentii dire.

Mi tenni il coltello al petto e feci un profondo respiro. Legittima difesa. La porta si aprì per un calcio come sospettavo. Mi coprì e io attesi che entrasse, lo spiai dalla lunga fessura tra i cardini. Entrò con la pistola bassa e quando sentii le assi scricchiolare capii dove fosse. Non attesi più. Era arrivato il momento di agire.

Balzai fuori dal mio nascondiglio. Successe tutto nel giro di pochi minuti. Lui si girò sentendo il mio movimento ma lo presi di sprovvista e affondai il coltello nella sua spalla sinistra. Lui imprecò e si portò la mano con la pistola alla spalla, a quel punto gli tirai un calcio in mezzo alla gambe, facendolo piegare in avanti. Mi buttai contro di lui per sfilargli la pistola dalle mani e togliergli quel vantaggio. Per un momento mi dimenticai di quanto fosse più veloce e in forma di me, mi diede un colpo alla tempia con il retro della pistola, andando a colpire e peggiorare il taglio che si era formato con l'incidente. Caddi a terra e sibilai un insulto ma reagii in fretta, afferrandogli il polso con la pistola con entrambe le mani per tenergliela bloccata verso l'alto.

Lui rise. «Sai, forse sarà più divertente di quanto mi aspettavo.»

«Vaffanculo.» Sputai cercando di colpirlo ancora con le gambe.

Lui me le bloccò con le sue e con la mano libera si tolse il coltello dalla spalla facendomi quasi vomitare alla vista del sangue che sgorgò dal foro e urlai quando mi tagliò sotto il costato. Un dolore atroce attraversò il mio corpo e ricominciai a piangere guardando la maglietta sporcarsi velocemente di un rosso vivo. Era profondo, lo percepivo. Sussultai e persi quasi la presa sul suo polso ma cercai con tutta me stessa di lottare.

«Ti prego.» Singhiozzai. «N-non ho detto niente. Te l-lo giuro.»

«No no.» Fece scivolare la pistola nell'altra mano e quando cercai di afferrarla lui strinse i miei polsi e me li bloccò sopra la testa. Si piegò su di me mentre sentivo il sangue bagnare anche l'orlo dei pantaloni. «Stavi andando così bene. Non mi piacciono le preghiere.»

Strinsi i denti nonostante il tremolio della mia mascella. Mi dimenai per provare a liberarmi dalla presa ferrea della sua mano ma era inutile. Era bloccata sotto di lui. Puntò la pistola contro il mio volto e poi sparò. Strillai ancora e strinsi gli occhi al suono, preparandomi a morire ma poi sentii solo una gran risata e il mio orecchio destro fischiare. Aveva sparato a terra.

«E' così divertente.»

Lo guardai sconvolta. «Tu sei malato.»

Un lampo attraversò i suoi occhi e premette la canna contro la mia mandibola. «Non sono tanto diverso da Seth.»

Si, invece. Seth sapeva essere umano.

«Va bene.» Sibilai con voce rauca. Il dolore al fianco per il taglio era insopportabile e sentivo che stavo perdendo una gran quantità di sangue. «Uccidimi. Ma sappi che Seth non te lo perdonerà mai.»

Serrò i denti. Qualcosa lo fece tentennare. «Non sei nessuno per lui. Io lo conosco.»

«E allora uccidimi.»

Forse stavo giocando male le mie carte ma ormai non avevo molta altra scelta.

Sorrise affilato. «Con piacere.»

Appoggiò la canna al centro della mia fronte e la paura mi invase. Spalancai gli occhi e deglutii un enorme groppo.

«N-non vuoi sapere p-perchè sono andata dalla polizia?» Cercai di temporeggiare.

«No, ci sei andata e questo mi basta.»

«Aspetta!» Respirai a fatica. Stavo impazzendo. «Non puoi farlo. Seth...lui d-dovrebbe farlo.»

Quello catturò la sua attenzione. «Cosa dovrebbe fare? Ucciderti?» Quasi beffeggiò.

La canna era fredda contro la mia fronte. Bastava con click, una pressione sul grilletto ed ero...morta. Il mio petto si alzava e abbassava affannato a quel pensiero. Non volevo morire.

«Lui vuole vendetta.» Dissi. «Sono responsabile anche io.»

Inarcò le sopracciglia e poi strinse gli occhi. «Ah si? E come?»

Non avevo molto tempo. Forse raccontare ciò che avevo sempre tenuto segreto, ciò che avrei dovuto confessare a Seth, mi avrebbe fatto guadagnare del tempo per farsi che qualcuno ci trovasse.

«Ero lì.» Dissi con le lacrime agli occhi. «Quando Harold l'ha violentata--io ero lì. E non ho fatto niente.»

I ricordi di quel giorno mi avrebbero tormentato per sempre. Il senso di colpa mi avrebbe fatto compagnia fino alla mia morte, che sembrava non essere tanto lontana al momento.

«Non ti credo.»

Boccheggiai incredula.

«Ma se fosse così, gli tolgo un problema.»

E a quel punto capii che non potevo più fare nulla. Piansi e chiusi gli occhi preparandomi semplicemente a ciò che mi attendeva. Avevo immaginato tante volte di morire per mano dei Vendicatori, avevo fatto tanti incubi, ma c'erano momenti in cui mi dicevo che non sarebbero divenuti mai reali. Oggi mi sbagliavo. Era solo una questione di tempo. Decisi di pensare a cose belle. Non volevo morire con la sua immagine davanti agli occhi. Piuttosto volevo pensare a qualcosa di positivo, di tranquillo. E mi venne in mente solo lui.

Seth.

Avrebbe mai scoperto la mia fine? Mi avrebbe mai vendicata contro uno dei suoi migliori amici? Gli sarei mai mancata? Pensai al suo tocco che era tutto ciò che desideravo al momento, un suo bacio prima di morire.

«Addio, Principessa.» Disse con tono gelido.

Era finita. Stavo per morire.

Avrebbe fatto male? Sarei morta sul colpo? Sarei--

All'improvviso sentii un rumore. Dei passi pesanti provenivano da fuori. Aprii di scatto gli occhi e girai la testa, Derek aveva anche allentato la presa sui miei polsi e la pressione della pistola sulla fronte.

Incrociai un paio di gocce d'inchiostro glaciali e furenti. Il mio cuore sembrò tornare a battere di speranza ma lo sentivo debole, io mi sentivo debole. Avevo iniziato a tremare. C'erano anche gli altri ma la mia vista non si staccò da lui che salì le scale con calma, una pistola era salda nella sua mano puntata verso Derek. Quest'ultimo sbuffò e si sollevò rapidamente da terra, afferrandomi un braccio e tirandomi su con lui. Gemetti per il dolore al fianco e mi irrigidii quando mi circondò un braccio attorno al collo, bloccandomi contro di lui e premette la canna contro la mia tempia. Afferrai il suo avambraccio per divincolarmi ma era inutile.

«Derek.» Parlò Seth con una voce che non riconobbi. Era entrato nella casa e aveva il braccio sollevato contro di noi, contro di lui. «Abbassa la pistola e lasciala.»

«Perchè cazzo non vuoi capire che è pericolosa!» Sbottò.

Gli altri si misero alle spalle di Seth, silenziosi e preoccupati. Persino Penelope lo era, sotto la maschera di ghiaccio, forse però lei era preoccupata per Derek, e per ciò che avrebbe fatto Seth se non mi avesse lasciata. Dio. Mi aveva trovata davvero.

L'espressione di Seth non vacillò. «Non lo ripeterò un'altra volta.»

«Derek, porca puttana!» Intervenne Chen. «Lasciala andare. Siamo ancora tutti qui, no? Significa che nessuno sa niente!»

Derek ridacchiò. «Ti sto facendo solo un favore, fratello. Tu non avresti il coraggio di farlo.»

Mi ghiacciai. No, non poteva dirglielo così.

«Derek, non--»

«Lo sapevi che la tua dolce principessa ha lasciato che quel figlio di puttana violentasse Daphne? Lei era lì, e non ha fatto nulla per aiutarla. Me l'ha detto poco fa, vero Nyxlie?»

Sentii tutti gli occhi dei presenti addosso, tranne uno. Seth non mi guardò, si irrigidì ma non spostò lo sguardo da Derek. I suoi occhi erano infiammati di una rabbia che non gli avevo mai visto. Probabilmente era quella che lo alimentava nelle dirette.

«Lasciala. Subito.»

«Cazzo, fai sul serio?» Derek si agitò e sentii la canna quasi inficcarsi nella mia pelle. «È una stronza bugiarda come suo padre. Merita--»

Urlai al suono di uno sparo. La presa di Derek svanì dal mio corpo e io mi accasciai a terra, contro la gamba del tavolo della cucina. Guardai Derek stringersi la spalla sinistra mentre il sangue sporcava la sua mano.

La sua visuale mi venne coperta da Chen.

«Ehi.» Sembrava terrorizzato. Mi accarezzò il viso e guardò la ferita alla testa e poi anche alla mano. «È tutto finito. Fammi vedere questo.»

Feci una smorfia quando sollevò la maglietta impregnata di sangue fresco e quasi vomitai alla vista del taglio. Anche Chen impallidì.

Un tonfo mi fece distogliere lo sguardo da Chen. Seth aveva appena sbattuto Derek alla parete e lo teneva per il colletto della maglia.

«Ti sei fottuto il cervello?!» Ruggì davanti a lui. «Che cazzo credevi di fare?!»

«Non era ovvio--»

Seth lo colpì con un pugno, girandogli la testa. Sentii delle ossa rompersi. Derek imprecò e si portò una mani sul naso.

«Seth.» Chen lo richiamò, alzandosi.

Mi guardai le mani. Erano insanguinate. Il sangue mi aveva sporcato ovunque e continuava ad uscire dalla ferita. Sentii la testa girare e i brividi incresparono la pelle. Era brutta, molto brutta.

L'istante successivo ci fu Seth accovacciato davanti a me. Ripresi a piangere. Lui scandagliò ogni centimetro del mio viso fino ad abbassare lo sguardo sulla ferita ancora scoperta. Deglutì e poco dopo si girò guardando a terra. Trovò il coltello che avevo usato con Derek e lui contro di me e mi tagliò la maglietta rendendola quasi un top. Strinse quella striscia di tessuto imbevuta di sangue attorno alla mia vita per coprire la ferita, il contatto diretto sulla pelle lacerata e la stretta mi fece sussultare e piagnucolare.

«Scusa.» Disse roco e poi mi si mise di lato, infilando un braccio sotto le cosce e l'altro dietro alla schiena.

«Seth, io--»

«Non adesso.» Mi bloccò con voce tesa ma morbida. «Adesso tu terrai gli occhi aperti e rimarrai in silenzio, va bene? Non sprecare energie.»

Non era così semplice. L'adrenalina aveva abbandonato il mio corpo e ora ero davvero stanca. Avevo freddo.

«Chen, vieni con me.» Ordinò mentre mi sollevava da terra. Appoggiai la testa al suo petto, fregandomene della ferita.

Non disse nulla agli altri. Uscimmo fuori dalla casa e sentii il suo cuore battere veloce. Era agitato? Spaventato? Sbattei le palpebre ma più lo facevo e più la vista diventava sfocata. Volevo dormire un po'. Seth riuscì anche a correre per gli ultimi metri. La strada era ancora deserta e dietro alla macchina di Derek c'era quella di Seth.

«Prendi le chiavi, muoviti.» Disse Seth con fare sbrigativo.

Chen non replicò al tono ma fece come detto e aprì la macchina e anche la portiera posteriore. Seth entrò con me in braccio e io mi permisi di chiudere un secondo gli occhi.

«Ehi.» Sentii le sue dita scorrere tra i miei capelli. «Fammi vedere quei bellissimi occhi, Principessa.»

Principessa. Era diverso da come lo aveva usato Derek. Mi piaceva quando lo diceva Seth. Mi scaldava il cuore.

Lo feci solo perchè captai una nota di terrore che non gli avrei mai riconosciuto.

«Ecco, così, bravissima.» Continuò ad accarezzarmi la testa, reggendola con suo braccio dietro di me.

Sorrisi lievemente nel poter ammirare ancora il colore dei suoi occhi. Non avevo mai conosciuto qualcuno con gli occhi color della notte, erano così rari. Stavano così bene su di lui. Però mi si ruppe il cuore nel vederli immersi in una patina lucida. Mi toccò le braccia nude e deglutì.

«Hai freddo, vero?»

Annuii. Avevo freddo ma sudavo.

«Chen--»

«Già fatto.» Disse per poi fare un'inversione a U e tornare in carreggiata.

Una fitta al fianco mi fece fare una smorfia e sentii le calde lacrime tornare alla ribalta. Seth provò ad asciugarle.

«Andrà tutto bene.» Disse con voce rauca. «È solo un taglietto.»

Accennai un sorriso tra le lacrime. «E se lo dici tu che sei esperto di tagli...»

Premette le labbra provando a sorridere ma non riuscì. «Sei forte, lo sai?»

«Mh.» Sbattei piano le palpebre. Guardai in basso e vedi che il sangue stava bagnando anche lui. «Ti sto...sporcando la maglia.»

«Si.» Disse e si accigliò. «Smettila di sanguinare, Blake. È fastidioso.»

Riuscii a ridacchiare ma quello mi fece solo male allo stomaco e di conseguenza alla ferita che non sembrava smettere di sanguinare. Doveva aver preso qualche organo. L'idea di morire tornò prepotente nella mia testa, se fosse successo almeno ero tra le sue braccia. Iniziai anche a sentire uno strano sapore metallico in bocca. Mi sentii molto debole. Il freddo aveva iniziato ad intorpidire gli arti anche se il cuore era quello che sentivo ovunque, pompava incessante.

«Seth...»

Sentii il tepore caldo della sua mano contro la mia guancia. La vista si fece appannata.

«Andrà tutto bene.» Ripetè. «Tra poco arriviamo in ospedale.»

Non avevo idea di dove fossimo ma ero sicura che mancava ancora un po'.

«M-mi dispiace per Daphne. Posso spiegare, io--»

«Smettila.» Mi interruppe. «Non pensarci ora. Pensa solo a stare sveglia. Guardami, Peach.»

«Sono stanca.» La voce era fioca.

«No, non puoi dormire.»

Ma mi accoccolai all'incavo del suo braccio e cedetti alla stanchezza. Sentii in lontananza la sua voce che mi richiamava ma ormai non avevo più forze.

Dissi qualcosa, tre parole scivolarono fuori dal mio controllo.

Poi, mi abbandonai ad un profondo sonno e tutto si spense. Il freddo mi abbracciò.

Seth

Non mi aveva mai nauseato così tanto l'odore ferroso del sangue. Me lo sentivo ovunque anche se era solo impregnato nella maglietta. Era rivoltante.

«Chen, ti prego.» La mia voce uscì tesa e rauca. Ero un blocco di ghiaccio.

Non riuscivo nemmeno a guardare. Io, che avevo torturato molti uomini con tagli peggiori, non riuscivo ad abbassare lo sguardo e vedere il volto pallido e sudato di Nyxlie. Aveva perso i sensi e questo non era un buon segno, aveva perso molto sangue e probabilmente era entrata in shock, la lama era affondata molto nella carne. Avvertii un conato quando l'immagine di quella ferita si ripresentò ai miei occhi e inspirai a fondo, stringendo le dita nella presa del suo corpo.

«Siamo quasi arrivati.» Rispose con affanno mentre superava una tre macchine di seguito.

Quasi arrivati. Guardai fuori dal finestrino sentendo il peso e pregai che non fosse troppo tardi. Era una brutta ferita. Era un taglio che aveva colpito qualche organo e questo aumentava la mia paura. Non era troppo tardi. Saremmo arrivati in tempo e loro l'avrebbero operata. Lei avrebbe riaperto gli occhi, sì. Quella non era l'ultima volta che li avrei visti, non poteva essere l'ultima volta. Una rabbia crescente mi fece stringere forte gli occhi e cercai di non impazzire. Sentivo un bruciore al petto. Era soffocante. Lei non poteva morire. Non ora. Non tra le mie braccia. No, non l'avrei mai sopportato.

«Siamo qui.» Disse urgente facendomi spalancare gli occhi.

C'era qualcuno che entrava nel pronto soccorso. Inchiodò davanti all'ingresso e scese per aprire la portiera. Quello che avvenne dopo lo avvertii come se fossi dentro una bolla ovattata dal resto. Mi catapultai fuori ed entrai in pronto soccorso chiedendo aiuto. Venni soccorso da due infermiere che sbucarono da un corridoio con una barella. Alla vista della quantità di sangue mi chiesero cosa fosse successo e io non avevo idea di cosa dire, ma mi ripresi abbastanza in fretta e risposi che qualcuno l'aveva ferita con un coltello. Quando le porte che conducevano alle sale operatorie si chiusero davanti a me, sentii il cuore pompare fino alle orecchie. Mi passai una mano tra i capelli e mi allontanai quando un infermiere mi disse di spostarmi dalle porte.

Indietreggiai e mi voltai lentamente prima di uscire da quel posto. Odiavo gli ospedali. Mi appoggiai ad una parete e mi piegai, appoggiando le mani sulle ginocchia per respirare. Non riuscivo a respirare. La gola mi bruciava, i polmoni anche. Vedevo Nyxlie ferita, il suo sangue, le sue lacrime, il terrore nei suoi occhi. Era una sensazione atroce che avevo provato solo una volta prima d'ora, ma in quel momento mi sembrava di stare cento volte peggio. E forse perchè non avevo potuto fare niente per Daphne ma non era colpa mia, adesso invece lo era.

Se fosse morta, sarebbe stato per colpa mia.

Qualcuno mi toccò e drizzai la schiena di scatto. Chen era davanti a me e mi appoggiò una mano sulla spalla.

«Ehi, respira.»

Scossi la testa e strizzai gli occhi con le dita. Sembrava così difficile respirare quando la tua ragione di vita poteva morire.

«Andrà tutto bene, Seth.» Disse. «Starà bene, okay?»

«Non lo sai. Ha perso tanto sangue.» Sputai fuori.

Inspirai dal naso ed espirai dalla bocca. Anche Nyxlie aveva avuto un attacco di panico. Ero riuscita ad aiutare lei ma ora non sembrava avere lo stesso effetto su di me. Cristo, ora mi veniva anche da vomitare. Provai a camminare. Mi tirai i capelli mentre continuavo a sentire quell'odore, e quelle parole. Ero rimasto immobile. Il cuore si era quasi bloccato quando avevo udito quel sussurro nascosto. Non sapevo nemmeno se fosse stato intenzionale ma mi avevano squarciato il petto. Non poteva morire dopo averlo detto. Non l'avrei accettato.

Scaricai un'ondata di rabbia contro un cestino. Lo presi a calci fino a sradicarlo dal terreno.

«Seth...smettila. Seth!»

Chen mi diede uno spintone per allontanarmi dal cestino a terra. Qualcuno ci guardò giudizioso.

«Calmati o arriverà la sicurezza.»

«Vaffanculo.» Sputai e mi levai le sue mani di dosso.

Respirai a fondo, le mani sui fianchi e lo sguardo rivolto al cielo.

«Deve stare bene.» Parlai.

«Starà bene. La ferita era profonda ma starà bene.»

Abbassai lo sguardo su di lui. Guardò la macchina di sangue sulla mia maglia e sospirò.

«Senti, che ne dici di entrare e aspettare. Probabilmente la terranno qui per questa notte, io vado a prenderti dei vestiti puliti.»

«Non mi faranno entrare. Non sono un parente.»

«Di che sei il suo ragazzo.»

Serrai i denti ma probabilmente era una delle idee migliori. Io li avrei minacciati ma non credevo fosse il caso di farlo.

«E che cosa dico se mi chiedono cos'è successo, eh?» Sibilai. «Che uno dei miei migliori amici ha provato ad ucciderla e se fossi arrivato un secondo più tardi lei sarebbe morta?»

«Forse sarebbe meglio rimanere sulla linea di una rapina andata a male, che dici?»

Scossi la testa e fissai altrove.

«Una cosa alla volta, Seth.» Mi diede una stretta alla spalla. «Entra e aspetta notizie. Io ti porto dei vestiti. Li porto anche per lei?»

«Si.» Dissi senza pensarci. «Vai all'appartamento e di che ha avuto un incidente. Fatti dare qualcosa.»

«Sicuro sia il caso?»

«Eviteranno di indagare e di fare cazzate.»

Quando rientrai, cercai di trattenere l'impulso di vomitare. Andai a chiedere informazioni all'infermiera dietro al bancone al centro della sala e mi fissò a lungo quando le dissi che era la mia ragazza. Lasciarono un sapore agrodolce in bocca, quelle parole. La mia ragazza. Era in sala operatoria e non sapeva dirmi altro. Andai a sedermi su una seggiola lungo l'area d'attesa e fissai il pavimento. La gamba si alzava e abbassava con nervoso e la testa mi stava scoppiando. Volevo spaccare qualcosa. Volevo uccidere Derek.

Lei era lì, e non ha fatto nulla per aiutarla.

Era per questo che continuava a sentirsi in colpa? Era questo il motivo per cui diceva sempre che non capivo e che non era una brava persona? Perchè lei aveva visto?

Tesi le dita e poi le strinsi in un pugno. Lei aveva visto. Era solo una ragazzina e aveva assistito a quello. Per questo temeva quel viscido e per questo si riteneva responsabile, era un testimone e non l'aveva mai detto. Ma io riuscivo solo a pensare che quel figlio di puttana aveva stuprato mia sorella davanti a lei. L'avrei ucciso lentamente, per Daphne e per i traumi che aveva lasciato a Nyxlie.

«Sei ferito?»

Guizzai gli occhi su una bambina davanti a me. Non l'avevo neanche vista arrivare. Perché diavolo i genitori lasciavano andare in giro i bambini, pensai sbuffando. Aveva delle treccine rosse, il volto pieno di lentiggini e due grandi occhi verdi.

«No.»

Indicò la mia maglia. «Ma hai una grossa macchia lì. Quello è sangue.»

Non ero bravo con i bambini. Non li sopportavo. Volevano sempre parlare e parlare ma io no. Specialmente ora.

«Non è mio.» Dissi stanco.

«E di chi è?» Inclinò la testa e mi scrutò con quegli occhioni verdi.

«Dove sono i tuoi genitori?» Chiesi, invece.

Lei si girò e indicò una persona seduta dall'altra parte. C'era una donna dai capelli ramati che sembrava aver chiuso gli occhi per riposare mentre un bambino era seduto al suo fianco e giocava col telefono. Non superava i dieci anni.

«Il mio papà è caduto dalle scale. Ha picchiato la testa. La mamma è molto preoccupata.» Mi raccontò, tornando a guardarmi con un grosso sospiro.

«Be', mi dispiace.» Cercai di essere il più umano possibile.

Difficile quando nella mia testa stavo selezionando i vari coltelli con cui infliggere lo stesso dolore a Derek.

Arricciò il piccolo naso e si dondolò sui piedi. «Tu chi aspetti?»

Inspirai a fondo e socchiusi gli occhi. «Lo sai che non dovresti parlare con gli sconosciuti? È pericoloso.»

Mi fissò in silenzio. Quasi turbata, ma poi sorrise mostrandomi un sorriso sdentato e allungò la mano. «Io sono Poppy.»

Mi venne quasi da sorridere e alla fine mi ritrovai stringere la sua mano che minuscola rispetto la mia.

«Non è questo che intendevo ma io sono Seth.»

«Ora ci conosciamo.» Disse allegra.

Tamburellai le dita sulla gamba e sospirai. «Aspetto...un'amica.»

«Cos'è successo? È caduta anche lei?»

Sbuffai un mezzo sorriso e deglutii. «Si, qualcosa del genere.»

«Starà bene? Ti ho visto entrare. Hai svegliato la mamma. C'era molto sangue.»

«Già.» Tossii. «È stata una...brutta caduta.»

«Oh.» Abbassò la testa e poi la rialzò di scatto. «Facciamo un gioco?»

Cristo dio.

«Non me la sento di giocare.» Ammisi cercando comunque di mantenere un tono dolce.

Lei sembrò intristirsi. Ecco, mi mancava solo una bambina che piangeva ed ero a posto.

«Senti, è solo perchè sono molto preoccupato per lei.»

A quel punto si sedette sulla seggiola al mio fianco e si girò, fissandomi incuriosita. Dove cazzo era Chen?

«Come si chiama la tua amica?»

«Nyxlie.»

Sorrise. «Mi piace il suo nome. È bella come le principesse?»

Avvertii un pugno allo stomaco. «Oh, lei è proprio una principessa.»

I suoi occhi si illuminarono. «Davvero?»

«Si. È molto bella, è gentile, dolce, simpatica, troppo curiosa e sa anche andare a cavallo.»

Risucchiò un respiro scioccato. «Anche sugli unicorni?»

Mi bloccai. Cazzo. «Certo, anche su quelli.»

«Wow...» Sorrise sognante. «E tu sei il suo principe?»

Doppio cazzo. Mi grattai il collo. «Non so. Assomiglio ad un principe?»

Strinse gli occhi. «Sai andare a cavallo?»

Ridacchiai. «Me la cavo, a quanto pare.»

«E l'hai anche salvata, quindi si, le regole dicono che sei un principe.»

Era così bello poter vivere con gli occhi dei bambini, ma solo di quelli spensierati e sempre positivi, perchè i miei occhi da bambino erano lo stesso un inferno.

«Mi fido.» Abbozzai un sorriso.

«Se i dottori non riescono a salvarla, puoi sempre baciarla.»

Il mio sorriso vacillò. No bambina, i dottori dovevano salvarla o io sarei morto con lei.

«Però, non lo so...» Si fece pensierosa. «Il bacio deve essere quello del vero amore. Tu la ami?»

Serrai la mascella. Le parole che aveva sussurrato inconsciamente prima di perdere i sensi rimbombarono nelle mie orecchie, facendomi stringere le mani in un pugni.

Ti amo, Seth.

Nessuno me l'aveva mai detto prima d'ora. Mai nella vita avrei pensato di sentire quelle parole perchè stonavo dette a me. Non le meritavo. Le sporcavo solamente. Di certo non meritavo le sue.

Ti amo, Seth.

Era stato sicuramente uno sbaglio. Non lo pensava veramente, aveva perso molto sangue ed era solo confusa. Lei non poteva amare me. Uno come me non si poteva amare, bisognava solo disprezzarlo. E lei l'avrebbe fatto, doveva solo elaborare il tutto. Elaborare davvero chi ero e cosa facevo.

Ti amo, Seth.

Ma mi ero sentito come su una nuvola. Un fuoco era divampato in me. Il secondo successivo volevo che lo ripetesse, volevo sentirglielo dire fino all'ultimo dei miei giorni. Suonava così bene detto da lei. Era stata come una dolce musica che aveva sciolto qualcosa che non pensavo esistesse in me.

«Non lo so.» Gracchiai, il cuore che batteva feroce nel petto. «Non ho mai amato nessuno.»

«Io amo il gelato al cioccolato.»

«Effettivamente è molto buono.»

«Lei è il tuo gelato al cioccolato?»

Ora Poppy iniziava a piacermi. Semplificava molto le cose.

«Lei...be', credo di si.»

Il suo volto si accese. «Allora funzionerà.»

«Poppy!»

Entrambi portammo lo sguardo verso la voce che l'aveva richiamata. Sua madre si era svegliata, la stanchezza era evidente nei suoi occhi e ora anche il rimprovero per sua figlia. Le ordinò di tornare da lei e Poppy scivolò giù dalla seggiola e mi salutò con la manina prima di correre da sua madre.

Funzionerà. Sospirai. Sarebbe stato molto più semplice se fossimo stati dentro una favola, ma la mia vita era più simile ad un fottuto horror. E io ero solo il cattivo della storia.







S/A.

Ehilà 🖤🍑

Sono tornata e non un capitolo felice, lo so 🥲

➡️ Forse Derek ha appena firmato la sua condanna a morte, chissà...🙃

➡️ E a quanto pare Nyxlie è uscita di scena col botto 👀🫣

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A presto, Xx

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IG e TT: anonwriter23

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