Capitolo 41

Seth e i suoi amici erano i Vendicatori?

Quella domanda rimbombava nella mia mente ogni secondo, ad ogni movimento, di giorno e di notte. Non avevo ancora avuto modo di sapere la risposta perchè non avevo ancora avuto il coraggio di andare a parlargli. Non per paura di lui, non avevo paura di cosa avrebbe fatto, ma perchè avere la risposta a quella domanda significava che sarebbe potuto essere tutto finto. Che non c'era stato niente di vero tra noi. Ero stupida sì, ma era quello che mi faceva più male. Scoprire che era stata tutta una menzogna, ero stata solamente una pedina nel suo piano di vendetta.

Mi ero innamorata di lui. Mi ero innamorata di Seth, che poteva essere uno dei peggiori assassini della nazione, eppure, quello che non riuscivo a togliermi dalla testa era il dolore di essere stata usata e non le cose che poteva aver fatto.

In quei giorni era stata dura nascondere le emozioni a Zara e Phoebe, le quali avevano capito che qualcosa non andasse e che quel qualcosa era proprio Seth. Mi sforzavo ad uscire con loro perchè sapevo che se fossi stata da sola non avrei fatto altro che piangere e pensare a lui. Anche se succedeva di notte e ogni altro momento in cui ero sola. Né lui né Chen erano venuti a cercarmi, un po' mi aveva fatto male, forse a loro nemmeno interessava di come stavo. Però allo stesso tempo non avevo idea di come avrei reagito se l'avessero fatto.

Quel giorno avevo deciso che avrei parlato con Seth. Mi ero svegliata, avevo fatto colazione, poi avevo vomitato la colazione, ero andata in palestra per perdere un po' di tempo ed ero rimasta tutto il tempo nella stanza dove mi aveva insegnato alcune mosse di difesa, sdraiata ad ascoltare musica.

Ora ero davanti alla seconda porta della taverna. Uno dei ragazzi della Delta mi aveva detto che Seth era qui, da solo, e io ero qui fuori da cinque minuti. Stavo cercando il coraggio di bussare. Ragionavo su come avrei potuto reagire, su come il mio cuore avrebbe reagito e avevo la sensazione che avrebbe continuato a battere per lui, anche dopo aver scoperto la verità, che nel profondo sapevo già.

«Forza, Nyxlie.» Mi dissi da sola.

Bussai e nascosi la mano dietro la schiena, affondando le unghie nel palmo. Più i secondi passavano e più il mio respiro accelerava. Quando la porta si aprì, trattenni il respiro alla sua vista.

«Ciao.» Esalò quasi con sorpresa.

«Ehi.» Deglutii.

Il suo profumo mi destabilizzò. Per un istante ritornai in quel seminterrato di quella casa abbandonata, avevo perso i sensi e mi era sembrato di scivolare avvolta tra braccia e un profumo familiare. Avevo cancellato quel ricordo forse per non farmi altre domande ma ora non potevo non ricordarlo.

Mi aveva rapita e anche drogata.

«Posso entrare?» Chiesi, cercando di risuonare calma.

Si spostò ed entrai. Rimasi ferma mentre, dopo aver chiuso la porta, lui mi superava e tornava vicino al biliardino. Stava giocando, realizzai. Si era posizionato nel lato corto del biliardino, quello più lontano da me. Afferrò l'asta e mi guardo.

«Non mi aspettavo di rivederti.»

«Siamo nello stesso college.» Inspirai. «Prima o poi doveva capitare.»

Si leccò le labbra e sospirò. «Sai cosa intendo.»

Si, lo sapevo.

«Voglio parlare.» Incrociai le braccia e mi avvicinai al biliardino, frontale e opposta a lui.

«Okay.» Appoggiò, nuovamente e con lentezza, l'asta sulla cornice in legno del biliardino. «Dimmi.»

Non sapevo nemmeno da dove iniziare. Mentre venivo qui avevo pensato al discorso da fargli ma ora avevo scordato tutto, la mente si era annebbiata.

«Nixon...» Buttai fuori. «È il cognome di tua mamma?»

«Si.» Disse poco dopo alcuni secondi di silenzio. «Mia madre è morta di overdose pochi mesi dopo Daphne. Non per dolore, semplicemente ha sbagliato dose. Ho cambiato cognome ai diciott'anni perchè mi serviva ricominciare daccapo, mi avrebbe allontanato dalla storia di Daphne. Qui nessuno sa niente.»

Annuii piano. «Perchè Daphne ha ritirato la denuncia?»

«Davvero non lo sai?»

«No.» Deglutii. «Non l'ho mai saputo.»

«Soldi.» Replicò, abbassando lo sguardo. «Tanti soldi. I miei genitori hanno accettato l'accordo senza interpellarla. Una volta accettati, l'accusa è caduta e nessuno l'avrebbe creduta nuovamente.»

«Per questo hai detto a mia madre che i ricchi pagano gli altri per risolvere i problemi.»

Arricciò il naso con un sorriso amaro. «Già.»

«È mio padre che vi ha pagato?»

«Non lo so. Erano avvocati di qualcuno.» Disse con un cipiglio. «Io non c'ero quel giorno, ero fuori con Daphne. Lo abbiamo saputo quando siamo tornati a casa, quello che avevano fatto.»

Sentii nuovamente il senso di colpa farmi tornare la nausea ma cercai di allontanare momentaneamente quel pensiero. Mi torturai le mani. Lo guardavo e cercavo di immaginarmi quella maschera sul suo volto, quei coltelli nelle sue mani, quei--

«Sei tesa.» Ruppe i miei pensieri.

Inspirai a fondo. «Ti devo parlare.»

Aggrottò la fronte. «Si, e stiamo parlando.»

Distolsi lo sguardo da lui e cercai un appiglio altrove. Non era facile. Non volevo far spegnere quella fiammella di speranza, sentivo già abbastanza freddo dentro di me.

«Perchè..perchè non mi hai ancora chiesto cos'è successo a Daphne?»

Si accigliò. «In che senso?»

«Hai detto che ero la tua chance per sapere la verità.» Dissi, sentendo il nervosismo, trapelare nella voce. «Dovrei esserlo ancora, no? Ma tu...tu non mi hai ancora chiesto nulla.»

Lui strinse l'asta sdraiata e sembrò trattenere il respiro. Non parlò. I suoi si fecero lontani.

«In questi giorni ho continuato a pensare a te e a Daphne. N-non puoi capire il dolore che mi ha provocato questa cosa...ma allo stesso tempo capisco perchè tu l'abbia fatto, io forse avrei fatto lo stesso.» Sentivo l'ansia trasudare dal mio corpo. «Poi, però ho iniziato a pensare...Seth è il fratello di Daphne. E Daphne--lei si è tolta la vita il 21 dicembre. Potrebbe essere una coincidenza che è esattamente anche lo stesso giorno della Notte del Giudizio? Forse si.»

Lui non mi guardava più. Rimase a fissare il tavolo con le nocche bianche strette attorno quell'asta. Sentivo la gola stringersi piano piano. Presi un profondo respiro e continuai.

«Poi però stavo pensando a quanto fosse una coincidenza tutto questo, no? Oltre a questo strano gioco di date, ci sono tutte le volte che mi hai detto che avrei dovuto stare lontano da te, che non eri una brava persona, che non puoi permetterti delle relazioni. Non poteva essere legato solo agli incontri, no? Cioè, non è il miglior lavoro del mondo ma non è cosi grave.» Mi morsi il labbro. «E allora ho continuato a pensare, Chen è bravo con i computer e potrebbe essere talmente bravo da hackerare il mio telefono quando vuole. Se fosse così quindi, spiegherebbe perché a Capodanno te ne sei andato arrabbiato e spiegherebbe perché sei apparso quando dovevo i soldi a quel tipo. A questo punto significherebbe che sapevi già di Ian, ma me l'hai chiesto lo stesso. Poi però ho pensato, ma sarebbe così bravo anche da scrivermi con quello stesso numero di telefono e fingersi Ian? Ho detto: no, è impossibile. Non potevo credere che quella fosse la risposta.»

A quel punto mi guardò, sollevò le iridi color ossidiana e mi inchiodò al terreno. Risucchiai un profondo respiro, gli occhi erano già lucidi.

«M-ma se fosse così. Se proprio quella fosse la risposta? Se loro fossero davvero loro...allora proverebbe il perché quelle cinque persone sapevano di Ian, perché io l'ho detto proprio ad uno di loro. E spiegherebbe anche perché a Pasqua, proprio questa stessa persona, al posto di desiderare la morte di mio padre, ha guardato per tutto il tempo Harold. Perché potrebbe già sapere la verità.»

Stavo già piangendo ma almeno non singhiozzavo così tanto.

«Ho pensato che forse stavo impazzendo. Che era tutta una casualità. Ma io ad uno di loro ho chiesto se c'entrassero q-qualcosa con l'uomo che mi aveva aggredita e ha risposto che avevano visto e non potevano non fare niente.» Tirai su col naso. «Tu eri l'unico che sapeva e che aveva visto, Seth. N-non c'era nessun altro lì.»

Continuò a non dire niente e io continuai a rompermi in mille pezzi di fronte a lui.

Ti prego, Seth. Fermami e dimmi che stavo dicendo solo sciocchezze.

«Un mese fa sono stata rapita dai Vendicatori.» Sputai. «Lo stesso giorno in cui tu eri nervoso e te ne sei andato dicendo che ti dispiaceva. Poi sei sparito per una settimana.»

Dire tutto quello ad alta voce era qualcosa di surreale, che lasciava l'amaro in bocca. Non ero nemmeno sicura di come avessi fatto ad articolare tutte quelle parole che fino a quel momento erano rimaste solo nella mia testa. Sentivo un forte dolore allo stomaco, un nodo spinoso che mi stringeva le budella che peggiorava ad ogni secondo in cui lui non mi guardava, in cui lui non parlava, non smentiva.

Trattenni un singhiozzo e affondai le unghie nei palmi risucchiando un respiro tremante.

«O-ora tu dovresti reagire di fronte a q-questa notizia e d-dirmi che sono diventata p-pazza...» Le lacrime calde mi bruciarono le guance. «Dillo Seth, ti p-prego...»

Non rispose.

No. Non poteva essere quella la verità.

Ma lui non parlò e qualcosa si ruppe dentro di me.

«Seth, cazzo!» Sbottai disperata. «Tu non puoi...tu non...»

Ti prego, Seth.

Trattenni il respiro, mordendomi il labbro con forza. Bastava una sola parola per distruggere tutto, per cambiare le carte in tavola. Una sola parola per uccidermi.

«Mi dispiace.»

Risucchiai un respiro. Lo fissai col petto gonfio di ossigeno e le lacrime copiose sulle guance. Lui non osava guardarmi e io scoppiai in una risata disperata mentre mi tiravo indietro i capelli, quasi me lo volevo strappare. Passarono diversi secondi prima che riuscissi a dire qualcosa.

«N-no.» Singhiozzai. «Questo--no! Non puoi dire mi dispiace!»

Sembrava che qualcuno mi stessero colpendo con una miriade di frecce, coltelli, aghi, qualsiasi cosa fosse appuntito. Era una doccia di dolore. Non riuscivo nemmeno a respirare da quanto stavo piangendo. Era insopportabile tutto quello.

«Guardami negli occhi, cazzo!» Picchiai i pugni sul biliardino. «Seth, guardarmi negli occhi e d-dimmi che non è cosi.»

L'ultima chance. Era la tua ultima occasione per farmi rimangiare tutto.

Drizzò la schiena, respirando a fondo, e poi mi inchiodò con quelle gemme nere e fredde. Un brivido mi percorse la schiena perché non le riconobbi. O forse ero talmente arrabbiata, delusa, scioccata che non volevo riconoscere chi avevo davanti.

«Mi dispiace.» Ripete rauco.

Il mio cervello si spense. L'ultimo soffio di speranza venne spazzato via da quelle parole che tagliarono profondamente il mio cuore, facendolo sanguinare copiosamente.

Seth era uno dei Vendicatori.

Seth era il Vendicatore.

«Tu...» Mi morsi il labbro e respirai con affanno. Mi mancava l'aria. Iniziai a camminare avanti e indietro non riuscendo a fermare lacrime. Stavo per avere un attacco di panico.

«Mi dispiace--»

«No.» Mi girai di scatto e gli puntai un dito contro anche se eravamo lontani. «Vaffanculo! Non puoi dirlo. Tu--cazzo, Seth. Vaffanculo. H-Hai mentito tutto il tempo. Come-come cazzo ti è saltato in mente?!»

Saettò con gli occhi verso il basso e un muscolo guizzò sulla sua mascella. «Te l'avevo detto che non ero una brava persona.»

Schiusi le labbra scioccata e quasi non risi tra le lacrime. «Notizia flash. Quando qualcuno dice una cosa del genere, ti assicuro tra le cose che si possono pensare, essere uno dei serial killer più ricercati dello stato non è compreso nella lista.»

Non si scompose più di tanto, si irrigidì solamente.

Mi leccai le labbra bagnate e scossi la testa, deglutendo a fatica. «Quando h-ho scoperto che sei il fratello di Daphne, h-ho pensato che alla fine, nonostante tutto, potevo anche comprendere perchè l'avessi fatto...perchè non mi avessi detto la verità subito ma ora...»

Ora cambiava tutto.

«Mi hai m-mentito di nuovo.» Iniziai ad elencare piangendo, cercando il suo sguardo che non ottenni. «Ti sei avvicinato a me solo per avere delle r-risposte ma non come suo fratello, come Vendicatore, porca puttana. Non ti è m-mai importante niente di me. Ero solo una cazzo di pedina per il tuo piano di vendetta. E per mettere la ciliegina sulla torta, hai dovuto rapirmi per sapere la fottuta verità.»

Il dolore era tutto ciò che riuscivo ad esternare, era più forte anche della rabbia.

«Quella non è stata una mia idea.» Disse, senza guardarmi.

«E questo dovrebbe farmi sentire meglio?!» Sbottai con una fredda ironia poi una lampadina mi si accese. «Per questo quel giorno mi hai detto che ti dispiaceva, vero? Sapevi quello che avreste fatto! Non ho dormito per giorni--»

«Io non volevo farlo!» Alzò la voce.

Scossi la testa non riuscendo a comprendere quella verità. Era qualcosa di troppo, non lo accettavo.

«Mi avete seguita per mesi, adesso e in passato.» Iniziai a collegare tutto. «Per questo sapevi come evitare le telecamere di casa mia, lo avevi già fatto a-anni fa.»

«Non ti avrei mai fatto del male, né prima e nemmeno ora.» Disse, fissandomi sicuro negli occhi.

«M-ma tu mi hai fatto del male, Seth.» Aggrottai la fronte, anche la gola mi bruciava. «Mi hai usata e dopo che mi avete rapita ho passato giorni ad avere paura anche della mia stessa ombra. Sembrava di essere tornata nel passato. Sapevi perfettamente dei timori che mi avevano lasciato q-quei mesi, te ne avevo p-parlato...mi sono fidata

Strinse i denti, distogliendo lo sguardo, come se non riuscisse a reggere quel contatto visivo, a vedermi in quello stato, in cui lui mi aveva ridotto.

«Non ti ho usata.» Mormorò.

Risi freddamente. «Sai pochi giorni fa potevo anche crederci, ma ora...»

«Non ti ho usata.»

«Allora, illuminami. Cosa avresti fatto?» Scattai. «Sapevi perfettamente chi fossi. Tu volevi solo un nome. Non volevi me, non mi hai mai voluta. Ti sei avvicinato solo per quello.»

«Non è così.»

«È proprio così, invece.»

«No, cazzo!» Sbottò e si passò una mano tra i capelli, muovendosi nervosamente. «All'inizio, forse. Poi, le cose mi sono sfuggite di mano e io volevo solo stare con te. Te l'ho detto e te lo ripeto: non ho mentito su di noi.»

«Non è vero. Sei un bugiardo.» Negai, non riuscendo a credergli.

O forse, non volevo credergli perchè faceva solo più male.

«Hai mentito tutto il tempo.» Continuai imperterrita. «Tu e Chen l'avete fatto.»

Dio, Chen. Pensavo di aver trovato un amico e invece anche lui mi aveva mentito tutto il tempo. Era tutto finto.

Mi fissò contrariato ma annuì lo stesso. «Come vuoi. So che ti fa stare meglio pensarlo e lo accetto.»

«No, vaffanculo! Non ti permettere il comprensivo proprio ora.» Lo fulminai e poi tornai a piangere. «A-Avrei preferito che mi avessi rapito il primo giorno, anni fa anche. È stato davvero meschino avvicinarti a farmi avvicinare così tanto a te. Non è giusto. Non dovevi farlo.»

«Lo so.» Deglutì. «Ho sbagliato, ma non riuscivo a starti lontano.»

Gli puntai un dito contro e sibilai. «Smettila di dire cazzate.»

«Ho provato ad allontanare te ma tu non hai mai voluto.» Ritorse.

«Certo! Perchè pensavo stessi facendo solo lo stronzo e non che fossi un cazzo di psicopatico sadico assassino--» Mi bloccai all'istante appena quelle parole lasciarono la mia bocca.

Tutte le volte che avevo pensato a loro, a quanto fossero sbagliati i loro modi di fare, era a lui che pensavo.

«C-Cioè...io--»

«Cosa?» Accennò un freddo sorriso. «È vero. Sono esattamente quello.»

Deglutii e sbattei le ciglia bagnate senza dire nulla. Non è vero, disse una vocina lontana nella mia testa. Non era quello, non era solo quello.

«Perchè te ne sei andato quella settimana? Perchè mi hai ignorata?» Chiesi flebile ma distante.

Incrociò per pochi secondi il mio sguardo e poi inspirò a guardò a terra. «Mi odiavo per quello che ti avevamo fatto. Non riuscivo a far passare il senso di colpa.»

«T-ti ho cercato in quei giorni...» Sentii le labbra contorcersi in una smorfia prima di scoppiare ancora a piangere. «Cercavo te per...s-scappare sempre da te. Ironico, no?»

Mi sentivo così stupida. Cosi persa in un mare di bugie.

Mi asciugai le guance con un gesto rapido e incrociai le braccia, provando a ricompormi.

«Qual era il piano?» Domandai. «Avanti, dimmelo.»

Espirò con forza e si passò una mano tra i capelli. «Dovevo avvicinarmi a te per sapere la verità.»

«E hai ancora il coraggio di mentire e dire che non era così. Incredibile.»

Puntò le iridi nelle mie con rabbia. «Mi sono avvicinato a te per quello, è vero. Ma come vedi abbiamo agito in modo diverso. Ho provato a concentrarmi solo su quello ma non sono riuscito, perchè quando sto con te, penso solo a te--»

«Smettila.»

«No, vuoi sapere la verità e te la sto dicendo.»

«No, stai mentendo ancora.» Mi innervosii.

Scosse la testa e mi guardò con severità. «Dovevo avvicinarmi solo come amico. Le cose sono andate diversamente e te lo ripeto, il piano è andato a puttane. Ci stavo mettendo troppo tempo e gli altri si sono infastiditi.»

«Ho notato.» Sputai velenosa. «Mi avete rapita e drogata.»

«Non è stata una mia idea, cazzo!» Sbottò. «Non ho accettato a quella cosa, ma eravamo solo due contro tre.»

«Oh, mi fa piacere che nel vostro gruppo omicida ci sia ancora la democrazia.»

Ci guardammo negli occhi. Io ero furiosa e lui anche, ma ero abbastanza sicura che più che con me lo fosse verso la situazione. Tuttavia la mia era solo una copertura, una maschera, dentro stavo sanguinando. Mi passai il dorso sotto agli occhi e incrociai le braccia.

«Tutte le volte c-che hai detto avresti anche ucciso...» La voce mi tremò.

Premette le labbra. «L'ho già fatto e per te lo farei ancora.»

Scossi piano la testa. «Be', io non voglio.»

«Be', mi dispiace.»

Cristo.

«Ad Halloween...»

Distolse lo sguardo e sospirò, abbassando le spalle. «Te l'ho detto, era sangue finto. Sono stati Derek e Zack.»

«L'hai...l'hai ordinato tu?»

Annuì con occhi bui. «L'avrebbe fatto, Nyxlie, se non fossi arrivato io.»

Degluii a fatica, gli occhi mi tremavano di fronte a lui.

«Non sopporterei che ti facessero del male in quel modo.»

Un brivido percorse la mia schiena. Seth era pericoloso e non tanto per dire.

«Perchè non potevo connettermi alla diretta con i miei dispositivi?» Domandai.

«Non volevo che la guardassi.» Rispose, appoggiandosi al biliardino. «Non volevo che mi guardassi.»

Qualcosa di caldo serpeggiò nel mio petto. «Chen non ha bloccato il pc di mia madre.»

Non disse nulla.

«Ho visto davvero solo pochi minuti. Tu non c'eri.»

Annuì piano, serrando la mascella.

Il silenzio cadde tra noi per un po'. Restai a fissarlo sperando mi dicesse ancora che fosse solo tutto uno scherzo. Fu lui a parlare dopo e questo mi mise sull'attenti. Finalmente i suoi occhi bruciavano nei miei lucidi e rotti.

«Puoi anche non credermi, ma ogni cosa che ti ho detto era la verità.» Disse con serietà. «Mi dispiace anche averti toccato, non me lo meritavo, ma oltre ad essere uno psicopatico sadico assassino, sono anche un bastardo egoista e stare con te mi ha fottuto peggio della droga.»

Mi morsi l'interno della guancia per non piangere mentre mi lasciavo ricucire e distruggere allo stesso tempo da lui. Mentiva o diceva la verità?

«C-Cosa succede ora?» Chiesi, allontanandomi da quell'argomento che ancora dovevo elaborare io stessa. «Cosa succede se io volessi andare dalla polizia?»

«Non hai molto su cui basarti, ma non ti fermerò, se è quello che intendi. Non ti farò nulla, e voglio tu mi creda quando dico che non ti farò mai del male. Se vuoi che sparisca dalla tua vita, da questo college, io lo faccio. Non mi vedrai più.»

Un senso di vuoto mi colpì nello sterno. Volevo quello? Che lui sparisse completamente dalla mia vita? Era un assassino, vero, ma era anche Seth.

«E ti vedrò tra mesi in un'altra diretta con mio padre e Harold legati?»

Una luce buia oscurò il suo volto. Si pizzicò il naso.

«Lui e Fletcher mi hanno portato via l'unica cosa che era importante per me. Mia sorella era tutta la mia famiglia.» Disse baritonale. «Fosse l'ultima cosa che faccio, ma io avrò la mia vendetta personale.»

Il problema era che anche io ero responsabile. Io ero responsabile tanto quanto loro.

Il problema era che tu non sapevi ancora tutta la storia.

Una storia che non avevo più il coraggio di dirti, e non perché sei uno dei Vendicatori, ma perché so che mi odieresti in quanto suo fratello.

«Non mi aspetto tu comprenda o accetta le mie scelte ma io devo farlo.»

Abbassai la testa e mi girai, nascondendomi dietro ai capelli. Una mano tremante sul volto, con le dita premute sulle labbra per trattenere un singhiozzo.

«Hai paura di me?»

Chiusi gli occhi lasciando che le copiose lacrime bruciassero ancora le guance. Tirai su col naso e lo guardai, reggendomi il volto. Sembrava che fosse lui ad essere terrorizzato dalla mia risposta.

«Puoi odiarmi, davvero, ma non avere paura di me.» Quasi gli si spezzò la voce. «So che ti ho ferita ma non ti farei mai del male. Io--»

«Lo so, Seth.» Ingoiai un groppo doloroso. «So che non mi faresti del male.»

Annuì e tornò a guardare a terra. Sembrava smarrito.

«Io...» Tirai su col naso. «Io voglio stare da sola. Ti chiedo di non cercarmi.»

«Si, va bene.»

Restai immobile. C'era una parte di me che provava a spingermi a rimanere, per sentire cosa avesse da dire, ma dall'altra non potevo. Quello che avevo scoperto era sconcertante e estremamente doloroso. Non sapevo neanche cosa fare.

La cosa più sensata sarebbe stata quella di andare dalla polizia ma...non potevo. Il mio cuore non avrebbe retto nel vederlo condannato dietro le sbarre per il resto della sua vita.

Con un profondo sospiro, mi girai e a passo lento mi diressi verso la porta. Afferrai la maniglia ma prima di abbassarla c'era qualcosa che dovevo fargli sapere, qualcosa che lo avrebbe logorato un po' meno.

«Non ti odio, Seth.»

Anche se ci provassi, non ci riuscirei.

Il mio cuore, ormai, apparteneva a te.

A te, che sei stato solo una meravigliosa bugia intessuta in una dolorosa realtà.

Chen

La storia di Daphne aveva cambiato un po' tutti noi. Le volevamo tutti bene e quello che le era successo ci faceva incazzare e riapriva vecchie ferite per qualcuno di noi. Tutti noi sapevamo che una parte di Seth fosse morta con lei ed era sicuramente quella in cui il cuore comandava. Dopo il suicidio, era rimasto chiuso nella stanza di Daphne per molti giorni. Non era neanche venuto al funerale. Non voleva parlare né vedere nessuno. Non voleva nemmeno vedere i suoi genitori che reputava responsabili quasi quanto Harold Fletcher e Mason Blake.

Si fece vivo l'ultimo dell'anno ad una festa che un nostro compagno aveva organizzato. Era caduto un silenzio tombale quando era entrato dalla porta, nessuno di noi se lo aspettava. La pietà era ciò che aveva sempre odiato e in quel momento ne ricevette molta. Fece una battuta e la festa riprese. Si sedette vicino a noi come se niente fosse. Non sapevamo neanche noi come reagire, sembrava come se avesse cancellato quei giorni, come se avesse resettato qualcosa in lui.

Era cambiato, lo si percepiva dallo sguardo. Ogni sfumatura di felicità, amore, compassione, era svanita. Sembrava aver costruito un muro cementato attorno a lui, e io stesso ammisi di aver avuto quasi paura quel giorno perchè non avevo riconosciuto più il mio migliore amico. Poi, disse qualcosa su vendicare coloro che non erano riuscite a difendersi o a vincere contro certe persone. Ci disse che aveva passato i giorni a leggere storie simili, leggere casi di chiusi senza prove, sicuramente non era stato il modo migliore per superare ciò era successo a Daphne, anzi aveva solo alimentato la sua rabbia. Dicono che ci sono 7 fasi nella elaborazione di un lutto, Seth non aveva mai superato la fase della rabbia. Non capivamo il perchè ci stesse dicendo tutto quello, poi però lo disse chiaro e tondo:

"Voglio uccidere chi mi ha portato via Daphne. Voglio vendetta."

Pensavamo scherzasse, ma non scherzava. L'idea iniziale era davvero trovare chi aveva stuprato Daphne ma poi le cose cambiarono anche per mano di Penelope e Derek. Loro erano quelli che avevano spinto maggiormente su questa storia dei giustizieri. Seth l'accettò senza nemmeno pensarci due volte e poi lo facemmo anche io e Zack. Non avevamo nulla da perdere.

In quegli anni si era creato una corazza che non voleva assolutamente distruggere. Sia perchè era oggettivamente pericoloso legarsi a qualcuno, sia perchè lo detestava. Si era trovato un angolo confortevole nella sua rabbia e nella sua voglia di vendetta. Seth aveva provato ad indagare ogni giorno per scoprire chi era stato, si era finto tante persone per parlare con chi lavorava lì ma sembrava essere una storia top secret e ormai archiviata. Decise di fare con calma, di puntare su altri e di lasciar credere al responsabile che a lui non sarebbe mai toccata quella sorte. Ma era solo questione di tempo prima che la ruota girasse a suo favore: Nyxlie Blake con due grosse valigie e una mappa in mano che camminava proprio davanti alla nostra confraternita.

L'aveva riconosciuta all'istante e per lui era stato come trovare la pentola d'oro oltre l'arcobaleno. Sapevamo che studiasse alla Columbia perciò vederla lì era stato sorprendente ma avevamo deciso di non attendere molto. Il caso voleva che la prima persona che aveva incontrato fosse proprio Seth. Per lui era come un segno del destino, era arrivato finalmente il momento di riaprire il caso personale e preparare la sua vendetta. Purtroppo non aveva tenuto conto che a volte il destino è bastardo e ti fotte.

Io e gli altri eravamo usciti quel pomeriggio, Seth era rimasto a casa, come nelle ultime due settimane da quando Nyxlie era entrata come una furia nell'ufficio dell'Angels e l'avevo accompagnata al dormitorio della Columbia dalla sua amica mentre piangeva in silenzio sul sedile della mia auto. Quando rientrammo, Collins uscì dalla cucina mezzo nudo e ci salutò con un pacchetto di patatine in mano.

«Penso che Nixon abbia rotto qualcosa.» Disse, indicando la porta chiusa che portava al seminterrato.

«Perchè?» Chiese Penelope.

Alzò le spalle. «Ho visto la bionda andare via. Stava piangendo. E poco dopo un gran trambusto...non so, forse vi conviene andare a vedere.»

Ci guardammo tutti e quattro probabilmente già con l'unica e sola risposta in mente.

Lo sapeva.

Fui io il primo a scendere. Imprecai mentalmente ad ogni passo su quei gradini. Aveva distrutto il seminterrato. La libreria era a terra, i libri sparsi, il divano e la poltrona erano ribaltati, e aveva lanciato anche le palle del biliardo contro le pareti. Lui era seduto contro la gamba del tavolo da biliardino, l'unica cosa al suo posto. Stava fumando e non ci guardò nemmeno in faccia. Non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quando Nyxlie se n'era andata ma potevo supporre tanto dato che vicino a lui c'erano molti mozziconi.

«Quel televisore l'ho pagato quattrocento dollari.» Disse Derek con un sospiro.

Tenne lo sguardo fisso a terra senza rispondere. Incrociai Penelope che non era affatto contenta di vederlo così. Ero sicuro che odiasse ancora di più Nyxlie ma non era colpa sua. Mi chiesi come stesse. Mi sentivo in colpa e avrei voluto chiederle scusa ma non avrebbe cambiato nulla.

«Lo sa?» Chiese Zack nonostante la risposta sotto i nostri occhi.

Anche in quel caso non aprì bocca ma un muscolo guizzò sul suo volo e serrò i pugni. Mi accorsi delle nocche spaccate.

«Basta così. Questa storia è durata già fin troppo a lungo.» Annunciò Derek andando verso l'armadietto a più ripiani nel sottoscala che conteneva in una delle antine una cassaforte. «Penso che sia ovvio quello che dobbiamo fare.»

Guardai di sfuggita Seth che per la prima volta stava guardando uno di noi, ma il suo sguardo non era dei migliori.

Rimasi in allerta. Derek tirò fuori la nostra glock e si voltò verso di noi. Seth scattò in piedi.

«Che pensi di fare?» Domandò con voce che avrebbe fatto venire i brividi a chiunque.

Eravamo quasi in cerchio. Derek però lo ruppe e avanzò verso Seth con quella in mano.

«Quella ti ha fottuto il cervello, amico. Sa chi siamo. È troppo rischioso. Dobbiamo farla fuori.» Disse calmo.

Lanciai un'occhiata rapida a Zack. Questa cosa si stava mettendo male. Seth fu più veloce di tutti noi. Torse il braccio a Derek che lasciò cadere la pistola e lo sbattè contro il tavolo da biliardo. Gli tenne bloccata la testa con un braccio mentre con l'altro non mollò il suo polso bloccato dietro la schiena. Derek grugnì e provò a divincolarsi ma senza successo. Guardai Penelope che provò ad avvicinarsi ma gli feci un cenno negativo con la testa.

«Lei non si tocca.» Sibilò vicino all'orecchio ma c'era talmente silenzio che tutti lo sentimmo. «Tu prova solo a pensare di puntarle una pistola addosso e io ti faccio saltare le palle, mi hai capito bene?»

Se da una parte ero contento che il cuore di Seth avesse deciso di tornare a battere per davvero, dall'altra temevo delle cose che avrebbe potuto fare per lei.

Seth sembrò rafforzare la presa e a quel punto, con la guancia schiacciata sulla superficie e ancora bloccato, Derek bofonchiò un 'si' molto infastidito. Poi guardò Penelope e Zack. Gli occhi erano accecati di rabbia, forse nemmeno per Daphne lo avevo mai visto in quello stato.

«Lei non si tocca.» Ripetè, il tono era più calmo ma di avvertimento.

Penelope fece un passò avanti. «Seth, lascialo andare.»

«No.» Assottigliò lo sguardo verso di lei e poi guardò anche Zack che stava guardando Derek bloccato. «Giuratemi che non le farete niente.»

«Non le faremo niente.» Dissi anche se non ero stato interpellato per ovvi motivi. Guardai supplicante gli altri due. «Forza, ditelo.»

Penelope serrò i denti, avrebbe voluto ribattere in un altro modo, lo sapeva bene anche Seth. «Si, va bene. Non le faremo niente, ma ora lascialo.»

Seth lo mollò con uno spintone e poi raccolse la pistola da terra. Derek si tirò su e non era contento. Probabilmente anche umiliato per come erano andate le cose.

«Scegli lei al posto nostro. Seriamente?»

Seth si irrigidì e restò a fissare l'amico che aveva appena messo al tappeto.

«Derek non fare il coglione.» Intervenni, facendo un passo avanti. «Noi non ammazziamo la gente senza motivo, e lo sai.»

«Non direi proprio senza motivo. Quella stronza potrebbe confessare tutto alla polizia! E voi la difendete solo perchè ci ha scopato un paio di volte!» Sbottò, indicandomi con furia.

Cristo.

«Stai davvero passando il limite, amico.» Mormorò Seth, pizzicandosi il naso.

Derek scosse la testa incredulo e si rivolse a Zack e Penelope, ancora in silenzio.

«A voi sta bene che se ne vada in giro con la verità in tasca? Lei e il suo cazzo di ex.»

«Se tocchi Jace mia cugina ti taglia le palle.» Replicò con un'alzata di spalle. «E se tocchi Nyxlie, io ti ammazzo definitivamente.»

A volte c'erano stati dei litigi e parole come queste erano già state dette ma sapevamo che erano solo parole. Ora tutti noi non eravamo convinti che fossero solo parole. Avrebbe davvero fatto di tutto per lei.

«Inoltre, non ha prove.» Sospirò Seth, andando a rimettere a posto la glock.

«Ah, no?» Rise freddamente.

«No.» Gli lanciò un'occhiata traversa. «Non ha prove concrete.»

«E dobbiamo fidarci solo per questo?»

«Non lo dirà, Derek.» Gli disse con voce piatta. «Non andrà a dirlo.»

«Ma se lo fa--»

«Se lo fa, accetterò le conseguenze.» Disse senza guardare nessuno. «Mi assicurerò che a voi non succeda nulla.»

«Aspetta, che cosa vorresti dire?» Chiese Penelope allarmata.

«Sistemerò tutto più tardi.» Disse, invece.

Lo guardammo aprire la seconda porta e andarsene da lì.

Restammo in silenzio a guardarci per qualche secondo. Derek imprecò e diede un calcio ad un libro.

«Quella puttana ha rovinato tutto.» Sputò.

Lo fulminai con lo sguardo. «Derek.»

«No. Vaffanculo.» Disse e salì a passo pesante le scale che portavano alla casa.

«Vado da Seth.» Dissi senza altri giri di parole.

Mi affrettai ad uscire da lì dalla seconda porta. Stava fumando ancora contro il cofano dell'Audi. Quando mi avvicinai, mi lanciò un'occhiata traversa.

«Non voglio parlare.»

«Okay.» Infilai le mani in tasca. «Andiamo a fare un giro?»

Sembrò pensarci su e alla fine buttò a terra la mezza sigaretta schiacciandola col piede.

«Guido io.»

«Forse è meglio--»

Mi lanciò un'occhiataccia mentre apriva la portiera della sua macchina del lato del guidatore. Alzai le mani in segno di resa e mi accomodai nel sedile del passeggero.

«Per chiarire: non voglio morire.» Dissi ancora prima che l'accese.

«E allora potrebbe non essere il tuo giorno fortunato.»

La premessa era ottima.

C'erano stati momenti -qualche semaforo superato col rosso e due pedoni che ci avevano insultato- in cui avevo davvero temuto per la mia vita. Capii che la nostra meta fosse Twin Peaks. Se non sbagliavo ci era anche andato con Nyxlie quando erano usciti per la prima volta. Era tornato con un'aria spensierata che mi fece quasi sorridere. Era da anni che non lo vedevo così. E ora, mentre stringeva quel volante e guidava come un pazzo, sembrava di essere tornato al Seth di sempre.

«La precedenza non era tua...» Borbottai.

«Sei vivo, non rompere.»

Ruotai gli occhi. Tornai a pregare mentalmente e quando arrivammo in cima alla collina, buttai fuori un sospiro sollevato.

«Cazzo che tragico.»

Non eravamo gli unici a Twin Peaks ma decidemmo di scalare la piccola collinetta e metterci in disparte dalle persone che erano qui. Era tardo pomeriggio e il cielo aveva pennellate arancioni.

Tirò fuori il pacchetto di sigarette e iniziò ad accendersene una.

«Non stavi provando a smettere?»

Mi lanciò un'occhiataccia. Alzai le mani in segno di resa e mi zittii. Rimanemmo in silenzio per minuti che mi sembravano infiniti. Seth aveva bisogno del suo tempo per elaborare le cose. Era meglio non spingerlo a parlare perchè avresti potuto ricevere solo un insulto. Io ero l'unico con cui si sfogava liberamente e sapevo che lo avrebbe fatto, prima o poi.

«Ha detto che non mi odia.»

Lo guardai, lui fissava la città in lontananza.

«È un bene, no?»

Si passò la lingua sui denti e si accigliò. «No, mente.»

«Come fai a dirlo?»

«Deve solo elaborarlo veramente.»

Io non credevo mentisse. Purtroppo Seth non voleva mettersi faccia a faccia con la realtà. Al contrario di Nyxlie, che ero sicuro l'avesse fatto e questa scoperta l'aveva ferita ancora di più per i sentimenti nei suoi confronti.

«Cos'è successo?» Provai a chiedere sperando non mi chiudesse fuori.

Alzò le spalle. «Niente. È arrivata e ha iniziato a parlare. Ho capito in fretta dove voleva andare a parare...»

«E tu cos'hai detto?»

Aspirò e mi lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio. «Cosa avrei dovuto dire? È vero. Ha detto solo cose vere...che non avrei dovuto avvicinarmi così e che era meglio se l'avessimo rapida mesi fa, anche anni.»

Avvertii io stesso una pugnalata al cuore. Non seppi cosa dire. Volevo davvero bene a Nyxlie e mi dispiaceva averla ferita in quel modo. Non se lo meritava.

«Se potessi tornare indietro, lo faresti?» Chiesi. «Rapirla un paio d'anni fa o a settembre?»

Fece scattare la mascella mentre guardava lontano. «Sarebbe stato più facile e avrei ottenuto ciò che volevo già da tempo.»

«Ma non l'avresti conosciuta.»

Sbuffò amaro e scosse la testa. «E guarda cos'ha portato conoscerla. Lei mi odia. C'è un clima di merda con Derek e Penelope e--»

Si fermò, abbassando lo sguardo e stringendo i denti.

«E?»

«E io ho perso un'altra volta qualcuno che mi faceva stare bene.» Mormorò quasi come se fosse una cosa terribile.

Mi trattenni dal dire che quello che provava per Nyxlie era totalmente un'altra cosa da ciò che lo legava a Daphne e sospirai. Era oggettivamente una situazione di merda che temevamo prima o poi sarebbe arrivata. Per questo evitavamo di uscire con qualcuno, stavamo lontani dalle relazioni e tutto quello che comportava.

«È ferita, Seth.» Dissi piano. «E sicuramente sta soffrendo molto ma non ti odia.»

«Lo farà.» Scosse la testa. «Sapevo perfettamente quanti problemi le avessimo causato in passato. Rapirla è stata una mossa del cazzo che non mi perdonerà mai.»

«Non è stata una tua idea.»

«Non gliene frega un cazzo, l'abbiamo fatto comunque.» Scattò. «Sapevo che l'avremmo traumatizzata e così è stato.»

«Pensi di fare qualcosa?»

Mi guardò accigliato. «No. Mi ha detto di non cercarla e non ho intenzione di farlo. Se vuole, sarà lei a farlo. E non andare da lei, sicuramente non vorrà vedere anche te.»

Si, immaginavo. Avevo pensato di scriverle qualcosa ma forse era meglio aspettare qualche giorno. Mi aveva promesso che non avrebbe messo in discussione il mio affetto nei suoi confronti, o quello di Seth, ma sapevo che era un azzardo. Non sapeva su cosa si basasse quella promessa. Ora però l'aveva capito e credevo che non sarebbe riuscita a mantenerla.

«Vorrei solo che capisse che non ho mai mentito sul voler stare con lei, che non l'ho mai usata sotto quell'aspetto e che ho davvero mandato tutto a puttane per stare più tempo con lei.»

«È arrabbiata.» Sospirai. «Fai passare qualche giorno e le cose cambieranno.»

«Sei sempre così schifosamente positivo.»

Sorrisi e gli diedi una pacca sulla schiena. «Uno di noi deve pur esserlo.»

Sbuffò storcendo il naso ma scorsi un lieve sorriso quando scosse la testa. «Sei solo un coglione.»

«Devo aver imparato dal migliore.»

Inarcò un sopracciglio e poi alzò la mano, mostrandomi un medio.

«Be', quindi cosa pensi di fare?»

«Ho detto che--»

«Non con lei.» Abbassai la voce. «Con loro. Il padre e Fletcher. Vuoi andare fino in fondo?»

«Si. Avrò la mia vendetta.» Mi guardò con freddezza. «Fosse l'ultima cosa che faccio.»










S/A

Ehilà 🍑🖤

E siamo arrivati al momento della verità 💔

Prima o poi doveva arrivare, ma come ho detto la quiete per Nyxlie è ancora lontana 😶‍🌫️

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