Capitolo 38

Come previsto la presenza di Seth aveva fatto smuovere decisamente le acque.

Alla fine ero riuscita a farlo scendere al piano inferiore senza che i miei genitori lo beccassero. Mia madre si era stampata un sorriso fintissimo mentre era venuto a salutarlo e lo aveva ripreso sul non aver portato nulla come ringraziamento per l'invito. Così, lui aveva prontamente risposto "è stata sua figlia ad invitarmi e mi assicurerò che riceva un adeguato ringraziamento", ovviamente il mio volto era andato in fiamme e avevo pregato che mia madre non facesse nessun commento ma era rimasta scioccata anche lei perciò si era nuovamente stampata un sorriso nervoso e aveva girato i tacchi.

Le mie cugine, Khloe e Jenna, come avevo previsto, avevano iniziato a sbavare su di lui appena avevano posato gli occhi. Con voce cinguettante e fasulla si erano presentate e avevano a tartassarlo di domande. Era assurdo il modo in cui entrambe si sarebbero spogliate per lui se solo l'avesse chiesto, di fronte ai rispettivi fidanzati. Le mie zie e mia nonna non si erano nemmeno presentate, decidendo dalla faccia che era un delinquente. Il problema maggiore però era presentato con mio padre e Harold.

Avevo sentito il suo corpo irrigidirsi e non aveva tolto lo sguardo da Harold nemmeno un secondo, come se avesse voluto staccargli il collo.

«Ehi.» Gli afferrai il polso, costringendolo a guardarmi.

Il suo sguardo si staccò a fatica da quella coppia. «Odio il modo in cui ti ha guardata e continua a farlo.»

Oh. Ormai non ci facevo più caso. Il disgusto era sempre presente con lui nelle vicinanze.

«Ignoralo, Seth.» Dissi piano.

Stava pensando ad altro mentre mi guardava contrariato. «Se prova a toccarti, io gli taglio la mano.»

Be', almeno aveva minacciato solo una parte del corpo.

Subito dopo si era avvicinato William e Seth mi aveva lasciato controvoglia la vita per farmelo salutare con un rapido abbraccio, solo di cordialità. Era sorpreso di vedere lì Seth e mi chiese anche scusa per come erano andate le cose a capodanno. Le accettai solo perché non volevo avere problemi quel giorno con mia madre e trascinai Seth verso la sala da pranzo.

Appena seduti nel lungo tavolo, che i domestici avevano sistemato alla perfezione, cominciarono ad arrivare le prime portate.

«Grazie, Gabrielle.» Mormorai appena mi posò il piatto sotto al naso.

«Prego, tesoro.»

Ero più in confidenza con i domestici della casa che con i miei genitori.

Quando tutti ebbero il proprio piatto e le posate tintinnarono contro i rispettivi piatti, iniziai a sentire la pressione del gesto che avevo fatto e la bolla scoppiò quando mia madre decise di aprire bocca.

«Allora, Seth. Parlaci di te.» Ondeggiò la forchetta con infilzato un pezzo di baccalà. «Vai nella stessa università di Nyxlie, giusto?»

Le mie cugine davanti a noi lo fissarono con un sorriso mieloso.

Lui masticò e deglutì. «Si. Ultimo anno di legge.»

«Wow. Legge.» Intervenne mio padre dal capo tavola opposto. «Quindi vuoi intraprendere un percorso per diventare avvocato?»

«Può essere.» Rispose con tono neutrale. «Sto valutando molte opzioni.»

Mio padre annuì. «Comprensibile. Anche se forse è meglio puntare su facoltà come business, come fa il nostro William.»

Guardai attentamente Seth che non staccò gli occhi felini da mio padre. «Certo, ma se il vostro business dovesse andar male, vi serve sempre un avvocato.»

«Non lavori?» Attaccò ancora mia madre.

Afferrai il bicchiere con l'acqua e bevvi lentamente. Non avrebbe mai detto che era proprietario dell'Angels o che facesse incontri illegali ma l'idea che dietro a qualsiasi sua risposta quella fosse la verità, mi agitava perché non volevo che lo scoprissero. Non volevo che mi impedissero di vederlo.

«Sporadicamente.» Le rivolse un sorriso ironico.

«Cosa significa?»

«Significa qualcosa che si verifica o manifesta di rado, in forme isolate e discontinue.»

Mia madre sgranò gli occhi fumante di imbarazzo e rabbia. A me quasi andò di traverso l'acqua. Da sotto al tavolo gli tirai un calcio alla gamba.

«Seth è il migliore del corso.» Dissi, spezzando quel silenzio di ghiaccio. «E non ha nemmeno bisogno di aprire un libro.»

«Impressionante.» Disse Khloe, portandosi alle labbra il calice di vino con un sorriso malizioso.

Mi trattenni dal fare una smorfia. Aveva di fianco il suo fidanzato, dannazione.

«I tuoi genitori saranno orgogliosi di te.» Parlò Harold.

Saettai gli occhi su Seth trattenendo un respiro. Non avevo tenuto conto che avrebbe potuto anche rivolgergli la parola. Seth chiuse la mano che aveva sulla coscia in un pugno e abbozzò un sorriso freddo verso di lui.

«Vivo per rendere orgoglio me stesso.»

Mia madre masticò stizzita. «Dio, che presuntuoso.»

«Mamma.» La ripresi.

Lei mi guardò impassibile. «Cosa? Ogni figlio dovrebbe ringraziare i proprio genitori per quello che hanno fatto per loro.»

«Vero. Ma i miei genitori non hanno fatto nulla per me e mia sorella.»

«Hai una sorella?» Domandò mio padre.

Il volto di Seth diventò di pietra. «Avevo. È morta.»

«Oh...» Aggrottò la fronte. «Mi dispiace.»

Lui tirò le labbra in un finto sorriso.

Passò qualche momento di silenzio soffocante che decisi di spezzare poco dopo.

«Allora, Jenna, come stanno andando i preparativi del matrimonio?»

Questo attivò la conversazione ma spostando l'attenzione su un qualcosa che tutti avrebbero voluto sentire e commentare. In quel momento potei isolarmi e afferrai la mano di Seth, sciogliendo quel pugno per poi poi accarezzare il suo dorso. I suoi occhi si legarono ai miei con una sofferta tristezza.

Il telefono nascosto sulla sedia vibrò e mi distrassi per guardarlo. C'era un messaggio da parte di un numero che mi stava perseguitando da molto.

Deglutii e presi un profondo respiro mentre lanciavo un'occhiata al resto del tavolo, nessuno mi stava prestando attenzione.

«Tutto bene?» Chiese Seth a bassa voce.

«S-Si, io...»

Inclinai il telefono in modo che non potesse leggere nulla e aprii la chat col cuore in gola.

Erano ancora loro?

La risposta fu rapida e chiara.

C'era un'immagine di una bottiglia di vino molto pregiata che mio padre teneva in cantina, insieme al resto della sua collezione. La foto era accompagnata da un messaggio:

-Che ne dici se festeggiamo insieme, sorellina?

Mi alzai di scatto. La sedia strisciò sul pavimento e quasi non cadde. Tutti mi guardano perplessi, fermando le loro conversazioni.

«Scusate. Torno...torno subito.»

Afferrai il polso di Seth e lo trascinai con me fuori dalla sala pranzo.

«Che succede?» Domandò.

La porta della cantina era nell'atrio. Mi assicurai di accostare le porte che separavano quell'area dal soggiorno e poi mollai la presa del polso di Seth, facendogli vedere il messaggio.

«Ian è qui.» Sussurrai in preda al panico.

Lui aggrottò la fronte e poi guizzò i suoi occhi su di me. «Sicura sia lui?»

«Si. Questa è una delle bottiglie di collezione che mio padre tiene in cantina.»

«E cosa pensi di fare?»

«Devo andare giù.»

Feci per voltarmi ma lui mi afferrò il braccio e incrociai la sua espressione contrariata. «Tuo fratello ti ha messo le mani addosso, ti ha ricattata e mandato uno a prendersi i soldi che ti ha--»

«Devo vederlo, Seth.» Lo bloccai con voce agitata. «Vieni con me.»

«Ovvio che vengo con te ma non appoggio comunque questa idea.» Replicò.

Abbozzai un sorriso e poi mi avvicinai alla porta. Ovviamente per aprire la porta bisognava inserire un codice in un piccolo pannello touch. Seth rimase alle mie spalle ed entrambi iniziammo a scendere le scale di legno. La luce era già accesa. Il cuore mi battè fortissimo e quasi non inciampai sui miei stessi piedi. C'era un breve corridoio e poi si apriva il resto della cantina con i vari scaffali. C'era anche un tavolo con delle sedie laggiù e proprio seduto su un di quelle trovai Ian.

Sollevò la bottiglia di vino in aria. «Sorellina! Sapevo saresti venuta a farmi compagnia.»

Il mio corpo purtroppo non si mosse perchè su quel tavolo oltre alla bottiglia di vino da collezione c'era anche una pistola.

«Hai portato qualcuno.» Disse. «Scommetto sei quello che ha spaccato la faccia al mio amico.»

Presi un profondo sospiro e feci un passo avanti. «Cosa ci fai qui, Ian?»

Si alzò e camminò, aprendo le braccia. «È ancora casa mia, no? Avevo sete.»

«Come hai fatto ad entrare?»

«Nello stesso modo in cui riuscivo a scappare senza farmi vedere.» E bevve un sorso a canna.

I vestiti sembravano puliti e nuovi rispetto all'ultima volta che lo avevo visto. Si era rasato la barba ma il viso era ancora scavato e aveva profonde occhiaie.

«Lo sai cosa succede se ti trovano qui. Perchè non te ne vai?»

Si avvicinò e io risucchiai un respiro. Alternò lo sguardo nei miei occhi prima di sorridere in modo inquietante.

«Perchè prima devo ucciderli.»

«C-Cosa?! Tu non puoi--»

«Dio, Nyxlie!» Sbottò, girandosi e andando a recuperare la pistola. «Sei sempre così perfetta

Feci ribalzare lo sguardo tra lui e quella pistola. Era davvero carica?

«Non serve essere perfetti per non fare una strage, Ian.»

Si girò di scatto e sollevò la pistola, puntandomela contro. Seth, in quell'esatto istante, mi afferrò il braccio e mi trascinò dietro di lui.

«Abbassa la pistola.» Ordinò.

Ian non l'abbassò. «Perchè non ti levi dai coglioni?»

«Seth. Va tutto bene.» Lo richiamai, afferrandogli la mano.

Non mi guardò, restò a fissare Ian probabilmente ragionando su quanto ci avrebbe messo a disarmarlo. Nonostante l'idea di avere una pistola puntata contro non mi tranquillizzasse affatto, non credevo mi avrebbe mai sparato.

«Ian.» Lo richiamai, mettendomi davanti a Seth. «Capisco che sei arrabbiato per quello che ti hanno fatto--»

«Tu non sei stata rinchiusa in una cazzo di stanza per quattro anni! Non ti hanno imbottito di medicine e cazzate per quattro anni! Tu eri qui a fare la bella vita!»

«Bella vita? Non hai idea di quello che io ho passato qui.» Scattai di rimando con rabbia e occhi lucidi.

«E sai perchè?» Sorrise con freddezza, gesticolando con la pistola in mano. «Ero in un fottuto manicomio!»

Avrei voluto dire che non era un manicomio ma decisi di lasciar perdere. Avanzò fino ad essere quasi ad una spanna dal mio viso. Cercai di mantenere il respiro regolare mentre guardavo i suoi occhi chiari dalle pupille dilatate.

«Ian, ascoltami.» Provai a dire piano.

«Non me l'hai mai detto.» Mi toccò il petto con la canna.

«Di cosa?»

«Di quello che ha fatto nostro padre a quella ragazza» Disse.

Boccheggiai e lanciai un'occhiata a Seth che si era spostato. Sembrava essersi irrigidito e ora guardava mio fratello quasi con interesse.

«Io...che differenza avrebbe fatto?» Chiesi ingenuamente.

«Che sarei uscito prima.» Sputò e di allontanò, scuotendo la testa, poi agitò ancora la pistola con un sorriso. «Sai cos'altro ho scoperto? Di questi mascherati...i Vendicatori.»

Sentii ogni goccia del mio sangue freddarsi. Affondai le unghie nei palmi e respirai a fondo.

«E questo è perfetto!» Disse Ian, con una luce maniacale negli occhi.

«C-Cosa è perfetto?»

Si fermò per scolarsi ancora un sorso dalla bottiglia, la picchiò con forza sul tavolino e poi andò verso gli scaffali.

«C'è questo sito in cui puoi parlare con loro...» Iniziò mentre cercava un'altra bottiglia. «Raccontare di queste storie. Farò uccidere nostro padre.»

Quella notizia mi colpì con forza. Sgranai gli occhi e aprii la bocca per ribattere ma le parole sembravano terminate.

Seth però sbuffò una mezza risata. «Non esiste nessun sito.» Disse rauco.

Sia io che Ian lo guardammo perplessi. Lui incatenò solo il mio sguardo e si schiarì la voce.

«Intendo dire che deve sicuramente essere una cazzata. Non ci sono davvero loro dietro a quel sito.» Replicò e poi guardò Ian con più severità. «Perchè vuoi vendicare quella ragazza?»

Afferrò una bottiglia e lesse l'etichetta. Borbottò qualcosa sottovoce e non rispose alla domanda di Seth. Quest'ultimo mi lanciò un'occhiata sbieca.

«Ian, tu conoscevi Daphne?» Domandai.

«No.» Si passò una mano tra i capelli rasati. «Ma lui ha sicuramente insabbiato tutto e quella ragazza si è suicidata. Oltre alla mia vita, ha rovinato anche la sua»

«Ian, non puoi farlo--»

Lanciò la bottiglia sopra la mia testa che colpì il muro alle mie spalle. Urlai al suono cristallino della rottura del vetro. Seth mi afferrò il braccio e mi spinse nuovamente dietro di lui.

«Mi hai rotto il cazzo.» Tuonò Seth.

«Lei non può darmi ordini!» Sbraitò, camminando avanti e dietro. «Fa sempre così! Deve sempre difenderli!»

«Io--»

«Peach, silenzio.» Sibilò Seth, guardandomi oltre la spalla.

«Nyxlie?!»

Spalancai gli occhi sentendo la voce di mia madre all'inizio della cantina.

Ian si bloccò per un momento ma poi afferrò la pistola e corse a nascondersi tra gli scaffali. Rimanemmo solo io e Seth al centro di quella stanza fredda con una bottiglia vuota e una che aveva sporcato il muro di pietra con cocci di vetro a terra.

Seth intrecciò le dita con le mie e mi fece un occhiolino per provare a tranquillizzarmi. Sentivo l'eco dei tacchi di mia madre farsi sempre più vicino. Strinsi la presa sulle dita di Seth e guardai alle mie spalle, Ian si era nascosto bene.

«Oh mio Dio!»

Girai la testa di scatto e guardai mia madre che con espressione scioccata guardava il muro, poi a terra e poi noi due.

«Voi...» Scosse la testa e avanzò come una furia puntando il dito contro di me «Lo sai quanto costano queste bottiglie?! Si può sapere perchè l'hai portato qui? Cosa pensavi di farci, eh? Con tutta la famiglia al piano di sopra! Ti devi solo vergognare--»

«Non parlarle in questo modo.» La interruppe Seth con fare glaciale.

«Seth, non--»

Lei drizzò la schiena e lo guardò a mento alto, con scherno. «Come prego? Io parlo come voglio a mia figlia. Tu non sei nessuno. E quelle sono bottiglie da collezione--»

«Assegno o contanti?»

Mia madre si zittì e boccheggiò, incrociando le braccia. «Pensi di risolvere le cose così?»

«Non è quello che fate voi ricchi?» Il suo tono scese di qualche grado. «Pagare gli altri per risolvere i vostri problemi.»

«Ma come ti permetti di rivolgerti a me in questo modo?»

«Nello stesso modo in cui lei pensa di poter trattare così Nyxlie.»

«Io--»

«Non mi interessa cos'ha da dire.» Gonfiò il petto. «Le farò avere i soldi per ripagare queste bottiglie. Ora io e sua figlia ce ne andiamo.»

«Ah...si?» Mormorai quando iniziò a camminare verso le scale, non lasciando andare la mia mano.

«Lui non farà mai parte di questa famiglia, Nyxlie!» Tuonò lei con isteria.

Seth si bloccò di scatto, facendomi quasi scontare contro la sua schiena e si girò con un sorrisetto freddo. «Non si preoccupi. A me interessa solo sua figlia, non anche il resto del pacchetto da manicomio

Seth mi trascinò davvero via da lì, avevo il telefono saldo in una mano e nell'altra sentivo le sue dita stringermi con sicurezza. Lo scricchiolio dei sassolini bianchi che riempivano il cortile era l'unica cosa che si sentiva. Nessuno di noi aveva ancora aperto bocca dopo che avevamo sbattuto la porta d'ingresso alle nostre spalle. Ci stavamo proseguendo la discesa che avrebbe condotto verso l'ampio cancello. Mi fermai di colpo quando realizzai che Ian era in casa, nascosto in cantina.

Cosa avrebbe fatto?

«Che c'è?» Domandò Seth, parandosi di fronte a me. Sciolse le nostre dita per poi chiudere la mano sulla mia guancia, strofinando il pollice. «Non ho intenzione di tornare lì dentro e non ho intenzione di lasciar tornare te lì dentro.»

«Ian--»

«Non farà nulla.» Disse con sicurezza. «Probabilmente questa notte sposterà un po' di mobili per farli spaventare.»

«Ha una pistola.»

«Che non userà.»

«Come fai ad esserne così sicuro?»

Alzò le spalle. «Altrimenti avrebbe fatto la sua comparsa al pranzo.»

«Forse dovrei tornare giù e--»

«No.» Disse con durezza. «Può essere ipocrita detto da me, ma quello è pazzo. Non ci resti nemmeno un secondo con lui.»

«Lui vuole uccidere nostro padre.» Sussurrai nel panico.

«No.» Scosse la testa. «Lui vuole vendicarsi.»

Risucchiai un respiro. «Pensi davvero che...che scriverà in quel sito?»

Sbattè le ciglia e tossì. «Quel sito sarà di qualche idiota, non è davvero loro.»

Ma anche se fosse, che problema ci sarebbe? Tu hai già detto a loro chi sono i colpevoli. Se lui muore, non sarà per mano di Ian ma solo tua. È colpa tua.

Non riuscii a scacciare quella voce e abbozzai solo un sorriso. «Andiamo via.»

Mi scrutò attentamente prima di spingersi avanti e lasciarmi un bacio sulla fronte. «Andiamo. Ho voglia di toglierti questo vestito.»

Arrossii e gli diedi un colpo all'addome.

«Non fare finta che non aspetti questo momento, Principessa.»

Ruotai gli occhi con un lieve sorriso e gli afferrai il polso per portarlo fuori da lì.

«Non devi ripagare davvero quelle bottiglie.» Dissi, una volta entrata nella sua macchina.

«Nemmeno tu in realtà.» Mi lanciò un'occhiata. «E non è un problema per me.»

«Ehi, cosa intendevi dire con pagare gli altri per risolvere i vostri problemi.» Chiesi appena mise in moto.

Aprì e richiuse la bocca un paio di volte prima di rispondere. «Be', magari non è quello che fai tu, ma chi ha i soldi tenderà sempre a comprare gli altri.»

Non aveva tutti i torti. Volevo cambiare argomento, volevo allontanarmi anche mentalmente da casa.

«Dove andiamo?»

«Non abbiamo pranzato alla fine. Che ne dici di andare a mangiare qualcosa?»

«Oh, non...non ho soldi con me.»

Scosse la testa con un sorriso e poi appoggiò la mano sulla mia coscia, facendomi andare a fuoco. «Offro io, Principessa.»

Δ

Avevamo passato l'intera giornata insieme. Non avevo mai sorriso così tanto, i muscoli della faccia mi facevano ancora male e non avevo mai tirato cosi tanti schiaffi sulla mano di qualcuno. Eravamo andati a mangiare un hamburger in un diner che ne faceva buonissimi e Seth aveva continuato a provare ad intrufolare la mano oltre al vestito mentre eravamo seduti. Aveva sbuffato ad ogni schiaffo.

Alla fine era riuscito a togliermi quel vestito quando dopo pranzo andammo al lago, su una passerella un po' isolata e nascosta dai rami cadenti di salici piangenti, ci lasciammo andare un po' troppo a semplici baci. Avevo temuto che passasse qualcuno in barca oppure che arrivasse proprio su quella passerella ma in realtà per ben due round non arrivò nessuno.

Avevo detto a Seth che sarei tornata a casa a dormire e, che se voleva, poteva dormire con me, tanto si sarebbe arrampicato dalla finestra. Lui però non accettò l'idea di farmi dormire in casa con Ian che giocava a nascondino con una pistola e così mi accompagnò solo per farmi prendere il necessario per andare da Winter, come avevo già programmato. Mia madre non potè fare nessuna sceneggiata perché gli ospiti erano ancora presenti, ma non mi passò inosservata l'occhiata fumante di entrambi i miei genitori.

Ora eravamo fermi ad un market prima di percorrere tutti i chilometri che ci separavamo da New York. Saremmo arrivati tardi e Seth mi disse che potevo dormire da lui, a casa sua. Quella proposta mi spiazzò perché era certa che ci fossero anche gli altri e non avevo idea se a loro sarebbe andato bene, ma ero curiosa di vedere dove abitava perciò accettai e avvisai Winter che ci saremmo viste la mattina per fare colazione.

«Oddio...» Mi fermai di scatto.

Stavamo ritornando alla macchina con un sacchetto contenente qualche schifezza, e preservativi, quando una figura catturò la mia attenzione. Era una coppia ma io riconobbi solo lui. Le cingeva le spalle e le sorrideva mentre lei parlava.

«Cosa? Li conosci?» Domandò Seth.

«Non lei.» Specificai non riuscendo a togliere gli occhi da lui.

Lui forse sentendosi osservato girò la testa verso di me. Per un momento incrociai il suo sguardo e pensai che non mi avesse riconosciuto, ma lo sguardo schifato che fece dopo mi fece capire che si ricordava eccome.

«Chi è, Peach?» Chiese nuovamente con tono fermo.

«Era un mio compagno.» Buttai fuori l'aria e ripresi a camminare. «Uno di quelli che si divertiva a lasciarmi quei graziosi bigliettini nell'armadietto.»

«Ah.»

«Non lo vedo dal liceo.» Ammisi pensierosa.

E a quanto pare, continuava a disprezzarmi.

Entrammo in macchina e iniziai a frugare nel sacchetto. Avevo voglia di Oreo.

«Ehi, ho dimenticato una cosa.» Disse Seth, riaprendo la portiera.

«Cosa?» Aggrottai la fronte.

«Le sigarette.»

«Sicuro che le vendano?»

«Si, resta qui. Torno subito.»

Non feci in tempo a rispondere che lui aveva già sbattuto la portiera. Lo osservai finché non superò le porte automatiche e a quel punto tornai ai miei Oreo. Nonostante ora avessi il portafogli dietro, aveva insistito nel pagare tutto lui.

Quando tornò in macchina, tirò fuori dalla tasca il pacchetto di sigarette e se ne mise una in bocca. Stavo per dirgli che quel pacchetto non sembrava affatto nuovo quando mi resi conto del rossore delle nocche della mano destra. Mi passai il dorso sulle labbra per togliere le briciole di biscotti e poi iniziai a sentire uno strano peso sul petto.

«Cos'hai fatto?» Chiesi con tono allarmato.

«Niente.» Borbottò, accedendosi la sigaretta.

Accese la macchina per tirare giù il finestrino e se la sfilò dalle labbra con la mano sinistra per far andare il fumo fuori dall'abitacolo. Guardai verso il market e mi accorsi che c'erano delle persone che si stavano ammassando verso una corsia. Incrociai le braccia e tornai a guardarlo. Lui sbuffò con la testa rivolta verso il finestrino.

«Sei andato da lui, non è cosi?»

«No.» Disse ma la tranquillità e freddezza con cui rispondeva mi faceva capire che stava mentendo.

«Seth.» Lo richiamai con fermezza.

Questa volta spostò gli occhi su di me.

«Cosa gli hai fatto?»

«È vivo.» Ruotò gli occhi, inspirando un altro po' di nicotina. «Gli ho solo rotto il naso e la mano.»

«C-Cosa...perchè?!»

«Perchè così non scriverà per un bel po'.»

«Tu hai...oddio...» Mi passai una mano sul volto e mi agitai sul sedile. «Tu non puoi fare queste cose, Seth! Ti potrebbe anche denunciare, lo sai?»

«Lui non avrebbe dovuto scrivere quelle cose.» Replicò atono.

Assottigliai lo sguardo. «Non puoi pensare di risolvere tutto con la violenza.»

Mi lanciò un'occhiata sbieca. «Non tutto. Solo le ingiustizie.»

Mi ammutolii. Seth vedeva il mondo a modo suo, non voleva provare a capire che c'erano anche altre strade per risolvere certe questioni, o semplicemente a lasciar perdere perché era solo tempo sprecato.

Mi allungai per sfilargli la sigaretta che si stava portando alle labbra e gliela lanciai fuori dal finestrino.

«Devi smetterla con questa roba.» Mormorai piatta.

Tirò su il finestrino per poi ingranare la marcia e lasciare quel parcheggio. L'ultima cosa che vidi di quel posto fu Paul Young uscire dal market sostenuto dalla sua ragazza mentre si reggeva qualcosa al naso, probabilmente del ghiaccio.

Non volò una singola parola tra di noi per i minuti successivi. Ero arrabbiata per come si era comportato. Non capisca che certe azioni non avrebbero portato a nulla. Lui agiva sempre d'impulso e anche se lo faceva per me, era sbagliato.

«Sei arrabbiata.» Disse dopo un po'.

Ormai avevamo preso la strada che ci avrebbe condotti a New York.

«Si.»

Lo sentii inspirare a fondo. «Mi dispiace.»

Girai la testa di scatto, stringendo gli occhi. «Bugiardo.»

Mi lanciò una rapida occhiata e strinse la presa sul volante.

«Mi dispiace averti fatta arrabbiare ma non mi dispiace averlo colpito.»

«Be', sono arrabbiata perché l'hai colpito quindi le tue scuse non valgono.» Incrociai le braccia.

Poco dopo accelerò e si spostò di corsia per uscire ad un piccolo ristoro. Era mezzo vuoto il parcheggio e quasi inchiodò per parcheggiare.

«Può respirare lo stesso e imparerà ad usare l'altra mano.»

«Fai sul serio?»

Si pizzicò il naso e non mi guardò. «Se lo è meritato.»

«Tu...tu non sei solo quello, Seth.» Dissi con fermezza.

«Io sono esattamente quello.» Aveva la mascella serrata e gli occhi vuoti.

«No. Non è vero.» Dissi. «Tu non sei una persona violenta. Le persone violente lo sono con tutti. Tu utilizzi la violenza quando pensi possa portare a dei cambiamenti. Pensi che il fine giustifichi i mezzi.»

«Ed è cosi.»

«Non è cosi.» Ribattei. «Paul Young continuerà a pensare quelle cose e io ricorderò per sempre quei biglietti.»

«Ma lui ha ottenuto ciò che si meritava per averli scritti.»

«Non puoi giocare a fare Dio.»

«Non gioco a fare Dio.» Mi regalò un'occhiata contrariata. «Io non resto in disparte se c'è qualcuno che ha subito delle ingiustizie. Se fossimo andati nella stessa scuola, lui non avrebbe più scritto un cazzo. Nessuno l'avrebbe fatto.»

«Pensi che non sappia difendermi da sola?»

«So che pensi che la difesa migliore sia ignorare il fatto ma non è cosi. È agire di conseguenza, e non stare a subire. Potevi andare dal preside e denunciare il fatto ma non l'hai fatto.»

«Questo perché mi avrebbe fatto solo prendere più di mira.»

Si accigliò. «Ma è questo difendersi, Peach. Avere il coraggio di avere tutti contro pur sapendo che sei nella parte della ragione. Non vuoi spaccargli la faccia? Bene. Agisci a tuo modo, fai giustizia come vuoi tu, ma falla. Non stare in silenzio e non dire che ormai non ha importanza.»

Quelle parole non mi avrebbero colpito se non fosse stato per cicatrici passate e invisibili che dentro di me bruciavano ancora come ferite profonde e sanguinanti. Distolsi lo sguardo da lui appena avvertii gli occhi pizzicare per le lacrime. Mi morsi il labbro, col mento in basso e gli occhi fissi sulle mie mani.

«Ehi, guardami.»

Aveva ragione a dire che dovevo reagire. Non avevo mai reagito per le cose importanti, se l'avessi fatto, molte ferite non sarebbero mai esistite. Eppure, quando avevo provato a fare qualcosa, questa mi si era ritorta contro.

«Nyxlie.»

Ingoiai un groppo e mi tirai dietro l'orecchio i capelli prima di girare la testa verso di lui. Allungò una mano verso il mio viso e la chiuse coppa sulla mia guancia, i suoi occhi mi scrutarono attentamente.

«Posso provare ad essere una persona migliore ma mi serve del tempo e non penso tu sarai disposta a darmelo.» Sussurrò. «Penserai che sono una causa persa e forse hai anche ragione ma a volte credo per te ci potrei provare davvero a cambiare.»

Una lacrima per lui scivolò sulla guancia. Lui la scacciò via e io allacciai una mano dietro al suo collo.

«Tutti possono cambiare, devi solo volerlo.» Soffiai. «E non sei una causa persa.»

L'istante successivo dissi addio il mio orgoglio e mi spinsi contro lui, incollando le nostre labbra. La mano di Seth scivolò dietro al mio collo mentre inclinava la testa e schiudeva la bocca per approfondire il bacio. Mi sciolsi contro la sua lingua vellutata. Senza interrompere il bacio umido e profondo, Seth mi afferrò la vita e mi sollevò con facilità. Scavalcai la console e poi mi ritrovai sulle sue gambe, le mani nei suoi capelli e le nostre lingue intrecciate. Schiusi le labbra, ansimando piano appena intrufolò le dita sotto al vestito. Lui ne approfittò per stuzzicarmi con il palato con la lingua e stringermi a sé, palpando le mie natiche. Come le altre volte in quella giornata, sentii quel piacevole calore diffondersi nel basso ventre e sentii il bisogno di essere ancora più vicina a lui, volevo lui. Tirai le ciocche arricciate alla base del retro del collo e strusciai sul suo cavallo facendolo grugnire.

«Se non ti allontani, ti scopo.» Disse, baciando la mia mascella, scendendo verso il collo.

Chiusi gli occhi e mi aggrappai a lui, sentendo la sua erezione premere sotto di me. Erano così morbide e calde le sue labbra. Così magiche.

Per quanto la fine del tramonto fosse alle porte, la luce era ancora presente e chiunque in quel parcheggio avrebbe potuto vederci.

«I vetri dietro sono oscurati...»

Mi morse la curva del collo e le spalle. «Ma non davanti.»

«Allora faremo in fretta.»

«Cazzo.» Mi schiaffeggiò una natica. «Vai dietro.»

Con dispiacere mi staccai da lui per scavalcare i sedili. Seduta sui sedili posteriori con i capelli arruffati e le labbra gonfie, mi sfilai le scarpe -che avevo cambiato a casa lasciando in camera le décolleté- mentre lui spostava avanti il sedile per avere più spazio. Appena ebbi la sua attenzione, lo tirai a me dalla camicia e ripresi a baciarlo, spingendolo in basso con me. Il suo corpo premeva sul mio e divaricai le gambe per fargli spazio tra esse.

Il bacio non era come prima. Aveva perso ogni sfumatura passionale e dolce ed era tornato profondo e carnale, bisognoso di morsi e graffi. Gli sfilai la camicia mentre lui andava alla ricerca della cerniera dietro la schiena. La inarcai per facilitare il movimento e poco dopo mi ritrovai con solo un paio di mutandine in pizzo candide e lui maestoso sopra di me. Gli baciai le clavicole e il petto e tracciai con le dita i muscoli della schiena che scattavano sotto i miei polpastrelli. Le sue mani arpionarono il mio corpo, accarezzarono le mie curve con sicurezza e anche con una certa indecenza. Soffocai un gemito quando chiuse la bocca attorno alla punta del seno destro e gli tirai i capelli.

«Seth...» Piagnucolai. «Dobbiamo fare in fretta.»

Grugnì staccandosi e costellando baci sul mio petto e addome. «Non mi piace fare in fretta con te.»

«Se ci beccano, ci arrestano.» Parlai affannata.

Sollevò la testa e dei ciuffi arricciati gli caddero sulla fronte. Ghignò.

«Sesso dietro le sbarre, Principessa?»

«No.»

Sorrise e poi allungò il braccio per recuperare dal sacchetto a terra il pacchetto di preservativi. Nel mentre gli slacciai la cintura e i pantaloni. Allentato il tutto non mi trattenni dall'infilare una mano dentro i boxer e pomparlo.

Lui piantò una mano sul finestrino e chiuse gli occhi. «Cristo.»

«Sbrigati, Nixon.»

Sollevò le palpebre e mi fulminò con gli occhi. «Tu smettila di toccarmi e io riesco a muovermi.»

Tolsi la mano e lo fissai con un sorriso innocente. Si abbassò i pantaloni e i boxer per poi mettersi il preservativo sulla lunghezza turgida. Mi afferrò i fianchi e mi sistemò come voleva lui, mi tirai le ginocchia al petto, sapendo che fosse una delle sue posizioni preferite, e poi appoggiai i polpacci sulle sue spalle. Seth si tenne con una mano aggrappata alla poggiatesta mentre l'altra strinse la mia caviglia.

Entrò con una botta secca, gli addominali si tesero e si gonfiarono cosi come il resto delle vene. Schiacciai un gemito acuto che si udì per tutto l'abitacolo. Lo sentii nello stomaco, era gonfio e ogni volta la mia intimità bruciava per la sua grandezza ma era un dolore piacevole.

«Sarai il mio ultimo desiderio sul letto di morte, Peach.» Gracchiò prima di uscire e uccidere me con un altro affondo che mi riempì anche il cuore, se fosse stato possibile.

«Puoi non parlare di morte?»

Sorrise. «Scusa.»

Probabilmente da fuori si capiva cosa stava succedendo qui. Seth non ci andò affatto piano e il movimento della macchina era palese. Affondai le unghie nel sedile e nella sua pelle. Non riuscivo quasi a respirare dalle spinte secche e rapide che mi regalava.

Per la terza volta in quella giornata eravamo un tutt'uno e io realizzai che avrei passato intere ore così insieme a lui. Il modo in cui i nostri corpi si univano alla perfezione, sbattevano insieme, sudavano insieme, era qualcosa che doveva significare molto più di una semplice intesa fisica e chimica. Lui era entrato talmente sotto pelle da non farmi riuscire nemmeno ad essere arrabbiata con lui per più di dieci minuti. Ero così patetica che mi insultavo da sola.

Ma poi ammiravo il suo corpo imperlato di sudore, con i muscoli gonfi e i tatuaggi che adornavano il tutto e pensavo a quanto fossi fortunata. Scopava da dio, mentre lo faceva sembrava anche un fottuto dio e in più era qualcuno con una fame di giustizia che però sfociava sempre in un lato negativo. Lui non riconosceva il potenziale che aveva, lui vedeva e sfruttava solo la sua parte oscura ma poteva fare molto di più se avesse incanalato le sue idee in un percorso meno violento.

Il mio basso ventre andava a fuoco e il liquido bollente facilitava i suoi movimenti dentro di me. Erano osceni i rumori che emetteva il mio corpo ogni volta affondava in me e mi riempiva come solo lui aveva imparato a fare.

Staccò la mano dal poggia testa e strinse il mio seno, massaggiandolo e giocando con la punta facendomi perdere ancora di più il senso della ragione. Però, volevo la sua mano attorno al collo. Gliela afferrai per spostarla proprio lì. Ghignò dall'alto e aumentò la velocità delle spinta, piegandosi più verso di me, mentre stringeva le dita attorno alla mia gola, strappandomi un po' di respiro.

«Le principesse non dovrebbero avere queste sporche fantasie.»

Arrossii e riuscii solo a gemere quando ruotò il bacino e andò a colpire quel punto nascosto e celestiale.

Quando l'orgasmo mi colpì quasi piansi per quanto fosse intenso e devastante. Continuò a muoversi, facendosi spazio tra le mie pareti infuocate e le mie cosce tremanti. Si piegò fino a far scontrare le nostre bocche e baciarmi in modo violento, strappandomi del tutto il respiro.

In quel contatto, col cervello fuso, i muscoli indolenziti e brucianti, il mio cuore batteva all'impazzata, voleva fuggire dalla gabbia toracica e unirsi anche lui a lui.

Mi ero fatta rubare il cuore da uno che non pensava nemmeno di avercelo.

In quel momento, con i sensi sconnessi e l'adrenalina alle stelle, se si fosse staccato dalle mie labbra avrei anche avuto il coraggio di dirgli che mi ero innamorata di lui ma per fortuna mi lasciò andare via e quelle parole rimasero rinchiuse.

Si staccò e uscì da me solo quando sentimmo delle voci avvicinarsi, probabilmente dei proprietari di qualche auto parcheggiata vicino alla nostra. Rimanemmo accucciati dietro i sedili, lui lasciava qualche piccolo bacio sul mio collo, fino a che non sentimmo il motore della macchina allontanarsi.

Seth si sfilò il preservativo che andò a buttarlo con i pantaloni slacciati e senza camicia. Rientrò in macchina al volante e lo guardai scioccata.

«Davvero antisgamo, sai?» Schioccai, tirando fuori dallo zaino che mi ero portata da casa delle salviettine per darmi una ripulita.

«L'altra scelta era buttarlo a terra senza scendere dalla macchina.» Disse con nonchalance, riprendendosi la sua camicia per infilarla ma senza allacciarsi i bottoni.

Gli diedi un colpo alla nuca. «Inquina, idiota.»

Dallo specchietto lo vidi scuotere la testa con un sorrisetto. Scavalcai il sedile dopo essermi riallacciata il vestito.

«Per tua informazione sono ancora arrabbiata con te.» Mentii, allacciandomi la cintura.

«Vorrà dire che al prossimo autogrill farò ammenda con la lingua.»

Seth

Adagiai Nyxlie sul mio letto, facendo attenzione a non svegliarla e poi lasciai cadere sul divanetto a due posti il suo zaino. Avevamo trovato un brutto incidente sulla strada e avevamo fatto più tardi del previsto, si era addormentata dopo un'ora che eravamo incolonnati.

«Seth?»

Mi girai e mi avvicinai. Mi abbassai e le accarezzai la guancia, scoprendola dai capelli. Aveva ancora gli occhi chiusi ma era sveglia.

«Doccia.» Bofonchiò.

Sorrisi quando sbattè le palpebre e mi guardò assonnata sotto le lunghe ciglia scure.

«Ti aiuto?»

Annuì lentamente. Le tolsi le scarpe e poi la aiutai a tirarsi su. Si stropicciò gli occhi e il volto.

«Che ore sono?» Domandò.

«Quasi mezzanotte.»

«Oh.»

Si guardò attorno. Sapevo fosse curiosa di analizzare ogni dettaglio presente qui ma mi ero assicurato di far sparire qualsiasi cosa potesse indirizzarla a Daphne, tipo una fotografia incorniciata che Chen aveva nascosto in qualche cassetto. A volte volevo raccontarle la verità, almeno quella meno dolorosa ma sapevo ci avrebbe allontanati comunque. L'avrebbe ferita lo stesso.

In bagno l'aiutai a togliere il vestito che se fosse stato per me era già un mucchio di brandelli dal lago ed insieme entrammo in doccia. Si era legata i capelli e ciò significava che non voleva bagnarli perciò mi misi io sotto al soffione per evitare che si bagnassero.

«Sei sicuro che hai tuoi amici vada bene?» Chiese con voce piccola mentre facevo cadere un bel po' di bagno doccia nel palmo.

«Fino a prova contraria non è nelle loro stanze che starai.»

E comunque la risposta era no. Anche Chen non aveva approvato del tutto.

«Mh.» Sbadigliò e si girò, dandomi le spalle quando decisi di spalmare il sapone a partire dalle spalle.

Se solo fosse stata più sveglia l'avrei stuzzicata e probabilmente avrei affondato ancora in lei per la quarta volta ma non era il caso. Inoltre, era la prima volta che mi dedicavo in quel modo ad una ragazza, così intimo e senza secondi fini, e mi piaceva. Avrei voluto coccolarla così per un periodo infinito.

Mi assicurai che ogni centimetro di lei fosse per insaponato e la trattai con cura. Sembrava così delicata. Così piccola. Quando si voltò, con i seni pieni premuti contro di me, inclinò la testa e mi sorrise con gli occhioni colmi di sonno. Le mie mani stavano navigando lungo la sua schiena e anche più in basso.

«Cosa?» Dissi, la voce uscì piuttosto rauca.

«Mi piace.» Premette le mani sul mio addome. «Sei dolce.»

Dolce.

Mai mai qualcuno mi aveva affibbiato quel termine. Ero tutto tranne che dolce. Ma lei riusciva a far uscire questa parte di me, spontanea, che nemmeno io conoscevo.

Non mi trattenni e le posai due dita sotto al mento per poi abbassarmi e baciarla, dolcemente. Ogni volta che assaporavo il suo sapore, qualcosa nel mio petto -e anche più in basso- scalpitava. Mi staccai con un lieve schiocco e mi persi nel blu dei suoi occhi così limpidi e brillanti.

«Ora è il mio turno, no?»

«Temo che non sia una buona idea...»

Infatti, fu non una buona idea, però ci fu comunque un esito positivo, grazie alla sua bocca.

Appena toccò il letto si addormentò nel giro di pochi minuti. Uscii dalla stanza con i capelli umidi e un paio di boxer. Scesi al piano inferiore e andai in cucina. Tirai fuori dal frigorifero una lattina di birra e poi mi diressi in soggiorno mentre ne scolavo un sorso. Avrei voluto fumare ma era meglio di no.

Erano tutti qui, la televisione accesa illuminava la stanza. Mi accomodai sulla mia poltrona e captando il fitto silenzio, spostai lo sguardo sul divano alla mia destra.

«Ti piace giocare col fuoco per caso?» Domandò Derek.

«Sta dormendo.» Dissi, facendo capire loro che non c'era nessun pericolo.

«Non avresti dovuto portarla qui. A casa nostra.» Ribattè Penelope stizzita. «Potrebbe ficcanasare in giro e saremmo fottuti.»

«Non può scendere in taverna e Chen ha tolto le foto di Daphne.» Mormorai con un sospiro seccato. «E comunque non resterà qui. Domani mattina andrà via.»

Per quanto non appoggiassi quella scelta.

«È comunque azzardato.» Replicò Derek.

Stavano guardando un horror, probabilmente lo avevo già visto ma non stavo nemmeno facendo caso alle scene. Mentre il sapore amaro della birra si scioglieva nella bocca, ripensai a quella giornata.

«Com'è andata?» Domandò Chen poco dopo.

«Sono stato bravo. Quel figlio di puttana è ancora vivo.» Bevvi un altro sorso senza staccare gli occhi dalla tv. «E suo fratello gioca a nascondino nella cantina.»

«Cosa?» Chiese Zack. «Che cazzo significa? Era lì?»

Annuì. «Ha scritto a Nyxlie e lo abbiamo trovato lì, mentre si scolava una bottiglia da collezione del padre. E aveva una pistola.»

«Cazzo...» Fece Derek. «Sta così fuori?»

Ricordai bene gli scatti che aveva avuto verso di lei e la mia voglia di farlo fuori con quella stessa pistola.

«Decisamente.» Poi lanciai loro un'occhiata sbieca. «A quanto pare non sapeva di cos'è successo quattro anni fa. Probabilmente in questo periodo si è informato bene e ora pensa di scrivere ad un sito dei Vendicatori per far uccidere il padre.»

Scossi la testa con un lieve sorriso.

«Un sito? Abbiamo un sito?» Domandò divertito Derek.

Ridacchiai. «Così pare.»

«Ma non è stato suo padre.» Ragionò Zack.

«Si ma non lo sa e lo odia. Non ha tutti i torti ma quello sta oggettivamente fuori.»

«Mh. Da che pulpito.» Sbeffeggiò Chen.

Gli rifilai un'occhiataccia. Mi mandò un bacio volante che mi fece ruotare gli occhi. Coglione.

«È rimasto lì per tutto il tempo?» Chiese Derek.

«Ce ne siamo andati dopo che sua madre ci ha trovati in cantina. Lui si è nascosto. Non so se sia ancora lì, ma sicuramente non farà nulla.»

«E cosa avete fatto tutto il giorno?» Domandò Penelope con acido.

Bevvi un sorso di birra, guardandola con la coda dell'occhio. Mi leccai le labbra. «Esattamente quello che pensi.»

Scosse la testa con una smorfia. «Sei un coglione. Si può sapere perchè continui con questa cazzata?»

«Perchè mi piace.»

Non pensai neanche io che quelle parole sarebbero mai uscite dalla mia bocca, con una tale serietà oltretutto. Il silenzio che cadde poco dopo mi fece quasi pentire di ciò che avevo detto. Iniziai a sentirmi troppo osservato.

«Lei...ti piace?» Ripetè Zack. «Tipo, da starci insieme?»

Guardai la mano che reggeva la lattina appoggiata alla mia gamba.

«Tanto non starà mai insieme ad uno come me.»

«Cristo, stai scherzando spero.» Disse Derek. «Quella è la figlia del bastardo che ha aiutato quel figlio di puttana a farla franca.»

I miei occhi saettarono su di lui. «Quella ha un nome.»

Aggrottò la fronte e si alzò di scatto. «Ti prego, dimmi che scherzi. Dimmi che ti sei invaghito solo di come te lo succhia.»

«Derek.» Lo ammonì Chen.

Non staccai gli occhi da lui. «Ti consiglio di rivedere la scelta delle tue parole.»

Sorrise freddamente. «Quella è una stronza che ci fotterà a tutti se viene a scoprire la verità.»

Mi alzai di scatto e anche Chen lo fece ma per bloccarmi, mentre Penelope allontanava Derek aiutata da Zack.

«Quale cazzo è il tuo problema?» Sbottai.

«Manderà tutto a puttane!» Si dimenò tra Penelope e Zack.

«Primo: abbassa quella cazzo di voce.» Gli puntai un dito contro. «E secondo: questa è una vostra idea perchè non la sopportate.»

«No. Esatto. È una viziata del cazzo che ha avuto tutto dalla vita e addirittura si lamenta di quello che ha. Bella scelta che hai fatto.»

Strinsi la mano in un pugno. La lattina si accartocciò e la birra fuoriuscì bagnandomi le nocche. «Quello che ha sono due genitori che la obbligano a sposare uno che non vuole, di cui uno un grandissimo pezzo di merda e l'altra una vera stronza. Un fratello che dovrebbe stare in un cazzo di manicomio ed è costretta a girare attorno ad una famiglia in cui c'è un fottuto stupratore. Dimmi, quale parte di queste vorresti fosse tua?»

Premette le labbra e mi fissò con rabbia. «Ti sta cambiando, Seth. Sei cambiato.»

«E quale sarebbe il problema?»

«Manderai tutto a puttane per lei.»

Deglutì. «Ripeto: quale sarebbe il problema?»

A quella risposta ottenni l'attenzione di tutti. Chen si spostò per guardarmi e quando incrociai il suo sguardo sentii quasi il sapore del tradimento sulla mia stessa lingua.

«Lo faresti davvero?» Chiese.

Fino a quel momento era qualcosa che non avevo mai accennato a loro, nemmeno a lui.

«Forse.»

E con quello, tornai al piano di sopra e chiusi i problemi oltre la porta della camera, concentrandomi solo dalla persona con le sembianze di un angelo che dormiva profondamente nel mio letto.

Il mio piccolo angelo.

Δ

La mattina mi svegliai con la mano arpionata a qualcosa di molto morbido e dei capelli in bocca. I miei sensi si attivarono completamente quando avvertii il corpo femminile di Nyxlie, premuto contro di me. Una mano si era infilata nei boxer che le avevo dato ed era comodamente immersa nella morbidezza del suo culo, l'altra era contro la sua schiena nuda. Sentivo i suoi seni schiacciati al mio petto mentre una gamba era piegata sopra al mio addome. Respirava regolare e sembrava ancora addormentata. Purtroppo per me, io ero completamente sveglio.

Forse se avessi pensato a due vecchi che scopavano mi sarebbe sceso.

Sfilai la mano dai boxer e lei mugugnò qualcosa. «No...»

«No?» Ripetei rauco con un sorriso.

Inspirò e si mosse. Si stiracchiò, nascondendo il volto nell'incavo del mio collo e mi strinse il torace con un braccio. Feci scorrere le dita lungo la spina dorsale mentre mi beavo del suo calore. Strofinò il naso contro il mio collo per poi lasciare un bacio su quella maledetta voglia. Non poteva farlo di prima mattina, cazzo.

«Che ore sono?» Domandò ancora con voce impastata.

Girai la testa e recuperai il telefono sul comodino. Non erano nemmeno le nove.

«Penso tu sia in tempo per fare colazione con Winter.» Dissi, tornando a toccare il suo corpo.

Le accarezzai la coscia appoggiata sull'addome e chiusi gli occhi.

«Quant'è distante casa tua dalla Columbia?»

«Ti accompagno.»

«Sicuro?»

«Si.»

Mi baciò ancora la voglia facendomi imprecare mentalmente. Doveva perdere quel vizio perché ero davvero al limite.

Si spostò e il secondo successivo me la ritrovai a cavalcioni sopra di me. Le lenzuola scivolarono via dalla sua schiena. I miei occhi non poterono non ammirare il suo seno nudo e inspirai a fondo perché il suo culo era esattamente sopra alla mia erezione. Aveva i capelli scompigliati e gli occhi e le labbra gonfie per il sonno.

«Sei sveglio.» Cinguettò da stronza, graffiando lievemente il petto.

«Già.» Gracchiai, stringendole i fianchi. «Cosa vorresti fare?»

Tamburellò le dita e si morse il labbro. Una fitta mi colpì le palle e strinsi gli occhi sofferente.

«Stai bene?»

«No, Blake.» Sibilai. «Sei seduta mezza nuda sul mio cazzo di prima mattina.»

Si mosse, strusciando le natiche, e mi soffocai un gemito, imprecando.

La fulminai con lo sguardo. «Non è divertente.»

«Sai cos'altro non lo è?»

«No. Cosa?»

«Il fatto che non mi stai ancora scopando.»

Inarcai un sopracciglio. «Ti avviso che farai ritardo.»

Alzò le spalle con un sorrisetto. «Capirà.»

Effettivamente Winter l'aveva capito. Quando accompagnai Nyxlie nel bar dove si erano date appuntamento, lei mi aveva salutato con un ampio sorriso e aveva detto 'mi auguro che tu l'abbia fatta svegliare bene'. La risposta era ovvia.

Quella giornata avevo delle questioni lavorative da risolvere all'Angels, approfittai di quello per rinchiudermi nell'ufficio tutto il tempo e non affrontare gli altri dopo la discussione della sera precedente.

L'Angels oltre che ad essere una discoteca molto popolare nella zona, era soprattutto un punto di ritrovo per accordi di giri illegali di droga e armi. Principalmente le persone che venivano a giocare a poker o erano indebitati con qualcuno e avevano bisogno di una mano, oppure volevano parlare di affare. Su quei tavoli, oltre a soldi sporchi, giravano un bel po' di strette di mano e pacchi di droga.

I fratelli Kristeva erano coloro che si occupavano di tutto, avevano una bella fetta di controllo sul territorio di New York. Dagli scontri di boxe fino all'ultimo centesimo che girava in questo locale, era tutto controllato da loro. Si fidavano di me e dei miei amici, per questo avevano deciso di lasciare in mano nostra la gestione del locale.

Restai chiuso lì per tutto il giorno. Non sentii Nyxlie, anche se la voglia di scriverle era alta, non volevo disturbarla perchè era con una sua amica. Attorno alle sette iniziarono ad arrivare i dipendenti per sistemare le sale. Controllai le telecamere quando iniziarono ad arrivare i primi gruppi verso le nove. Oscar faceva un buon lavoro di controllo ma qualcosa poteva sfuggire e io non volevo casini con la polizia.

Il bussare alla porta di qualcuno mi fece distogliere l'attenzione dal computer.

«Posso?»

Era Chen.

«Entra.» Alzai la voce per farmi sentire.

«Ehi.» Incrociai il suo sguardo mentre si toglieva il cappello e si richiudeva la porta alle spalle. «Sei qua da tutto il giorno.»

«Dimitri voleva che facessi tutti i conti.»

Lui annuì e si sedette nella sedia imbottita davanti alla scrivania. Si allungò per prendere l'ultima fetta di pizza che mi ero fatto portare da Oscar mezz'ora prima. Sospirai e mi appoggiai allo schienale.

«Dovrei far finta di non sapere perchè sei qui?»

«No.» Masticò.

Sembrava piuttosto tranquillo.

«Okay.» Annuii. «Non scherzavo.»

«Lo so.» Distolse lo sguardo da me. «Mi aspettavo che prima ne parlassi con me.»

«Tanto non succederà.» Serrai i denti.

«Lei ti può scegliere, Seth.» Disse con un lieve sorriso. «Lei vorrebbe farlo.»

«Ma non lo farà finchè non saprà tutto e io non sono così pazzo da dirglielo.»

Se l'avesse scoperto, sarebbe stata tutta un'altra cosa.

«Non è forse peggio se dovesse scoprirlo da sola?»

«Peggio?» Sbuffai un mezzo sorriso infelice. «Lei non vorrà più vedermi in ogni caso.»

«Pensi andrebbe dalla polizia?»

«Non lo so.» Ammisi.

Quello era qualcosa che stavo cercando di capire da un po' ma non riuscivo a darmi una risposta. Mi piaceva pensare che non l'avrebbe fatto.

«Capo

Il walkie-talkie che avevamo per comunicare si attivò trasmettendo la voce di Oscar. Lo afferrai per rispondere.

«Dimmi.»

«C'è quella ragazzina bionda.» Disse.

Chen mi guardò accigliato e io controllai le telecamere dal pc. Andai nella sala principale e vidi che davanti a Oscar sulle scale c'era una testa bionda che avrei riconosciuto anche al buio.

«Falla salire.»

«Ricevuto

Lui si spostò e lei salì in fretta. Indossava gli stessi jeans che le avevo visto quella mattina e una felpa che riconobbi solo quando spalancò la porta. Aveva lo stemma della Columbia. Il nervosismo che potesse essere di un ragazzo sparì all'istante ma quando i miei occhi incrociarono i suoi rossi, gonfi e lucidi avvertì una lama trafiggere il mio cuore.

«Cos'è successo?» Domandai, alzandomi di scatto.

Lei si rese conto della presenza anche di Chen e iniziò a scuotere la testa.

«Voi due--voi due siete due grandissimi bastardi.» Singhiozzò.

Un brivido gelato attraversò la mia spina dorsale. Lanciai un'occhiata a Chen che sembrava sbiancato.

Non riuscii a proferire parola. La mia mente propose i peggiori scenari.

«E tu...» Mi puntò un dito contro, inchiodandomi col dolore nei suoi occhi. «Tu sei davvero un fottuto bugiardo.»








S/A

Ehilà 🍑🖤

Come dire...questo momento doveva arrivare prima o più.

➡️ Nyxlie sa. Però, cosa sa? 🤨

➡️ Seth lascerebbe davvero tutto quanto per lei? 🍑

➡️ Ian...be', lui non dimenticatelo🫠

Lasciate un voto e un commento se vi è piaciuto!

Vi lascio un box su IG per commentare ♥️

A presto, Xx

Profili Social🍒

IG e TT: anonwriter23

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top