Capitolo 33
Mi svegliai di soprassalto, una mano al petto per placare l'ansia improvvisa, gli occhi sgranati. Ero nella mia stanza, sdraiata sul letto, ancora vestita come la sera prima, le scarpe ancora ai piedi. La luce filtrava dalla finestra accanto al letto, tutto sembrava normale. Il telefono era sul comodino, lo afferrai e lo sbloccai, nessuno mi aveva cercato, c'erano solo alcuni messaggi di Winter di poche ore prima.
Avevo sognato?
Mi guardai i polsi, avevo ancora dei leggeri segni rossi dovuti a quei lacci di plastica. No. Non era stato un sogno.
Rimasi immobile a fissare il vuoto per dei buoni dieci minuti. La mia mente vorticava e vorticava ma andava sempre a finire su quello.
Passandomi una mano sul volto pensai di dover fare una doccia. Così, mi trascinai fuori dalla stanza ancora intontita. Il mio cervello continuava ad elaborare quanto successo.
«Ehi.»
Sussultai alla voce squillante di Zara. Ero talmente persa nei miei pensieri che non mi ero nemmeno accorta che si fosse avvicinata mentre aprivo la porta del bagno.
«Buongiorno.» Abbozzai un sorriso.
Lei mi scrutò con un cipiglio divertito. «Pensavo restassi da Seth.»
«Si, ecco io...»
«Sei tornata tardi.» Continuò. «Anzi, molto presto. Erano le cinque di mattina.»
E ora erano quasi le undici. Bene.
«Si, um, siamo stati in giro. Gli ho detto di portarmi a casa.» Mentii.
Lei ammiccò. «Siete carini insieme.»
Appena Zara mi lasciò andare, mi chiusi in bagno. Non avevo idea di come non avesse commentato la mia faccia che era oggettivamente distrutta. Avevo gli occhi gonfi per tutte le lacrime che avevo versato e le guance erano ancora incrostate.
Quando la realtà mi colpì, avvertii tutta l'ansia provata in quelle ore notturne risalire per il mio esofago. Mi inginocchiai rapidamente davanti al gabinetto e mi ritrovai a rimettere tutto ciò che avevo nel corpo dalla sera precedente.
Ero stata rapita dai Vendicatori.
Non potevo ancora crederci ma era proprio cosi. Non era stato un incubo, era successo veramente. Ero stata ingannata ed ero caduta nella loro trappola.
Mi asciugai la bocca col dorso mentre tiravo lo sciacquone e mi alzavo. Dio. Mi sentivo così scombussolata, sia mentalmente che fisicamente. Sembrava assurdo anche solo pensarlo, se l'avessi detto ad alta voce probabilmente sarei scoppiata a ridere. Nessuno mi avrebbe creduta, o forse si, ma avevo paura di cosa sarebbe successo a loro.
Mi avrebbero continuato a seguire?
Mi spogliai ed entrai in doccia con la speranza di poter rilassarmi e sentirmi un po' meglio ma ero talmente scossa che appena chiudevo gli occhi, rivivevo il tutto. Vedevo le loro maschere, sentivo il freddo della stanza in cui ero stata rinchiusa, vedevo la pistola, sentivo l'eco degli spari, le loro voci, l'ago che entrava nella mia pelle...
Non pensavo di averne ancora in corpo ma sentii quelle gocce calde bagnarmi le guance, all'inizio pensai fosse l'acqua della doccia ma quando sentii il loro sapore salato capii fossero ancora lacrime.
Mi avevano riportato in camera, oltre al mio numero di telefono sapevano i codici del mio appartamento, della mia stanza. Quante altre volte l'avevano fatto?
Avevo paura. Avevano detto che non avrebbero fatto niente a me, ma come potevo credere a quelle parole? Come potevo credere a degli psicopatici assassini?
Ed era ancora più assurdo pensarci eppure con lui -qualcosa dentro di me diceva che fosse un uomo dietro allo smiley rosso- non avevo avuto così paura come avrei dovuto. C'era qualcosa nelle sue parole che in certi momenti mi faceva pensare che davvero non mi avrebbe fatto niente. Che non voleva farmi del male. Anche il modo in cui si era parato davanti a me quando mi era stata puntata la pistola, come mi aveva rassicurata che non fosse colpa mia dopo avergli svelato la verità, era strano. Non era un comportamento da pazzo o sadico che però era, sicuramente lo era più degli altri. Dio, dovevano avermi drogato perchè quei pensieri non erano normali.
Cosa sarebbe successo adesso? Harold sarebbe diventata la loro prossima vittima? Avrebbero agito prima? E a mio padre? E se avessero scoperto tutta la verità? Sarebbero venuti a cercarmi ancora?
Rimasi sotto quel getto per quasi un'ora senza muovermi a rivivere quei minuti trascorse in quella stanza e dopo quella doccia, per nulla rilassante, le ore successive le passai nel mio letto a sussultare per ogni minimo rumore.
Era impossibile per me dimenticare ciò che era successo e non potevo nemmeno sfogarmi con qualcuno per paura che in un qualche modo loro venissero a scoprirlo. Continuavo a piangere, a tremare e fissavo la porta della stanza col timore che potessero entrare da un momento all'altro.
Non avevo toccato cibo da quando mi ero svegliata ed era ormai pomeriggio. Non riuscivo nemmeno a pensare ad ingerire qualcosa senza rimettere. Per fortuna le ragazze non erano in casa altrimenti sarebbe stato difficile nascondere questo stato d'animo.
Era da un paio di minuti che fissavo un certo numero di telefono. Ero idiota, forse anche patetica, ma pensavo che al momento avrei voluto solo una persona qui. C'era solo una persona che avrebbe potuto cancellare la paura che si era insinuata dentro di me.
Mi morsi il labbro e decisi di non rimuginarci troppo tempo. Feci partire la chiamata.
Uno squillo.
Due squilli.
Niente.
Tre squilli.
Forse lo stavo disturbando? Era con qualcuno? Ieri aveva detto di avere da fare, forse era ancora impegnato.
Quattro squilli.
Forse era con una ragazza da ieri sera.
Gli squilli terminarono con la segreteria telefonica. Spensi la chiamata e bloccai il telefono.
Mi rintanai sotto le coperte e mi lasciai alle spalle il mondo, cadendo nuovamente nell'incubo.
Quella notte non chiusi occhio.
Δ
Anche la domenica la passai in camera. Zara e Phoebe avevano percepito che ci fosse qualcosa di strano ma non avevano ancora chiesto nulla. Meglio così dato che non sapevo proprio cosa inventarmi. Avevo provato nuovamente a chiamare Seth ma senza successo.
Lunedi dovetti trovare il coraggio per vestirmi e andare a lezione. I miei occhi scattavano in ogni angolo della strada e delle aule. Non mi sentivo più osservata come ai vecchi tempi ma ora che sapevano che erano in grado di vivere come fantasmi e di rapirmi, non riuscivo a stare tranquilla. Anche Ryan si era accorto che qualcosa non andava da come agitavo il piede e mi distraevo, fissando il pc a vuoto senza prendere appunti.
Ero stata in biblioteca durante i buchi tra le lezioni e il silenzio non aiutava in quanto saltava subito all'occhio il mio nervosismo ogni volta che qualcuno faceva un rumore improvviso.
Mi sentivo una sciocca a reagire cosi, a non saper reagire a tale evento ma non era da tutti i giorni essere nella stessa stanza con i serial killer più ricercati.
La polizia.
Non ero andata a denunciarli, anche perché avevo paura di una loro ritorsione. Ma soprattutto perché non avevo nessuna prova con me, non mi avrebbero nemmeno ascoltata.
Con la coda dell'occhio vidi qualcuno che attirò la mia attenzione.
Mi alzai di scatto per raggiungerlo mentre usciva dalla biblioteca con una ragazza mora al suo fianco.
Lo chiamai ad alta voce appena fui nel corridoio. Entrambi si fermarono, la ragazza mantenne un finto sorriso di convenienza mentre lui sembrò farsi più nervoso.
«Ehi.» Deglutii. «Scusa, non volevo disturbare...»
Scosse la testa e abbozzò un sorriso. «Tranquilla. Dimmi pure.»
«Seth è qui?» Buttai fuori. «Ho provato a chiamarlo in questi giorni ma non risponde.»
Chen gonfiò il petto e si grattò la nuca. «Non so dove sia. Ha detto di aver un impegno venerdì sera.»
«Si, anche a me solo--» Mi bloccai e agitai una mano. «Niente. Non importa. Grazie lo stesso.»
Mi voltai, pronta ad andarmene, quando sentii afferrarmi dolcemente il polso ma quel contatto mi fece sussultare e strappai via il polso dalla presa. Chen si rabbuiò prima di ammorbidire i lineamenti e farsi apprensivo.
«Stai bene?»
«Certo.» Mentii. «Ora...ora devo andare.»
Mi scusai e mi voltai, tornando verso l'ingresso. Sentii lo sguardo di Chen addosso finché non rientrai nella biblioteca.
Quando tornai al mio posto non mi trattenni dal prendere il telefono e aprire la chat di Seth. In quei giorni gli avevo scritto dei semplici messaggi per sapere se andasse tutto bene e che ero preoccupata. Non avevo mai ricevuto risposta.
Chen aveva confermato la versione che Set aveva rifilato anche a me, e lui non aveva mostrato segni di preoccupazione per la sua assenza quindi probabilmente dovevo solo aspettare. O forse dovevo proprio smetterla di tartassarlo. In fondo, avevamo solo fatto sesso. Non dovevo aspettarmi altro da lui. Però era più forte di me, soprattutto perchè sapevo che la sua presenza mi avrebbe aiutata in questi giorni.
Con un sospiro, bloccai il telefono. Bloccare la mente non era così altrettanto semplice, non c'era nessun bottone che potevo premere per tenere lontani quei ricordi. Mi convinsi che non sarebbe successo niente essendo circondata da molte persone e provai a concentrarmi su quello che dovevo fare.
Nei giorni successivi andò un po' meglio. Avevo smesso di agitarmi per il minimo rumore, durante la notte mi svegliavo ancora per gli incubi ma almeno durante il giorno ero tornata a fare ciò che facevo prima senza temere nulla.
L'unica cosa che non era tornata alla normalità era Seth. Non si era ancora fatto vivo e questo mi preoccupava. Non avrei voluto ma ero andata anche alla confraternita, avevo parlato con un ragazzo che non conoscevo e gli avevo chiesto di Seth. Mi aveva detto che non lo vedeva da un po'. Anche al telefono non mi rispondeva. Avevo pensato si potesse trovare in quell'appartamento a San Francisco ma se fosse stato così, perchè ignorare le mie chiamate?
«Posso?»
Sollevai la testa dal mio telefono e incrociai un paio di occhi scuri e un dolce sorriso.
«Ehi.» Sorrisi di rimando. «Certo, siediti.»
Chen spostò la sedia di fronte a me e si sedette al tavolino tondo del bar del campus diventato mio posso fisso sabato mattina per fare colazione. Appoggiò a terra un borsone e notai che era in tenuta sportiva.
«Come stai?» Chiesi, sorseggiando il mio frullato proteico.
«Bene. Tu?» Domandò. «L'altro giorno ti ho vista un po' scossa.»
Mi tirai dietro l'orecchio una ciocca per nascondere il nervosismo. «Non avevo dormito bene, tutto qui. Devi andare in palestra?»
Mi studiò in un modo che mi mise a disagio, sembrava aver capito la mia bugia.
«Si, anche tu?» Chiese, non insistendo sull'altro argomento.
«Si, tra un po'.»
«Ci alleniamo insieme se vuoi.»
«Basta che non mi uccidi con esercizi strani.» Scherzai.
«Croce sul cuore.» Disse, facendosi una croce sul cuore.
Quando lasciammo il bar avevo digerito la colazione e stavamo commentando il fatto che fosse un amante dei film romantici, aspetto di lui che non pensavo gli appartenesse e che veniva sempre preso in giro dai suoi amici per questo. Immaginai Seth farlo, lui e la sua concezione particolare di romanticismo.
«Sai, mi chiedo perché tu sia single.» Dissi, stringendo la cinghia del mio zaino.
Mi lanciò un'occhiata buffa e beffarda.
«Sei bello, sei intelligente, sei bravo a letto--»
«Molto bravo.»
«Molto bravo.» Ruotai gli occhi. «Sei un po' stronzo e questo è un dettaglio che fa impazzire le ragazze. E ti piacciono le cose romantiche. Sei praticamente il prototipo di ragazzo perfetto.»
«Grazie, Peach.» Ridacchiò. «Ma non fanno per me, le relazioni serie.»
«L'ho già sentita questa.»
«Seth?» Mi guardò sbieco.
«Mh-mh.»
«Be', la pensiamo allo stesso modo per certi motivi. È meglio così.»
«Dimmene almeno uno.»
«Vogliamo risparmiare sui regali di natale e san valentino.»
Gli diedi una piccola spinta. «Idiota. Parlo sul serio. Nessuna ti ha mai interessato?»
Scrollò le spalle. «Qualcuna.»
«E per delle stupide motivazioni non hai mai pensato di andare a fondo nella conoscenza?»
Mi lanciò un'occhiata. «Non sono stupide motivazioni.»
«Be', non ne ho ancora sentita una valida.»
«Questo perché non sono stupide motivazioni.» Ripetè.
Una volta giunti in palestra non potei che girarmi attorno con la speranza di trovarlo. Era sicuramente un pensiero sciocco, e infatti mi sentii ancora più afflitta quando non lo vidi.
«Hai sentito Seth?» Chiesi brucia pelo a Chen che stava facendo stretching con una sbarra per le braccia.
«No.» Evitò il mio sguardo. «Ma l'ha sentito Pen, dovrebbe tornare questa sera.»
Annuii in silenzio mentre imitavo i suoi movimenti con un'altra sbarra.
«Daremo una festa questa sera.» Disse poco dopo.
«Come mai?»
«Ci deve essere un motivo per bere e ballare?»
Abbozzai un sorriso. «Effettivamente no.»
Pensai che sarei andata, più che per bere e ballare perché se davvero Seth fosse tornato, lo avrei rivisto. Dovevo parlargli, chiedergli perché non avesse mai risposto. Se aveva sentito Penelope, doveva aver visto anche i miei messaggi e le mie chiamate ignorate.
Allenarsi con Chen non era così estenuante come farlo con Seth. Lui mi ascoltava quando dicevo di essere stanca e non mi irritava. Anche se attirava la stessa quantità di sguardi femminili dell'amico, nel suo caso però non mi dava fastidio.
«Posso farti una domanda...informatica?»
Eravamo nella saletta al piano inferiore. Dopo un'ora ad allenarci con i pesi aveva deciso di continuare le lezioni di difesa. Anche lui sapeva il fatto suo.
«Mh, si, credo.» Sorrise flebile. «Devi hackerare qualcuno?»
«Saresti in grado di farlo?»
Smise di sorridere e si accigliò leggermente, tirandosi indietro i capelli scuri. «Cosa vuoi sapere?»
«Ecco.» Iniziai a camminare. «È successa questa cosa strana alla mia amica Winter.»
Lui se ne stava a braccia conserte davanti a me e mi scrutava con attenzione.
«Qualcuno le ha scritto con un numero che in realtà apparteneva ad un'altra persona.» Snocciolai piano. «Secondo te, è possibile risalire all'indirizzo del dispositivo che ha finto di essere quel numero?»
«Be'.» Tossì. «Per essere possibile, si lo è, ma devi essere molto esperto.»
«E tu saresti in grado?»
«Mi reputi cosi esperto?»
«Hai hackerato il sistema della Columbia per scoprire in quale camera dormisse la mia amica e trovare me.»
Accennò un ghigno. «Sono bravo, lo ammetto.»
«Quindi, puoi aiutarmi?»
«Ma non così bravo.»
Le mie spalle si abbassarono mentre espiravo demoralizzata.
«Le è successo qualcosa? A causa di quel messaggio.» Domandò.
Agitai una mano e mentii. «Niente di importante.»
«Sicura?» Fece un passo verso di me.
Il cuore prese a battere più veloce. Ero così stanca di mentire ma non potevo dire la verità. Non potevo rischiare di mettere in pericolo qualcuno.
Sentii di non riuscire a trattenere ciò che provavo e senza pensarci mi tuffai verso di lui, allacciando le braccia dietro al suo collo e stando in punta di piedi. Chen non ci impiegò più di un secondo ad abbracciarmi e lasciai andare un sospiro tremante mentre stringevo gli occhi.
«S-scusa. Ne avevo bisogno.» Mormorai flebile.
Una sua mano mi accarezzò la schiena e non mi allontanò.
Era da una settimana che desideravo un abbraccio del genere, sapevo che se fosse stato di un'altra persona sarebbe stato totalmente diverso ma riuscii a sentirmi meglio anche tra quelle braccia.
«Sicura che vada tutto bene?»
«S-si...» Soffiai. «No. È successo q-qualcosa.»
Inspirò e premette le labbra sulla mia testa.
«Qualsiasi cosa sia, non devi preoccuparti. Capito, Peach?» Parlò con sicurezza.
«Non capisci.» Scossi la testa e una lacrima calda rigò la mia guancia. «Non puoi capire.»
«Hai paura che qualcuno ti possa fare del male?»
«Si.»
Sciolse l'abbraccio e mi afferrò le braccia per tirarmi indietro e costringermi a guardarlo.
«Nessuno ti farà del male.» Disse. «Nessuno.»
Era dolce da parte sua consolarmi in quel modo ma non sapeva ciò che era successo, se l'avesse saputo, non avrebbe detto quelle parole con così tanta sicurezza.
Abbozzai un sorriso solo per farlo contento.
«Se ti fa stare più tranquilla, Seth è un coglione ma non permetterà a nessuno di farti del male.»
«Seth non deve saperlo.» Aggrottai la fronte. «Forse mi sopravvaluto troppo, ma temo di quello che potrebbe fare.»
Sorrise dolcemente e mi strinse nuovamente in un abbraccio.
Chiusi gli occhi mentre premevo la guancia su di lui.
«Sei una brava persona, Peach.» Mormorò.
Non lo ero, pensai.
«Ti voglio bene, Chen.»
«Anche io. Ricordatelo.»
Δ
Ero nervosa. Non ero mai stata cosi nervosa di partecipare ad una festa della Delta.
Sapevo di essere lì solo per cercare Seth e per questo non mi ero nemmeno impegnata nel vestirmi bene, a differenza di Zara e Phoebe che erano in tiro per la serata. Indossavo dei jeans flare e una maglietta a maniche corte un po' corta e aderente.
Si stava avvicinando marzo e questo significava anche il ritorno della bella stagione. Le temperature non erano alte di sera ma non faceva più quel freddo atroce e per questo il giardino d'ingresso era già parecchio occupato, l'alcool nei bicchieri di quei gruppi di ragazzi aiutava il corpo a scaldarsi.
Entrai in casa. Zara raggiunse il suo ragazzo nel giardino sul retro mentre io e Phoebe decidemmo di scioglierci con un po' di tequila. Non la smettevo di guardare a destra e a sinistra e lei se ne accorse.
«Sei strana ultimamente.» Disse sospettosa. «Chi cerchi?»
«Seth.» Svelai e mi appoggiai al muro alle mie spalle. «È da una settimana che non si fa vivo. Mi ignora.»
«Oh. Strano. Venerdi scorso vi siete visti no?»
Quasi mi strozzai mentre ingoiavo un sorso. «Si, esatto.» Mentii. «E poi, è sparito ma ora dovrebbe essere tornato.»
«Vuoi andare a cercarlo?»
«No, tranquilla.» Le afferrai la mano per provarla al centro del soggiorno insieme al resto della folla. «Balliamo!»
La tequila aiutò i miei nervi a sciogliersi e ad abbandonare il pensiero di Seth per un po'.
Ad un certo punto, scorsi Chen con Zack sui divanetti, mi salutò sollevando un bicchiere rosso e il ricambiai il gesto sorridendo.
«Anche lui è molto bello.» Disse Phoebe al mio orecchio, la voce alta per sovrastare la musica.
Lanciai un'occhiata alle mie spalle per scrutare Chen che ora stava parlando con la stessa ragazza che avevo visto in biblioteca.
«Lo è.» Confermai. «Ed è anche bravo.»
Lei sgranò gli occhi e la bocca. «Che cosa?! Stai scherzando? Nixon e Wang? Sul serio?!»
Arrossii e agitai una mano. «Con Chen è successo per...un motivo diverso. Non c'è niente tra noi.»
Ammiccò. «Uh, quindi con Nixon c'è qualcosa?»
«Lo credevo.» Ammisi perdendo la sicurezza nella voce. «Ma penso sia stato uno sbaglio crederlo.»
Lei captò il mio cambio di umore e mi strinse una spalla. «Vai a cercarlo.»
«Cosa? No. Se è qui, sa perfettamente che ci sono anche io e sa che dovrebbe smetterla di ignorarmi.»
«È un uomo, tesoro.» Scrollò le spalle. «Perciò, è un coglione. Vai a cercarlo e parlagli.»
«Non voglio lasciarti sola.»
Sorrise maliziosa. «Non preoccuparti, ho già adocchiato qualcuno di interessante con cui passare il tempo.»
«Sicura?»
«Vai e fagli il culo.»
Abbozzai un sorriso e alla fine mi arresi. A differenza di quella settimana, ora sentivo la sua presenza. Sapevo fosse qui ma non capivo dove. Non volevo chiedere a Chen, inoltre non volevo più disturbarlo con quella ragazza.
Uscii dal soggiorno e guardai le scale. Qualcosa mi diceva che non era in camera sua, non poteva esserlo. Andai a cercarlo in giardino ma non lo vidi, fuori c'erano Derek e Penelope che giocavano con alti a beer pong ma di lui nessuna traccia.
Forse era davvero in camera?
«Collins, ehi!» Lo fermai appena mi passò vicino.
Aveva un braccio intorno ad una mora con un seno molto abbondante e il rossetto sbavato.
«Hai visto Seth per caso?»
«Penso sia in taverna.»
«Oh, grazie.»
Mi affrettai ad uscire dalla casa. Non avevo pensato alla taverna, eppure ero anche passata davanti alla porta chiusa in corridoio.
Scesi i gradini del porticato e mi diressi a destra. Seguii le indicazioni di Collins e mi ritrovai a scendere le scale esterne che conduceva alla seconda porta della taverna.
Il fatto di trovare la porta accostata mi distrasse da certi rumori che se avessi fatto attenzione li avrei riconosciuti subito.
Purtroppo avevo già aperto la porta e i miei occhi non potevano più dimenticare ciò che avevano visto.
Fu come fare un passo nel burrone. Il mio stomaco precipitò causandomi un capogiro e mi aggrappai alla maniglia, arrestando i miei passi di colpo. Restai immobile, ammutolita, perché non pensavo di trovarmi di fronte a quello.
Forse sarebbe stato meglio se non l'avessi trovato.
Il mio cuore sarebbe ancora intatto.
Katy Anderson era piegata contro il biliardino, nuda, i palmi aperti sulla superficie verde, gli occhi socchiusi dal piacere, la testa reclinata e i capelli biondi disordinati. La bocca si apriva in suoni indecenti e la causa era proprio lui.
Seth era alle sue spalle, le sue mani le stringevano la vita da vespa mentre affondava in lei con veemenza.
I nostri occhi si incrociarono e non ci lessi nulla se non vuoto. La mia vista gli causò una reazione di rabbia, aumentò la velocità, aggrappandosi con forza su di lei e, facendola gridare dal piacere.
A quel punto indietreggiai e chiusi la porta, sbattendola di scatto.
Rimasi ferma per qualche secondo ad elaborare ciò che non avrei mai pensato di assistere quel giorno. Ora riuscivo anche a sentire le grida di piacere di lei.
Appena lo elaborai avvertii una stretta alla gola che mi rese difficile respirare. Salii in fretta le scale e mi premetti una mano allo stomaco mentre cercavo di fingere una postura naturale. Il mio corpo era rigido quanto un blocco di ghiaccio.
Fissai davanti a me con occhi sgranati e lucidi. Sentivo le lacrime minacciare di uscire ma non le lasciai andare. Affondai le unghie nei palmi e feci dei profondi respiri mentre mi allontanavo da quella casa, fingendo di star bene quando in realtà avevo appena sentito il mio cuore frantumarsi.
Idiota, mi dissi, che grandissima cogliona.
Nessuno si accorse di me o del mio stato e non sapevo se esserne felice o amareggiata. Se io avessi visto una ragazza nel mio stato, sarei andata a chiederle se stesse bene.
Ignorai quel pensiero e camminai rapidamente sul marciapiede. Appena chiusi gli occhi un paio di lacrime sfuggirono al mio controllo e le asciugai prima che potessero fare il loro tragitto e bruciarmi la pelle.
Mentre io mi tormentavo per lui, lui stava scopando un'altra.
Dio, che stupida...
«Nyxlie!»
Mi voltai di scatto al suono di quella voce.
«Non ti avvicinare! Non mi toccare!»
Aveva osato anche seguirmi?
Serrai i denti e respirai con affanno mentre lui rallentata il passo per fermarsi ad un paio di metri da me. Un lampione ci illuminava dall'alto. La musica della festa era un sottofondo da scena dei film.
Si era infilato i jeans e la camicia era rimasta sbottonata. Aveva i capelli scompigliati e la pelle del torace ancora lucida dallo strato di sudore.
«Perchè?» Chiese, come allarmato.
Risi freddamente. «Perchè? Eri dentro Katy Anderson fino a neanche cinque minuti fa, ecco perchè!»
Rilassò le spalle con un sospiro. Mi accigliai a quella reazione. Si aspettava un'altra risposta?
Si passò una mano tra la massa di ricci disordinati. «Perchè te la prendi?»
Perché me la prendevo? Sbuffai in un sorriso e mi morsi il labbro, scuotendo la testa avvertendo le lacrime pronte ad uscire. Aveva ragione. Perché? Non stavamo insieme. Non eravamo nessuno. Poteva farsi chi voleva. E allora perché me la stavo prendendo? Perché faceva male?
«Sei sparito.» Risposi, invece. «Sei sparito per tutta la settimana. Mi hai ignorata per tutta la settimana e ora torni, non ti fai vivo, e ti trovo mentre stai scopando un'altra.»
«È una scenata di gelosia, Peach? Perché non sei nessuno per farlo.» Mi beffeggiò tagliente.
Una rabbia improvvisa irruppe ancor prima del dolore di quella freddezza.
Mi scagliai contro di lui e lo spinsi, spingendolo i miei palmi contro il suo petto nudo.
«Si può sapere che cazzo ti problemi hai?!» Sputai, le lacrime erano agli angoli dei miei occhi. «Cos'è che ti ho fatto, eh?! Era un gioco? Hai fatto una cazzo di scommessa con i tuoi amici? Perché, Seth? Perché fai così? Perché mi vuoi far impazzire e soffrire in questo modo?»
Sfogai tutta la frustrazione, la rabbia di quei giorni, la paura...sfogai ogni cosa che avevo provato su di lui. In quelle spinte che non lo stavano spostando di molto.
E lui rimase lì, impassibile, a fissarmi.
Mi stava almeno ascoltando?
«Io e te abbiamo solo scopato--»
«Vaffanculo, Nixon.» Gli puntai un dito al petto. «Vaffanculo.»
Scosse la testa con sorriso annoiato e alzò la testa. «Ti avevo avvertita. Te l'ho sempre detto.»
«Già.» Trattenni di piangere. «Mi hai sempre detto di essere uno stronzo, un bastardo, un egoista...ma hai iniziato a dire anche altro. Quello non contava?»
Un muscolo guizzò sulla sua mascella. «Potrei averlo fatto solo per riuscire a scoparti.»
Una seconda accoltellata affondò nel mio petto, la prima era stata aprire quella dannata porta.
«Era così?» La gola mi faceva male ma riuscii a tenere la voce solida. «Era solo quello il tuo intento?»
Non rispose. Rimase immobile a fissarmi, gli occhi spenti e vuoti.
Sbattei le palpebre. «Sei fatto?»
«Se non lo fossi, non sarei qui.»
«Con me non lo sei mai stato.» Significava qualcosa, no?
Accennò un sorriso privo di sentimento e alzò le spalle. «Sapevo che me lo sarei dimenticato a prescindere.»
Terza accoltellata. Era bravo, dannatamente bravo.
Scossi la testa nonostante tutti gli schiaffi che mi stava dando. Perché volevo farmi umiliare ancora?
«Cos'è successo, Seth?» Ingoiai un groppo infiammato e spinoso. «Te ne sei andato dicendo che ti dispiaceva e ora--ora mi tratti così? Perché?»
Il suo volto si oscurò. «Perchè non lo capisci? Volevo solo scoparti. L'ho fatto e ora è finito tutto. Sei stata una mediocre scopata e ora non mi interessi più.»
Ignorai la freddezza e la scelta delle sue parole crudeli e nauseanti.
«Volevi solo scoparmi e mi hai portato a casa tua?» Mi accigliai, alzando un po' la voce. «Mi hai dovuto parlare di te stesso per scoparmi?»
«Non vai con chi non conosci, no?»
Sbattei le palpebre. L'aveva...l'aveva fatto davvero per quello?
«Tu mi hai detto--»
«Cristo, Nyxlie. Non devi prendere tutto seriamente! Smettila di analizzare le cose e impara ad accettare la realtà che ti sto dicendo: volevo solo scoparti, l'ho fatto e ora non ti voglio più.»
Non dovevo piangere. Non dovevo mostrarmi debole perché non se lo meritava. Ma alla fine, lui era sempre stato onesto sul fatto di non voler nulla se non delle scopate occasionali. Ero io che avevo iniziato a farmi troppi film, troppe aspettative, a leggere tra le righe quando invece dovevo affidarmi solo a quello che diceva, a legarmi a lui, a...
«Cos'hai fatto?» Chiesi, tirando su col naso e sbattendo le ciglia bagnate.
Solo in quel momento mi ero accorta che avesse dei piccoli tagli sul petto; feci scendere gli occhi, ne trovai anche sull'addome, sui fianchi...erano visibili perché erano sulla porzione di pelle non tatuata. Erano taglietti freschi, si vedevano ancora piccoli e brevi rivoli di sangue.
Sollevai una mano per sfiorarne uno vicino alla clavicola e lui mi bloccò il polso con una velocità e presa ferrea che mi fecero sussultare. Era furioso.
«Smettila di preoccuparti per me, cazzo!»
Deglutii. «Sei ferito. Perché?»
Si allontanò di qualche passo, tirandosi indietro i capelli e passandosi una mano sul volto con fare nervoso.
«Perchè? Perché nonostante ti stia trattando di merda non riesci a vedermi per quello che sono?!» Sbottò, indicandosi con le mani mentre il suo volto si contorceva in una smorfia di rabbia. «Devi allontanarti da me. Io non vado bene per te. Io non vado bene per nessuna, ma con te? Cazzo, è pura follia.»
«Non ti vedo per quello che sei perché non so chi sei.» Mormorai. «Prima mi tratti bene e ora...» E ora mi stai uccidendo.
Si avvicinò con grandi falcate e mi afferrò il volto tra le mani. La presa era sicura. Disperata. Mi aggrappai ai suoi polsi. Incatenò gli occhi nei miei e io mi feci forza nel non piangere.
«Sono un figlio di puttana, okay?» Soffiò rauco e duro. «E tu sei troppo buona per me, Principessa. Sei semplicemente troppo.»
«Avevo b-bisogno di te in questi g-giorni...»
Non avevo nemmeno idea del perchè glielo avessi detto.
«Lo so.» Strofinò un pollice sotto il mio occhio destro per recuperare una lacrima. «Lo so. E non c'ero. Per questo non puoi cercare me, lo capisci? Io non sono quel genere di ragazzo.»
«Ti s-sei avvicinato solo per quello, davvero?» Mi morsi il labbro per non singhiozzare.
Serrò i denti e alternò lo sguardo nei miei occhi, come per avere la certezza che lo stessi ascoltando. «Non c'è niente e non ci sarà niente tra noi. Mai.»
Ora te ne puoi andare. Sei stata umiliata abbastanza.
«Non piangere per uno con me.» Mi asciugò le lacrime. «Non ne vale la pena.»
Vattene. Non restare qui a fargli vedere quanto ti ha ferito.
Eppure, non riuscivo a capacitarmi che quella fosse davvero la verità. Non poteva essere così. Doveva essere successo qualcosa.
«Okay.» Mi allontanai da lui e ripetei. «Okay.»
Mi sentivo disorientata ma allo stesso la mia testa puntava a voler dimenticare quella conversazione, quello che avevo visto in taverna.
Feci un profondo sospiro e lo superai. «Addio, Nixon.»
Dimenticare.
«Dove vai?» Chiese alle mie spalle.
Mi voltai e indossai la maschera migliore che potessi avere. «C'è una festa, no? Vado a divertirvi. Buona serata.»
E con quello tornai in casa.
Chen
Conoscevo Seth da quando eravamo bambini. Eravamo cresciuti insieme. Era stato il mio primo vero amico. Lui sapeva ogni cosa di me e io sapevo ogni cosa di lui. Tra noi non c'erano mai stati segreti e a costo di far volare qualche pugno e insulto, ci dicevamo sempre tutto. Lo consideravo come un fratello e avrei fatto qualsiasi cosa per lui, avrei preso un proiettile per lui e sapevo che l'avrebbe fatto anche lui per me.
Seth era sempre stato un tipo complicato sulla parte affettiva. Non l'aveva mai ricevuto dai suoi genitori, l'unica persona a cui aveva voluto bene era stata sua sorella. La sua morte, tutto quello che c'era stato attorno, lo aveva davvero cambiato. Diceva di non poter e non saper amare ma semplicemente lo mostrava con i suoi modi. Sapevo che volesse bene a tutti noi: Pen, Derek e Zack. Magari non lo diceva spesso ma eravamo una famiglia e il legame che ci univa era indistruttibile.
Seth era sempre stato una persona sicura di sè. Non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno fin da piccolo ed era meglio non parlargli quando era incazzato. Aveva sempre la risposta pronta e non si faceva problemi a dirti la verità in faccia, anche se faceva male.
L'aria da ragazzo freddo che sapeva scopare, aveva fatto breccia in molti cuori durante gli anni ma il suo era sempre rimasto intatto e rinchiuso in una gabbia di cemento e ghiaccio, lontano da tutto. Effettivamente non avevo mai visto nessuna catturare il suo interesse e questo era diventato ancora più improbabile quando avevamo deciso di indossare delle maschere e trasformarci in giustizieri.
Capivo il suo punto di vista e lo condividevo, tutti noi lo condividevamo. Era impossibile per noi avere una relazione normale, avrebbe sempre avuto alla base una bugia e non potevamo non mentire. Per quattro anni nessuna ragazza (o ragazzo per Penelope) aveva mai messo in dubbio questa decisione e ogni volta cercavamo di essere onesti: solo sesso.
Però, questa regola era stata scombussolata quando aveva deciso di avvicinarsi alla figlia di colui che gli aveva portato via l'unica persona che avesse mai amato in modo incondizionato. Come dicevo, io sapevo tutto di Seth, a volte lo capivo meglio di quanto sapeva fare lui con se stesso, e in questo caso sapevo che avrebbe fatto un'enorme cazzata con lei.
Nello scendere le scale dopo aver fatto un salto in camera mia con Janette -una mora con delle tette da paura che mi aveva fatto un pompino formidabile in biblioteca e che ora aveva avuto in cambio una indimenticabile scopata sulla mia scrivania- avevo visto Nyxlie entrare come una furia in casa mentre si passava le mani sulle guance. Si stava divertendo con Phoebe finchè non era scomparsa e poi ero scomparso anche io per cui non ci avevo più pensato.
Mi affrettai a raggiungerla perchè qualcosa mi diceva che la ragione fosse un certo coglione che conoscevo molto bene.
«Peach?» La chiamai appena entrai in cucina.
Stava rovistando tra le decine di bottiglie d'acool sull'isola.
Il suo sguardo si inasprì quando mi vide. «Sparisci.»
Entrai con calma. «Cos'è successo? Hai pianto.»
Sembrò trovare ciò che stava cercando: una bottiglia di vodka mezza piena.
«Non voglio parlare con te.» Sputò, versando il contenuto in un bicchiere di carta pulito. «Anzi, non voglio nemmeno vederti. Entrambi potete andare a 'fanculo per il resto della vostra vita.»
Cazzo. Lo sapeva? No. Non poteva reagire così a quella notizia e poi, come avrebbe fatto a scoprirlo?
Sospirai e mi tirai indietro i capelli. «Cosa avrei fatto io?»
Ingoiò di botto quello che saranno state almeno tre dita di vodka e mi rivolse uno sguardo sprezzante.
«Tu sei il suo migliore amico. Quindi sapevi quali fossero le sue intenzioni e tenendo conto che sei riuscito anche tu nell'intento, be', complimenti ma vaffanculo.»
Speravo che la confusione sul mio volto potesse farle capire che non avevo idea di cosa stesse parlando ma invece mi lanciò un'occhiata d'odio e fece il giro dell'isola per poi superarmi.
Che cazzo aveva fatto e detto quel coglione?
Le afferrai il braccio e lei strattonò via la presa. «Non toccarmi! Voi siete due grandissimi stronzi.» Mi puntò il dito contro mentre gli occhi le si fecero ancora lucidi.
«Peach--»
«Nyxlie.»
Incassai il colpo. Si, gli avrei spaccato la faccia. Inspirai e mantenni la calma. «Nyx, giuro che non so di cosa tu stia parlando. Cos'è successo?»
«Tu sapevi che mi stava ignorando, non è così?» Assottigliò gli occhi.
Cazzo. «Si, ma...»
Sbuffò e scosse la testa. «Pensavo fossi davvero mio amico.»
«Sono tuo amico.» Replicai offeso. «E quello che ha fatto Seth non dovrebbe ricadere anche su di me.»
«Be', siete due bugiardi quindi sì. Stammi bene, Chen.»
Si girò nuovamente e questa volta non la toccai ma prima che potesse uscire dalla cucina mi affrettai a raggiungerla per sfilarle la bottiglia di vodka dalle mani. Lei si girò imbronciata.
«La vodka l'ho pagata io.»
Ovviamente era una palla e lei lo capì. Mi fece il medio con entrambe le mani mentre indietreggiava.
Quando sparì dalla mia vista, chiusi gli occhi e rilasciai un profondo sospiro. Mi scolai un sorso di vodka per superare quella serata e lasciai la bottiglia sul tavolo.
Scorsi la sua figura con le sue coinquiline prima andare in taverna dalla porta in corridoio. Sapevo che sarebbe stato qui e infatti lo trovai stravaccato sulla poltrona, con la camicia sbottonata e mentre fumava una canna. Aveva un'espressione che avrei riconosciuto anche ad occhi chiusi.
«Con chi?» La mia voce era più dura del previsto.
«Katy.» Rispose prima di farsi un tiro.
«Cristo.» Scossi la testa. «E lei ti ha visto?»
Non rispose, il che lo presi come un'affermazione.
«E tu con chi?» Chiese, analizzando il mio aspetto. «Quella della biblioteca? Ha delle belle tette.»
«Parla ancora e ti spacco la faccia.»
Alzò le mani. «Scusa. Off-limits, okay--»
«Non per quello!» Sbottai. «Che cazzo è successo con Nyxlie?»
Espirò e serrò i denti, guardando a terra. «Quello che doveva succedere.»
«L'hai ferita.»
«Si.» Sollevò lo sguardo. «Esattamente come le avevo detto sarebbe successo. Semplicemente lei non ci ha mai creduto.»
«Sei un coglione.»
«No, sono un assassino.» Disse monocorde. «E lei pensa io sia un qualsiasi ragazzino con un passato difficile.»
«Cosa le hai detto?»
«Che volevo solo scoparla e che ora non mi interessa più.»
Mi passai una mano sul viso. Ora capivo perché fosse incazzata anche a me. Pensava che avessi agito come lui.
«Smettila.» Scattò.
«Di fare cosa?»
«Di giudicarmi.»
«No. Sei stato un coglione e pezzo di merda. E ti giudico quanto cazzo mi pare.»
«Che cazzo dovevo fare?» Scattò, parandosi davanti a me.
Aveva le pupille dilatate e gli occhi rossi. Drogato e fatto. Ottimo.
«L'abbiamo rapita, Chen.» Sibilò. «Era terrorizzata. Pensava le sarebbe successo qualcosa. Pensava che io l'avrei fatto del male.»
«Non è--»
«Siamo sempre noi, cazzo!» Fece l'ultimo tiro e poi la spense contro al posacenere sul bracciolo del divano e prese a camminare avanti e indietro. «Siamo sempre noi dietro le maschere. Non posso starle vicino, lei non lo vorrebbe. Mi odierebbe se sapesse la verità e lo sai. Si schiferebbe se sapesse che le mani che uso per toccarla sono le stesse che hanno torturato quei bastardi.»
Seth faceva molte cose d'impulso ma dietro a quello c'era sempre una fredda lucidità che lo spingeva a compiere certe scelte.
Non potevo dargli torto. Ricordavo bene anche io lo sguardo terrorizzato di quando eravamo entrati per sedarla e farla addormentare. Le urla che ci pregavano di non farlo perché non sapeva cosa le avremmo fatto davvero. Ed era anche per questo che quando l'avevo vista in biblioteca mi ero lasciato prendere dal panico. Mi sentivo in colpa ad aver agito in quel modo con lei. Si vedeva che l'esperienza l'aveva traumatizzata e questo faceva male. L'abbraccio di quel pomeriggio lo comprendevo. Aveva bisogno di qualcuno che la reggesse. Avrebbe voluto fosse Seth, lo percepivo, ma mi aveva fatto piacere che si fosse lasciata andare anche con me, che avesse chiesto anche il mio aiuto.
Si grattò la testa e la camicia si aprì più di prima. Solo da quella vicinanza lo notai.
«Era da un po' che non lo facevi.» Dissi piano.
Sapeva perfettamente di cosa stessi parlando.
«Sto bene.» Borbottò, strizzandosi gli occhi mentre si appoggiava al biliardino.
«Ci tieni a lei?»
«Non voglio essere psicanalizzato.»
«È una fottuta domanda.» Replicai esausto.
«Cosa cambierebbe sapere la risposta?»
Non risposi. Quello che stavo pensando era folle, lo sapevo bene, e probabilmente dalla mia espressione aveva già intuito.
Prima rise e poi si accigliò. «Stai scherzando spero.»
«Era solo un'idea.»
«Un'idea di merda.» Ribattè. «Abbiamo davvero solo scopato.»
Lo guardai annoiato. «Perchè vuoi mentire a me?»
Aggrottò la fronte e gesticolò. «Vuoi davvero che le dica la verità? Ti sei fumato qualcosa?»
«Dico solo che non ti sei mai comportato cosi con nessuna.» Spiegai. «È la prima volta che soffri per una ragazza.»
«Non sto soffrendo.» Sputò come se lo avessi offeso.
Inarcai un sopracciglio e guardai le piccole incisioni che aveva sul corpo.
Si rabbuiò. «Sai che non lo faccio per farmi male.»
«No, ma che tu lo voglia ammettere o no, ti fanno anche da trigger.»
«Non psicanalizzarmi.»
«Non è psicanalizzare, idiota. È parlare.» Alzai la voce perché mi stavo trattenendo dal non tirargli un pugno. «Vuoi negare il fatto che ti importa di lei? Che forse provi addirittura qualcosa per lei ma sei troppo spaventato e cazzone per ammetterlo? Che se dovessi vederla baciare un altro non ti darebbe fastidio?»
Serrò i denti e scrollò le spalle. «Può fare quello che vuole con chi vuole.»
«Sul serio?»
«Certo.» Si leccò le labbra. «È libera di fare quello che vuole.»
In quell'istante la porta dal corridoio si aprì e Zack scese qualche gradino finché non lo vedemmo bene in faccia. Si appoggiò al corrimano e guardò entrambi, per poi soffermarsi su Seth.
«Non so cosa sia successo ma penso che Blake non regga bene l'alcool.» Disse. «Sta per fare uno spogliarello sul tavolo.»
Cazzo. Però, sorrisi. «Non devi dirlo a Seth. Ha detto che gliene frega un cazzo e può fare--»
«Chen, porca puttana, vai a fermarla.»
«Perchè? È maggiorenne.»
Se fosse stato in grado di uccidere con lo sguardo sarei cenere al momento.
«È ubriaca. Non sa che cazzo sta facendo. Devi fermarla.»
«Be', per colpa tua ce l'ha anche con me.»
«Non me ne fotte un cazzo. Torna su e toglila dal tavolo.» E aggiunse quando vidi che non mi mossi. «Se non lo fai, sarò costretto a spaccare la faccia di tutti quelli che sono con lei al momento.»
«Tipico atteggiamento di uno a cui non importa.»
«Cristo, quanto sei irritante.» Sbottò e mi superò. «Per favore, puoi toglierla da quel fottuto tavolo e portarla a casa? Grazie.»
Lanciai un'occhiata a Zack. Anche lui era sorpreso per quella finta calma e gentilezza.
Lasciai Seth con l'argomento in sospeso e corsi di sopra. La folla si era riunita in soggiorno, e per folla intendevo tutti i ragazzi arrapati della casa.
Vedevo le guance rosse di Nyxlie fin da qui. Aveva sbottonato i pantaloni e rigirato l'orlo cosi da far intravedere il fiocchetto delle mutandine. Tutti quelli attorno al tavolo stavano sbavando come dei cani affamati e pensai che avrei aiutato volentieri Seth a spaccare loro la faccia.
Mi feci largo tirando qualche spintone e appena arrivai sotto di lei vidi Zara e Phoebe al mio fianco.
«Ehi! Devi aiutarci. Non sappiamo cosa le è preso!» Urlò Phoebe per sovrastare la musica.
«Perchè sei qui?» Sentii dire dalla sua voce biascicante e arrabbiata.
Sospirai e appoggiai le mani sul tavolo. Lei mi guardava con il peso del corpo su un fianco, le braccia incrociate e un broncio tenero e ubriaco.
«Non sai cosa stai facendo. Scendi, dai.»
«Sto per dare un magnifico show a tutti loro.» Aprì le braccia con fare teatrale e il branco di cani fischiò e applaudì.
Sorrise mordendosi il labbro e poi si girò su se stessa mentre afferrava il lembo della maglietta. A quel punto saltai sul tavolo sperando non si rompesse e le afferrai i polsi. Tutti mi fischiarono e insultarono ma li ignorai.
I suoi occhi stavano annegando nel dolore e nell'alcool.
«Sei incazzata con lui e lo capisco ma non vuoi spogliarti davanti a questi allupati.»
«Almeno loro non fingono di volere altro.» Sibilò.
Dio santo.
«O scendi tu o ti trascino giù io.»
«Vuoi davvero privarli di una bella vista?»
«Se lo fai, sarai tu a privarli della loro vista per sempre.»
«Faccele vedere, forza!»
«Cosa aspetti? Andiamo!»
«Levati, Wang!»
Alla fine la caricai sulla spalla e lei scacciò un urlo. Scalciò e si dimenò insultandomi ma la lasciai fare, i suoi colpi erano solletico.
Mi beccai vari buu dalla folla e li mandai gentilmente a 'fanculo mentre uscivo dalla casa seguito anche dalle sue coinquiline.
«Dio, si può sapere che ti è preso?!» Esclamò Phoebe.
«Seth è un coglione.» Dissi solamente, sperando arrivassero alla conclusione da sole.
«Non voglio sentire il suo nome! E tu lasciami! Non voglio nemmeno parlare con te!»
La mollai sul muretto del recinto della casa e lei si indispettì mentre si sistemava i capelli arruffati.
«Puoi stare ferma qui? Vi riporto a casa.» Guardai lei e poi le due ragazze al suo fianco.
«Resterà qui.» Mi assicurò Zara.
«Bene.» Sospirai e tornai a guardarla. «Sistemati i jeans.»
«Mi piacciono così.» Schioccò. «Sono ad accesso libero. Cosi nessuno perde mesi a rifilarmi cazzate solo per ottenere una cosa.»
Aprii bocca per ribattere ma decisi che al momento sarebbe stato inutile. Era ubriaca ed era ferita. Una combo letale.
Rientrai in casa e corsi al piano di sopra per andare a prendere le chiavi della mia macchina. Aggrottai la fronte quando trovai Seth al mio computer.
«Che stai facendo?»
«Hanno pubblicato delle storie mentre si sbottonava i pantaloni.» Disse senza togliere lo sguardo dal computer, continuando a schiacciare dei tasti. «E lei stessa ha fatto una storia mentre avvertiva che avrebbe fatto uno spogliarello.»
Recuperai le chiavi dalla scrivania e mi fermai dietro di lui. Se la stava cavando molto bene con quello che stava facendo.
«Sono orgoglioso di te.» Gli diedi una pacca sulla spalla. «Non supererai il maestro ma qualcosa hai imparato.»
«Levati dai coglioni e portala via da qui.»
Sospirai e poi uscii dalla stanza.
Trovavo molto più facile uccidere qualcuno che occuparsi di una ragazza col cuore spezzato.
S/A.
Ehilà 🍑🖤
Spero non partano denunce nei miei confronti 👀🫶
➡️ Seth ha fatto quello lui riteneva giusto e andando ad analizzare potrebbe essere davvero comprensibile. Certo, avrebbe potuto non scopare con Katy e ignorare Nyxlie per una settimana...
➡️ Non prendetevela con Nyxlie, era ubriaca e triste🥺
➡️ Chen diventerà il nostro salvatore💛
➡️ I tagli su Seth verranno approfonditi
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