Capitolo 22

Bum bum bum!

Mi svegliai di soprassalto e non fui l'unica. Incrociai lo sguardo assonnato e confuso di Chen dall'altra parte del letto. Un momento, letto? Ero sicura di essere andata a dormire sul divano. Girai la testa con ancora il sonno appiccicato sulle palpebre per vedere Seth togliersi la coperta e mettersi seduto mentre si passava una mano sul volto.

La persona fuori dalla porta bussò ancora ma quando parlò riuscii a dire un nome a quella persona.

«Nyxlie Blake! Hai un minuto per aprire questa porta!»

Mia madre.

«Cazzo.» Sussurrai nel panico e uscii dal caldo di quelle coperte.

«Come fa a sapere che sei qui?» Domandò Chen, scendendo anche lui dal letto.

«Non lo so.» Dissi sincera e andai di fretta verso la borsa sul tavolo, ignorando Seth che si era alzato ed era solo con un paio di boxer.

Tirai fuori il telefono e vidi diverse chiamate di Winter e dei messaggi di non molto tempo fa. Mi stava avvisando che mia madre sapeva dove fossi.

«Sul serio? Non sai proprio chi possa essere stato?» Parlò Seth con una fredda ironia.

Inspirai a fondo, bloccando il telefono. William.

«Cosa faccia--»

Le parole di Chen furono bloccate quando sentimmo la serratura scattare e la porta spalancarsi di colpo. Ero in linea d'aria con quella e incrociai lo sguardo di probabile receptionist e subito dopo mia madre entrò fulminea con uno sguardo furente.

«Chi le ha dato il permesso di entrare?» Parlò Seth con evidente irritazione.

«Non ho bisogno del permesso di nessuno dato che avete qui mia figlia.» Sputò guardando prima lui e poi Chen che si trovava in piedi contro la parete vicino al letto. Almeno lui indossava una maglietta e dei pantaloncini.

Avanzai verso di lei. «Mamma--»

Lo schiaffo che ricevetti non lo vidi nemmeno partire. Lo sentii, però. Sentii il bruciore e gli spilli sulla mia guancia che si era anche voltata dalla forza con cui l'aveva tirato. Sgranai gli occhi, portando una mano sul volto e ricacciai dentro le lacrime per il dolore e la vergogna.

«Non parlare.» Mi puntò un dito contro. I suoi occhi chiari sputavano veleno. «E così che passi il tuo tempo in quell'università? Apri le gambe a questi pezzenti?»

«Possiamo abbassare i toni?» Intervenne Chen.

«E le mani.» Aggiunse Seth tagliente.

Mia madre guardò entrambi con fare sprezzante ma non sprecò fiato con loro, piuttosto si rivolse ancora a me. «William mi ha detto anche come ti sei comportata ieri sera. È inaccettabile questo tuo comportamento e ringrazia che non ne farò parola con tuo padre.»

«Non ho fatto--»

«Non parlare. Quando hai finito di fare la sgualdrina con questi scappati di casa, vestiti e torna immediatamente in camera tua. Tra un'ora si parte.»

Mi abbracciai e la guardai con un nodo in gola e la voglia di urlare. Lanciò il suo ultimo sguardo di disprezzo a tutti quanti e poi si voltò, raggiungendo a grandi falcate l'uscita. Sbattè la porta alle sue spalle e io tornai a respirare. Dio, che bell'inizio anno. Evitai i due ragazzi e mi decisi a seguire le parole di mia madre, afferrando il mio vestito sullo schienale della sedia ma i miei gesti vennero bloccati da una mano.

«Guardami.»

«Devo andare, Seth.» Soffiai debole. «Lascia--»

«Ho detto guardarmi.» Il tono perentorio e roco mi fece vibrare le budella.

Deglutii e sollevai piano il mento, incrociando i suoi occhi neri e taglienti. L'attenzione gli cadde sulla guancia sinistra e serrò i denti. Sfiorò con le dita il segno rosso ancora scottante con delicatezza.

«Ti ha colpito e ti ha insultato.» Fissò la mia guancia come se stesse cercando un modo per cancellare quel segno.

«Niente di nuovo.»

I suoi occhi bui saettarono nei miei lucidi e lampeggiarono di rabbia. «Come scusa?»

Provai ad allontanarmi ma lui mi afferrò il polso senza farmi male e io tremai sotto quello sguardo ammonitore.

«Non azzardarti ad andartene.»

«Devo farlo.»

«Non decide per te, Blake.» Disse mantenendo la calma. «Hai vent'anni, hai tutto il diritto di scegliere per te.»

«Non...non capisci, Seth.» Ingoiai il groppo in gola.

«Dimmi perché dovrei lasciarti andare dopo aver visto come ti ha trattata.»

«Perchè è cosi che funziona nella mia famiglia.»

La mia risposta non gli piacque ma non potevo cambiarla. Quella era la verità. Afferrai le mie cose e sgusciai via da lui. Sarei uscita come se davvero avessi fatto qualcosa in questa stanza ma non volevo stare un minuto di più qui, non per colpa loro, ma non riuscivo più a stare sotto i loro sguardi. Mi infilai i tacchi anche se mi sarei sentita un'idiota ad andare in giro con quelli e una maglietta il doppio più grande di me. Avevo ormai raggiunto la porta sotto i loro sguardi attenti ma mi bloccai appena afferrai la maniglia. Mi girai. Chen si era seduto al bordo, i gomiti sulle ginocchia e Seth era appoggiato al tavolo con le braccia conserte e uno sguardo glaciale.

«Non fargli niente.» Mormorai. «Promettilo.»

Seth era imprevedibile ma altre era facile prevedere le sue mosse. Ero certa che sarebbe andato da William. E avevo sinceramente paura per lui.

Non rispose. Non accennò a nulla.

«Seth, ti prego.»

«Vai. Non voglio si arrabbi ancora.» Disse con una calma che non gli apparteneva.

Spostai gli occhi su Chen in cerca di aiuto ma anche il suo sguardo non era tanto diverso da quello dell'amico.

Quando uscii dalla camera avvertii un senso di disagio che si ampliò quando vidi a metà corridoio William. Stava tornando in camera e i nostri sguardo si incrociarono per un momento. Non sembrava dispiaciuto. Aveva più uno sguardo da 'cos'altro dovevo fare?', il che mi fece imbestialire solo di più. Azzardò a fare un passo verso di me ma io distolsi lo sguardo e avanzai in fretta verso l'ascensore. Ringraziai il cielo che si trovasse già lì ed entrai premendo il piano della mia stanza.

Winter aprì subito la porta appena bussai. «Ehi. Ho provato a inventarmi qualcosa ma William era qui nel corridoio e gliel'ha detto.»

«Bastardo.» Sibilai, entrando in camera.

«La tua guancia--»

«Lascia perdere.» Come avevo detto, non era una novità e lei lo sapeva.

Le dissi che saremmo dovuti partire a breve e in silenzio ci preparammo. La guancia mi bruciò per tutto il viaggio ma avevano fatto più male le sue parole, soprattutto perchè le aveva pronunciate davanti a loro, davanti a lui. E non credevo nemmeno le pensava sul serio, voleva solo umiliarmi perchè si era sentita umiliata lei. Il vero problema della sua rabbia derivava dal fatto che l'avessi colta di sorpresa portando Seth e Chen, dal fatto che che non mi fossi comportata come avrei dovuto durante la cena, e probabilmente Harold aveva anche riferito del mio rifiuto dell'invito a ballare. Era un mucchio di robe, di atteggiamenti che avevo e che lei non riconosceva come perfetti. Dovevo essere sempre impeccabile per loro, specialmente in situazioni come queste. E se negli anni indietro seguivo con più remissività quelle regole, ora stavo iniziando a ribellarmi perchè erano soffocanti e questo per lei era inaccettabile.

Non incontrai più gli occhi color pece di Seth e quando salii sull'aereo di ritorno in un meticoloso silenzio, chiusi gli occhi e lo sognai perchè per quanto insensato fosse quel pensiero, la sua immagine riusciva a calmarmi. Andai indietro con le ore, riavvolsi il rullino dei ricordi ed ebbi un sussulto quando sentii una fitta piacevole tra le cosce nel ricordo della notte scorsa.

Il mio volto bruciò e non era solo una guancia, era tutto. Mai avrei pensato di finire in una situazione del genere, in un gioco intricato di bocche e tocchi con due ragazzi che avrebbero tolto il fiato a chiunque. Di certo a me lo avevano tolto più volte. Il ricordo di come mi ero lasciata modellare dai loro sussurri, dalle loro carezze intense, mi faceva ancora arrossire. Al momento non realizzavo nemmeno, era tutto troppo surreale e perciò avevo lasciato che facessero quello che volevano, che volevo anche io. Aprii gli occhi con un lieve sospiro, muovendomi sul sedile, quando ricordai perfettamente la sensazione di Seth, il suo sapore, il modo in cui aveva invaso e preso la mia bocca. Sentii il cuore farsi rapido e affondai le unghie nel bracciolo mentre fissavo la distesa azzurra fuori dal finestrino e ricordavo...

Avevo la mente completamente svuotata da ogni pensiero perché al momento c'era solo lui. Letteralmente. Affondava nella mia bocca con un controllo, percepivo che avrebbe voluto spingersi oltre ma non osava. Era tutto così nuovo per me e lui doveva averlo capito. Entrambi lo avevano capito, però mi stavano distruggendo lo stesso.

Chen era tra le mie cosce e io tra quelle di Seth mentre le sue mani non lasciavano un secondo il mio seno nudo e sensibile. La posizione era scomoda ma il modo in cui riusciva a spingersi col bacino nella mia bocca era qualcosa che mi faceva ruotare gli occhi dal piacere. Tuttavia, la grandezza di ciò che era, era qualcosa su cui dovevo abituarmi e fino al momento stavo scaricando la tensione nelle sue cosce allenate con le mie unghie.

La mia gola vibrava quando riuscivo a gemere per il tocco della lingua esperta di Chen che affondava in me e questo sembrava aumentare la voglia di Seth di scoparmi con più forza ma si tratteneva e allora mi stringeva e pizzicava con più decisione le punte dure dei miei seni. Avevo i sensi che sfioravano un limbo che non avevo mai raggiunto. Quasi etereo. Infernale. E mi trascinavano velocemente su tanto quanto velocemente mi facevano precipitare. Era un'altalena di emozioni che non sapevo bene come descrivere ma le sentivo ovunque. Sembrava quasi magico.

E quella magia sprigionò in un qualcosa di potente quando tra i colpi di lingua e le dita di Chen e l'essenza di Seth nel fondo della mia bocca, riuscii a farmi tremare anche le viscere e avrei voluto urlare e dimenarmi ma anche Seth raggiunse il mio stesso apice scaldando la mia lingua col suo sapore e sciolsi come una candela, sciogliendo ogni nodo di tensione.

Quando Seth si sedette sul bordo letto, con i boxer tirai su, i muscoli tesi e una bellezza da far male, io potei tornare a respirare o almeno ci provai perchè Chen non dava cenno di volersi fermare. La mano di Seth si incastrò dietro al mio collo e me lo sorresse mentre i nostri occhi si trovavano dopo un turbine di emozioni. Il suo amico mi strappò un altro gemito mentre faceva scorrere la lingua su di me e questo fece imbrunire gli occhi di chi avevo davanti. Il suo pollice passò sopra al mio labbro ancora umido e arrossii come se fino a pochi secondi fa non stavo facendo molto peggio.

«Chen, levati e svuotati le palle nel cesso.» Ordinò gutturale Seth.

I miei occhi svolazzarono avanti, tra le mie cosce strette attorno alla testa di Chen e quando succhiò il mio centro nevralgico, io ruotai gli occhi e piagnucolai ancora ansimante, mentre Seth premette il pollice sulle mie labbra per sigillarle.

«Hai tre secondi per sparire.»

A quell'avvertimento minaccioso, lui si fermò e dovevo ammettere che mi dispiacque. Incrociai gli occhi scuri di Chen, ora velati da una patina di eccitazione e divertimento, e si leccò le labbra.

«Hai proprio il sapore di una principessa.»

«Tre...» Ringhiò Seth.

Chen ridacchiò e non mi passò inosservata la protuberanza nei pantaloni quando scivolò via dal letto ma l'amico non mi diede molta libertà di pensare a lui dato che chiuse lentamente le dita attorno al mio collo. Mi sollevai, aiutata dalla sua presa, e con un forza irruente si catapultò sulle mie labbra.

Mi rubò quel piccolo rimasuglio di sanità rimasta in quella morsa diabolica. Le sue labbra si modellarono alle mie con smania di entrarci a fondo, e lo fece. Le nostre lingue si unirono in un nodo che non ero sicura avrei voluto più sciogliere. Il sapore di entrambi era sulle nostre lingue e questo mi fece avvampare maggiormente. Quel bacio mi stava sconquassando più di tutti gli orgasmi raggiunti. Guidò lui il bacio e io non riuscii nemmeno a stargli dietro, i nostri denti si scontravano ogni volta che voleva andare oltre e le mie mani stringevano le coperte perché se lo avessi toccato non avrei fatto finire quella serata così, e invece doveva finire.

I polmoni mi bruciarono e non capii se per la mancanza di ossigeno o perché le sue labbra mi stavano iniettando qualche tossina particolare. I miei occhi annacquati trovarono quelle voragini nere quando si staccò, ma non si allontanò perchè sentivo ancora le sue labbra sfiorare le mie.

«Tutto bene?» Mormorò studiando i miei occhi.

Annuii senza fiato, il cuore che voleva uscirmi dal petto. Mi lasciai andare contro il suo palmo quando sfiorò ancora il mio labbro inferiore col pollice. Si incantò su quel punto. Era difficile leggere in quei pozzi profondi e bui, non capivo cosa celassero e quando mi sarei fatta male se mai avessi raggiunto il fondo, ma qualcosa lo tormentava. 

«Seth?» Sussurrai.

Deglutì, serrando i denti e strofinò il polpastrello sul contorno delle mie labbra gonfie e lucide.

«Avrei dovuto tenerlo in conto.»

«C-cosa?» 

Non rispose a quella domanda. Ma mi baciò famelico e io me ne dimenticai.

Δ

Tornai alla Berkeley un giorno prima rispetto l'inizio delle lezioni e appena misi piede nel mio appartamento mi sentii più a casa lì, che nella mia vera casa a Boston. Zara e Phoebe erano arrivate prima di me e decidemmo di uscire a pranzo insieme per aggiornarci su quelle che erano state le nostre vacanze. Non raccontai loro di Seth e Chen perché non volevo che si facessero strane idee, e soprattutto alimentassero quelle che mi tenevano sveglia la notte.

Era un pomeriggio dopo la terza giornata di lezioni che decisi di fare una tappa in palestra per smaltire tutta la tensione che stavo trattenendo da Las Vegas. Quando entrai in palestra già vestita nel mio outfit da allenamento con un paio di leggings da yoga e un top abbinato di color verde menta, ecco che i miei occhi captarono subito il protagonista dei miei pensieri. E non era da solo. C'erano anche Chen e Penelope.

Li vidi scherzare vicino ad una panca e sentii la bile acida corrodermi lo stomaco quando lui l'abbracciò da dietro, gesto che la fece sorridere nonostante volesse sembrare infastidita. Per un istante, per un errore di tempistica, incrociai lo sguardo di Chen e mi maledissi. Lo distolsi rapidamente e presi un profondo respiro mentre sceglievo un tapis roulant che dava loro le spalle.

Non ce l'avevo con lui, forse un po'. Non sentivo o vedevo Seth da Las Vegas ed erano passati diversi giorni. Avevo pensato mi scrivesse, soprattutto dopo la scenata avvenuta in camera sua con mia madre, ma non era stato così. Inoltre, mi sorprese alquanto sapere che William fosse sano e intatto. Almeno per ora.

Scelsi una canzone prima di impostare la corsa leggera. Se non ci fosse stato quel brutto tempo sarei andata a correre all'aria aperta. Nonostante fossero passati giorni, mi era difficile togliermi dalla testa le parole di mia madre. A lei non importava niente di me, o di quello che volevo per me, lei voleva solo che si seguisse ciò che avevano progettato per la famiglia. Ian aveva rovinato i piani una volta, non avrebbero permesso che lo facessi anche io.

Ian.

Non avevo risposto a quel messaggio. So che stavo sbagliando, mi sentii anche in colpa ad ignorarlo ma era meglio così. Se era riuscito a recuperare un telefono non portava a niente di positivo. Forse però avrei chiamato il centro, magari loro avrebbero saputo spiegare. In fondo, mi dispiaceva abbandonarlo come avevano fatto i miei genitori. Anzi, loro avevano fatto molto peggio. Mi chiesi cosa sarebbe successo se fosse uscita la verità. Come mia madre avrebbe reagito nel vedere il suo castello di carte dorate essere spazzato via da quel tornado di segreti e bugie che ci portavamo dietro.

Realizzai di star correndo un po' troppo forte quando sentii le mie gambe bruciare e cosi rallentai la velocità fino a raggiungere una camminata. Bevvi un sorso d'acqua e regolarizzai il respiro. Quando scesi dal tapis roulant, spiai Seth che stava ancora facendo degli esercizi con Chen e Penelope. Non incrociai il suo sguardo e così andai per la mia strada.

L'area libera davanti all'ampio specchio era stranamente priva di persone e cosi ne approfittai. La mia mente venne attraversata da una malsana idea che però mi fece afferrare un tappetino e adagiarlo a terra. Reputavo lo stretching molto importante ma così come lo yoga, era qualcosa che tendevo a fare a casa perchè mi imbarazzava mettermi in certe posizioni. Però, dovevo imparare a mettere da parte quei pensieri e ignorare gli sguardi altrui. E attirarne solo di chi volevo io.

Dallo specchio potevo vedere il diretto interessato ma non lo fissai, invece, guardai me stessa canticchiando sottovoce mentre aprivo le gambe il più che potevo, ed essendo elastica grazie alla danza e yoga era praticamente una spaccata frontale, e poi lentamente allungai le braccia in avanti per stendere la schiena, mettendomi faccia a faccia col pavimento.

Ricordai un messaggio che mi aveva mandato quando avevo ricreato una posizione di yoga per Zara e Phoebe, quel messaggio mi aveva fatto quasi soffocare ma al momento la parte più irrazionale di me, sperava di riceverne un altro simile. Quando tornai su, mi obbligai a non spostare lo sguardo da nessuna parte nonostante sentissi il mio corpo bruciare. Era assurdo come percepissi i suoi occhi su di me. Non era normale. Non avrei dovuto riconoscere il suo sguardo. Ma era cosi. E non lo avrei mai ammesso ad alta voce ma mi piaceva.

Alternai semplici posizioni di stretching ad altre un po' più particolari, come la posizione del cane a testa in giù. Nella prima sentii una voce roca e seccata che ordinava a qualcuno di guardare altrove. Ero nella posizione del bambino felice quando sentii il telefono vibrare sul tappetino, mi trattenni dall'interrompere la posizione e vedere se fosse esattamente lui, i miei occhi rimasero fissi al soffitto. Terminai i secondi e tornai su per fare un altro movimento, quello del cucciolo. Controllai il respiro, sentendo tutta la schiena tendersi in quella posizione e il sedere in alto. Il telefono vibrò ancora e lo ignorai con un sorrisetto. Era decisamente lui. Restai così per diversi secondi e poi mi sollevai piano, mettendomi a carponi. Per tutto quel tempo ero stata brava a non cercare i suoi occhi dallo specchio ma adesso mi fu impossibile: Seth era dietro di me, e non sembrava affatto felice. Lo percepii dalle mani sui fianchi, il petto che si alzava pesante e il cipiglio sulla fronte. Mi attirarono molto le ciocche ondulate disordinate, il corpo lucido di sudore con i tatuaggi sulle braccia che risaltavano sotto la luce. Lo sguardo...quello era piuttosto seccato. Bloccai la musica sapendo che avrebbe detto qualcosa.

Si umettò le labbra e inarcò un sopracciglio. «Hai finito?»

«Ciao, Seth.» Cinguettai e poi tornai a guardare me stessa. «No, non ho ancora finito.»

Mancava la posizione del gatto. Incurvai la schiena, inspirando e poi espirai, inarcando la schiena verso il basso e spingendo il bacino all'esterno. I miei occhi saettarono sulla figura immobile alle mie spalle.

«Sei irritante, lo sai?»

«Sto solo facendo stretching.» Dissi per poi inarcare ancora la schiena ora verso l'alto.

«Un po' troppo, direi.»

Quando potei guardarlo ancora dallo specchio, la schiena inarcata in basso, lo trovai far cadere lo sguardo in basso verso il mio sedere per poi pizzicarsi gli occhi e inspirare a fondo.

«C'è un limite per caso?» Lo provocai.

Mi fulminò con lo sguardo.

Sogghignai. «Tranquillo, dopo questo ho finito.»

Lo eseguii un'altra volta per poi mettermi in ginocchio e sedermi sui talloni. Presi la borraccia per dissetarmi e, nel farlo, lo continuai a guardare con finta aria innocente.

«Ti sei scaldata bene?» Chiese con ironia.

Mi passai il dorso della mano sulla bocca per togliere asciugarmi le labbra. «Decisamente, non trovi?»

Scosse la testa con un mezzo sorrisetto che ricambiai e mi alzai. La differenza di grandezza dei nostri corpi riflessi nello specchio era evidente e mi fece pizzicare lo stomaco. Sentii anche altri occhi su di me, su di noi, e quando trovai i proprietari mi sentii a soggezione. Chen sembrava divertito ma Penelope, be', lei era parecchio infastidita. Rapidamente spostai lo sguardo in basso e deglutii.

«Non devi tornare ad allenarti?» Dissi, senza guardarlo e raccogliendo il tappetino per rimetterlo a posto.

Seth afferrò il mio braccio e mi bloccai, alzando il mento verso di lui.

«Cosa?»

«Ti aspetto giù.»

Giù, nella saletta dove ci eravamo già allenati, trovai oltre a Seth anche Chen e Penelope. Quando entrai loro sembrarono interrompere la conversazione perché Seth annuì e Chen gli diede una pacca sulla spalla. Penelope si incamminò verso l'uscita con aria spavalda, ignorandomi e dandomi una spallata nel superarmi.

«Ignorala, Peach.» Disse Chen camminando verso di me, verso l'uscita alle mie spalle. «Spettacolo delizioso, comunque.»

Arrossii ma non mi tirai indietro dal sorridere. «Non so di che parli.»

Ammiccò e uscì. A quel punto, eravamo solo io e Seth. Avanzai sospettosa, stringendo la borraccia tra le mani.

«Cosa dovremmo fare?» Chiesi.

«Non abbiamo più continuato le lezioni di boxe.»

Vero, ma sinceramente non pensavo nemmeno se lo ricordasse.

«Ricordi quello che abbiamo fatto l'ultima volta?»

Annuii. «Certo.»

Mi infilò i guantoni e poi si infilò quelli da passata col bersaglio al centro.

«Vai, posizione.»

Forse per tutte le cose successe tra di noi, sentii una sensazione strana nel rimanere da sola con lui a fare qualcosa che sicuramente ci avrebbe portato vicini nel contatto. Prima mi rendeva nervosa solo perché non lo conoscevo e mi intimoriva, ma adesso, ero nervosa perché sapevo di cosa era capace e non mi fidavo di me stessa da sola con lui.

Sistemai i piedi e poi le braccia. Con un cenno di mento mi diede il via per iniziare. Seguivo le sue indicazioni e correzioni quando me le dava. Colpivo con sequenze per lo più corrette i suoi guantoni piatti.

Non pensavo ma più colpivo e più scaricavo l'adrenalina accumulata da Las Vegas e i miei colpi diventarono sempre più forti, rabbiosi. Pensai a quello che era successo con mia madre, allo schiaffo, a come mi avesse ricordato quale fosse il mio posto e che non avrei mai preso le redini della mia vita perché non ne avevo le capacità, le forze. Sarei sempre stata un burattino nelle loro mani perché era così che ero cresciuta. Ero dipendente da loro e non sapevo come liberarmi. Erano tossici fino al midollo e temevo che anche dopo aver preso la mia laurea non sarei riuscita a fuggire, come avevo sempre sognato. Avrebbero trovato un modo per impedirmi di andarmene, avrebbero messo ostacoli ovunque solo perchè non avevo seguito i loro desideri. Solo perché avevo deciso la libertà da loro.

E quel pensiero, al pensiero di essere incatenata a loro a vita, sentii il sangue ribollirmi e crebbe in me una forza che stava sfiorando una crisi di nervi, sfiorando un attacco d'ansia.
Il sangue mi pompava talmente forte nelle orecchie che non sentii nemmeno la voce di Seth che mi diceva di fermarmi. La bolla scoppiò solo quando mi sentii avvolgere i polsi dalle sue dita calde e mi ritrovai a respirare affannata mentre galleggiano nell'inchiostro denso dei suoi occhi. I polmoni bruciavano e anche i muscoli delle mie braccia.
La sua espressione corrucciata mi fece sbattere le palpebre ancora sotto trance e le sentii umide.

«Piano, Blake.» Mormorò. «Respira con me.»

Seguii il suo respiro per regolarizzare il mio che mi stava causando problemi di ossigeno. Quando riuscii a tornare in me, deglutii e distolsi lo sguardo imbarazzata per aver perso in quel modo il controllo delle mie emozioni.

«Scusa.»

«Non scusarti. Stai bene?»

Annuii e mi tolsi i guanti per massaggiarmi i polsi e le dita. Dovendo allontanarmi da lui, utilizzai la scusa di dover bere e così ingurgitai l'acqua fresca per abbassare la temperatura del mio corpo.

«A cosa pensavi?» Chiese mentre gli davo ancora le spalle.

«Niente.»

«Non sembrava niente.»

«Mi sono solo sfogata.»

Sbuffò amaro. «Si, ho visto.»

Sospirai e gli lanciai un'occhiata rapida. «Riprendiamo?»

La sua espressione severa non lasciava il suo volto. Con le braccia conserte si incamminò verso le panche contro al muro. Sospirai e lasciai a terra i guantoni, capendo che non li avrei messi nei prossimi minuti.

«Cos'è successo dopo?»

Aggrottai la fronte. «Dopo quando?»

Era seduto sulla panca, le gambe un po' divaricate. Si bagnò le labbra. «Dopo Las Vegas, Blake. Con tua madre.»

Inspirai a fondo e iniziai a muovermi perché stare ferma aumentava solo la mia soggezione.

«Mi ha solo ricordato chi comanda.» E non ero io.

«Chi comanda la tua vita?» Disse con tono avvelenato. «Scherzi, vero?»

«No, Seth.» Puntai i miei occhi nei suoi con rassegnazione. «Non ho le possibilità per far sì che avvenga il contrario, okay? Quando non rispetto le regole, sto sempre molto attenta ma questa volta sono stata una stupida ed è andata male.»

Corrugò la fronte, infastidito dalle mie parole. «È stato quel coglione a dirgli dov'eri. È solo colpa sua.»

Quel coglione che era ancora vivo e vegeto. Mi ero fatta un'idea sbagliata.

Alzai le spalle. «Mi avrebbe comunque chiesto chi siete una volta tornati a casa. Lui ha solo accelerato i tempi.»

«Quindi ti avrebbe tirato uno schiaffo e dato della sgualdrina a prescindere?» Sputò freddo.

Non risposi. Non perché non avevo una risposta, ma perché non avrebbe avuto senso. Non era il primo e non sarebbe stato l'ultimo schiaffo di mia madre, e le parole che diceva avevo imparato a farmele scivolare addosso. Non sempre ci riuscivo. Dipendeva dalla situazione.

Scosse la testa e si tirò avanti, appoggiando i gomiti alle ginocchia e mi scrutò talmente a fondo da volermi incidere anche l'anima.

«Harold Fletcher.»

Mi irrigidii.

«Perchè hai reagito cosi?»

«Perchè hai lasciato la stanza in quel modo?»

Un muscolo guizzò sulla sua mascella e piegò le labbra le labbra in un sorrisetto calcolatore. «Se rispondi ad una domanda con un'altra domanda mi fai pensare tu abbia qualcosa da nascondere, Peach.»

Mi abbracciai e alzai le spalle, mantenendo un'espressione neutra. «Tu fai domande scomode.»

«Quindi, lui è una domanda scomoda.»

Be', gliel'avevo servita su un piatto d'argento.

«Lui non mi piace.» Ammisi. «Ora, rispondi tu. Sembravi incazzato con me.»

Si passò una mano sul volto. «Ero incazzato, si.» Sospirò, dopo, tornando con la schiena contro al muro.

«Con me?»

«Perchè non ti piace?»

Mi venne da sorridere per questo botta e risposta ma presto vacillò quando pensai a cosa dire. Mi morsi il labbro e distolsi lo sguardo per pochi secondi, prendendo tempo.

«I clienti di mio padre non si sono mai fatti troppi problemi nell'esprimere i loro...complimenti verso di me. Nemmeno quando ero appena una ragazzina.» Snocciolai piano, quell'argomento non era qualcosa che affrontavo volentieri. «Harold è solo qualcuno che sono obbligata a vedere spesso e che non si preoccupa a nascondere ciò che pensa.»

Non era una bugia. Ma non era nemmeno tutta la verità. E Seth era ancora qualcuno di troppo estraneo nella mia vita per potergli confessare la verità.

Restò a fissarmi ma l'espressione neutra era quasi spaventosa.

«Eri arrabbiato con me?» Cercai di allontanare l'attenzione da Harold.

«Si.» Rispose monocorde.

«Perchè?»

«Perchè menti, Principessa.»

Il cuore mancò dei battiti ma cercai di rimanere impassibile. «C-cosa? No. Quando ti avrei mentito?»

Un bel po' di volte.

Abbozzò un sorriso, uno di quelli pigri e beffardi. «Mi vuoi dire che non mi hai mai mentito?»

Schiusi le labbra pronta a ribattere ma non riuscii a dire nulla. «I-io...»

Sospirò pesantemente e si alzò. «Rimettiti i guantoni.»

Non lo feci, però. Lo guardai storta. «Perchè tu non mi hai mai mentito, invece?»

«Mi hai appena confermato di aver mentito.» Schioccò saccente, piegandosi per prendere i guantoni che non avevo accennato a recuperare.

Serrai i denti. Be', non era reato mentire. E nemmeno lui non era un santo.

Si fermò davanti a me e attese che allungassi le mani. Seccata lo feci, e lui mi infilò i guantoni, stringendo bene la chiusura sui polsi.

«Non ho mentito su Harold.» Mormorai piatta.

Socchiuse gli occhi mentre si sistemava i suoi guantoni. «Non penso tu menta su queste cose, ma sono certo tu ometta dettagli importanti.»

Avrei voluto dire qualcosa a riguardo ma il modo in cui mi stava analizzando, come se volesse captare proprio una mia incertezza, mi trattenne.

Dopo altri colpi che mi uccisero le braccia, Seth propose di provare alcune mosse di lotta libera, quella che lui aveva praticato al liceo e gli dissi che era fuori di testa così optò per semplici mosse di attacco e difesa. Stese un tappetino morbido 'per le volte in cui ti ritroverai col culo a terra'. Quando l'aveva detto pensavo scherzasse ma era forse la decima volta che Seth mi toglieva l'equilibrio e mi faceva cadere sul materassino che dopo tutte quelle volte mi sembrava duro tanto quanto il pavimento.

Mi ero stancata di vedere la mano di Seth tesa verso di me.

«Sembra tu lo faccia apposta.» Mi lamentai stanca e dolorante, senza afferrare l'aiuto.

«Sei tu che non ci provi nemmeno a nascondere cosa stai per fare. Te lo si legge in faccia.»

«È la prima volta che faccio queste cose! Potresti andarci piano.»

Ruotò gli occhi. «Dai, alzati.»

«No.» Respirai a fondo. «Sono stanca.»

«Vuoi smettere?»

Non volevo allontanarmi da lui.

«Dimmi come evito di cadere?» Continuai a parlare da sdraiata.

Sogghignò. «Non farti anticipare.»

Osservai la mano tesa verso di me e mi alzai lievemente col busto per afferrarla e proprio in quell'istante che lo percepii non in guardia, che tirai la presa della nostre mani verso di me, lui si sbilanciò. Nella mia mente io avrei dovuto rotolare via mentre lui cadeva di faccia ma non feci in tempo e presto mi pentii della mia idea. Seth cadde sopra di me imprecando e io gemetti piano per l'impatto pesante.

«Nella mia mente era una buona mossa.» Mi lamentai schiacciata sotto di lui.

Seth sollevò il busto premendo i palmi ai lati del mio viso e deglutii per la posizione compromettente e l'odore della sua pelle che mi prese a pugni lo stomaco.

«Dipende da cos'avevi in mente, Principessa.»

Arrossii e affondai le unghie nel tappetino. Ora era il momento in cui si alzava e mi lasciava respirare, giusto? Però non lo stava facendo. Mi guardava e mi trafiggeva l'anima. Stava scavando dentro di me e riempiva i cunicoli della mia mente con l'inchiostro tossico dei suoi occhi. Tossico e inebriante. Allucinogeno.

E forse aveva già offuscato le sinapsi dato che non mi accorsi nemmeno di essermi aggrappata alla canotta nera che aveva addosso, tirandolo verso di me, per quanto mi fosse possibile. Con le gambe intrecciate, mancava poco che i nostri bacini si scontrassero ma lui sembrò trattenersi e ne ebbi conferma quando fermò il volto a davvero pochi millimetri dal mio. Volevo baciarlo. Le sue labbra erano così seducenti in quel sorrisetto malefico che lo caratterizzava sempre. Il problema era che al momento, lo avrei solo baciato. Mi sarei sciolta solo grazie al tocco delle sue labbra e io ci avrei messo la mano sul fuoco che lui non era tipo da baci fuori dal sesso.

«Non che a me importi, ma devi sapere che ci sono le telecamere.» Gracchiò con tono leggero.

Sgranai gli occhi. «Oh.»

I suoi occhi caddero in basso, sulle mie labbra, e poi tornò ai miei occhi. «Non ti piace il pubblico?»

Avvampai, schiusi le labbra ma non uscì nulla. Perché aveva così tanto potere su di me? Perché doveva togliermi il controllo sulla mia mente?

Sogghignò.

«Forse-» Tossii. «Forse è meglio andare via.»

«Quindi, niente video ricordo?» Mi stuzzicò.

Assottigliai gli occhi. «Sei proprio stronzo.»

«Tu provochi e sono io lo stronzo?»

«Non ti ho provocato.»

Inarcò un sopracciglio come a dire 'ah, no?'. Okay, lo avevo provocato. Perché? Quello era difficile da spiegare anche a me stessa.

Si tirò su e io feci lo stesso senza il suo aiuto. Non era il momento di sentire le sue mani contro la mia pelle accaldata.

«Direi che per oggi abbiamo finito.» Disse.

«Mi servirà una settimana per riprendermi da queste cadute.»

«Esagerata.» Mi guardò annoiato mentre recuperavo le mie cose da terra. «Non cadevi mai da cavallo?»

«Certo.» Sospirai. «Ma non potevo permettermi di piangermi addosso per una caduta. Ora invece posso lamentarmi quanto mi pare e dare la colpa a te

Mia madre aveva accettato con fatica il mio cambio di programma che lei aveva ideato. Tuttavia, quando aveva visto i risultati delle gare di equitazione, aveva imparato ad ingoiare il rospo, però non accettava che in una cosa che avessi scelto io fossi mediocre o che mi lamentassi troppo. Anche quando mi facevo male dovevo comunque continuare e nascondere il dolore.

«Aspetta, recupero le mie cose in spogliatoio e ti riporto a casa.» Disse, fermandomi per un polso quando provai a dirigermi verso l'uscita.

Se ne andò per andare in direzione degli spogliatoi maschili e io rimasi contro il muro ad osservare la palestra che continuava ad avere un via vai abbastanza corposo. Volevo slegarmi i capelli e massaggiarmi la cute, oltre che togliermi il sudore da dosso.

Quando Seth tornò lo vidi indossare una felpa con la cerniera aperta e si rigirava in mano le chiavi della sua macchina. Ignorai il brivido sciocco che percorse la mia schiena quando mi spronò a camminare appoggiando il suo palmo nella mia zona lombare.

Appena uscimmo, respirai a pieni polmoni. Aveva smesso di piovere ma in strada c'erano parecchie pozzanghere e l'aria era fredda. La sua macchina non distava molto dalla palestra e stavo per entrare nel lato passeggero dal marciapiede quando una voce a me nota mi richiamò poco distante da li, alle mie spalle.

«Nyxlie?»

Mi voltai di scatto perché non era possibile.

«Jace






S/A.

Ehilà 🍑🖤

Volevo farvi questo piccolo regalo di San Valentino anche perché tra poco riprendo l'università e sicuramente farò fatica a trovare del tempo per scrivere ma proverò ad aggiornare in tempo come sempre❤️

E comunque, salutiamo insieme il nostro carissimo amico Jace👋

➡️ Chissà cos'è venuto a fare e soprattutto chissà come Seth prenderà il suo arrivo💀

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A presto, Xx

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