Capitolo 14
Avevo chiesto a Zara e Phoebe se volevano venire con me alla fatidica gara di canottaggio. Ovviamente furono subito incuriosite del perchè di quella richiesta e spiegai loro il motivo, infilandoci qualche bugia. Avevo semplicemente detto che dovevo andare a vedere un amico, senza spiegare chi fosse. Inoltre William mi aveva già avvisato che aveva prenotato una cena in un ristorante a San Francisco. Non potei che accettare dato che non volevo discussioni con mia madre. Sarebbe stato pesante ma avrei resistito.
La gara si svolgeva all'Oakland Estuary, un ampio canale usato come porto. C'erano molti punti di attracco e pensai fosse più semplice trovare una zona per vedere la gara. Alla fine ci mettemmo nella sponda di destra su una passerella inutilizzata. Le mie gambe penzolavano oltre le assi in legno e sperai che non si rompesse.
«È carino questo amico?» Chiese Phoebe alla mia destra.
In acqua si stavano allenando i canoisti.
«È un bel ragazzo ma...»
«Ma?»
Feci una smorfia. «È un po' superficiale e spocchioso.»
«Ugh. Ricchi.»
«Eravate compagni?» Domandò Zara.
«È un amico di famiglia.» Dissi. «Lo conosco da sempre praticamente.»
«E tra di voi...» Ammiccò lei.
Negai risoluta. «Assolutamente no. William non è un cattivo ragazzo ma sul serio, può essere molto insopportabile e l'ho già subito al Ringraziamento...se sono qui è colpa di mia madre.»
«Perchè?»
Agitai una mano. «Storia lunga. Non ne voglio parlare.»
Quei giorni stavo utilizzando spesso quella scusa. La stessa cosa l'avevo rifilata a Winter, quando la mattina dopo l'incontro notturno con Seth, aveva visto il succhiotto sul mio petto. E la stessa cosa l'avevo detta a Ryan quando ci eravamo visti qualche ora dopo il mio ritorno alla Berkeley per un caffè, dopo aver intravisto Seth insieme a Chen, lo avevo trascinato via dicendogli che potevamo andare a provare un altra caffetteria e non stare sempre nella solita.
Non mi ero ancora decisa a parlare con lui ma dovevo farlo. Quello che avevo scoperto doveva assolutamente avere una risposta perchè mi stava togliendo il sonno.
Non riuscivo a non pensarci.
In quei giorni non avevo fatto altro che rivedere e rivedere quella foto. L'uomo era identico. Era lui. Un brivido di disgusto mi attraversò il corpo quando ripensavo alle sue luride mani su di me ma scacciavo quel pensiero per preoccuparmi sulla questione più importante.
Era stato Seth?
Senza sapere che fosse lui, lo avevo già incolpato la notte di Halloween, quando si era presentato nell'appartamento con quei costume, a detta sua. Ma sarà stato davvero così? Avevo visto che di cos'era capace, certo quello che era stato fatto all'uomo era decisamente un'altra storia, ma comunque Seth non era un santo. E gli scontri illegali che faceva a New York ne erano la prova. Allo stesso tempo mi sembrava assurdo anche solo pensare che potesse essere stato lui. Insomma, tra di noi c'era questo strano rapporto...davvero pensavo che avrebbe avuto la forza, la meschinità, di fare qualcosa di simile? C'erano troppe coincidenze in questa storia. Quando ci eravamo allenati insieme mi aveva chiesto di dirgli se qualcuno mi avesse fatto del male, e poi, qualcuno mi faceva del male e lui per fortuna arrivò giusto in tempo. Lo sguardo nei suoi occhi era iracondo e se avesse potuto gli avrebbe staccato la testa, però non l'aveva fatto. In più, dove avevamo festeggiato Halloween non era così lontano dal luogo del fatto.
Più cercavo di trovare risposta in quella ipotesi, e più qualcosa nella mia testa mi spingeva a rivederne altre. Magari non era stato lui.
«Ehi. Stanno iniziando.» Disse Phoebe, dandomi una piccola gomitata.
Non mi ero nemmeno resa conto di essere rimasta a fissare l'acqua per tutto quel tempo.
Le canoe erano in posizione e riconobbi quella della squadra della Princeton.
Ci provai a stare attenta a quella gara ma il mio cervello non ne volle proprio sapere e tornai a perdermi nei miei pensieri.
Forse non era stato Seth. Forse stavo impazzendo. Forse era stato solo una persona mentalmente instabile che per coincidenza aveva mutilato proprio l'uomo che aveva aggredito me.
Poteva essere così. Anche i notiziari davano ormai questa versione. Era caccia all'uomo ma non si sapeva chi cercare, soprattutto perchè da quanto detto in varie interviste fatte alla vittima, la persona indossava un passamontagna ed era buio. Non aveva riconosciuto nessuno.
Però, se fosse stato così...sarebbe stato peggio, no? Un pazzo che girava per le vie non così lontane dal campus e assaliva in questo modo le persone. Era decisamente spaventoso.
La canoa di William viaggiava nell'acqua come soffiata dal vento. Era in testa al momento.
Era la terza opzione che mi metteva più angoscia, ed era proprio quella che mi obbligava ad accettare la prima idea.
La mia non era non un'ossessione verso di loro. I Vendicatori. Queste cinque fantasmi. Le loro vittime erano sempre le stesse. Il loro movente era sempre lo stesso. La vendetta contro certi crimini, soprattutto contro coloro che avevano scampato la giustizia. C'erano tantissimi casi, purtroppo. Quando successe il terribile fatto della dipendente di mio padre, loro non esistevano ancora ma esattamente un anno dopo il suicidio della ragazza, il 21 dicembre, ecco che presero il sopravvento, uscirono alla scoperto, presero il controllo di tutti i mezzi di telecomunicazione e diedero il via alla loro storia. In diretta, su ogni dispositivo, loro torturavano, vendicavano e, infine, uccidevano coloro che avevano commesso reati di violenze senza pagare conseguenze perchè era un mondo difficile per le donne, non sempre venivi creduta. Loro ci credevano. Sembravano prendersi a cuore questi casi e arrivavano alla giustizia con mezzi non giusti.
Ogni 21 dicembre erano quattro le vittime che prendevano di mira. E che ci mostravano.
E dopo quattro anni era ancora assurdo come la polizia non fosse riuscita a scoprire nulla. C'era chi diceva che non avrebbero fatto nulla perchè lavoravano per lo stato, questo era davvero folle, però era vero che i Vendicatori o li appoggiavi o eri contro la loro ideologia. E chi li appoggiava erano davvero tante persone. Per molti la vendetta era l'ultima opzione che si aveva quando la giustizia non faceva il proprio dovere. Be', io mi trovavo nella parte dei contro. Ero convinta che per certe persone, la morte era come una via di fuga a quello che avevano fatto. Avrei preferito, avrei voluto, che chi commetteva questi crimini venisse incarcerato a vita. Doveva impazzire dalla solitudine e ripensare fino alla lunga e lenta morte quello che aveva fatto. Non sempre avevo fatto questo pensiero, lo ammetto, ma quello era un altro caso.
Ad ogni modo, la paura che mio padre potesse finire sotto le loro mani era tanta. Quel caso non si era chiuso nel migliore dei modi e ancora adesso c'era chi ne parlava. La paura si concretizzò quando al secondo anno della loro attività, la notte prima del 21, ricevemmo una busta bianca con solo scritto Famiglia Blake. Il biglietto interno conteneva poche parole:
Scopriremo la verità
Sotto la scritta c'era disegnata in modo stilizzato la maschera che indossavano e che era diventata la loro caratteristica.
Non avrei mai dimenticato il modo in cui mia madre andò fuori di testa e mio padre chiamò la polizia. Poteva essere stato uno scherzo ma ormai si temeva dei Vendicatori, e mio padre sembrava la vittima perfetta per loro.
In quei giorni non ero uscita di casa. Anche nella mia stessa camera mi sentivo osservata. Una volta, mi sembrò anche vedere qualcuno in strada interamente coperto che guardava verso la finestra della sala. Quella sensazione sparì con i mesi ma a volte tornava.
E adesso sembrava essere tornata.
L'idea che potessero essere stati loro, significava che era qui. Che mi tenevano d'occhio. E tutto questo era assurdo, potevo suonare paranoica ma mi metteva ansia, non mi faceva dormire la notte.
Per questo, per quanto brutto, avrei preferito cento volte che fosse stato Seth.
Dio, mi era tornato anche mal di testa.
«Nyx!» Zara mi risvegliò con la sua voce.
Mi accorsi che stavano applaudendo.
Puntai lo sguardo in acqua e vidi la canoa della Princeton entusiasta. Tutti i ragazzi avevano le braccia alzate in segno di vittoria.
Iniziai ad applaudire anche io con fare meccanico.
Quella sarebbe stata una lunga giornata e quel mal di testa sarebbe solo peggiorato.
Δ
William aveva pagato e fatto venire sotto il mio appartamento un autista per accompagnarmi fuori dal ristorante che aveva scelto in pieno San Francisco. La portiera mi venne aperta proprio da lui.
«Nyxlie, buonasera.» Sorrise raggiante mentre allungava una mano per aiutarmi a scendere.
L'accettai solo per educazione e lo ringraziai. Alle sue spalle c'era un alto edificio e da quanto già accennato da William, si trovava all'ultimo piano. Immaginavo che prezzi potesse avere.
«Sei incantevole.» Disse, piegandosi verso di me baciarmi la guancia.
Abbozzai un sorriso nervoso. «Grazie. Anche tu stai molto bene.»
Indossava un completo che probabilmente sarà stato cucito su misura. Ringraziai l'autista prima di affiancare William per entrare nel ristorante. Indossavo un abito lungo di raso scuro, a spalline sottili e una pelliccia finta a coprirmi le braccia e le spalle. Ovviamente avevo anche dei tacchi che stavo già odiando. Dopo aver preso un ascensore, arrivammo all'ultimo piano e una dolce e classica melodia risuonava per il corridoio. Un cameriere controllò la prenotazione e poi ci accompagnò al tavolo. Era tutto molto elegante, le voci dei clienti non erano alte, come da non voler disturbare il vicino e sembrava anche fin troppo intimo. Ciò che però non potè non catturare la mia attenzione fu l'ampia vetrata verso cui stavamo andando. Si vedeva l'intera città illuminata.
«Ecco a voi.» Il cameriere ci indicò un tavolino parallelo alla vetrata. «Vi porto subito i menù.»
«Grazie.» Sorrisi cordiale.
Lui fece un piccolo inchino con la testa e si dileguò. William nel mentre, scostò indietro la mia sedia e mi aiutò a sedere. Sapeva essere un vero gentiluomo, purtroppo, vedevo in lui più aspetti negativi che positivi.
«Molto bello, vero?» Chiese, aprendo il menù e dando un'occhiata all'ambiente.
Annuii. «Molto, si. La vista è stupenda.»
Lui continuò a sorridermi e io abbassai lo sguardo per leggere i piatti. Avevo fame e quando diedi una sbirciata ad un tavolo vicino mi resi conto che era uno di quei posti dove il prezzo era sproporzionato per la quantità. Alla fine ordinai dei tortellini di zucca con burro e parmigiano e mentre lui gnocchetti di patate con ragù di astice e tartufo e dei rotolini di salmone ripieni di radicchio in agrodolce. Quando il cameriere ritirò i nostri menù e si allontanò con gli ordini, spostai lo sguardo sulla mia sinistra e rimasi incantata dalla vista. Non avevo questo panorama al campus ma di certo mi ricordava molto quello che avevo al campus a New York.
«Siete stati bravi oggi.» Dissi, per non risultare maleducata. Anche se lo ero stata dato che non avevo prestato per nulla attenzione alla gara.
«Grazie.» Rispose. «Era fondamentale vincere questa gara.»
Annuii e poi mi guardai attorno. «Come hai trovato questo posto?»
«Oh, un mio compagno è di San Francisco e me l'ha consigliato lui.»
Il mio cervello mi fece il brutto scherzo di pensare a quel gustoso cheeseburger che avevo mangiato con Seth in quel locale sottoterra. Era decisamente l'opposto rispetto a questo posto.
William iniziò così a parlare di un altro suo compagno che non gli stava simpatico perchè pensava troppo al divertimento e da lì era passato a parlare di come lui non si permetterebbe mai di deconcentrarsi e bla bla... Era bastato poco per riportare l'attenzione su di lui.
Mentre facevo finta di ascoltare l'ennesimo consiglio su come dover il mondo del college e quello lavorativo, i miei occhi saettarono leggermente di lato quando una cameriera stava presentando il tavolo ad una coppia. Era nella fila accanto alla nostra, tre tavoli dietro. La ragazza con un corto caschetto scuro mi dava la spalle, ma la osservai togliersi il lungo cappotto rilevando un corto vestito bianco con alti stivali trasparenti. Quando il ragazzo fu nel mio campo visivo quasi non mi venne un infarto.
Che diavolo ci faceva qui anche lui?
Per un impercettibile secondo, mentre si sedeva, i suoi occhi sfrecciarono alla sua destra, trovando i miei sconvolti. Sbattei le palpebre, come risvegliandomi, e tornai a guardare William tirando le labbra in un finto sorriso.
Seth era qui.
Seth era a pochi metri da me.
Con una ragazza.
Fu più forte di me e feci ribalzare ancora gli occhi sul loro tavolo. Lui le stava regalando uno di quei mezzi sorrisi che di solito mi facevo ruotare gli occhi e arrossire allo stesso tempo. Indossava un maglione scuro a collo alto. Non lo avevo mai visto così...quasi elegante. Di certo, non sembrava lo stesso che aveva fatto a pugni in mezzo al nulla in una periferia di New York. Mi imposi di smetterla di guardarlo prima che fosse troppo tardi, e grazie a dio, a salvarmi da quel disastro fu il nostro cameriere.
Come sospettavo i miei tortellini erano solo sei ma sembravano deliziosi. Dopo averne assaggiato un angolo ne ebbi la conferma.
«Stavo pensando...» Iniziò lui. «Per l'ultimo dell'anno, al posto di andare a Las Vegas con i nostri genitori per la cena--»
«Scusa, cosa? Las Vegas?» Quasi mi andò di traverso un tortellino.
Presi il tovagliolo per premerlo sulle labbra mentre la mia espressione accigliata non voleva andarsene via.
«Si. Non te l'hanno ancora detto?» Chiese. «Mio padre e il tuo hanno organizzato una specie di cena di beneficenza a Las Vegas. Ci sono un po' di clienti. Principalmente è per sponsorizzare il nuovo hotel.»
Strinsi le forchette e non riuscii il fastidio di quella notizia. Quando pensavano di dirmelo?
«Dicevo--magari potremmo rimanere qui. I miei amici organizzano una piccola vacanza ad Aspen. Puoi invitare anche Winter.»
«Mh, si, grazie.» Dissi senza davvero dare un peso a quelle parole.
Sinceramente non sapevo cosa fosse peggio.
«Sarà divertente. I miei amici sono tipi a posto. Non faremo feste assurde o robe del genere, tranquilla.» Accennò una risata.
Immaginai la faccia di Winter mentre glielo dicevo. William più niente feste assurde o robe del genere, probabilmente si sarebbe lanciata dallo skilift.
Udii una risata femminile che attirò anche l'attenzione anche di William. Proveniva proprio dalla ragazza di fronte a Seth. Li guardai e anche William girò la testa. Seth incrociò i miei occhi per pochi secondi, mentre continuava a sorridere per qualcosa che stavano dicendo tra loro, e poi mutò lo sguardo in uno di forte ostilità verso il ragazzo seduto davanti a me.
«Hai conosciuto qualcuno?» Domandò a bruciapelo, tornando al suo piatto.
«Cosa?»
«Hai conosciuto qualcuno?» Ripetè.
Deglutii e sistemai le posate sul piatto vuoto. «Mh, Phoebe e Zara sono le mie coinquiline--»
Sbuffò in una breve risata. «Sai cosa intendo, Nyxlie.»
«Um...no.» Mi sistemai una ciocca dietro l'orecchio con fare nervoso. «Perché?»
Lui alzò le spalle. «Curiosità.»
Qualcosa mi diceva che c'era anche lo zampino di mia madre ma non replicai.
Durante il resto della cena continuai a far finta di prestare attenzione ad un altro suo monologo quando la mia testa era altrove. Esattamente tre tavoli in là. Chi era quella ragazza? Sembrava così a suo agio con lei. Sorrideva. Scherzava. Ma non l'aveva mai toccata. Non aveva mai allungato la mano per stringere la sua. O forse erano gesti che non avrebbe mai fatto perché non era quel tipo di ragazzo.
Sembrò l'ennesima coincidenza quando uscimmo dal ristorante all'unisono.
Ci ritrovammo tutti e quattro nell'ascensore.
Io e William eravamo davanti e Seth e la ragazza dietro. Lui stava esattamente dietro di me e io per quei secondi non avevo fatto altro che sentire il battito accelerato del mio cuore nelle orecchie. Lui non mi salutò e anche io non lo feci.
William aveva chiamato un uber che mi accompagnasse al campus in quanto lui alloggiava lì in zona. Sul marciapiede vidi Seth e la ragazza misteriosa avvicinarsi all'Audi nera proprio a pochi passi dall'uscita.
«Be', ti ringrazio per aver accettato la cena.» Disse William.
Eravamo uno di fronte all'altro. Alle sue spalle Seth stava fumando e parlando insieme alla ragazza che si stringeva nel cappotto e continuava a sorridere.
«Mi fa sempre piacere passare del tempo insieme.» Continuò ma i miei occhi erano fissi sulla coppia.
Quando Seth portò alle labbra la sigaretta, girò leggermente la testa e incrociò i miei occhi. Distolsi lo sguardo colta sul fatto e recitai un sorriso a William.
«E mi farebbe davvero piacere tu ci fossi a Capodanno.» Disse. «So che non conosci gli altri ma non preoccuparti, ci sarò io. E sono certo che tua madre sarà contenta di sapere che sei con me.»
Mi strinsi nervosamente tra le spalle. «Ti faccio sapere.»
L'uber arrivò e William mi accompagnò, aprendo la portiera.
«Grazie.» Dissi.
Lui restò a fissarmi. La sua testa iniziò a inclinarsi verso il mio viso. Deglutii capendo cosa volesse fare. Prima che potesse baciarmi, girai la testa e le sue labbra si scontrarono con la mia guancia. In quel frangente scorsi Seth salire sulla sua macchina.
«Be', ora vado.» Tossii, guardandolo rapidamente in imbarazzo.
«Si, certo.» Si passò una mano tra i capelli. «Buonanotte, Nyxlie.»
«'Notte, Will.»
Quando fui dentro la macchina rilasciai un profondo sospiro. Ripetei l'indirizzo all'autista e mi accasciai al sedile.
Tra tutti i ristoranti che c'erano proprio nel mio era dovuto venire, pensai.
Ero irritata da me stessa. Non sarebbe dovuto interessarmi. Ma allora perché avevo sentito il mio stomaco chiudersi ogni volta che lo vedevo sorriderle?
Lei non era come le altre?
Non l'avevo nemmeno mai vista alle feste. Non sembrava nemmeno del campus. Chi era? No. Dovevo smetterla. Non mi faceva stare bene pensare a lui in quel modo. Si era comportato da stronzo con me, e inoltre, poteva aver fatto male a quell'uomo. Dovevo proprio prendere le distanze da lui.
Riconobbi la mia via e quando l'autista si fermò, lo ringraziai e scesi.
La via era silenziosa. Camminai piano mentre cercavo le chiavi nella borsa. Sollevai lo sguardo e mi bloccai quando vidi Seth sulla ringhiera che delineava un'aiuola laterale del palazzo. Stava fumando e alla mia vista si alzò.
«Che ci fai qui?» Chiesi ancora ferma.
Buttò fuori una nuvola bianca. «Volevo assicurarmi che tornassi all'appartamento.»
«Ho preso un uber.» Mi hai visto. «Dove sarei dovuta andare?»
«Non mi fido di loro.» Disse solamente.
Rimasi lì a fissarlo. Non mi aspettavo di trovarlo qui. Pensavo fosse con quella ragazza. Rimasi ferma anche quando iniziò a camminare e se ne andò. Fissai il marciapiede e strinsi i denti. Dovevo entrare. Era la scelta più giusta. Ma non potevo dormire con quelle domande in testa.
«Aspetta.» Buttai fuori e mi girai.
Lui si fermò, le mani nelle tasche, e si voltò lentamente. Non parlò. Mi fissò senza espressione. Mi feci forza e avanzai verso di lui, fino a fermarmi a neanche mezzo metro. I suoi occhi scivolarono lungo la mia figura e mi dissi che guardava tutte cosi, perché io ero come le altre.
Tirai fuori il telefono e andai sul link che avevo salvato, poi, gli mostrai lo schermo. Il suo volto non mostrò nessuna titubanza. Non mosse un muscolo.
«Cosa?»
Un profondo nervoso mi fece quasi tremare. «Non fare il finto tonto. Sai perfettamente cos'è e chi è.»
Puntò le fredde gemme nere nei miei. «È il figlio di puttana che ti ha molestato.»
«Si.» Misi via il telefono. «Ed è anche lo stesso uomo che è stato aggredito la notte di Halloween.»
«È di nuovo per quel costume?» Ruotò gli occhi. «Ti ho già detto che era sangue finto. Ho ancora il barattolo.»
Incrociai le braccia. «Non credo alle coincidenze, Seth.»
«Quindi mi stai incolpando, di nuovo?»
«Mi vuoi far credere che per pura coincidenza, lo stesso uomo che la sera prima mi fa del male, la notte dopo viene mutilato. La casa non era nemmeno così lontana dal fatto.»
Scosse la testa. «Stai delirando, Blake. Quella stessa sera mi hai visto, ero con Penelope e altre persone. Puoi chiedere a loro a che ora sono uscito da quella casa.»
Non risposi. Il mio cervello non riusciva ad accettare la seconda e terza opzione. Per quanto assurdo, sarebbe stato più facile comprendere quella.
I suoi occhi non vacillarono un secondo. E nemmeno la sua voce. «Non sono stato io. Ero strafatto e dopo la festa sono venuto diretto a casa tua. Era una notizia dell'ultima ora, no? Be', io quell'ora stavo scopando.»
Quello era decisamente un dettaglio non richiesto. Spostai brevemente lo sguardo da lui e strinsi i denti.
«Che mi dici di Chen? O di Zack e Derek?» Continuai.
Dal cipiglio che si formò sembrava seccato dal fatto che stessi scavando in quell'argomento.
«Non sapevano nulla e anche se lo avessero saputo non avrebbero fatto nulla. Non si sporcano le mani con fatti del genere.»
«E tu?»
«Potrei.» Si leccò le labbra morbidi. «Ma sono innocente. Lo giuro.»
«Quindi è stata sola una pura coincidenza.» Dissi.
Alzò le spalle.
Sospirai e mi grattai la guancia. Guardai alle sue spalle. Sapevo che fosse da pazzi ciò che pensavo. Anche perchè Seth non avrebbe avuto nessun motivo per farlo. Sì, mi aveva chiesto di dirgli se qualcuno mai mi avesse fatto male, ma intendeva questo? Per fare poi del male in questo modo?
Però era venuto qui, per assicurarsi che tornassi a casa.
«Mi pensi capace di certe cose?» Domandò.
Il tono non era offeso o risentito, anzi, era curioso. Spostai nuovamente lo sguardo su di lui e accennai un sorriso amaro.
«Non lo so.» Dissi. «Non ti credevo capace di molte cose e invece...»
Era questo il tarlo che non riusciva a stare in silenzio. Credevo capace Seth di una tale violenza?
Qui non si trattava di prendere a pugni qualcuno, questo era su un altro livello. Più crudele e moralmente peggiore. Per quanto non avesse la presenza di un angelo e fosse uno stronzo di prima categoria, qualcosa mi spingeva a trovare in lui una sicurezza e dargli una fiducia inspiegabile. Erano complicate le emozioni che provavo nei suoi confronti per questo non sapevo rispondere a quella domanda, ma allo stesso tempo, se mi fossi trovata in una situazione di pericolo avrei chiamato lui, come avevo fatto.
Ero così confusa.
«Perchè non riesci a lasciarti alle spalle questa storia?» Chiese. Ora sembrava più una curiosità.
Sbattei le palpebre e abbassai lo sguardo, poi, mi strinsi nelle spalle. «È complicato.»
Inarcò un sopracciglio. «Così complicato da incolpare me? Due volte?»
«Be', scusa ma è davvero strano quello che è successo.» Spiegai nervosamente. «Mi dici di dirti se qualcuno mi fa del male e quando succede, poi accade questo.»
«Pensi te l'abbia detto cosicché poi potessi reagire cosi?» Domandò leggermente accigliato.
Spalancai le braccia. «Non lo so perché me l'hai chiesto. Ma di certo è una strana coincidenza.»
I suoi occhi bruciarono nei miei. «Mi hai visto quella sera.»
«Lo so cosa stavi facendo.» Sibilai. «So anche che la tempistica non combacia è solo che...per quanto assurdo possa sembrare, preferisco questa versione rispetto alle altre che il mio cervello ha creato.»
«Che sarebbero?»
«Lascia stare.» Scossi la testa e mi voltai, pronta ad andarmene.
Purtroppo, non feci nemmeno un lasso dato che lui afferrò il mio polso e mi fece girare.
«Pensi che mi lasci accusare senza capire il perchè tu voglia puntare il dito contro di me a tutti i costi?» Inclinò la testa.
«Senti se ti chiedo scusa, mi lasci andare? Sono stanca.»
«No.» Tuttavia, lasciò andare il mio polso. «Voglio sapere perchè ti agita questa storia.»
Deglutii e guardai la strada, non riuscendo a reggere il suo sguardo. «Solo...non mi piace la violenza, e questo tipo è davvero crudele. L'idea che possa esserci un pazzo nelle vicinanze, mi spaventa un po'.»
Non era propriamente la verità ma era comunque la seconda ipotesi.
«Non ti succederà niente, Blake.» Disse serio. «Delle azioni del genere non vengono fatte senza motivo. Non sarà stato un semplice pazzo.»
Ed era proprio questo che mi portava alla terza ipotesi, e la odiavo. Ma anche la prima, disse una voce lontana nella mia testa.
Restai a fissare i suoi occhi. Non trasmettevano nulla ma mi ritrovai a dire a me stessa che avrei dovuto credergli. Su tutto.
Si leccò le labbra e socchiuse gli occhi. «Chi era il damerino chiacchierone?»
Buttai fuori una mezza risata e scossi la testa. «Buonanotte, Seth.»
«Questo vestito è sprecato per uno come lui.»
Avevo fatto pochi passi ma mi fermai a quella frase e ruotai sui tacchi. Scocciata.
«Non l'ho messo per lui.» Precisai. «Ma l'ho messo perché piace a me.»
Alzò le spalle. «Rimane comunque sprecato per una cena con lui.»
«Non sai nemmeno chi è.»
«Sicuramente qualcuno di molto noioso dato che non lo stavi nemmeno ascoltando.»
Mi aveva guardata così spesso?
Sapevo che me ne sarei dovuta andare ma era più forte di me.
«Chi era lei?» Chiesi con sfida. «È esattamente come tutti noi o è speciale?»
Accennò un pigro sorriso e scosse la testa, muovendosi leggermente.
«Eri fatto?» Sputai.
«Cosa?» Si accigliò.
«Mi hai detto che non riesci a fare certe cose se non sei sotto qualcosa.» Dissi meccanica. «Quella notte fatto?»
I suoi occhi erano vuoti. Negò. Quindi era lucido. Per tutto il tempo era stato perfettamente in grado di capire cosa stava facendo, cosa voleva.
«Hai iniziato tu a toccarmi.» Lo dissi con tono di accusa. «Tu mi hai provocato. E sempre tu mi hai baciato.»
Per fortuna in strada non c'era nessuno.
«Avrei da ridire sul fatto di aver provocato.» Schioccò.
Okay, qualcosa avevo fatto anche io, ma lui aveva iniziato. Io volevo solo medicargli le ferite.
Le mie guance si scaldarono. Mi scaldai anche dal nervoso e avanzai nuovamente con rabbia. Lui seguì i miei occhi stando fermo. Gli puntai il dito al petto e lo guardai severa.
«Se tu non avessi iniziato, io non avrei fatto quelle...richieste.»
«Sono stato uno stronzo quella notte.»
«Puoi dirlo forte. Mi hai fatto sentire un inutile oggetto non voluto.» Sputai.
Serrò i denti e la mascella scattò. «Non dirlo. Non sei un oggetto.»
«Be', è così che mi sono sentita dopo le tue parole.»
«Volevo solo allontanarti. Volevo che la smettessi con quelle domande.»
«Perchè?» Chiesi piatta.
Si tirò indietro i capelli, indietreggiando nervoso. «Perchè non posso, cazzo!» Sbottò.
Ed eravamo tornati al non posso e non più non voglio.
«Perchè? Perchè ti fai tutti questi problemi con me? Hai detto tu stesso che sono esattamente come le altre. Non ti fai questi problemi con le altre, no?»
Evitò di guardarmi ma essendo di profilo riuscii a vedere la reazione alle mie parole, potei quasi sentire i suoi denti stridere e abbassò lo sguardo.
«O hai detto anche questo per allontanarmi?» Continuai con tono di sfida.
Seth strinse le labbra e poi si voltò, le gemme nere mi fece tremare.
«Lo sto facendo per te.» Sibilò. «Credimi, Nyxlie, non vuoi essere toccata da uno come me.»
Mentre le altre le toccava solo se aveva il cervello alterato.
Mi sentii ammorbidire i miei lineamenti mentre sospiravo.
«Non sei esattamente il principe azzurro, Seth, lo so. Sei uno stronzo. A volte fai cose...discutibili.» Dissi piano. «Ma non sei una cattiva persona.»
«Non mi conosci, Blake.»
«E tu non conosci me.» Accennai un sorriso amaro. «Ho fatto cose--anzi, non ho fatto cose che non mi rendono questa persona innocente che tu credi.»
Inspirò a fondo. Lo osservai mentre puntava lo sguardo in basso sulle sue dita che afferravano una mia ciocca di capelli.
«Qualsiasi cosa tu abbia fatto, di fronte a me, ti rende la persona più pura di questa terra.»
«Penso tu voglia solo vedere del marcio in te stesso solo perchè è più facile odiarsi che amarsi.»
Sbuffò dal naso, quasi beffeggiandomi, e abbozzò un mezzo sorriso. «Tipiche frasi da principessa.»
«Tipica risposta da stronzo arrogante.»
Quella parvenza di sorriso giocoso durò poco. La serietà, o qualsiasi cosa lo tormentasse in quella testa, tornò a palesarsi sul suo volto.
«Continuo ad essere arrabbiata con te.» Dissi sincera. «Mi hai offeso molto.»
Lasciò andare la mia ciocca e fece un passo indietro, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. «È meglio che tu vada.» Disse.
«Seth--»
«Hai ragione ad avercela con me.» Disse piatto. «Torna a casa, è tardi.»
«Stai facendo ancora lo stronzo.»
«No. Ti sto dando la possibilità di scegliere la cosa giusta.»
«La cosa giusta sarebbe fare finta che non mi attrai?» Aggrottai la fronte incredula e confusa.
Non potevo crederci di averlo ammesso cosi facilmente ma era la verità. Seth mi attraeva fisicamente. E dopo quella notte era anche inutile mentire.
Si schiarì la gola. «Esatto.»
«E perchè?»
I suoi occhi si incendiarono e incendiarono anche me.
«Perchè la prossima volta non mi fermerò.»
S/A.
Sorpresa!🍑🍑
Buona Vigilia e Buon Natale❤️
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A presto, Xx
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